Diciotto Ore di Pensieri
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Seduti, nella certezza che tutto questo amore, un domani, sarà vivo negli occhi dei nostri figli.
Diciotto ore di pensieri è un viaggio silenzioso di conoscenza alla ricerca della verità interiore di un ragazzo che diventa uomo e che, attraverso il dolore del pianto, trasforma le lacrime in incanto, in un istante preciso e immutabile.
Nell’intreccio di storie e avvenimenti, i pensieri diventano speranza nel domani che vivremo solo attraverso il respiro del cuore.
Pablo è il protagonista di questa avventura.
Il resto è solo storia da leggere.
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Anteprima del libro
Diciotto Ore di Pensieri - Paolo Gorlero
Paolo Gorlero
18 ore di pensieri
DICIOTTO ORE DI PENSIERI
Paolo Gorlero
Collana Klondike
a cura di
Michele Marziani
ISBN 9788893371315
copyright © 2017 Antonio Tombolini Editore
digital rights reserved
Via Villa Costantina, 61,
60025 Loreto Ancona
Italy
email: info@antoniotombolini.com
www.antoniotombolini.com
Immagine di copertina a cura di Marta D’Asaro
Editing a cura di Antonino Emanuele Valere
ISBN: 9788893371315
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
Ritratti di frammenti di vita.
Pensieri, paure e speranze che forgiano parole,
nel silenzio solitario dei nostri sogni.
A Nedo per quello che ha rappresentato
Ad Anna per quello che rappresenta
A Giorgia e Pietro per il semplice fatto di esistere
A Eleonora che mi ha cambiato la vita, per sempre.
I sogni sono la culla delle nostre aspettative,
dei nostri piaceri più intensi.
Alimentano la vita.
Esaltano il valore dell’esistenza.
Sono le ultime parole pronunciate da Pablo.
Dolci e amare come il suo strano modo di essere.
Sono preoccupato, terribilmente preoccupato.
La sua incosciente follia lo spinge lungo interminabili viaggi alla ricerca di qualcosa che nemmeno lui conosce.
Sono passate poche ore dalla sua partenza, ma il suono assordante di quelle parole mi provoca uno stato d’animo terribile. Una devastazione interiore come se fossi stato privato di una parte del corpo.
È come se fossi nudo.
Forse sono rimasto nudo.
La notte è un’inquietante leggerezza.
Sogni confusi ovattano il mio presente e sensazioni di vuoto mi assorbono.
Il mio corpo non risponde più alle supreme leggi della gravità e anche ora che ti scrivo provo un senso di totale inconsistenza che mi rende nervoso.
Forse non sono abituato a essere solo nell’immensità della notte.
Mi immergo nel sogno senza scelta, chiudo gli occhi e ascolto il silenzio.
Aspettami sino a domani con la calma che ti appartiene.
Sono passati venti anni da quelle parole,
ma la sensazione è che il viaggio sia iniziato solo ora.
Non ho ancora sentito Pablo e francamente credo che non mi chiamerà. È come se sapesse il mio sapere. È come se fossi vicino a lui, dentro la sua follia.
- Siamo molto legati! -
È un legame indissolubile di verità e di essenza.
Chissà dove sarà, dove avrà posato le sue ali e meditato sulla sua piacevole e giovanile pazzia. Sorrido, immaginandolo in una metropoli ad assaporare la dolcezza immensa delle luci sterminate o in una taverna nascosta nella notte a osservare qualche vecchio saggio.
Ama ascoltare, ma ama ancor di più essere ascoltato, anche se a volte dovrebbe imparare l’arte del silenzio.
- Se mi sentisse! -
Odia nervosamente le critiche e disprezza con magnifica semplicità chi vuol placare il suo entusiasmo.
Se sapesse che anch’io in certi momenti non lo condivido... Io che con lui vivo tutti gli istanti e ogni brivido leggero.
Io che lo aspetto quando parte per i suoi viaggi di ricerca attraverso le vie del mondo. È un viaggiatore di sogni che si nutre di vita.
So che mi capisci e che puoi perdonare la confusione del momento.
La preoccupazione per Pablo mi ha catturato totalmente, portando via da me ogni altro pensiero, così tanto che mi sono dimenticato di raccontarti il nostro primo vero incontro, avvenuto molti anni fa, in un paesino del quale non ricordo il nome, anche se ricordo, con chiarezza, la piazza molto grande dove ci guardammo negli occhi, intensamente, per la prima volta.
C’era la neve e l’aria era pungente. Penetrava, scalfendola.
Dentro quel freddo quasi glaciale un’energia vitale ci riscaldava.
Troppi anni di misteriosa indifferenza non immaginavo si potessero cancellare con uno sguardo, un sorriso, un pensiero.
Nemmeno una parola, ma quei tre gesti, nati da una magia e scanditi da intervalli regolari, ci portarono in quella fredda serata invernale a un contatto di umano e sincero rispetto.
Probabilmente quell’ingiustificata indifferenza era stata sino a quel momento solo paura.
Paura di conoscere la nostra più intima verità e il destino del nostro essere in cammino nella vita di tutti i giorni.
Fu proprio strano, ma in quel preciso istante intuii, come per magia, la profondità del rapporto che stava nascendo. Quella sera andammo a mangiare una pizza in un posto freddo e buio.
Cercammo di riscaldare con le nostre risate quegli ottanta metri quadri di locale dove mangiammo un agglomerato giallastro di farina, senza vita e decisamente disgustoso.
Uscimmo contenti ugualmente.
A tredici anni ci si adegua a tutto, anche alle cose più detestabili e complicate.
Passeggiavamo nelle vie del centro, con la lentezza di chi vuole assaporare la delicatezza dei momenti, dirigendoci verso il faro, il luogo dove tutti gli adolescenti passano le serate. Dove si trovano sempre tante cose piacevoli da vivere. Per esempio belle fanciulle disposte a farsi corteggiare partendo da una banale - ma per niente casuale – conversazione o da un sorriso innocente.
Bisogna sapersi difendere, la vita in amore
è una guerra spietata senza regole.
Rimanevo immobile di fronte alle affermazioni di Pablo, e onestamente anche un po’ imbarazzato poiché, non essendo mai stato molto bello, non avevo mai pensato di andare in guerra. Ma soprattutto rimanevo affascinato dal fatto che, pur essendo molto giovane, Pablo conoscesse un numero sorprendente di persone, anche più grandi di lui e che parlasse disinvolto con ragazze di ogni età. E mio malgrado constatavo quotidianamente come egli non mi presentasse a nessuna di loro.
Ero veramente così brutto o lui forse era troppo stronzo?
Credo che opterò per la seconda ipotesi, considerando che mai avrei potuto impensierire la sua invidiabile posizione.
Quella sera tornammo a casa, a piedi, intorno alle undici e trenta. Non conoscevamo la parola motorino, ma solo quella impolverata di autobus e quella