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Invasori per caso
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E-book199 pagine2 ore

Invasori per caso

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Info su questo ebook

Il Viaggio. Considerato da tutti gli adolescenti come l'evento più importane della loro vita. Un viaggio in un mondo lontano per divertimento. Giosia scoprirà la sconvolgente verità. Loro non volevano che questo libro venisse pubblicato. L'autore ne sta pagando ancora le conseguenze.
LinguaItaliano
Data di uscita5 lug 2017
ISBN9788826478807
Invasori per caso

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    Anteprima del libro

    Invasori per caso - Luca Aristide Brugnoli

    Luca Aristide Brugnoli

    Invasori per caso

    UUID: 68d473d8-c908-11e9-8fc9-1166c27e52f1

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Invasori per caso

    di

    Luca Aristide Brugnoli

    Luca Aristide Brugnoli

    Classe 1961, vive in provincia di Pavia tra le rane e le zanzare.

    Sposato e padre di tre figlie.

    Quei pochi ai quali l’ho detto, mi hanno preso per pazzo

    per un visionario fuori di testa. Ma è reale.

    Loro ci sono e non sono fantasmi.

    È una gara, un divertimento, una goliardia.

    Ma neanche loro sanno il vero perché…

    Giosia, ricevette una busta da suo padre. Era il suo compleanno e aveva appena preso il diploma. Intorno a lei c’era tutta la sua famiglia e i suoi amici più cari. In tutto una ventina di persone. Tenne la busta chiusa per qualche secondo tra le dita. Era veramente emozionata. Immaginava cosa contenesse. Ne aveva parlato mesi prima con sua madre, esprimendo un desiderio. Poi, si sa, i genitori parlano tra loro.

    Aveva un sorriso felice e gli occhi sgranati fissavano la busta. Non poteva essere che così. Della sua classe lei sarebbe stata la prima a ricevere il permesso di fare il Viaggio. Tutti stavano in silenzio in attesa di una sua reazione diversa da quel sorriso felice stampato sul viso.

    Il fratellino le si avvicinò guardandola negli occhi.

    «Aprila» voleva dirle e lei lo capì.

    «Cosa aspetti?» e comprese anche questo.

    Guardò i suoi genitori con il sorriso smagliante e gli occhi luminosi.

    Sì, forse era arrivato il momento di aprire la busta. Le mani le tremavano. Cercò negli angoli il sottile filo che una volta tirato, le avrebbe dato accesso al contenuto della busta.

    Eccolo! Lo prese tra le dita e facendo un profondo respiro lo tirò. Dall’apertura della busta uscì un cartoncino azzurro. Non poteva essere che lui.

    Lentamente, come un giocatore di poker spizza le proprie carte, lo estrasse completamente. Aveva le scritte in oro. Era lui, il biglietto per fare il Viaggio più bello ed eccitante della sua vita e prima di tutti i suoi compagni.

    ‘Ciao Giosia’ una voce maschile uscì dal cartoncino ‘il tuo papà e la tua mamma ti hanno iscritto alla Dynamic Tour, l’agenzia che organizza il Viaggio più interessante, intrigante, stupefacente e desiderato di tutto il pianeta. Preparati! La data della partenza è vicina, anzi vicinissima, hai solo poche ore per decidere cosa portare con te e domani mattina sarai dei nostri. I tuoi genitori sanno già a che ora e dove dovrai farti trovare per unirti a noi in questo fantastico viaggio. Tutto quello che possiamo dirti è: benvenuta! Siamo ansiosi di fare la tua conoscenza. A domani!’

    Gli occhi le si riempirono di lacrime di felicità e quando sollevò il viso le scivolarono sulle guance per poi cadere sul prezioso biglietto.

    «Grazie!» disse guardando i suoi genitori.

    Un applauso partì da tutti i presenti.

    «Tornerai presto?» le chiese il fratellino.

    «Non lo so» gli rispose.

    Anche sua madre aveva le lacrime agli occhi e suo padre faceva di tutto per non mostrare la sua commozione.

    L’applauso terminò e ci fu qualche attimo di silenzio dove gli adulti forse, ripensavano al loro primo viaggio e i giovani immaginavano che cosa avrebbero potuto provare quando sarebbe stato il loro turno.

    «Questo è anche il premio per aver finito la scuola con i migliori voti. Sei stata brava» le scrisse il padre.

    Giosia lesse il messaggio sul dispositivo e si voltò verso di lui sorridendo.

    «Grazie» gli rispose a voce.

    «Ma cos’è questo mortorio?» scrisse il padre a tutti i presenti dal suo dispositivo «questa è o non è una festa?»

    Tutti ricevettero il messaggio e qualcuno rispose di sì.

    «E allora musica!» disse a voce.

    Dagli altoparlanti inseriti nelle pareti della stanza si diffuse una musica ritmata, molto piacevole.

    «Ma io devo preparare i bagagli» scrisse Giosia alla madre.

    «Non ti devi preoccupare» le rispose «li ho già preparati io, devi solo controllare che ti abbia messo tutto ciò che ti servirà.»

    «Grazie mamma» rispose Giosia a voce.

    «Adesso vai a divertirti» le scrisse il padre.

    «Grazie ancora» disse Giosia a voce abbracciandolo.

    «Ma quando tornerai?» le chiese il fratellino.

    «Presto» gli rispose accucciandosi davanti a lui «presto.»

    «Mi porti un regalo?» le chiese.

    «Certo, che cosa vuoi?»

    «Voglio dei calzini.»

    «Dei calzini? Ma con tutte le cose belle che ti posso portare vuoi proprio dei calzini?»

    «Sì» le rispose.

    «Lo sai che non è permesso.»

    «Ma io li voglio…» disse «li vorrei proprio» ripeté mitigando il tono.

    «Vedrò cosa posso fare» gli rispose.

    «Vieni Giosia» lesse il messaggio di un amico sul dispositivo.

    Abbracciò il fratellino e si diresse verso il tavolo dove torreggiava una torta deliziosa. Tutti i suoi amici e parenti stavano ridendo e divertendosi.

    Giosia prese in mano il coltello elettronico richiamando l’attenzione di tutti, lo appoggiò sulla torta, premette il bottone facendo il primo taglio.

    Un applauso e qualche urlo furono la risposta dei presenti.

    Giosia era veramente felice per ciò che le stava accadendo.

    La festa proseguì in modo allegro e concitato sino all’inizio della notte, prima del coprifuoco.

    La mattina dopo quando entrò in azione il risvegliatore biologico, Giosia si era già alzata. Per tutta la notte aveva continuato a dormire e svegliarsi. La sua mente era troppo eccitata per permetterle di dormire tranquillamente. Ornst e la sua gemella non erano ancora sorte del tutto e dalla finestra iniziava a filtrare la luce bluastra. Fece una doccia depurativa e in pochi istanti era già vestita e pronta per la colazione. Un leggero ronzio simile a un’ape l’avvertì che qualcuno era davanti alla porta della sua stanza.

    Premette un pulsante sul suo dispositivo e la porta si aprì. Entrò sua madre, anche lei si era svegliata prestissimo.

    «Mamma, cosa ci fai sveglia quest'ora?»

    «Tesoro» le scrisse «anch’io sono emozionata quanto te, ho dormito poco pensando a tutte le cose belle che vivrai.»

    «Com’è stato il tuo primo viaggio?» le chiese Giosia.

    «È stato indimenticabile, mi sono divertita come non mai. Penso sia stato il momento più bello della mia vita» le rispose a voce.

    «Non ne hai fatti altri?» le chiese Giosia.

    «Sì, sono tornata nel luogo dove ho fatto il primo viaggio, non mi interessava vederne altri. Ho visto come le cose e le persone erano cambiate negli anni che sono passati dal primo viaggio.»

    «Raccontami qualcosa.»

    «No, lo sai, non posso, potrei rovinarti la sorpresa e crearti delle aspettative su cose che magari non ti accadranno. Preferisco non dirti nulla e parlare invece delle tue esperienze al tuo ritorno. Sei pronta per fare colazione?» le chiese.

    «Sì mamma» le rispose «e gli altri sono già svegli?»

    «No, solo tuo padre, i tuoi fratelli li lasceremo dormire.»

    Giosia prese i suoi bagagli, entrarono nell’elevatore e salirono in sala da pranzo dove tutto era già pronto per la colazione.

    «Vedo che siamo mattutine» scrisse il padre vedendole entrare nella sala.

    «Sì» rispose la madre «abbiamo dormito tutti poco per l'emozione.»

    «E tu Giosia ti sei riposata almeno un po'?» le scrisse il padre.

    «Sì papà ma è stato molto difficile addormentarmi, ho fantasticato su quello che potrò vedere e fare ma penso che nulla si avvicini alla realtà» gli rispose a voce.

    «È vero, infatti è così» disse il padre mentre si accomodavano a tavola.

    «E tu papà quanti viaggi hai fatto?»

    «Io ne ho fatti più di uno. L’ultimo, l’ho fatto con tua madre ma preferisco…»

    «Sì, lo so» lo interruppe Giosia «non me ne puoi parlare, me l'ha detto la mamma che è meglio così.»

    Fecero colazione in silenzio scrivendosi il minimo indispensabile. I genitori capivano perfettamente quello che stava accadendo nella mente Giosia.

    «Dov’è il punto di prelievo?» chiese Giosia mentre riponeva la sua tazza nel dispositivo di disgregazione.

    «Questo te lo posso dire» disse il padre «ci troveremo alla tua scuola e lì attenderemo che ti vengano a prendere.»

    ‘Davanti alla scuola’ pensò Giosia, ‘là tutti mi vedranno prendere la navetta dell'agenzia.’

    Infatti di lì a poco, Giosia si trovò nel grande piazzale davanti alla scuola con i suoi genitori.

    Insieme a lei in attesa, c'erano altre persone che non conosceva. Incontrò alcuni sui compagni che frequentavano i corsi estivi, che la salutarono allegramente augurandole un buon viaggio e tanto, tanto divertimento.

    Il dispositivo la avvertì della vicinanza di Siron, il ragazzo più bello della scuola.

    Giosia non sapeva cosa fare. A scuola si salutavano scrivendosi ma niente di più. A lei piaceva molto ma non aveva mai saputo come iniziare un discorso o fare qualcosa che le permettesse di diventare sua amica.

    Scrutò con attenzione il piazzale e lo vide. Anche lui stava aspettando la navetta.

    Forse ora, era l’occasione giusta per parlargli.

    «Ciao!» gli scrisse.

    «Ciao» rispose lui.

    Passarono alcuni secondi di silenzio. Giosia decise di avvicinarsi sfoggiando tutta la sua simpatia…

    «Parti anche tu?» gli chiese a voce.

    «Perché chi altro parte?» le rispose quasi in modo sprezzante.

    «Io!»

    «Ma dai? Sul serio?» disse Siron sorpreso.

    «Certo, quelli sono i miei bagagli e quelli i miei genitori. I tuoi non ti hanno accompagnato?» gli chiese Giosia.

    «No, oggi sono in un’altra regione.»

    «Beh… sono contenta che ci sia anche tu…» disse quasi imbarazzata «almeno avrò una faccia amica con cui parlare.»

    Siron la guardò serio. Poi il suo viso si ammorbidì con un lieve sorriso.

    «Anche a me fa piacere» le rispose scrivendo.

    «Pensavo di essere la prima della scuola a fare questo viaggio» disse Giosia per rompere l’atmosfera di imbarazzo.

    «Beh, io lo sono stato. Questo per me è il secondo viaggio» disse Siron.

    «Davvero?» chiese Giosia incredula «così giovane e hai già fatto il Viaggio, non lo sapevo!»

    «Perché io non vado in giro a spifferare i fatti miei, così nessuno lo sa» disse Siron «un paio di anni fa avrebbe potuto essere motivo d’orgoglio, ma me ne frego di certe cose.»

    Giosia rimase perplessa per il tono con il quale le aveva risposto. Non sapendo cosa dire decise di tornare dai suoi.

    «Ci vediamo sulla navetta» gli scrisse allontanandosi.

    «Certo» rispose Siron «a dopo.»

    Giosia raggiunse i suoi genitori voltandosi un paio di volte verso Siron che stette a guardarla.

    ‘Bel colpo!’ pensò Giosia. Era un’occasione unica per fare amicizia con Siron sperando che fosse più gentile di come si era comportato e poi magari…

    Si mise a ridere con sé stessa per ciò che stava pensando. Fortunatamente Siron era troppo lontano per percepire i suoi pensieri. Per lei non sarebbe stata certo la prima volta, ma le cose erano diverse dal solito, questo tipo le piaceva davvero. Siron arrivò nella sua scuola tre anni prima. Nessuno sapeva da dove venisse e non si integrò mai perfettamente nella loro comunità. Era molto carino e la forma dei suoi occhi lo rendeva addirittura bello, completamente in opposizione al suo carattere introverso e scontroso.

    Vide arrivare la navetta, Giosia non stava più nella pelle e non riuscì a trattenere qualche lacrima mentre salutava i suoi genitori.

    Quando salì sulla navetta, Siron era già seduto e le fece cenno di sedersi vicino a lui. Questo invito le fece piacere.

    Rimasero in silenzio per buona parte del viaggio, come la maggior parte dei passeggeri.

    Giosia pensava al fatto che per parecchio tempo sarebbe stata lontana dai suoi, dalla sua casa, dagli amici e che stava partecipando a un viaggio del quale non sapeva nulla. Nessuno le aveva confidato particolari importanti. Tutto era avvolto dal mistero, nessuno infrangeva il muro dell’omertà. Cosa c’era da nascondere?

    Sulla navetta tutti stavano in silenzio comunicando tra loro utilizzando il dispositivo.

    «Cosa mi sai dire del Viaggio?» scrisse Giosia rispettando il silenzio.

    «Alla vigilia del mio primo viaggio, ne avevo parlato con mio padre, lui ne ha fatti tre. A parte il primo, il secondo se l’è pagato e uno lo ha ricevuto come premio sociale. So che costano parecchio, c’è chi lavora volontariamente una vita per potersi pagare un secondo viaggio. Chi non fa anche il secondo è uno sfigato» scrisse e Giosia vide che stava ridendo.

    «Ho chiesto in giro ma nessuno mi ha raccontato dei particolari sul Viaggio» scrisse Giosia facendo una smorfia di rassegnazione.

    «Ti ho detto che per me è il secondo, no?» puntualizzò Siron con un sorrisetto.

    «Quindi mi anticiperai qualcosa sul viaggio?» chiese Giosia ansiosa di conoscerne i dettagli.

    «Beh… dipende, se mi corromperai con della birra.»

    «Birra? Ma è proibita» scrisse Giosia con cinque punti esclamativi.

    «Appunto, per quello che mi lascerei corrompere. Posso solo dirti per adesso che puoi scegliere dove andare, quali popoli visitare e

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