Spiriti in silenzio
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Anteprima del libro
Spiriti in silenzio - Roberto Tanghetti
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Roberto Tanghetti
SPIRITI IN SILENZIO
PREFAZIONE
Sì, è questo il mio mondo, il vero mondo, quello segreto, dove non vi sono insegnanti o scuole e dove uno può essere senza dover chiedere nulla.
CARL GUSTAV JUNG
Il vuoto non esiste, è soltanto un’illusione. Ciò che ci sembra vuoto, separazione tra un oggetto e l’altro, interstizio tra cellula e cellula, è in realtà un campo energetico; non solo, è un campo di conoscenza. Se non fosse così, le particelle subatomiche non potrebbero percepire le stesse informazioni istantaneamente, anche a distanze siderali. Poiché, poi, non può esistere una velocità superiore a quella della luce, dobbiamo pensare che le particelle siano coscienti dell’esistenza di una interconnessione tra loro.
Siamo fatti di energia quantistica e ormai sappiamo che l’energia del quantum può manifestarsi come onda o come particella. Può esistere in un luogo particolare o essere simultaneamente in due o più luoghi diversi totale interconnessione.
Io, tu, ma anche gli altri, siamo in grado, come osservatori
, di intervenire e modificare la particella nel presente. In questo modo creiamo la realtà e il nostro futuro.
È sempre bello scoprire che alcune delle generali riflessioni sull’uomo, sulla società e sul tempo sono già state esposte da un pensatore e studioso molto più importante di me… ad esempio, mi è capitato con le toccanti parole di Carl Gustav Jung, estrapolate dal documentario Dal profondo dell’anima di Werner Weich, dove l’attenzione è dedicata all’essenza dell’uomo, cioè alla sua psiche, di come le persone possano diventare nevrotiche per essersi accontentate di risposte inadeguate, o sbagliate, ai problemi della vita. Persone del genere, di solito, sono confinate in un orizzonte spirituale troppo angusto. La loro vita non ha sufficienti contenuti, non ha significato.
Tra i presunti nevrotici
del nostro tempo, ve ne sono molti che in altre epoche non lo sarebbero stati. Non sarebbero stati, cioè, in disaccordo con se stessi.
Se fossero vissuti in un’epoca e in un ambiente nel quale l’uomo, attraverso i miti, era ancora in rapporto con il mondo ancestrale e quindi con la natura sperimentata realmente, e non vista solo dall’esterno, avrebbero potuto evitare questo disaccordo con se stessi.
Oggi si vuol sentir parlare di grandi programmi politici ed economici, ossia proprio di quelle cose che hanno condotto i popoli a impantanarsi nella situazione attuale. Se le cose grandi vanno male, è solo perché i singoli individui vanno male, perché io stesso vado male. Perciò, per essere ragionevole, l’uomo dovrà cominciare con l’esaminare se stesso. E poiché l’autorità non riesce a dire più nulla, si ha bisogno di una conoscenza delle intime radici per l’essere soggettivo.
È sin troppo chiaro che se il singolo non è realmente rinnovato nello spirito, neppure la società può rinnovarsi, poiché essa consiste nella somma degli individui.
È decisivo che l’uomo sia orientato verso l’infinito. È il problema essenziale della sua vita. Quanto più un uomo corre dietro ai falsi beni, e quanto meno è sensibile a ciò che è essenziale, tanto meno soddisfacente è la sua vita.
Se riusciamo a capire e a sentire che già in questa vita abbiamo un legame con l’infinito, i nostri desideri e i nostri atteggiamenti mutano. Ma possiamo raggiungere il sentimento dell’infinito solo se siamo differenziati al massimo livello possibile: se so di essere unico nella mia combinazione individuale, e cioè limitato, posso prendere coscienza anche dell’illimitato.
Perciò l’uomo ha bisogno per prima cosa di conoscere se stesso, guardando senza reticenze quanto bene può fare, ma anche di quale infamia è capace.
Brescia 26/09/2015
Tanghetti dott.ssa Alessandra
Capitolo I
Sento che questo viaggio potrebbe essere il più interessante della mia vita.
Ho viaggiato molto, ho conosciuto molto, ho parlato molte lingue, ho visto e incontrato molte persone.
Nel tempo, ho sviluppato la capacità di riconoscere gli uomini al primo impatto; senza presunzione posso dire che, ultimamente, ho fatto ben pochi errori nel discernere gli animi umani.
Il mio è stato un percorso strano, lungo e non certo dettato dalla sorte… dove nulla è successo per caso! Ho seguito unicamente un percorso appositamente impostato e già testato più volte su altri individui.
Di solito mi siedo, osservo il deserto quando il vento soffia leggero e, alzando la testa verso l’alto, mi sembra di sentire gli odori entrare nella mia mente.
È particolarmente difficile riuscire a spiegare un concetto complicato.
Cercare di dare una spiegazione semplice a un concetto oscuro è laborioso, come per i flutti del mare non frangersi contro la scogliera, quando vengono sbattuti con violenza e il mare urla e respira affannosamente.
Gli alberi spesso sono quieti come amici muti, ma a volte il vento spinge le loro chiome e le sbatte le une contro le altre, dando origine a un bisbiglio che pare il sottofondo dell’anima.
In un luogo ho conosciuto un uomo, che affermava di essere sicuro di aver sentito le anime cantare.
Un altro diceva che, sulle vette delle montagne, il sole arriva quando nelle valli la gente giace ancora nell’ombra.
Non ci sono storie più o meno interessanti, né argomenti di vita più o meno difficili o inesplicabili, ci sono solo vite diverse le une dalle altre, come dissimili siamo noi.
Siamo talmente complicati che, certe volte, riusciamo a non conoscerci in tempo, a non capirci per tempo, a non riuscire ad avvicinarci nemmeno a quello che veramente siamo interiormente.
Noi, che a volte pensiamo di aver conosciuto tante cose al mondo, riusciamo a stare per molta parte della nostra vita senza aver conosciuto noi stessi.
Il mio lavoro è una di quelle realtà oggettive che, se detta tutta d’un fiato, potrebbe lasciare sgomenti chi la ascolta.
Io mi chiamo Nathane, stamattina mi sono svegliato presto e sto preparando alcune cose, che mi porteranno lontano; metterò in valigia qualcosa da poter indossare velocemente via da qui.
Non so quasi nulla della destinazione che mi verrà assegnata, so che mi verrà comunicato tutto, come sempre, all’ultimo istante prima di partire. Shaoul sarà la mia ombra, così mi è stato detto e con lui Nohah ed Eleazar. Ci sono cose che vanno toccate con la giusta cautela, ma le persone che mi sono state affidate e che mi aiuteranno a portare a termine anche questa missione sono tutto fuorché persone caute.
L’automobile è già arrivata, mi sta aspettando in strada, scendo velocemente le scale, metto nel bagagliaio la ventiquattrore e mi sistemo sui sedili posteriori.
Il conducente non mi saluta, dà uno sguardo fugace dallo specchietto retrovisore e poi mette in moto.
All’aeroporto entreremo da una corsia preferenziale, non si faranno le solite code, del resto code noi non ne abbiamo mai fatte.
Ho deciso, nell’attesa ascolterò Moonlight di Beethoven.
Sonata al chiaro di luna mi ispira molto e prepara la mente ad affrontare cose più elevate.
Il crescendo della musica è come se innalzasse lo spirito a uno stato superiore.
Per certi versi quello che noi siamo e ciò che ascoltiamo sono la stessa cosa. Ciò che pensiamo o proviamo in taluni particolari momenti sono sensazioni ed emozioni, che riescono a portare la parte più interiore dello spirito a uno stato di elevazione vicino all’assoluto.
L’auricolare inserito comincia a scandire le prime note.
Tutto ciò che succede fuori ormai non mi riguarda.
Dal finestrino vedo solo qualcosa che si muove tutto attorno, la gente cammina, s’affanna, qualcuno sta perdendo un autobus, forse poteva essere l’unico autobus da non perdere nella vita. Quella signora dai capelli bianchi lascia cadere qualcosa dalla borsa, si china, la raccoglie guardandosi attorno, sperando di non essere stata notata. Facciamo tutto di striscio.
A volte, lasciamo che la vita ci passi accanto senza veramente riuscire a gustarla, a comprenderne le sfumature.
Ora è come se la sonata che sto ascoltando venisse diffusa nell’aria, un pianoforte nero stampato contro la luna chiara.
Luci e ombre non ci sono, esistono solo il bianco e il nero.
A volte sentiamo dire che i colori donano soddisfazione e gioia.
Indossare questo o quell’abito di sfumature e tonalità diverse può mutare il nostro umore.
Dal colore che piace a una persona si può capire la sua profondità d’animo, o le suggestioni e le immedesimazioni che prova nei momenti intensi della vita.
Non c’è crescendo in questa musica.
I toni sono soffusi, ispirati.
Ora, sono riuscito a staccarmi da ciò che mi circonda, quello che osservo non mi appartiene, sono distante.
È come stare chiusi in una bolla di sapone, mentre tutto ciò che accade fuori è solo un muoversi continuo e un inutile spreco di energia, senza anima.
L’autovettura infila ora un vicolo ora un altro, a velocità abbastanza sostenuta, ma sono sicuro che chi sta alla guida sa fare il suo mestiere, per cui ora posso chiudere gli occhi e ascoltare con più profondità le note, che si susseguono incessanti, utilizzando quella parte della mente che con l’aiuto della musica classica si schiude senza rabbia, con passione.
La parte destra del cervello è quella che comanda i sentimenti, fa provare emozioni e dà gradevolezza al tutto.
Il conducente ferma a destra, velocemente si avvicina a noi partendo dall’altro lato della strada una figura vestita di scuro, con la cravatta dal nodo molto grande. I capelli sono raccolti da un fermaglio sulla nuca, probabilmente se lasciati liberi il vento li sbatterebbe tanto forte da frustargli il viso.
Si accosta con ponderatezza al finestrino dell’automobile sulla quale sto viaggiando, bussa, abbasso lentamente il vetro e allungo la mano, lui mi porge una busta, mi guarda, si passa una mano sulla fronte e senza dire una parola si gira, imbocca di corsa il sottopassaggio della metropolitana sparendo rapidamente alla mia vista.
Alzo il finestrino e il conducente riprende la marcia.
In questo momento dall’auricolare escono le note di un Notturno di Chopin.
Le luci e le ombre lasciano posto ai colori; il punto bianco appoggiato alla lavagna nera della mente comincia a dare vita al piacere dell’ascolto.
La luna in fondo al viale non rischiara più i cornicioni delle case, ma dà tonalità a una vela in balia delle onde.
È come se gli alberi disegnassero dei contorni, è come se i bordi e gli spigoli delle case fossero mani chiuse all’altezza del petto, mentre la testa guarda in alto.
È come se un lungo snodarsi di strada sterrata conducesse a una collina verde.
È come se la criniera di un cavallo cominciasse a fluttuare nell’aria, mentre esso comincia la sua corsa.
Tutto questo non lo sto vedendo, lo sto ascoltando, mentre stringo fra le mani la busta bianca, che aprirò tra un po’… c’è ancora tempo!
Ci sono scogliere molto a picco sul mare, dove le onde non riescono mai a raggiungere la sommità degli scogli, nemmeno quando la rabbia dei flutti è lancinante.
È come se stessi seduto su una di queste scogliere con i piedi che pendolano verso il basso, le mani appoggiate lungo i fianchi e la mente che sta guardando i riflessi nell’acqua.
Sentirsi liberi è una sensazione che mette i colori su una tela bianca, dove le idee dell’artista tardano a prendere appropriata forma.
In questo momento sono perfettamente libero, con coscienza del tutto e allo stesso tempo consapevole del nulla.
Spesso costruiamo grandi castelli sulle rive del mare, che vengono distrutti da onde anomale, ma sempre ricominciano a costruirne di nuovi in un continuo susseguirsi di sconfitte e fugaci vittorie.
Le tonalità di un quadro naif sono graffianti, ma non rivelano quasi mai lo stato d’animo dell’artista, la musica, invece, svela esattamente di che colore sono i capelli del compositore se la sai ascoltare. In questo momento sto ascoltando Serenade di Shubert.
La distesa di mare salato dà senso alla vita.
Adesso il mare è calmo, l’oceano interiore non è più in tempesta.
Posso cominciare a ritrovarmi, a riconoscermi.
Adesso posso aprire la busta.
Strappo uno dei lembi ed estraggo un foglio con il nome della destinazione: Roma, Italia.
Attaccato al foglio c’è una piccola fiala, dentro la fiala c’è qualche milligrammo di polvere e sul vetro del piccolo contenitore c’è un’etichetta con la scritta POLLINI
.
Mi sento come un botanico con in mano qualcosa di sconvolgente, anche se non so di cosa si tratti.
Io non mi occupo di fiori né di piante, anche se amo i prati verdi punteggiati da papaveri rossi.
Mi piace passeggiare lungo le rive dei fiumi e osservare qua e là ragni che intessono la tela e bruchi che si stanno cibando di piccoli germogli.
Spesso negli stagni ci sono petali di fiori caduti dalle cime degli alberi, basta aspettare la sera, quando il sole comincia a diventare meno intenso per vederne i riflessi e coglierne le sfumature.
Non c’è nulla di più autentico di uno specchio d’acqua cheta, che riflette le immagini.
Ora il mio animo è pronto, posso provare a rivedere la visione.
Riconosco il viale, so di esserci già stato, eppure nella mia memoria non ricordo di essere mai passato in quel posto.
Vedo l’ombra di due ragazzi che si stagliano nel bosco: è l’immagine che spesso mi appare.
Ciò che vedo con gli occhi chiusi è talmente reale che mi sembra di sentire ancora il fresco dell’erba sotto i piedi, mentre le parti basse della boscaglia cercano di aggrapparsi con vigore