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Ora pro nobis
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E-book210 pagine2 ore

Ora pro nobis

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Info su questo ebook

Federica è una quarantasettenne intrappolata nei ricordi del passato. Come spesso succede, un evento inaspettato smuoverà qualcosa dentro di lei, non importa se ad innescarlo sarà una cicala, una vocazione, la musica o altro; il processo di cambiamento è in atto. Durante un breve e fortuito week end a Milano Marittima, crescerà in lei, la folle quanto bizzarra idea, di diventare una deejaj, uno di quelli che fanno scatenare i ragazzi nelle discoteche e quale luogo migliore se non Ibiza per apprendere quest’arte, dove da sempre suonano i migliori dj del mondo. Il viaggio si rivelerà un vera scoperta; di sentimenti, di sensazioni, d’amicizia, d’allegria… quando si è lontani si pensa di poter fare tutto, di essere chi vorremmo o persino di volare ma è quando si torna che ci si accorge che non si è più gli stessi. E quando per Federica tutto comincerà ad avere un senso, i suoi piani cambieranno. Di nuovo. E’ difficile ammettere che qualcosa nel rapporto si è rotto, ancora peggio è pensare che tutto vada bene. L’unico modo per sfuggire da un futuro non desiderato sarà scappare, correre così forte da non farsi raggiungere da niente e da nessuno, soprattutto dai sensi di colpa. Chissà se in questa faticosa corsa verso la felicità, troverà il vero senso della vita. Il suo senso della vita.
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita15 dic 2017
ISBN9788871637501
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    Anteprima del libro

    Ora pro nobis - Monica Tantardini

    Monica Tantardini

    ORA PRO NOBIS

    In copertina

    Fotografia di Martina Malugani

    Con Nicole Ruffoni

    "Indovinami, Indovino,

    tu che leggi nel destino:

    l’anno nuovo come sarà?

    Bello, brutto o metà e metà?".

    "Trovo stampato nei miei libroni

    che avrà di certo quattro stagioni,

    dodici mesi, ciascuno al suo posto,

    un Carnevale e un Ferragosto

    e il giorno dopo del lunedì

    sarà sempre un martedì.

    Di più per ora scritto non trovo

    nel destino dell’anno nuovo:

    per il resto anche quest’anno

    sarà come gli uomini lo faranno!".

    (Anno nuovo – G. Rodari)

    A chi c’è sempre

    e a chi non c’è più.

    I

    Magicicada septendecim

    Nell’America nord orientale, esiste una particolare specie d’insetto che da tempo affascina i biologi di tutto il mondo; si tratta della Magicicada septendecim o più comunemente chiamata cicala periodica.

    In primavera milioni di queste cicale appaiono all’improvviso, friniscono in modo assordante e si accoppiano ripetutamente. Successivamente ogni cicala depositerà in media dalle 400 alle 600 uova sui ramoscelli degli alberi, dopodiché tutti gli adulti muoiono. Soddisfatti aggiungerei.

    La cosa singolare sta nel fatto che la generazione successiva riapparirà solo dopo 17 anni.

    Ma cosa avviene nel frattempo?

    Dopo circa un paio di settimane dalla loro deposizione, le uova si schiudono, le ninfe si lasciano cadere nel terreno e inizierà così la loro vita sotterranea durante la quale, per parecchi anni, si nutriranno della linfa delle radici.

    Al segnale convenuto, esattamente dopo 17 anni, milioni di Magicicada emergeranno magicamente dal suolo e in poche ore si trasformeranno in adulti. L’esoscheletro cadrà a terra, le ali semitrasparenti si rafforzeranno alla luce del sole, il loro corpo si colorerà e si forgerà una nuova corazza. A quel punto saranno pronte per la nuova vita.

    Lessi per caso quest’articolo su una rivista e tra le varie curiosità scoprii che la loro ultima apparizione risaliva al mese di maggio del 1996 e, se il loro ciclo vitale era preciso come avevano annunciato i biologi, le Magicicada sarebbero tornate verso la fine di maggio del 2013. Poco più di tre mesi e sarebbero riemerse da sottoterra.

    Interessante no?

    Beh, non essendo una biologa diciamo che potevo tranquillamente vivere senza sapere questa bizzarria della natura e, dato che la Brianza dista parecchio dall’ America, non correvo il rischio che mi infastidissero con il loro frinito isterico o mi mangiassero tutta l’insalata nell’orto. La cosa però mi affascinava. Andai avanti per giorni a ricercare notizie su questi insetti, volevo saperne sempre di più, non so esattamente il perché ma sentivo che lo dovevo fare, pensavo che in qualche modo un giorno mi sarebbe servito a qualcosa, era quasi un bisogno. Insomma, per usare una citazione piuttosto colorita, diciamo che mi sentivo un po’ come chi cacando per pura necessità di cacare è tuttavia consapevole di concimare un campo.

    Ancora non lo sapevo ma al segnale convenuto anch’io sarei riemersa con loro, l’incognita stava nel riconoscere il richiamo.

    Ora pro nobis

    II

    Visualizzazione creativa

    Mi hanno sempre appassionato i libri sui poteri nascosti della mente, tra le tante cose che lessi mi colpì la visualizzazione creativa, una tecnica che consiste nel visualizzare, o meglio, nell’immaginare delle cose o delle situazioni nella propria mente per provocarne la materializzazione e l’accadimento nella realtà. Per semplificare alcuni lo chiamano pensiero positivo. Presi così l’abitudine di utilizzare questa pratica con regolarità soprattutto la sera quando andavo a letto e, che mi crediate o no, molte di queste visualizzazioni sono andate a buon fine.

    Per esempio quando conobbi Carlo, lo chef del ristorante in cui lavoravo come responsabile di sala, visualizzai che s’innamorasse follemente di me nonostante fosse già fidanzato e non mi degnasse di uno sguardo. Eviterei di spiegare come immaginai di sedurlo. Una volta accalappiato cominciai a visualizzare il nostro matrimonio e, anche se non è stato così pomposo come lo avevo immaginato per tre anni, direi che l’esperimento è riuscito. Sulla questione figli avrei fatto bene a dosare meglio le energie, ad un anno dal matrimonio partorii tre e dico tre, gemelle.

    C’è una visualizzazione tuttavia che, a dispetto del mio impegno negli anni e dell’intensità con cui lo desideri, credo non si realizzerà mai. Vedo una casa su un piccolo promontorio a picco sul mare, all’orizzonte una palla infuocata annega pian piano nell’acqua creando delle sfumature che neanche un pittore riuscirebbe a imitare. Se restringo la prospettiva e allargo l’immagine vedo due persone su una terrazza, accovacciate su dei morbidi cuscini verdi con un bicchiere di vino rosso in mano. Siamo io e mio marito. Il nostro sguardo è rivolto verso la spiaggia dove tre bambine giocano a rincorrersi e a fare le capriole, i loro vestitini svolazzano nell’aria e le risate echeggiano fino a noi. La cosa che mi colpisce maggiormente di questa immagine è la serenità da cui mi sento pervadere, è una sensazione di pace non definibile, quasi surreale direi.

    Ci sto riprovando anche ora qui sdraiata sul divano ma se tempo addietro i personaggi che facevano da contorno erano le mie figlie, ora dovrei ricorrere ai nipoti, in quanto all’uomo che stava seduto al mio fianco non è più mio marito.

    Così è la vita…

    Ti impegni a visualizzare un’esistenza felice, a fare del tuo meglio per crescere tre figlie simultaneamente, a rinunciare alla tua carriera, ad impegnare i tuoi risparmi per realizzare il sogno di tuo marito di aprire un ristorante, a non lamentarti troppo per non farlo sentire in colpa per la sua assenza e lui che fa?

    Ti tradisce con la cameriera che Io gli avevo raccomandato. Matematico. Le statistiche lo dicono che il 75% dei tradimenti avviene sul luogo di lavoro, l’avevo pure letto! Le statistiche dicono anche che dopo la scoperta di un tradimento l’80% delle coppie si separa; diciamo che con la crisi economica la percentuale è scesa del 70% ed io con tre gemelle di cinque anni e un ristorante da poco avviato pensavo di far parte del restante 30%. Nella mia ingenuità ero disposta a perdonare l’errore commesso e a dargli un seconda chance, non avevo capito che a lui non interessava minimamente il mio perdono. Sono caduta in basso quando lo supplicai di non lasciarmi e umiliata ancora di più la sera in cui, mentre se ne andava di casa, mi sono aggrappata alle sue gambe in slip e reggiseno. Mi ha trascinata fino al portone d’entrata del palazzo, potrei scommettere che i vicini ricordano ancora la scena.

    Mentre risalivo le scale tra sguardi indiscreti fui consapevole che niente sarebbe stato più come prima e, anche se una parte di me voleva credere che tutto si sarebbe sistemato, l’unico modo per andare avanti era ammettere la sconfitta. Oltre alle mie figlie quello che mi ha tenuto a galla sono stati i libri, la musica e…

    <> …e la zia Luisa.

    Dopo aver acceso tutte le luci mi tolse la coperta di dosso. Dimenticavo, la visualizzazione creativa ha anche un altro vantaggio: concilia il sonno.

    <> Mitragliò

    <>

    La vidi cambiare espressione <>

    <>. In effetti qualcosina ricordavo; abitavano nella palazzina di fronte, Angelo era un bimbo un po’ cicciottello che aveva due anni più di me, capitava spesso che ci trovassimo nel cortile comune a giocare a calcio, a nascondino o quant’altro.

    <> disse dimenandosi <>.

    Nonostante i miei quarantasette anni a volte mi trattava ancora come una bambina, discutere con lei era un inutile spreco di tempo ed energia, facevo prima a sbrigarmi. In molti sostengono che ci assomigliassimo molto, fisicamente intendo. Abbastanza alte, magre, zigomi pronunciati occhi scuri, a differenza mia aveva un caschetto color cenere ben curato, io una perenne coda di cavallo di un colore indefinito. Quando mia madre è morta, zia Luisa aveva venti anni e, a dispetto della sua giovane età, si trasferì da noi per dare una mano a mio padre ad accudirmi. Avevo cinque anni e ovviamente la morte di mia madre mi causò un grosso dolore, ricordo tuttavia con quanta naturalezza, giorno dopo giorno, riuscii a superare la perdita. Zia Luisa con il suo fazzoletto sapeva fare una magia, asciugava le lacrime e le trasformava in sorrisi.

    Trovai altrettanto naturale vederla trasferirsi dal letto a fianco al mio, a quello di mio padre, pareva invece che ad esserne turbati fossero parenti e conoscenti, il principale motivo era probabilmente legato al fatto che mio padre avesse quindici anni di più. Per non dar adito a pettegolezzi che potessero imbarazzarla o metterla in difficoltà mio papà legalizzò il tutto sposandosela, da quel momento era ufficiale, avevo di nuovo una mamma, si chiamava zia. Tutto sommato posso dire di aver avuto un’infanzia felice.

    Ora però il mio problema con zia Luisa era la torta, mi ero completamente dimenticata di prepararla, al momento l’unico rimedio era correre in pasticceria. Correre per modo di dire. La pasticceria non distava molto, ci volevano dieci minuti a piedi ma visto l’orario decisi di prendere la macchina.

    La Porsche Carrera 911 bianca mi guardava con quei grandi fanali, nonostante i suoi sedici anni era impossibile non restarne incantati. Odiavo quella macchina, l’odiavo a tal punto da non riuscire a liberarmene. Era il regalo di mio marito per il nostro sesto anniversario di matrimonio.

    <> Avevo chiesto quel giorno dubbiosa.

    <> Era stato talmente convincente da farmi dimenticare che con tre gemelle di cinque anni e un ristorante da poco avviato sarebbe stata impossibile anche una fuga di dieci minuti.

    <>.

    <>.

    Quel sorriso intrigante illuminato dagli occhi blu, incorniciato da una massa di riccioli biondi e ribelli doveva mettermi in guardia, da tempo invece quel viso da mascalzone mi aveva fatto perdutamente innamorare. Su una cosa però non mentì, di fughe romantiche ne fece parecchie, peccato non con me.

    III

    Sacher torte

    Al volante di una Porsche ci si sente costantemente gli occhi puntati addosso, è un istinto piuttosto naturale, vuoi per il rombo del motore vuoi per la linea slanciata ed elegante, che ci si volti al suo passaggio. Nel mio caso avrei fatto bene a far controllare il carburatore, la scia di fumo nero che lasciavo dietro contrastava con eleganza. Ci s’immagina alla guida di questi modelli d’auto persone ben vestite, di una certa classe e con atteggiamenti da vip, invece dopo aver parcheggiato per metà sul marciapiede scesi io; maglione azzurro di due taglie più grandi, pantaloni a fiori multicolor e cox rosa mimetiche non davano certo il valore aggiunto. <> ripeteva spesso la zia <>. Purtroppo o per fortuna io stavo meglio nei miei maglioni extra large.

    Alle sette del sabato sera la pasticceria era abbastanza affollata, dopo più di dieci minuti d’attesa avevo ancora due persone davanti e una piccola possibilità d’accaparrarmi una torta di mele, sarebbe stato piuttosto difficile giustificare la mia abilità nel preparare una sacher come quella in vetrina. Fortunatamente la signora optò per i pasticcini. E fuori uno. Ora auspicavo che l’uomo davanti a me facesse lo stesso. Ebbi il colpo di fortuna, il cellulare dell’uomo squillò mentre la commessa stava finendo d’impacchettare le paste della signora, rispose alla chiamata dandomi le spalle, lo sentii tuttavia chiedere all’interlocutore quale tra le due torte rimaste preferisse. Voleva la mia torta di mele. Non potevo permettere di farmela rubare da sotto il naso, dovevo fare qualcosa. La commessa consegnò il vassoio della donna alla cassiera, l’uomo si dilungò qualche attimo nella conversazione ed io agii <>. Lei allungò le mani, afferrò il dolce e lo mise in una bella scatola rossa. Era fatta.

    A quel punto l’uomo si girò, guardò prima la vetrina poi la commessa ed infine me.

    Mi sentii in obbligo di dire qualcosa. <> Cercai di sfoggiare il mio miglior sorriso.

    <>

    <> dissi facendo un po’ il broncio <>

    <> disse sembrando sincero <>.

    Non compresi se finse di non accorgersi del mio piccolo inganno o no, comunque era stato cortese, oltretutto era anche un bell’uomo.

    Ci portammo entrambi alla cassa per pagare, la commessa appoggiò davanti a noi le due scatole.

    L’uomo posò lo sguardo su di me <> lo chiese mettendo in mostra la dentatura perfetta.

    <> risposi tronfia.

    <> da come lo disse supposi che credesse nella giustizia divina. Lasciai i soldi sul banco senza aspettare il resto, afferrai la torta dalle mani della commessa e mi catapultai fuori; il vigile stava ancora scrivendo. Lezione numero 1: se guidi una Porsche e di cognome fai Corona, nessun vigile al mondo ti toglierà una multa nonostante l’abbigliamento e le tue suppliche.

    E, visto che alla provvidenza non c’è mai limite, quando tornai a casa e

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