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Tangoterapia, Oltre il Tango alla scoperta di sé
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E-book240 pagine3 ore

Tangoterapia, Oltre il Tango alla scoperta di sé

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Info su questo ebook

La Tangoterapia®Metodo Habib (TangoOlistico®) è la disciplina di crescita personale ideata da Massimo Habib. A partire da alcuni elementi essenziali del tango argentino (chiarezza dei ruoli, postura, contatto) si pone l'obiettivo di studiare le energie psico-corporee del maschile e del femminile presenti in ognuno di noi integrandole in modo originale ed efficace attraverso l'utilizzo di strumenti quali le suggestioni narrative e musicali, le danze proiettive e il Sogno Danzato.

L'autore, con un linguaggio semplice ed evocativo, narra la nascita e l'evoluzione della disciplina. Il volume è anche l'occasione per illustrare e commentare i vari modi in cui è intesa la pratica delle varie Tangoterapie ovverosia delle modalità in cui la danza argentina può rappresentare un ausilio nel trattare disagi fisici e psichici.
LinguaItaliano
Data di uscita15 ott 2018
ISBN9788827848289
Tangoterapia, Oltre il Tango alla scoperta di sé

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    Anteprima del libro

    Tangoterapia, Oltre il Tango alla scoperta di sé - Massimo Habib

    Cohen

    Prologo

    Il libro che mi accingo a scrivere tratta il tema dell'identità. La mia, la vostra.

    Identità significa chi siamo, qual è la nostra natura, la nostra specificità, il nostro quid nel mondo. Come realmente mi distinguo dal mio prossimo? Quali sono i miei meccanismi peculiari? Che differenza c'è fra carattere e natura? Compito ambizioso. Ma il mio è un metodo ambizioso. La Tangoterapia Metodo Habib considera la nostra persona come un universo da esplorare, da comprendere, da sondare, da vitalizzare. Può il Tango aiutarmi in questo compito? Sicuramente, in parte.

    Sto aspettando la prossima cliente. E' la sua prima volta. Arriverà e mi dirà perché e venuta da me, qual è la sua domanda, il suo tema, il suo disagio, la sua curiosità. Io le dirò di alzarsi, di chiudere gli occhi, di non fare nulla e di provare a tenere gli occhi sempre chiusi per qualche minuto. A quel punto sceglierò una musica, una fra tremila circa stipate nel mio smartphone. La mia musica, la sua musica, il nostro mondo per tre, quattro minuti. Eh si, la scelgo io la musica. Sempre. E' il mio modo per comunicare con una intenzione precisa, come un racconto, una suggestione, un setting. E non sarà una musica di Tango. Sorpresa. Poi mi avvicinerò e sentirò il modo in cui sta in piedi davanti a me. Vedrò il modo in cui tiene gli occhi chiusi, la sua bocca, i piccoli movimenti del capo. Il suo corpo confesserà una vibrazione peculiare, la sua. Quando sarò a un passo da lei tutto inizierà a cambiare. Tutta la sua persona oscillerà, si adatterà, si preparerà al contatto.

    E il lavoro sarà iniziato. Alla ricerca dell'identità. Chi sei?

    Prima del contatto ogni cosa, ogni energia cambia forma, prende un nome misterioso come una parola mal scritta quasi illeggibile. Finalmente le tocco una mano, la prendo, respiro.

    La abbraccio piano. Incendio di realtà.

    Come in un puzzle di un milione di pezzi qualche tessera va subito a posto. Io comprendo qualcosa. La musica mi dice cosa fare e il mio organismo inizia a processare i dati dell'anima. Distinguo fra me e lei. No, non è importante che la persona sappia ballare il tango, anzi. Questo primo approccio con una o un ballerino guasterebbe in parte la festa. In quel caso avrei a che fare con una maschera perfetta e un'identità tutta da svelare. Difficile posare una maschera incollata. Difficile ma possibile.

    Durante il ballo lei parlerà forte con quel corpo vergine del mio schema, della forma che propongo. La capirò per differenza. Inizierò a scoprire chi è basandomi su una precedente scoperta di me. Come avvicinare un colore definito a uno cangiante che piano si definisce.

    La capirò per differenza.

    Perché mi stringe così forte la mano? Perché sento quel freddo nel petto? Perché il suo busto è così rigido? Eccole le altre maschere che piano appaiono e si presentano in fila. Le vedremo ad una ad una. Con pazienza, respirando. La musica finirà e il modo in cui si allontanerà da me racconterà la storia di come lascia e viene lasciata, di come incontra gli uomini e le donne, di come vive l'abbandono o la liberazione da una madre troppo assillante, di come saluta un padre poco presente o violento. E io accoglierò tutto questo nel mio organismo, consapevolmente, e le chiederò semplicemente: come stai?

    Ma ora mi chiedo come sto io. Adesso, dopo aver scritto le prime righe del mio secondo libro. Bene, sono curioso di sapere che forma prenderà, in che modo potrò raccontare al lettore questa mia ricerca della Verità.

    In questi sei anni, da quando ho pubblicato "TangoOlistico, ai confini del Contatto", ho apportato alcune modifiche alla disciplina ma soprattutto ho approfondito i temi, esplorato nuovi strumenti e ho deciso di scrivere questo libro per aggiornare lo stato dell'arte, della mia arte, ma anche per accorgermi tramite lo scrivere della mia identità, del mio percorso. Chi sono?

    Alcuni giorni fa durante un gruppo di formazione mi sono prestato come cavia durante la lezione sul Sogno Danzato, una delle novità che avrà spazio in questo libro. Ho raccontato un mio sogno e il gruppo di allievi mi ha accompagnato nella sua comprensione danzando insieme a me con le tecniche particolari che stavano apprendendo. Fantastico. Provare su di me che il Metodo funziona! Attraversare quegli attimi di sgomento e di perdita di controllo, per poi rimettere le cose a posto. Una piccola epifania del mio inconscio. Funziona.

    E allora sono qui.

    Accompagnato da un gioco di impressioni trasognate e semplici schemi per capire i meccanismi elaborati della disciplina, proverò a raccontarvi la mia arte.

    Ma ecco che arriva la mia cliente. La realtà sta per chiamare forte alla porta dell'attesa. Io respiro il momento e inizio la mia giornata di lavoro.

    Buona lettura,

    Massimo Habib

    TANGO

    Si vede (quasi) tutto

    Il nuovo millennio è appena iniziato e mia moglie mi convince a provare una lezione di Tango Argentino. La accontento. Sì, perché io questa cosa di ballare proprio non la capisco. Mi sembrano un po' superficiali i ballerini e anche un po' vanesi, ma proviamo.

    Iniziamo con un paio di lezioni private e non sembra difficile. Sospiro di sollievo.

    Ma le cose diventano maledettamente complicate quando partecipiamo ad una lezione di gruppo. Mi ritrovo a ballare con una donna alta quasi quanto me (cioè molto alta) e non riesco a muovere un passo. Fa caldo e inizio a sudare. Lei è irremovibile nel senso che non si muove proprio, mi dice che ci devo pensare io. La mia frustrazione subisce un'impennata e mollo il colpo. Usciti dalla lezione mi ripropongo di non ballare mai più questo Tango.

    Cos'era accaduto? Cosa mi era accaduto?

    La mia energia attiva, maschile, propositiva, solare, volitiva era stata dissolta da una fermezza inattesa, una richiesta da parte di quella donna che non avevo saputo soddisfare.

    In che modo si manifestava la mia identità in quel periodo? Un po' di sicumera, l'idea di essere arrivato nel lavoro e pure una parte maschile tutta da scoprire, quasi da inventare.

    Eh sì, perché io i passi imparati li sapevo fare davvero! Ma li sapevo fare da solo oppure con mia moglie con la quale c'era ovviamene una consuetudine relazionale che lo permetteva. Quella donna invece mi aveva messo davanti alla nuda realtà della dimensione della mia parte attiva, maschile.

    Il contatto a livello del petto, la musica ritmata, il ruolo, avevano svelato la mia inettitudine a relazionarmi come uomo, come maschio, come essere senziente. Apparivo, energeticamente e psicologicamente, semplicemente come una nullità.

    Oggi sorrido nel ricordare quell'episodio ma il cassetto degli attrezzi che ho pazientemente costruito in tutti questi diciotto anni mi consente di comprendere a fondo ciò che era accaduto. D'altra parte, grazie anche a quella mia esperienza, mi sono accorto che meccanismi analoghi si manifestano anche nei miei allievi e allieve.

    Ad esempio, mentre insegno ad un gruppo o ad una coppia, vedo l'uomo che non riesce a muovere un passo nonostante conosca la tecnica. E vedo il suo sguardo un po' disperato, pronto a rinunciare ad entrare nel meccanismo della realtà, della realtà relazionale.

    Oppure, quando una donna a cui sto insegnando i primi passi si ostina a non appoggiare completamente il piede a terra nonostante le abbia spiegato molto chiaramente le regole, perché lo fa lo stesso? Cosa mi sta comunicando? Oggi conosco bene la ragione di quel comportamento. Ha un significato codificato ed è valido per tutti. Grazie al tango è possibile, se vogliamo, comprendere a fondo molti dei nostri comportamenti, molti ma non tutti.

    Il Tango Argentino non è una metafora di vita, è uno straordinario strumento di prova inconfutabile di chi siamo mentre viviamo un oggettivo momento di realtà relazionale.

    Si vede (quasi) tutto.

    Ma facciamo un passo indietro. Quali sono gli elementi peculiari del tango argentino? Perché rende possibile il manifestarsi di questi meccanismi? In cosa si differenzia dagli altri balli?

    Gli aspetti fondamentali sono tre: il contatto a livello del petto, la postura ed i ruoli.

    La tensione di due corpi che si cercano prevalentemente a un livello alto, nella zona dove risiedono il cuore e i polmoni è una tensione prettamente relazionale. Fatta eccezione per il viso, si tratta dei luoghi della comunicazione per eccellenza.

    Sentirai il mio cuore battere e il mio respiro funzionare. Ci stiamo dicendo che siamo vivi, il modo in cui siamo vivi oggi. Straordinaria occasione di scoperta di noi!

    Offrite questa particolare modalità di incontro a due persone qualunque, che non si conoscono. Spiegate loro che è funzionale all'apprendimento di questo ballo e guardate cosa succede. Poi cambiate le persone, altre due e osservate le differenze: saranno enormi. Il primo timido passo alla ricerca dell'identità.

    Il contatto a livello del petto scatena oceani di verità nascoste, complesse, a prima vista indecifrabili ma, appunto, le scatena, le incendia, le illumina. Potremo osservare imperiose resistenze al contatto, battito del cuore che quasi sparisce oppure accelera incontrollato, respiro che si blocca. Ma soprattutto i corpi fanno cose inaudite: si inarcano le schiene, le gambe si flettono o si stendono. Gli occhi si sbarrano aperti o si serrano chiusi.

    Ora dite alle coppie di allontanarsi, di tornare nella condizione di quiete precedente e poi proponete una camminata normale, da soli.

    Ogni oceano è rifluito. Come un'alluvione che non lascia traccia in una città che torna alla sua vita quotidiana, così queste quattro persone torneranno a muoversi come prima, incoscienti e immemori di quei tre minuti di tempesta. I lampi si sono spenti, i tuoni sono silenti e... il velo che ricopriva la loro anima si ricompone, come una resilienza muta che sa di sollievo e stasi emotiva.

    La postura, per me e per altri milioni di tangheri così naturale e ovvia, rappresenta per un neofita una sfida non banale. Come mi devo mettere? Ma siamo sicuri che si faccia così? Recentemente un mio allievo ha rinunciato a proseguire le lezioni perché si reputava inadatto ad assumere tale postura. Si tratta in definitiva di un baricentro spostato in avanti, identico per uomo e donna, funzionale ai meccanismi di ballo.

    E infine i ruoli. Nel tango l'uomo guida e la donna segue. L'alternativa, semplicemente, non è realistica. Il vero motivo di questo basilare meccanismo sta nel sistema di comunicazione che si deve creare nel ballo. Nel tango le combinazioni di passi e di figure sono praticamente infinite. Sarebbe impossibile trovare un'intesa fra uomo e donna su quale debba essere il prossimo passo, la prossima direzione. Uno dei due deve dare indicazioni chiare, precise, non negoziabili, definitive, altrimenti la danza si interrompe. Questo è quanto.

    Naturalmente seguire non significa obbedire e guidare non significa obbligare, ma di questo tratteremo più avanti.

    Ciò che importa sottolineare in questo momento è che i ruoli, quali che siano, sono chiari.

    E qui la nebbia che ci penetra l'anima può iniziare lentamente a dissolversi.

    Chi sono?

    La chiarezza dei ruoli è forse l'elemento più importante che ha prodotto in me il seme da cui è poi scaturito il mio Metodo. Durante quella lezione, quando io cercavo disperatamente di far muovere anche un solo passo alla donna irremovibile, il mio carattere mi aveva letteralmente sbattuto davanti ad una occasione di chiarezza. Banalmente, chi doveva guidare in quella situazione? Lei lo pretendeva, il ballo lo ordinava, io non lo facevo.

    Sono tempi insoliti per noi uomini figli di un patriarcato logoro ma presentissimo. Accusati di una aggressività che tanti danni ha fatto e fa ancora nel nostro mondo ci rintaniamo in una sorta di blocco preventivo, una ignavia energetica ed espressiva dove, se fare la guerra o picchiare una donna è sbagliato, non sappiamo ormai cosa possa essere giusto.

    Il tango offre una straordinaria occasione di mostrare e dimostrare una aggressività sana, significante, produttiva, illuminata che possa far splendere l'armatura del guerriero della vita in armonia con ciò che ci circonda. Ma come si fa?

    Il tango offre all'uomo una regola da rispettare e praticare. Non sarà sufficiente a formare l'uomo ideale ma c'è un obiettivo (imparare a ballare), uno strumento (la tecnica) e un piacere legato a una soddisfazione (portare la donna). Restando nell'ambito ristretto della danza questi aspetti possono essere sufficienti a portare un po' di chiarezza nel ruolo maschile. Certo, l'obiettivo dell'insegnante è quello di formare un ballerino e niente più ma l'esperire il ruolo in modo continuativo, la ricerca di un equilibrio e lo stare nelle trame musicali nella maniera più adeguata possono favorire un benessere che, anche senza un processo esplicito di consapevolezza, crea un cambiamento di fatto, anche se non definitivo, nell'organismo del ballerino.

    E la donna? La richiesta che il tango le propone è ardua, a volte impossibile da esaudire. Seguire. L'arte della seguidora.

    Diciamocelo chiaramente. Una larga parte delle donne che partecipa ad un corso base di Tango Argentino, dopo una decina di lezioni non si avvicina nemmeno lontanamente al concetto di seguidora.

    Razionalmente il concetto viene digerito piuttosto rapidamente, il problema è attuarlo. L'uomo (che come abbiamo visto ha i suoi problemi a reggere il ruolo) incespica sui passi appresi. La donna (che impara gli stessi passi più velocemente di lui) si spazientisce e finisce per prendere il comando delle operazioni. Ad un occhio poco allenato la coppia sembra stia ballando un tango ma quello che stanno mostrando e vivendo è finto, artefatto, privo di passione, confuso, intermittente, rigido. Ci sono coppie che continuano così per sempre, in un gioco delle parti rovesciato e malinteso che si trascina all'infinito. Sto parlando di ciò che accade durante il ballo, ovviamente...

    Si vede (quasi) tutto.

    Il vero problema della donna è che accettare questo ruolo implica riconoscere che durante quei tre minuti di danza qualcun altro, in questo caso un uomo, possa occuparsi di tutto o quasi. Significa che la donna si può finalmente rilassare e farsi portare, magari ascoltando la musica. E dov'è il problema? Direte. Il problema sta nelle conseguenze di tutto questo. Lasciarsi andare, accettare, ascoltare senza parlare, muoversi senza proporre significa aprire una valvola fondamentale del nostro essere. La valvola del sentire. E la vita ci ha insegnato, ci ha imposto, che sentire spesso è sinonimo di sofferenza e, in alcuni casi, di piacere. Ma questi casi sono pochi, e allora la valvola si chiude, gli occhi si aprono, si sbarrano, il corpo si irrigidisce, dice forte il suo no e alla fine trova un modo finto come una pantomima per ballare comunque.

    Anni e anni di esperienza mi dicono che una donna che abbia subito una qualunque forma di abuso, dall'attenzione psicologica di un parente alla violenza sessuale, ballerà tango con gli occhi sbarrati, perché la vita le ha detto che chiuderli è pericoloso e che ha sofferto abbastanza e che la ricerca del piacere è tarlata da una marea di dolore e che le cose, se non sta attenta, si ripeteranno. E allora, sì, vorrei ballare il tango, io donna, ma non posso consentire a questa meravigliosa danza di impossessarsi di me perché di me non si impossesserà più nessuno.

    Si vede (quasi) tutto.

    Gli occhi. Quanti occhi ho visto e come parlano chiaro senza dire una parola. Parlano di bambini felici quando, aperti, sprizzano gioia e soddisfazione nell'uomo che guida respirando la vita, parlano di bambini assonnati dopo una giornata intensa nella donna che segue trasognata. Parlano di bambini che non vogliono più vedere dopo essere stati umiliati durante un gioco magari dal padre giudicante. Ed eccoli quegli occhi chiusi negli uomini che guidano senza prendersi la responsabilità del percorso da fare perché preferiscono non vedere, perché la vita ha detto loro che davanti alle situazioni difficili a volte è meglio essere ciechi. E il tango può essere vissuto proprio come una situazione difficile.

    Ovviamente tornerò su questi aspetti basilari del tango (contatto, postura e ruoli) più avanti quando esporrò il mio metodo, ma sin d'ora è fondamentale intuirne le potenzialità.

    Si vede (quasi) tutto.

    In questo quasi ancora riparato da un mantello scuro, c'è il seme del mio lavoro, il tassello che mette a posto il meccanismo vitale, l'ingranaggio che dà il la al percorso di crescita personale, alla guarigione della ferita. Ma non è ancora tempo. Ora diamo spazio ai meccanismi energetici di questa meravigliosa danza.

    Energie

    Quando una forma,

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