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Heartbeat: il battito di due cuori
Heartbeat: il battito di due cuori
Heartbeat: il battito di due cuori
E-book520 pagine7 ore

Heartbeat: il battito di due cuori

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Info su questo ebook

Ci sono sogni destinati a rimanere per sempre chimere e altri che all’improvviso si realizzano.
Lo sanno bene Adam e Eve, due ragazzi come tanti che, complice un parcheggio sbagliato, avranno modo di conoscersi, provando fin da subito una forte attrazione reciproca, anche se inizialmente entrambi fingeranno che tra loro ci sia solo una bella amicizia.
Ci si può sentire attratti profondamente da una persona conoscendola da neanche ventiquattro ore?
A quanto pare sì.
All’età di nove anni, Adam ha patito le conseguenze del bullismo a scuola, una situazione che gli ha causato molta sofferenza ma che è stata anche la svolta per avvicinarlo alla musica, arte che ha forgiato il suo carattere sensibile.
Ora è un giovane musicista talentuoso che si districa in diversi lavori, senza però trascurare l’impegno con il gruppo dei +One di cui fa parte come cantante e frontman, una delle tante band senza fama che suonano nei vari pub di Londra, coltivando la speranza che qualcuno che conta nel mondo dello show business si accorga di loro.
A venticinque anni compiuti non è molto soddisfatto della sua vita lavorativa, di quella sentimentale lo è ancora meno. Il suo sogno nel cassetto, che più passa il tempo più gli sembra irrealizzabile, è riuscire a portare la sua band al successo e vedere i fan aumentare fino a riempire gli stadi nei quali spera un giorno di potersi esibire.
Eve, giovane giornalista radiofonica, è molto altruista e si fa in quattro se può aiutare un amico, perché per lei l’amicizia è sacra, principio che la spinge a dare tutta sé stessa per aiutare Adam a promuovere la band.
Per il suo fisico esile, il volto pulito da ragazzina, lo sguardo sincero e la sua timidezza, può dare l’impressione di essere una donna fragile e insicura, ma non lo è, ha un carattere deciso e, quando serve, la determinazione non le manca.
La sua adolescenza non è stata proprio facile: non ha mai conosciuto il padre e con la madre ha un rapporto conflittuale da sempre.
Certe volte mi sentivo più un’orfana che una figlia di madre single.
Il romanzo, ambientato ai giorni nostri nella capitale inglese, è improntato sull’amicizia, sui rapporti familiari e sui molteplici sentimenti dell’essere umano: quelli che Adam prova per Kate da quando non aveva ancora ventun anni e quelli che proverà per Eve dopo averla conosciuta; quelli di Eve per Tommy Peterson che l’ha presa in giro quand’era appena una diciottenne inesperta e quelli che vivrà al fianco di Adam; quelli inesistenti di una madre per la propria figlia e quelli di un padre che ha sofferto senza potersi rivelare per ventitré anni; quelli dell’amicizia che lega Adam ai suoi migliori amici Gareth, Jared e Lenox, con i quali ha dato vita alla band; quelli di James per Eve; quelli di Eve per Will…
Tra alti e bassi, aspirazioni e delusioni, segreti e bugie, ammissioni e omissioni, fraintendimenti e insicurezze, per Adam e Eve l’unica certezza è il ritmo del loro cuore che batte all’unisono quando sono vicini, la colonna sonora perfetta di ogni storia d’amore.
LinguaItaliano
Data di uscita4 mag 2023
ISBN9791222403281
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    Anteprima del libro

    Heartbeat - Renée Conte

    Heartbeat

    il battito di due cuori

    Renée Conte

    Heartbeat

    il battito di due cuori

    di Renée Conte

    www.reneeconte.com

    Copyright © 2022

    Tutti i diritti riservati

    Patamu registry n. 185394

    Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell'immaginazione dell'autore o sono usati in maniera fittizia. Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone, reali, viventi o defunte è del tutto casuale.

    A chi, pur soffrendo,

    non si arrende dopo una delusione.

    Ascolta il battito del suo cuore

    e continua a credere nell’amore.

    Su nulla abbiamo meno potere che sul nostro cuore,

    e, lungi dal comandarlo,

    siamo obbligati a obbedirgli.

    (Jean-Jacques Rousseau)

    RIFLESSIONI

    "Ci sono delle vite che si incontrano anche solo per poco tempo, due universi che per un attimo si fondono in uno.

    Ma poi, per un motivo banale o importante che sia, si separano, restando comunque unite nella mente.

    Rimangono legate dal ricordo di quello che è stato, e del rimpianto per quello che non è potuto essere per sempre.

    Il rapporto fra le persone è sempre un rapporto a due, magari ci relazioniamo, interagiamo con tante persone allo stesso tempo, magari parliamo a un pubblico vasto, ma il contatto che si apre è sempre fra due persone: uno che parla o agisce e l'altro che ascolta e prende decisioni.

    Fra le persone c'è sempre un rapporto you and me e non c'è manciata di stelline da prestigiatore che possa disturbare il contatto quando due vite si collegano in qualsiasi maniera, anche ascoltando uno che parla alla radio o che sta blaterando degli affari suoi in mezzo al traffico cittadino, perché quando avviene il contatto, la sintonia, il chiasso degli altri, la voce della propaganda e il rumore di fondo spariscono, annientati dall'attenzione.

    Resta solo il suono del battito di due cuori.

    Dicono che sia più importante aggiungere vita agli anni che anni alla vita, ma è il tempo che, a seconda delle nostre scelte o di quelle degli altri e di tutto ciò che può accadere, decide se essere entusiasmante, fantastico, noioso, triste, tragico, utile o inutile.

    Comunque vada, l'importante è che il tempo per il viaggio ci sia e che il trip sia gradevole."

    Emanuele Conte dal radio show Lives

    della serie Wolfy Music & Life

    CAPITOLO 1

    Adam

    «Nell'auto. Sul serio, Kate?» replico a corto di fiato alla sua curiosa proposta, interrompendo il bacio per guardarla negli occhi.

    Mi è sempre piaciuto il modo sfacciato e selvaggio con il quale si avventa sulle mie labbra e le fa sue, mi eccita da morire, e mi eccita ancora di più il suo splendido corpo, bloccato tra le mie braccia e la fiancata del suv, che si struscia sul mio.

    «Mmh mmh» annuisce con un sorriso provocante e lo sguardo malizioso, per poi tornare a invadermi la bocca con baci sensuali e famelici.

    «Non sarebbe meglio casa mia?» Mi allontano dalle sue labbra spostandomi sul collo, dove lascio una scia di piccoli baci fino a raggiungere il lobo che mordo piano, facendola gemere. «Da qui non ci mettiamo più di quindici minuti, te lo garantisco» le sussurro all'orecchio con l'intento di farle cambiare idea. Non la vedo da sei mesi, posso benissimo aspettare altri quindici minuti per averla.

    Non vorrei sembrare troppo infoiato, in realtà lo sono eccome! Smanio di toccarla ovunque da quando si è presentata al pub dove stasera io e la mia band suonavamo, comportandosi con naturalezza, come fosse ieri l’ultima volta che ci siamo visti e come fa sempre quando si ricorda che esisto.

    Non sapevo fosse tornata in città ed è indubbio che ne sia piacevolmente sorpreso. Non so quanto tempo si fermerà questa volta, quel che è certo è che dovrò modificare le mie abitudini, come mi trovo a dover fare ogni volta che si rifà viva dopo le sue lunghe pause di riflessione. Comunque, se posso godere della sua compagnia, non mi dispiace dover apportare qualche piccolo cambiamento alla mia monotona routine.

    Mi si è lanciata di getto tra le braccia appena sono sceso dal palco, rischiando di farmi perdere l’equilibrio.

    «Ehi, rossa! Bentornata» l’ho salutata sorridendole.

    «Ciao, cucciolo» ha ricambiato allegra impossessandosi della mia bocca, intanto che infilava una mano sotto la mia maglia per graffiarmi la pelle con le sue unghie lunghe e ben curate.

    È il suo modo di marcare il territorio, di far capire alle ragazze presenti nel locale che è lei l’unica a poter vantare diritti sul mio corpo. Non è più così da quando mi ha lasciato la prima volta, e credo lo sappia, anche se abbiamo sempre evitato di affrontare l’argomento.

    Quando torna pretende l'esclusiva, gliela concedo, ma in cambio pretendendo altrettanto da lei.

    «Uffa, come sei bacchettone! E lasciati andare a qualcosa di trasgressivo per una volta, no? Qui dietro. Adesso!» ribatte autoritaria, spingendomicon entrambe le mani per farmi allontanare quel tanto che basta ad aprire lo sportello alle sue spalle,accomodandosi per prima sui sedili posteriori dell'auto.

    Con un solo gesto, un sorriso peccaminoso e pieno di promesse, sfila il top che indossa, lasciando il suo bel seno libero da indumenti superflui. L’ho visto un milione di volte ma devo ammettere che è sempre un bel vedere.

    Per diritto di cronaca, tengo a precisare che non sono affatto un bacchettone, come sostiene solo per provocarmi, e che lasciarmi andare a qualcosa di trasgressivo è la normalità quando sto con lei. Forse ha scordato quante volte mi sono infilato in situazioni che hanno rasentato l’illecito solo per compiacerla. 

    Vorrei rammentarglielo ma è meglio se sto zitto e faccio come ha chiesto, anzi, ordinato, perché con lei è prendere o lasciare, non ci sono vie di mezzo.

    E quando posso, io prendo.

    E così eccoci qui, in un parcheggio semibuio sul retro di un pub pieno di gente, a darci dentro come due ragazzini in preda agli ormoni impazziti, io con i jeans calati, lei con la gonna sollevata, per permettere alle nostre parti intime di incastrarsi alla perfezione.

    Dio, quanto mi piace sprofondare dentro di lei mentre muove il suo corpo sopra di me, in una danza ancestrale e dannatamente sensuale!

    Qui dietro i vetri sono oscurati, almeno non rischiamo che qualcuno ci veda; non escludo che questa volta potremmo sul serio finire nei guai per atti osceni in luogo pubblico.

    Kate non è la mia ragazza ma, bene o male, fa parte della mia vita da più di quattro anni.

    Pochi giorni dopo averla conosciuta gliel’ho proposto, in quel momento lo desideravo oltre ogni modo. Ha rifiutato, e senza tanti giri di parole.

    «Tu mi piaci Adam, dico sul serio, ma non sarò mai la tua ragazza. Non credo nelle storie d’amore e non voglio legarmi a nessuno, le etichette imposte e le relazioni di un certo tipo non fanno per me. Sono uno spirito libero che segue l'istinto più che la logica, vado dove mi porta il vento e non metto radici in nessun posto. Se vuoi che ci divertiamo un po’ mi sta bene, altrimenti è meglio che ognuno vada per la propria strada» ha chiarito il punto con determinazione.

    Se non c’era altro modo per averla mi sarei dovuto accontentare, e così, nonostante l’enorme delusione, ho accettato il compromesso.

    Che sia una donna molto bella è indubbio, lo era anni fa e adesso lo è di più, incarna alla perfezione il sogno erotico di ogni uomo etero esistente sul pianeta.

    Non passa inosservata con la sua chioma fluente rosso fuoco, il sorriso da cardiopalma, la pelle lattea e morbida come seta, iridi verdi e brillanti come gemme, seno sodo sufficiente a riempirmi i palmi delle mani, gambe snelle e ben tornite da fine del mondo che non lesina a mettere in mostra se ne ha l’occasione, e un culo a mandolino da perderci la testa.

    E io la testa per Kate l’avevo persa sul serio.

    Ero convinto fosse amore quel desiderio folle e costante che provavo per lei, invece è stato un abbaglio, un'infatuazione, una reazione scatenata dal desiderio assoluto di possedere quel magnifico corpo tentatore. Ero accecato dall'orgoglio per essere diventato il suo prediletto, non potevo credere che tra i molti pretendenti che le giravano intorno avesse scelto proprio me.

    Che ciòche provavo per lei non fosse amore l’ho capitosolo diversi mesi dopo.

    Il fatto è che non abbiamo nulla in comune io e lei, siamo diversi in tutto e per tutto, però,l'attrazione fisica è sempre stata innegabile e la chimica che c’è tra noi è talmente potente che tentare di contrastarla è impossibile.

    Io e lei vicini facciamo davvero scintille!

    All’epoca vivevo come se il mondo realecon tutti i suoi probleminon esistesse e mi trovassi improvvisamente catapultato in una realtà parallela, dove tutto era fantastico e possibile per il solo fatto che in quel magico mondo immaginario c’era lei.

    Non mi interessava assolutamente che ogni membro della mia famiglia non approvasse la nostra frequentazione solo perché Kate aveva più anni di me e più soldi di me. «È un rapporto troppo sbilanciato, siete così diversi tu e lei. Quella ragazza ti farà soffrire, tesoro mio» diceva nonna, spalleggiata sia da mio padre che da mio fratello che la pensavano allo stesso modo. Non li ascoltavo, l'unica cosa di cui mi importava veramente era soddisfare il bisogno disperato e ossessivo di averla.

    Anche se per costituzione ne dimostravo di più, quando l'ho conosciuta non avevo ancora compiuto ventun anni. Ero molto sprovveduto, parecchio immaturo e assolutamente inesperto su questioni amorose ociò che conta davvero, oltre al sesso, in una relazione tra due persone. Invece Kateera una ventiseienne più che smaliziata, e di esperienza ne aveva anche troppa.

    Nel periodo in cui ci siamo frequentati scopavamo come ricci ovunque ci trovassimo, specialmente nei bagni dei locali in cui suonavo e in ogni angolo di casa sua, di giorno e ancora di più di notte.

    Sembravamo posseduti da qualche strano e perverso demone, non riuscivamo a stare separati a lungo e appena ci incontravamo non smettevamo di toccarci, di baciarci, di consumarci. Ogni momento libero da impegni lo passavamo insieme, con l'unico scopo di finire a letto.

    Poi, all'improvviso e inaspettatamente, è stata lei a mettere un freno a tutto.

    «Dobbiamo darci una calmata, Adam» ha esordito fin troppo seria, «così non va affatto bene, non è normale, capisci?» ha spiegato agitando le mani per sottolineare bene il concetto.

    «Okay» le ho risposto in preda all’ansia, consapevole che la stavo perdendo.

    Aveva ragione da vendere, il nostro stava diventando un rapporto malato, sembravo un drogato in astinenza perpetua quando non era con me. Capivo che era tutto sbagliato ma non ero pronto a lasciarla andare.

    Come avrei potuto se per me contava più dell’aria che respiravo?

    Ho preferitofosse lei a decidere come procedere, in quel momento non ero sicuramente io il più saggio tra i due. Fosse dipeso da me non avrei mai avuto il coraggio di porre uno stop alla nostra storia.

    «Cosa proponi di fare?» le ho chiesto con il fiato corto e le pulsazioni a mille, in attesa di conoscere la sua decisione.

    «Andarmene di qui per un po’» è stata la sua risposta. Mi si è annodato lo stomaco appena l’ha detto.

    «Dove pensi di andare e per quanto tempo?» Temevo ciò che mi avrebbe detto, ma dovevo assolutamente conoscere le sue intenzioni.

    «Non ci ho ancora pensato, qualsiasi posto va bene» ha affermato con disinvoltura.

    «Ma avrai un’idea, no?» insistevo.

    «Costa Azzurra, Creta, Miami… chi lo sa?»

    «Addirittura Miami?! Kate...» Ero sempre più allibito, tanto da non riuscire ad aggiungere altro.

    «Non lo so, okay? Ho bisogno di allontanarmi da Londra, da questa situazione, da te! Devo cambiare aria per qualche mese.»

    Non potevo credere alle sue parole. Se in quel momento mi avesse conficcato una pallottola nel pettoprobabilmente avrei sofferto meno. Mi stava lasciando e senza dimostrare la benché minima esitazione. Come caspita ci riusciva?

    «Qualche mese?! E io nel frattempo cosa dovrei fare secondo te, eh?» Ero arrabbiato e allo stesso tempo terrorizzato che avesse preso una decisione così drastica.

    «Ma che ne so! Sbronzati, frequenta altre ragazze, esci con gli amici, scrivi canzoni… Insomma, torna a fare quello che facevi prima di incontrarmi.» Anche la sua voce era alterata.

    Per la prima volta stavamo litigando come non avevamo mai fatto, non era un semplice battibecco, ci stavamo insultando senza risparmiarci aspre battute e offese infelici, finché ha preso la sua borsa, è scesa dall’auto e se n’è andata senza voltarsi indietro.

    Non l’ho vista né sentita per un anno intero. Aveva interrotto ogni possibile contatto, bloccando il mio numero di cellulare per impedirmi di chiamarla o mandarle messaggi, e pure l’accesso ai suoi profili social per non farmi sapere dov’era. Chiedere aiuto ai suoi amici si è rivelato umiliante oltre che tempo sprecato, non mi vedevano di buon occhio, mi consideravano uno sfigato, e pur sapendo che non avrebbero alzato un solo dito a mio favore, ci ho provato lo stesso. Snob del cazzo!

    L’ho odiata per avermi escluso totalmente dalla sua vita.

    Dodici mesi esatti, trecentosessantacinque giorni infiniti. Tanto ci ha messo prima di decidersi a tornare, giorni che comunque mi sono serviti a capire che, tra i due, chi stava sbagliando ero io e che solo io avrei potuto rimettere in sesto la mia vita: dovevo riuscire a guardare la situazione da un punto di vista meno viscerale, più obiettivo e razionale.

    Tra noi poteva esserci solo un rapporto fisico, nient'altro che quello, lo aveva chiarito perfettamente, e prima mi decidevo ad accettarlo, prima sarei riuscito a disintossicarmi dalla mia insana dipendenza da Kate.

    Le settimane successive alla sua partenza sono state terribili. Stavo malissimo, ero apatico, mangiavo poco e dormivo ancora meno, non volevo reagire, niente riusciva a stimolarmi, sembravo uno zombie.

    Poi, con il sostegno della mia famiglia e la vicinanza costante di Gareth, Jared e Lenox, i ragazzi della band che considero fratelli, lentamente sono riuscito a riemergere dall’inferno nel quale ero sprofondato.

    Ho fatto come aveva suggerito lei e come anche i miei amici mi spronavano a fare: suonavo, scrivevo canzoni e qualche volta mi sbronzavo.

    Ma quello che ha segnato la svolta definitiva, che mi ha guarito completamente dalla mia ossessione, è stato tornare a frequentare altre ragazze.

    Una sola volta e mai più, questo è diventato il mio mantra, ed è stato illuminante. L’esperienza con Kate mi era bastata, non avrei permesso a nessun’altra di avere un tale potere su di me.

    La mia determinazione a non cedere una seconda volta ha sempre funzionato e funziona tuttora alla perfezione, con tutte.

    Ma non funziona con Kate.

    Lei è il mio punto debole, il mio tallone d’Achille, la mia kriptonite. Non c’è verso di imporle la mia volontà, è lei a comandare e io cedo su tutta la linea, come sempre.

    Dopo quell’anno sabbatico siamo tornati a frequentarci, non assiduamente come prima però, e quando, secondo lei, il nostro rapporto rischia di superare il limite che si è imposta, decide che è arrivato il momento di concederci una lunga pausa. L'ultima volta risale a sei mesi fa.

    Tra i due è sempre Kate ad abbandonare il campo, a mollare tutto e sparire dall'oggi al domani, io non l'ho mai fatto e mai lo farei. A parte che non potrei permettermi di cazzeggiare per mesi interi come fa lei, non navigo nell'oro, io, e poi che senso avrebbe scappare? È qui che ho la mia vita, il mio lavoro, la mia famiglia e i miei amici con i quali mi diverto a scrivere canzoni e a suonare nei pub.

    Kate invece non ha problemi di sorta e non se ne crea, è la cosiddetta figlia di papà e fintanto che suo padre apre il portafoglio, dato che il denaro non gli manca, può permettersi di non lavorare e girare il mondo vita natural durante.

    In quei mesi sparisce, va a rifugiarsi in qualche località a me ignota; non ci provo proprio a chiamarla, tanto so che non risponde, e di sua spontanea volontà non si fa viva, mi esclude completamente fino a quando torna in città e viene a cercarmi, come ha fatto stasera.

    Se all’inizio il suo comportamento mi destabilizzava, se questo lasciarsi e riprendersi mi infastidiva e mi feriva, con il passare degli anni ho imparato a tollerarlo, perché so che Kate è così e se la voglio devo accettarla per quella che è, anche se più passa il tempo, più questa pseudo relazione altalenante mi sta stretta.

    A volte ho provato a immaginare un futuro con Kate al mio fianco, sono arrivato sempre alla stessa conclusione: è pura utopia. Non è assolutamente la persona giusta con la quale costruire qualcosa di duraturo, è troppo volubile e totalmente inaffidabile, lo so benissimo, eppure mi ritrovo ancora una volta ad accettarla nella mia vita.

    Tirando le somme, nel nostro rapporto non c'è nulla a unirci se non il sesso. È senza dubbio straordinario e molto appagante ma resta comunque solo sesso.

    Sono consapevole che la colpa è soprattutto mia, perché accetto di fare tutto ciò che vuole senza ribellarmi, perché le permetto di entrare e uscire dalla mia vita a suo piacimento, perché non so rinunciare a lei anche se a volte mi ferisce, e questa situazione si trascinerà finché uno dei due deciderà che il momento di cambiare è arrivato.

    E non è detto che sarà lei a prendere questa decisione.

    «Terra chiama Adam! Adam, ci sei? Perché a me non sembra proprio. Non sei contento che sia tornata?» il suo tono di rimprovero mi riporta al presente.

    «Ci sono invece, con la mente e con il corpo, come puoi sentire» e mentre lo dico, con un colpo di reni mi spingo in profondità, strappandole un gemito che mi inorgoglisce. «E sono molto contento che adesso tu sia qui, con me.» Per confermarglielo sigillo le sue labbra con un bacio. «Kate, vorresti vedermi ancora più felice?» le sorrido osservando la sua espressione un po’ imbronciata.

    «Sono qui per questo, no?» ribatte fissando lo sguardo nel mio.

    «Procurami un orgasmo cosmico, dolcezza, e mi renderai l’uomo più felice dell’universo» esordisco stringendole i fianchi per incitarla ad aumentare il ritmo.

    Sul momento mi guarda incredula, poi scoppia a ridere, e basterebbe la sua risata orgasmica a farmi venire.

    Getta la testa indietro, spingendosi in avanti. Così facendo mi ritrovo la faccia sprofondata sul suo seno.

    Non potrei chiedere di meglio!

    Decido di accantonare i ricordi del passato, i problemi che potrebbero presentarsi in futuro e penso solo a godermi  il presente, in tutti i sensi.

    Poi si vedrà.

    CAPITOLO 2

    Adam

    Ce ne stiamo in silenzio a guardarci nella penombra che ci avvolge, mentre i nostri respiri riprendono un po’ alla volta un ritmo normale. È il momento delle coccole post sesso che lei ama tanto.

    Non che a me dispiacciano ma mi lascio andare solo con Kate, con le altre mi freno per non illudere nessuna, non voglio pensino che ciò che è stato abbia un significato diverso da quello che è in realtà.

    «Quando sei tornata?» le chiedo delineando il suo profilo perfetto con l’indice.

    «Oggi pomeriggio» risponde prima di poggiare la testa sulla mia spalla.

    Ne approfitto per depositare un bacio tra i suoi morbidi capelli che profumano di buono, profumano di lei.

    «E come sapevi dove trovarmi?» chiedo ancora, approfittando della posizione per accarezzarle lentamente la schiena, sfiorando la sua morbida pelle con i polpastrelli.

    «Dai vostri profili social. Gareth tiene meticolosamente aggiornate le informazioni su date e luoghi delle vostre serate.»

    «Ah, quindi mi stalkeri» mi fingo offeso. In realtà mi fa piacere scoprirlo.

    «Mmh… può darsi.» La sento sorridere.

    «Ti ha accompagnata qualcuno o sei qui da sola?»

    «Sono venuta con Cheryl e Jenny.»

    «Oh no, tesoro, sono stato io a farti venire stasera, per ben due volte!» Faccio la battuta più stupida che esista solo per sentirla ridere, perché a Kate queste stronzate piacciono, si diverte proprio.

    Perciò, se a volte con lei mi comporto come un pagliaccio, lo faccio solo per vederla felice.

    «Scemo!» dice mollandomi uno schiaffetto sul petto mentre ride, come mi aspettavo.

    «Sempre in vena di complimenti tu, eh?»

    «Sempre!» conferma prima di baciare le mie labbra.  

    «Vuoi tornare a casa con loro o preferisci che ti accompagni io?»

    «Non sono rimaste al pub.»

    «Ma davvero?» rispondo ironico.

    Figurarsi se quelle due snob del cazzo, che Kate si ostina a considerare amiche, si abbassano a rimanere in questo locale che di chic ha ben poco. Non sia mai!

    «Sì, le avevo informate che sarei tornata a casa con te.»

    Immaginavo lo avesse fatto, ha già programmato la serata come piace a lei. È così prevedibile.

    «Allora è meglio se andiamo. Rivestiti, dai» la sprono facendola scendere dalle mie gambe. Recupero il top sul quale inavvertitamente mi ero seduto, consegnandoglielo perché lo indossi.

    Mi sistemo anch’io, tiro su i jeans, infilo la maglietta e aspetto che sia pronta ad andare.

    Guardo l’ora e sospiro. È già l’una e mezza, mi ci vuole ancora mezz’ora per raggiungere South Kensington dove abita lei, senza contare altri quaranta minuti abbondanti per arrivare da lì a Stratford, dove invece abito io. Sarò fortunato se riuscirò a mettere la testa sul cuscino per le tre, con la conseguenza che dormirò moltopoco questa notte.

    Del resto, mica potevo lasciarla tornare a casa in taxi da sola a quest’ora. Non sono uno stinco di santo ma quando serve so essere un gentiluomo.

    Per un po’ regna il silenzio nell’abitacolo, io sono concentrato nella guida, lei guarda fuori dal finestrino e non fiata. Ci sono così tante cose che vorrei chiederle: dov’è stata in questi mesi e cosa ha fatto, se le sono mancato almeno un po’, se l’ha mai sfiorata il desiderio di chiamarmi, se è stata con qualcuno nel frattempo…

    A pensarci bene non credo mi farebbe piacere saperlo.

    «Allora, Adam, che mi sono persa dopo la mia partenza?» chiede con un tono che non ha mai usato. È insicurezza quella piccola inflessione nella voce?

    «Ti sei persa me, Kate, sei mesi di me» rispondo risoluto.

    «Lo so» replica con un sospiro.

    Sento che devo parlarle apertamente, vorrei farle capire che mi piacerebbevivere la nostra storia in modo più naturale e senza i suoi continui allontanamenti. Forse neanche questa volta servirà a qualcosa e alla prima occasione se ne andrà ancora, però ho bisogno di farlo.

    «Sono convinto che la tua necessità di fuggire, di evitare qualsiasi contatto tra noi per lunghi periodi, sia una stupidaggine colossale. Entrambi sappiamo chi siamo, cosa siamo e ciò che vogliamo l'uno dall'altra. Non farlo ancora, Kate, non sparire per così tanto tempo, rimani, affrontiamo le nostre incomprensioni e aggiustiamo quello che non va. Ho venticinque anni adesso, non sono più quel ragazzo immaturo e insicuro che hai conosciuto, so controllarmi e so fino a dove posso spingermi con te» le spiego con calma, sperando capisca anche le mie esigenze.

    «Non voglio una relazione, Adam, sono stata onesta con te e...» Non lascio che prosegua.

    «Lo so, ti assicuro che, come vuoi tu, non oltrepasseremo mai il confine dell'amicizia che ci lega per lasciare spazio a qualcosa di più impegnativo. Abbiamo discusso abbondantemente sull'argomento e ti ho già detto che mi sta bene» intervengo per evitare che mi elenchi ancora una volta le sue motivazioni. «Dico solo che potremmo vivere il nostro rapporto con serenità, come fanno molte coppie...»

    «Non siamo affatto una coppia io e te» mi interrompe all’istante.

    Quanto mi fa incazzare quando fa l’ottusa in questo modo!

    «Coppie di amici, Kate, intendevo dire quello. Comunque, quando stiamo insieme non siamo forse una coppia? In modo strano e a fasi alterne ma lo siamo, non puoi negarlo. Cosa ti spaventa così tanto nel definirci una coppia?»

    «Non voglio legami, Adam, te l’ho già detto un’infinità di volte» insiste più determinata che mai.

    «Kate, solo perché tuo padre è stato infedele e a causa sua la tua famiglia è andata a rotoli, non vuol dire che tutti gli uomini siano come lui» ripeto per l’ennesima volta, sperando che prima o poi accetti la realtà così com’è e torni a fidarsi, che lasci un po' di spazio ai sentimenti, che ascolti il suo cuore invece di ostinarsi perennemente a ignorarlo.

    «Ah sì? E Ryan, allora? E Nathan o quel bastando di Ethan?» esordisce piccata elencando i suoi ex, uno peggio dell’altro in fatto di fedeltà. «Devo rammentarti come si sono comportati con me?»

    «Non serve, io però non sono come loro» tengo a sottolineare. «Quando stiamo insieme per me ci sei solo tu e lo sai» ribadisco il concetto perché sia chiaro.

    Difatti, nei periodi in cui ci frequentiamo sono fedelissimo, quando mi lascia mi sento autorizzato a non esserlo.

    «Lo so, comunque resto ferma sulle mie convinzioni per quanto riguarda i legami impegnativi. Non li voglio, Adam» conclude con fermezza fissando lo sguardo nel mio.

    Non mi piace la sua risposta ma mi sforzo di farmela scivolare addosso per evitare di perdere le staffe, anche se non è affatto facile.

    «E quindi, che intendi fare? Sei davvero convinta che potremmo andare avanti all’infinito come abbiamo fatto fino a oggi? Scopiamo finché lo decidi tu, poi te ne vai e torni quando ti va, così riprendiamo a scopare, ti stanchi di nuovo e te ne vai ancora e quando torni vieni a cercarmi, tanto sai chesono qui ad aspettarti.» Mi sto alterando e non deve accadere. Sospiro frustrato passandomi una mano tra i capelli prima di riprendere il discorso. «Kate, sono più di quattro anni che andiamo avanti in questo modo ma non sarà così per sempre, un giorno tornerai dopo l’ennesimo allontanamento e scoprirai che non sarò più solo, perché questa storia finirà se non ti decidi a volerle dare una svolta, lo sai questo, vero?» Le parlo cercando di mantenere un tono pacato. Non ho alcuna voglia di litigare con lei proprio adesso che è tornata.

    «Lo so» bisbiglia torturandosi le mani. «Hai... una ragazza?» Un leggero tremolio le incrina la voce.

    «Se l’avessi, ora non sarei qui con te» rispondo serio. «E se un giorno mi innamorassi di qualcuna saresti la prima a saperlo.»

    «Capisco. Però so che frequenti altre ragazze quando non sono qui.»

    Non ho dubbi su chi ha avuto il piacere di informarla: quella serpe della sua infida amica Cheryl. Chissà se le ha anche raccontato che ci ha provato con me.

    «Ho semplicemente seguito il tuo consiglio, Kate» le rispondo con calma e lei reagisce con una smorfia. È lampante che non ha gradito la mia sincerità.

    «Quindi è vero.» Non è una domanda.

    «È vero» confermo. «Qualche avventura occasionale, niente di più. Suppongo che anche tu avrai le tue... frequentazioni quando non sei con me.»

    Avrei voluto chiederglielo fin dalla prima volta che è tornata, ho sempre evitato di farlo perché ero troppo consumato dalla gelosia per affrontare l’argomento con il giusto distacco, e poi mi bastava che alla fine tornasse da me.

    Mi preparo mentalmente ad ascoltare quello che dirà, pur sapendo che non mi piacerà.

    Mi guarda e non conferma ma nemmeno smentisce e, come prevedevo, la sua non risposta non mi piace.

    È inutile che mi ostini a illudermi del contrario, siamo proprio sbagliati insieme io e lei, e questa relazione non ha alcuna speranza di avere un futuro, è solo un qui e ora, un passatempo, un gioco. Tanto vale prendere quello che viene senza crearsi problemi di sorta o rischio di starci male, e davvero non ne vale la pena.

    «Adam, sei innamorato di me?» Mi guarda apprensiva in attesa che risponda.

    Mi sorprende la sua richiesta. Cosa si aspetta che dica?

    «Vorresti che lo fossi?»

    «No!» Lo dice troppo in fretta per essere una vera negazione. Ha così paura dell’amore che lo rifiuta a prescindere.

    «Tengo a te, ti sono molto affezionato ma non ti amo, Kate» spiego con calma quello che provo realmente per lei. «Sei più tranquilla adesso?»

    Approfittando di una sosta al semaforo, mi giro per osservare la sua reazione.

    «Sì, e anch’io tengo a te. Come amico» aggiunge subito per evitare possibili fraintendimenti da parte mia.

    È la prima volta che lo ammette.

    «Mi fa piacere saperlo» mi avvicino per sfiorare le sue labbra con un bacio. «Quindi ti piaccio» la provoco perché voglio sentirglielo dire.

    «Lo sai che mi piaci, e ora trovo che tu sia più… non so. C’è qualcosa di diverso in te, non saprei dire cosa di preciso, ma c’è.»

    «È il fascino dell’età, ho sei mesi in più dall’ultima volta che mi hai visto» la prendo in giro.

    «Dico davvero, Adam, sei più… più… Uff, non mi viene il termine corretto» si lamenta sbuffando.

    «Non scervellarti a trovare aggettivi per definirmi, basta che tu ammetta che mi trovi... bello?» le suggerisco sorridendo.

    «Lo sei da sempre, e adesso ancora di più» conferma sorridendo pure lei.

    «Grazie per il complimento. Il tempo passa, Kate, e le persone cambiano, tante cose cambiano e a volte migliorano, come me» scherzo ancora facendole l’occhiolino e lei scuote la testa come a voler dire che sono irrecuperabile. «Anche tu sei cambiata, sei diventata ancora più attraente.» Scuote piano la testa per negare. «Sì, invece, forse non te ne rendi conto ma ti garantisco che è così» insisto.

    «Oh, mi rendo conto benissimo!» risponde pungente.  «Mi rendo conto che sto invecchiando. Ho attraversato la soglia dei trent’anni, Adam, e non mi sento pronta ad affrontare questa nuova fase della mia vita.» Sembra davvero terrorizzata dal traguardo che ha raggiunto.

    Ma è seria?

    Per rispetto al suo dramma non dovrei, eppure scoppio a ridere, guadagnandomi un’occhiataccia da parte sua.

    «Scusa, ma sei strana forte. Sei l’emblema della femminilità, una donna nel pieno del suo splendore ehai solo trent’anni, non ottanta. Comunque, anche quando ne avrai ottanta sarai bellissima, ci scommetto quello che vuoi» le dico per tranquillizzarla.

    «Fai presto a parlare tu, perché sei ancora giovane. Tra l’altro sbaglio o hai messo su massa muscolare?»

    «Un po’, ho ripreso ad andare in piscina. Non lo faccio per i muscoli, nuotare mi aiuta a scaricare la tensione quando sono full e anche per rafforzare la respirazione. Per cantare serve fiato e lo sport aiuta.»

    «Direi che si vede!» insiste nel voler sottolineare il mio miglioramento fisico, e la sua ammirazione mi lusinga.

    «Grazie. Siamo arrivati» le faccio notare parcheggiando di fronte all’elegante palazzina in cui abita.

    «Vuoi mettere l'auto in garage?»

    «Non mi fermo, preferisco tornare a casa.»

    «Oh, speravo saremmo rimasti insieme stanotte» ammette delusa e anche sorpresa, e ha ragione di esserlo.

    Fino a sei mesi fa avrei preferito morire di stanchezza e di sonno pur di non rinunciare a una notte di fuoco con Kate, ora le cose sono un po’ cambiate. Non lo faccio per una sorta di ripicca e mi dispiace che ci sia rimasta male, ma davvero non mi va.

    Comunque, potrebbe essere l’occasione per lei di capire che non può continuare a prendermi e lasciarmi quando vuole, sicura di trovarmi sempre disponibile a permetterle di monopolizzare la mia vita, come ha fatto finora.

    Ho stabilito delle priorità e non c’è lei al primo posto.

    «Sono molto stanco Kate, ho avuto una giornata impegnativa e quella di domani lo sarà ancora di più. Ho bisogno di dormire, se rimango non chiuderò occhio, lo sai» spiego con gentilezza.

    «Va bene, allora quando ci vediamo?» chiede non ancora convinta che questa volta non vada a finire come sperava.

    «Suono con i ragazzi al Red Turtle domani sera, puoi raggiungermi lì, e quando finisco andiamo a casa mia, se ti va» le propongo conoscendo già la risposta.

    «Certo che mi va» conferma infatti. «Buonanotte Adam.»

    «Buonanotte Kate.»

    Ci scambiamo un ultimo bacio prima che scenda dall'auto, apre il portone e si gira a salutarmi con un cenno della mano che ricambio, poi lo richiude sparendo all'interno. Sospiro e sono pronto per tornare a casa.

    Appena arrivo nel parcheggio riservato ai condòmini della palazzina dove abito, quello che vedo mi fa incazzare: il mio posto auto è occupato da una Jeep rossa fiammante. Sembra appena uscita dalla concessionaria per quanto è pulita.

    Non l’ho mai vista prima, perciò non soa chi appartenga ma il proprietario di sicuro è un gran cafone arrogante e maleducato.

    Tengo a precisare che di norma sono una persona civile, tollerante e per nulla irosa, ma se c'è una cosa che mi manda in bestia è che qualcuno si appropri dei miei spazi, e questo tizio lo ha fatto.

    Prendo una penna e un foglio dal block notes che tengo sempre a portata di mano per appuntare i testi delle canzoni, e ci scrivo sopra: Questo posto auto è mio, stronzo! e lo firmo A. Roy, interno 3B.

    Scendo dall’auto e metto il foglio sotto al tergicristallo della Jeep in modo che Tizio possa vederlo bene, e per completare l’opera parcheggio la mia vettura dietro la sua, così da impedirgli di uscire se prima non viene a scusarsi.

    Voglio proprio vedere la faccia che ha.

    Non sono ancora le sette e mezza quando vengo svegliato dal suono del campanello alternato a un continuo bussare alla porta. Non può essere altri che Tizio.

    Di bene in meglio, così, oltre a essere incazzato perché si è permesso di usare il mio posto auto, lo sono ancora di più per avermi svegliato così presto.

    Che non si azzardi a ribattere e a comportarsi da strafottente o giuro che un pugno sul naso non glielo toglie nessuno.

    Infilo al volo un paio di jeans e vado ad aprire, pronto a dare battaglia.

    Porca puttana... impreco mentalmente, sgranando gli occhi per la sorpresa.

    E chi se l’aspettava che Tizio fosse così?

    CAPITOLO 3

    Eve

    Ieri mi sono laureata, un bel traguardo per una come me che fino a poco più di quattro anni fa non avrebbe mai potuto aspirare a tanto.

    Ad assistere alla consegna del diploma e al lancio del tocco c’era l’immancabile Will e, a sorpresa, anche suo zio Charles.

    Mia madre invece non si è fatta vedere, mi ha tenuta in forse fino all’ultimo, poi non si è presentata.

    "Congratulazioni per la tua laurea, Eve. Mi dispiace non essere lì a festeggiare con te, ma davvero non posso raggiungerti. Sai come vanno le cose qui se manco io. Verrò a trovarti presto, promesso" è il messaggio con il quale ha giustificato la sua assenza e so che è una bugia. L’ennesima.

    Non è venuta di proposito e non ha avuto nemmeno il coraggio di dirmelo a voce.

    È inutile dire che ci sono rimasta male, anche se, conoscendola, non avrei dovuto esserne sorpresa. Probabilmente lo sarei stata molto di più se si fosse presentata.

    Quattro anni fa si è trasferita in Francia e da allora ha sempre trovato un pretesto per non rimettere piede a Londra; se non fosse per me, che vado a trovarla un paio di volte all’anno, non ci saremmo più incontrate di persona.

    Tra me e lei non c’è mai stato un grande affiatamento, si è limitata a comportarsi da madre lo stretto necessario per evitare che intervenissero i servizi sociali.

    Un padre non ce l'ho, o meglio, non l'ho mai conosciuto, perché da qualche parte nel mondo di sicuro c’è o c’è stato un uomo che ha contribuito al mio concepimento.

    Mia madre non ama parlare di lui, ha sempre liquidato la faccenda etichettandola come un errore di gioventù, un'avventura con un ragazzo di passaggio in città del quale non ha più avuto notizie in seguito.

    Non nego di aver sofferto per la mia situazione, soprattutto da bambina, quando l’assenza di una figura paterna mi pesava tantissimo e la poca presenza di mia madre non aiutava. Certe volte mi sentivo più un'orfana che una figlia di madre single.

    Il giorno del mio diciottesimo compleanno mamma ha fatto le valigie e tanti saluti.

    «Dove stiamo andiamo?» le ho chiesto più che sorpresa nel vederla infilare nel trolley quel poco di suo che aveva nell’armadio. 

    «Raggiungo Robert a Parigi, lavorerò con lui nel suo nuovo bistrò e tra qualche mese ci sposeremo» ha risposto senza distogliere l’attenzione da ciò che stava facendo, come se quello che aveva appena affermato fosse una cosa di poca importanza.

    Ero allibita! Aveva detto raggiungo, non raggiungiamo. Stonava così tanto quel verbo al singolare che ero sicura di aver capito male. E poi, cosa ancora più strana, fino a quel momento non aveva mai accennato che Robert si fosse finalmente deciso a chiederle di sposarlo, dopo tutti gli anni nei quali si erano frequentati.

    Intendiamoci, ero felice per leisolo che,come minimo, una notizia del genere avrebbe dovuto condividerla con me, avrei gradito mi mettesse al corrente delle sue scelte di vita dato che, bene o male, ne facevo parte.

    «Ci vengo anch’io, giusto?» le ho chiesto per sincerarmi di non aver frainteso la situazione.

    «No, Eve, tu rimani qui, ti trasferisci dai Wilson. Ho già sistemato tutto io, penseranno loro a te, così potrai andare all’università e non ti mancherà nulla, me lo hanno assicurato. Starai bene, vedrai.» L’ultimo commento lo aveva aggiunto per alleggerirsi la coscienza più che per incoraggiare me. «Appena avrò la conferma della data delle nozze ti avviserò, così puoi organizzarti per raggiungermi e rimanere un paio di giorni con me» ha concluso senza degnarmi di uno sguardo, continuando a piegare abiti e maglie da stipare nel suo bagaglio.

    Non riuscivo a crederci! Mi stava lasciando per davvero e senza provare alcun rimorso! Ero diventata un peso così grande per lei da sopportare? Lo ero sempre stata?

    Quelle domande non le ho pronunciate a voce alta per non obbligarla a rispondermi, sarebbe stato troppo doloroso se avesse confermato i miei dubbi.

    Anche se era una madre anaffettiva e poco presente, in quel momento della mia giovane esistenza avevo un disperato bisogno di lei, come faceva a non capirlo? Come poteva pretendere che avrei accettato serenamente che mi lasciasse sola?

    Un conto era non vederla per un giorno intero quando lavorava,

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