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Nelle mie vene
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E-book318 pagine4 ore

Nelle mie vene

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Info su questo ebook

Angelica racconta come diventare un vampiro sia stato solo l'inizio delle sue avventure. Tutti i pericoli e le difficoltà in cui si è ritrovata dipendono davvero solo dal drastico cambiamento di specie o c'è di più?
Un romanzo fresco e accattivante che combina il soprannaturale e il romantico, il pericolo e un pizzico di ironia.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ago 2017
ISBN9788822805171
Nelle mie vene

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    Anteprima del libro

    Nelle mie vene - Alessandra Lovis

    Alessandra Lovis

    Nelle mie vene

    UUID: 69a087f4-7633-11e7-bbc7-49fbd00dc2aa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice

    Prologo

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Ringraziamenti

    Copyright © 2017 Alessandra Lovis. Tutti i diritti riservati.

    Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi ed episodi sono frutto dell'immaginazione dell'autore e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o utilizzata in alcun modo senza l’autorizzazione scritta dell'autore, tranne che per brevi citazioni in recensioni.

    Copertina a cura di Diana Morales Nielsen.

    A chi ama perdersi nei sogni.

    A chi coltiva la propria fantasia.

    A te, che rivivrai con me la mia storia.

    Prologo

    Mi chiamo Angelica e ho ventidue anni e queste pagine racchiudono la mia storia.

    Perché ho deciso di scriverla? Perché è un momento complesso e drammaticamente importante della mia vita e non solo.

    Non so cosa accadrà domani, non so se ce la faremo, ma sono felice di aver messo nero su bianco ciò che è successo: i fatti, i luoghi, ma soprattutto le persone che in un modo o nell'altro hanno significato qualcosa nell'ultimo periodo della mia vita.

    Qualcuno deve sapere. Qualcuno deve ricordare.

    Chi ero io prima di tutto questo? Ero una ragazza come tante; un'infanzia felice e un'adolescenza relativamente facile; figlia unica, ma con tanti buoni amici; sempre andata bene a scuola, senza mai eccellere in nulla però. In parole povere, nulla fuori dall'ordinario. La mia vita è sempre stata fin troppo normale per i miei gusti, se devo essere sincera. Amavo leggere, perché mi faceva viaggiare in mondi sconosciuti e mi permetteva di affrontare avventure memorabili e vivere vite ricche di colpi di scena: ecco ciò che volevo, o credevo di volere.

    Un giorno, circa due anni prima dell'inizio del mio racconto, arrivò un colpo di scena, ma non era esattamente ciò che mi aspettavo: in un tragico incidente persi i miei genitori e rimasi sola. Dopo la loro morte dovetti imparare a cavarmela in ogni situazione e questo rafforzò il mio carattere. Dopo un anno iniziai a convivere con Tabitha, la mia migliore amica, e le cose sembrarono tornare lentamente ad andare per il verso giusto. Finché tutto cambiò. Radicalmente.

    Non avevo mai considerato la possibilità che mi capitassero tutte le cose incredibili che mi hanno decisamente cambiato l’esistenza, riempiendo ogni singolo giorno di novità, sfide e scelte, alternando momenti di pura gioia e soddisfazione a terribili istanti di paura e difficoltà.

    Ogni tanto, ancora oggi, mi sveglio e sembra essere stato tutto solo un sogno surreale, ma non è così.

    Ci sono momenti in cui vorrei poter tornare indietro nel tempo e fare scelte diverse per poter cambiare la mia storia; qualche volta quella normalità, che consideravo indesiderata e noiosa, non sembra più poi così detestabile.

    Ora vedo le cose in modo molto diverso, conscia di una realtà che fino a quel fatidico giorno credevo fosse solo fantasia e credenza.

    Ora il mio percorso giunge a conclusione e lascio a voi giudicare le mie scelte; qualcuno vi racconterà come finisce questa storia, se io non potrò farlo.

    Vi prego non dimenticate ciò che è accaduto, chi ha lottato, chi ha creduto, chi ha amato; tutti meritano di essere ricordati.

    Non possiamo fallire domani, perciò auguratemi buona fortuna, e se non sarò all'altezza, perdonatemi.

    Capitolo 1

    contagio

    La mia vita cambiò, o iniziò, il 6 luglio del 2011, non dimenticherò mai quel giorno.

    Dopo cena Tabitha, la mia migliore amica nonché coinquilina, e io passammo la nostra serata guardando un film, credo fosse il Corvo, il suo preferito, e mangiando gelato direttamente dalla confezione. Lei, con degli indomabili lunghi ricci neri e degli occhioni verdi, celati dagli occhiali da vista color porpora, era una ragazza piuttosto allegra, anche se pessimista e con un lato cupo, ma soprattutto era sempre stata per me un'amica leale. Spesso le dicevo <> ed era proprio vero: quando non avevo nulla a cui aggrapparmi potevo voltarmi e sapevo che l'avrei trovata lì accanto a me, pronta a sorreggermi. Il suo stile nel vestire era praticamente monocromatico: magliette, felpe, jeans, tutto nero. D’inverno portava spesso degli anfibi, neri, mentre d’estate un paio di Converse All Stars, sempre nere, e giacca di pelle, nera ovviamente. Aggiungendo qualche borchia qua e là si notava chiaramente il richiamo allo stile metal, che qualche anno fa era più marcato; inutile dire che era anche il suo genere di musica preferito. Nonostante si vedesse da più di un kilometro la differenza tra lei e me, preferendo io uno stile casual e a volte persino elegante, non potevamo andare più d’accordo. La nostra amicizia andava ben oltre le scelte estetiche e musicali, eravamo come sorelle. Ci legava un affetto profondo e ci accettavamo per quello che eravamo nonostante non condividessimo i gusti l’una dell’altra. A lei infatti, per esempio, non era mai piaciuto al cento per cento il mio ragazzo, Samuel. Secondo Tabitha, lui cercava di condizionare la mia vita e non mi lasciava abbastanza spazio per prendere le mie decisioni in totale autonomia. Col tempo però non mi disse più nulla del genere, perché mi vedeva felice e questa per lei era la cosa più importante.

    Samuel era più grande di me, aveva ventisei anni, aveva studiato scienze dei beni culturali e conosceva tre lingue; lavorava presso un’agenzia di viaggi ed era abbastanza soddisfatto della sua vita. Era un ragazzo molto intelligente, ma anche spiritoso e sensibile, e curava molto il suo aspetto andando regolarmente in palestra e vestendosi con un ottimo gusto. Aveva un fisico asciutto ma con muscoli ben definiti, che risaltavano grazie alla leggera abbronzatura dorata e uniforme. I suoi occhi erano splendidi, di un verde intenso e molto profondi; il suo sguardo magnetico aveva conquistato molte ragazze prima di me. I suoi capelli corvini erano sempre perfetti, a parte qualche ciuffo ribelle sulla fronte che gli dava un tocco particolare rendendolo una creatura assolutamente affascinante e intrigante. Stavamo assieme da due anni e mezzo, praticamente da poco prima della morte dei miei genitori, e il suo supporto mi fu di grande aiuto in quel periodo. Superato quello, la nostra storia d’amore poteva definirsi tranquilla, serena, a volte purtroppo perfino monotona; fino al momento in cui subì un duro colpo che fu difficile, se non impossibile, da accettare per entrambi: io fui trasformata in un vampiro.

    Finito il film e la consueta telefonata a Sam, uscii sul balcone della mia camera per godermi la bella e fresca serata d’estate. Era circa mezzanotte e, mentre ammiravo le stelle, mi accorsi che non era una notte infuocata come al solito. Eravamo ormai a luglio e avrebbe dovuto fare molto più caldo, ma negli ultimi giorni aveva piovuto molto e le temperature si erano abbassate. Provai una sensazione strana, come se fossi osservata, e mi guardai intorno, senza però riscontrare nulla di anomalo. Nel silenzio della notte, rotto solo dal rumore di una moto che sfrecciava a tutta velocità nella strada vicina, non mi accorsi del suo arrivo. Improvvisamente qualcosa mi colpì alla nuca e subito rimasi intontita. Dopo pochi secondi realizzai che qualcuno mi aveva presa in spalla e mi stava portando via, saltando agilmente dal balcone e correndo molto velocemente. Doveva essere un pazzo per gettarsi con tanta tranquillità dal terzo piano e cosa ancora più assurda, nonostante l’altezza, una volta toccato terra si era rialzato come se niente fosse. Avrei voluto urlare e chiedere aiuto, ma mi aveva tappato la bocca con una camicia appallottolata che soffocava la mia voce. Mi reggeva come un pastore tiene un agnellino, sulle spalle e con estrema facilità: con una mano mi stringeva i polsi vicino al suo petto e con l’altra mi teneva ferme le gambe. Ero terrorizzata e frastornata; non capivo cosa stesse succedendo e non sapevo cosa fare. Non riuscivo minimamente a muovermi perché lui era molto più forte di me, allora decisi di osservare bene il mio rapitore e cercare di capire con chi avevo a che fare. Dovevo restare calma e razionalizzare la situazione, per quanto fosse possibile. Era sicuramente un uomo, vista la corporatura e la forza, ma guardandolo notai che era molto giovane, aveva poco più di vent’anni. Era un bel ragazzo a dire la verità: alto; fisico atletico; con biondi capelli lisci e spettinati; gli occhi sembravano chiari, ma non riuscivo a vederli bene, anche perché erano solo debolmente illuminati dalla luce lunare. La cosa che mi colpì maggiormente era il suo sorriso: non era crudele o perverso, anzi, era come il sorriso di un bambino a cui hanno appena regalato una bicicletta nuova e non vede l’ora di provarla. Non riuscivo a capirlo, non sembrava una persona cattiva. Mi chiesi cosa volesse da me e perché mi stesse portando via dalla mia casa, il mio rifugio, il mio letto, la mia vita tranquilla.

    Non ci mise molto a raggiungere i boschi non lontani da casa mia e vi si inoltrò un po'; finché ad un tratto si fermò e, continuando a tenermi i polsi, mi posò dolcemente a terra con la schiena appoggiata a un albero. Mi accorsi che si muoveva facendo attenzione a non farmi male. Cercai subito di guardarlo meglio in viso e non mi ero sbagliata: aveva proprio l'aria da bravo ragazzo, con un sorriso dolce ed esaltato; gli occhi gli brillavano dalla felicità ed erano di un azzurro intenso, bellissimi.

    <> mi disse tranquillo.

    Avrei tanto voluto rispondergli e chiedergli perché mai allora mi avesse rapita, ma non feci in tempo a finire questo pensiero che mi si gettò addosso e mi morse al collo. Un dolore acuto mi attraversò come una scarica elettrica e provai ancora a gridare, ma non emisi un solo suono. Cercai di divincolarmi, inutilmente, e pian piano mi sentii più debole, nonostante l’adrenalina nel mio sangue fosse ai massimi livelli per la paura e l’orrore. Ad un certo punto non riuscii più a trattenere le lacrime; il dolore era meno intenso, ma ancora forte e persistente. Non mi sembrava vero quello che mi stava succedendo.

    Ero sempre stata affascinata dai vampiri e avevo sempre visto serie televisive e film su di loro, avevo anche letto dei libri e fatto qualche stupida ricerca su internet per curiosità, ma onestamente non credevo che esistessero davvero. Quella notte, però, la verità su quelle creature era attaccata al mio collo e mi stava succhiando via la vita.

    Non volevo morire, avevo ancora troppe cose da fare nella mia vita: volevo viaggiare, avere una famiglia con tre bambini, un cane magari, comprarmi un'auto, insomma troppe... troppe cose. Purtroppo non potevo fare assolutamente niente per liberarmi e contrastarlo, la sua presa era troppo forte. Credetti che fosse ormai la fine e continuavo a pensare alle cose che avrei voluto dire ai miei amici e a Samuel; questo pensiero mi fece piangere ancora più forte. Ad un tratto lui mi lasciò.

    <>

    Fece una pausa. Mi guardò dritto negli occhi e capii che col suo sguardo cercava di calmarmi. Non aveva un grande effetto, ma glielo feci credere.

    <> disse cauto.

    Io annuii e il movimento, anche se impercettibile, mi provocò un dolore lancinante al collo e, anche se lui aveva smesso di bere il mio sangue, questo continuava a fluire dalla ferita e la sentivo pulsare. Le energie mi stavano abbandonando. Stavo per svenire, ma certamente non potevo fidarmi di lui e mi obbligai a restare vigile.

    Mi guardò fisso per ancora un lungo secondo, poi mi liberò la bocca e si riprese la camicia bagnata di lacrime e saliva. Immediatamente tossii. Dolore e sangue. Poi tutto fu rapidissimo, mi accorsi a malapena di ciò che accadde: io aprii la bocca per tentare di chiedere aiuto e, ancora prima di emettere un fiato, lui mi aveva già ricoperto la bocca con la camicia.

    <> disse un po' deluso <>

    Questa volta attese di più. Io non annuii, qualunque movimento era troppo doloroso. Probabilmente lesse nei miei occhi la rassegnazione e mi liberò di nuovo. Non feci nulla stavolta, rimasi zitta e immobile.

    Lui sospirò soddisfatto e mi mostrò un sorriso smagliante, così per la prima volta notai i canini: non erano lunghi come me li immaginavo, poco più del normale, ma erano affilatissimi. Finalmente si pulì un lieve e macabro rivolo di sangue che gli usciva da un lato della bocca e si avvicinò. Mi spostai nonostante il dolore, ma lui, più veloce di me, mi aveva già preso il viso tra le mani e con i pollici mi asciugò le lacrime con delicatezza.

    Continuavo a chiedermi perché un ragazzo che sembrava così buono, dolce e gentile mi stesse facendo tutto questo. Probabilmente capì quello che stavo pensando dal mio sguardo interrogativo, poggiò le sue mani sulle mie spalle e iniziò finalmente a parlare.

    <>

    Strabuzzai gli occhi. Nonostante la mia passione per il soprannaturale, e in particolare per i vampiri, non avevo mai pensato all’eventualità di diventare una di loro.

    <>

    La situazione diventava sempre più inquietante: mi aveva osservata e sapeva il mio nome. Spalancai gli occhi sconcertata.

    <>

    Aggrottai la fronte, non capendo a cosa si riferisse.

    <> disse grattandosi nervosamente dietro l'orecchio.

    Mi ricordò quando Samuel mi confessò con un fil di voce che ero importante per lui e che mi amava; trovai la sua timidezza adorabile. E l'inaspettata titubanza di questo vampiro, forse per un solo istante, mi intenerì. Mi sembrò perfino di veder spuntare un po’ di rossore sulle sue guance; il che mi sembrò molto strano, perché andava contro tutti gli stereotipi dei vampiri, che dovrebbero essere sempre pallidissimi e, beh, fisicamente morti. Forse avevo visto male, mi convinsi che era così; magari era dovuto al fatto che ero molto debole.

    Lui si schiarì la voce tentando di cambiare discorso e lasciare la sua confessione in sospeso.

    <>

    Si schiarì di nuovo la voce, il suo nervosismo e imbarazzo era palese. Aveva appoggiato le sue mani sulle mie e ogni tanto me le stringeva con un gesto involontario. Erano stranamente calde, per essere un vampiro, ma pensai anche stavolta che fosse solo una mia impressione, considerando che le mie mani erano ormai esangui e gelate.

    <> disse sinceramente dispiaciuto.

    Mi lasciò andare le mani e mi mise un braccio attorno al collo per sorreggermi. Dovevo avere un aspetto orribile ed ero davvero a un passo dal perdere i sensi. Con la coda dell’occhio vidi il mio braccio e la maglietta macchiate di rosso e mi sentii ancora peggio: mi aveva sempre dato fastidio la vista del sangue. Lui se ne accorse e mi diede un bello scossone. Mi ripresi subito, emettendo un piccolo urlo e spalancando gli occhi a causa del penetrante dolore che mi provocò al collo. Con fermezza si morse il polso tanto da farlo sanguinare e poi lo avvicinò al mio viso. Fui assalita da una nausea indicibile solo all’idea di bere del sangue, come se non stessi già abbastanza male, e da lui scaturì una bassa risata gutturale.

    <> mi incoraggiò.

    Avvicinò ancora di più il polso alla mia bocca e sentii qualche goccia del suo sangue cadere sul mio petto. Quando le mie labbra sfiorarono la sua pelle, mi resi conto che la sensazione di calore non era stata solo un’impressione: la sua pelle avrebbe dovuto essere fredda come quella di un cadavere, ma era l'esatto opposto. Un’altra stranezza di questo vampiro. Una parte di me dubitava fortemente che lo fosse davvero, mentre un’altra parte iniziava a pensare che era tutto un po’ troppo assurdo per essere solo un brutto sogno. In ogni caso, ormai ero troppo stanca e intontita per farmi altre domande e, dopo qualche istante, dischiusi le labbra. Sulla mia lingua iniziai a sentire un gusto metallico e dolciastro e la mia bocca si riempì in fretta del suo sangue. Tentai di resistere all’inizio, ma infine ingoiai. Volevo vivere. Si ripresentò subito quell’odiosa nausea, ma il sangue continuava a scorrere. Dopo qualche sorso la nausea passò e iniziai a provare una sorta di sollievo; mi sentivo meglio, anzi, molto meglio. Un calore innaturale si accese dentro di me; ero eccitata, come sotto l’effetto di una qualche droga. I miei occhi erano ormai quasi socchiusi e improvvisamente li spalancai, fissandoli nei suoi. Sentivo le forze tornare in me e, senza che me ne rendessi conto, iniziai a bere avidamente. Ora tenevo il suo braccio con entrambe le mani e lui lasciò che mi nutrissi, controllandomi e sorridendo. Dopo un po’ mi bloccò dicendo che era sufficiente, ma non riuscivo a smettere: ero assuefatta e lui lo sapeva. Perciò mi strappò via il braccio dalle mani e si liberò dal mio morso. Ripresi fiato e vidi che anche il suo respiro si era fatto pesante, nutrirmi l'aveva indebolito.

    <> disse facendo continuamente piccole pause per riprendere fiato e regolarizzare il respiro <>

    <> chiesi incuriosita e con voce flebile tra una boccata d’aria e l’altra; suonò strano: involontariamente avevo dato a quella parola un tono sensuale e provocante.

    Era la prima volta che parlavo davanti a lui e, al contrario di ciò che mi aspettassi, non mi provocò alcun dolore al collo, solo un fastidio leggero, come se la ferita stesse guarendo rapidamente. Lui si accese di gioia, felice che gli rivolgessi la parola.

    <>

    Mi chiesi cosa potesse esserci di peggio e la paura tornò a opprimermi. Ora lui respirava meglio; mi si avvicinò e con una mano mi tenne la testa ferma contro il tronco dell’albero. All’inizio pensai che volesse baciarmi, tanto era vicino a me, ma dal suo sguardo capii che non era questa la sua intenzione ed ero terrorizzata. Avrei voluto urlare, tentare di liberarmi dalla sua presa, ma ero immobilizzata tanto da lui quanto dalla paura. Non ebbi il tempo di dire una sola parola che in un istante, con la mano libera, mi strappò via i canini superiori. Inutile tentare di descrivere la sofferenza atroce che si prova. Con la sua innaturale velocità mi coprì la bocca con la solita camicia per soffocare le mie grida disperate e tamponare l’emorragia. Ben presto la camicia azzurra si tinse di rosso scarlatto e le lacrime mi inondarono le guance di nuovo e mi annebbiarono la vista. La testa iniziò a pulsare come se al suo interno ci fosse un martello pneumatico che non mi dava tregua, e sembrava sul punto di esplodere dal supplizio che provavo e dalle urla represse. Singhiozzavo e mi divincolavo nell’inutile tentativo di sfogare il dolore, ma così facendo me ne procuravo solo di più. Per fortuna, il sangue aveva smesso di fuoriuscire dalla ferita al collo, ma ne perdevo ancora di più dalla bocca. Lui tentò di tenermi ferma, dicendomi con voce sincera <>

    Capitolo 2

    verità

    Spalancai gli occhi e mi ritrovai nella mia camera. Era stato solo un sogno. Prima di alzarmi, rimasi un attimo seduta sul letto perché mi girava la testa. Guardai il cuscino e notai che era bagnato: chissà quanto avevo pianto. Mi passai preoccupata la lingua sui denti e notai rincuorata che non ne mancava nessuno, poi mi toccai il collo e non sentii nessuna ferita, crosta o cicatrice. Niente. Mi sentii davvero sollevata. Era stato un incubo davvero realistico, ma niente di più per fortuna. Andai subito in bagno e mi osservai attentamente allo specchio: i miei capelli erano un disastro. Avevo dei capelli castano chiaro leggermente mossi che si riempivano sempre di nodi, forse anche perché erano piuttosto lunghi: mi arrivavano a metà schiena. Anche se erano difficili da tenere in ordine, li avevo sempre desiderati lunghi, perciò cercavo di non lamentarmi troppo delle conseguenze. I miei occhi color nocciola erano arrossati e gonfi a causa di tutte le lacrime che avevo versato durante la notte, ma per il resto non c’era niente di insolito in me. Feci un grande sorriso allo specchio e osservai rassicurata i miei denti. Forse i canini mi sembrarono più lunghi e affilati del solito, ma sicuramente era solo suggestione. Ero viva e umana.

    Si può sapere che razza di vampiro era quel ragazzo!? Con la pelle calda, che arrossisce e la trasformazione si chiama contagio!? Mai sentita questa espressione. Da dove mi sarà venuta in mente? pensai Per un po' basta film sui vampiri, Angy! mi ripromisi.

    Mi rinfrescai e mi lavai energicamente la faccia, come per scacciare via i brutti pensieri. Mi diedi una rapida sistemata ai capelli e all’improvviso me ne accorsi: la maglietta che indossavo era diversa. Ne ero sicura. La sera prima avevo messo la canotta lilla in coordinato con i pantaloni del pigiama; quella che indossavo, invece, era nera. Cercai di fare mente locale ed ero certa di non essermi ancora cambiata i vestiti. Non capivo. Iniziai a cercare quella dannata maglietta lilla per tutta la camera quando a un tratto sentii un <> alle mie spalle. Lanciai un urlo e mi voltai di scatto. Mi ero spaventata perché non mi aspettavo che ci fosse qualcuno in casa, visto che Tabitha usciva sempre prima di me per andare in università a studiare. Io invece non ero mai stata mattiniera come lei. Quella voce inoltre l’avevo già sentita da qualche parte e anche di recente. Rimasi impietrita quando lo vidi: era il presunto vampiro della notte prima.

    <> disse divertito.

    Il mio silenzio era esaustivo.

    <> domandò leggermente deluso.

    Mi costrinsi a respirare e a deglutire; la mia gola non era mai stata così secca e risposi con un filo di voce.

    <

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