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E-book411 pagine5 ore

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Il degenerato impianto politico-istituzionale del Belpaese è autoreferenziale, fondato sull’apparenza e sulla pseudo verità, privo di flessibilità e possibilità d’azione, fino al punto di bloccare l’economia e il processo di crescita.
L’odierno sistema è poi contrassegnato da malcostume, corruzione, magagne e tare di ogni genere, per cui il Belpaese non può avere futuro. 

Fabio Bortolotti, nato il 16 settembre 1936 in Trentino, è giurista, docente, saggista. Ha ricoperto importanti incarichi nelle pubbliche istituzioni, da ultimo quello di Difensore civico del Trentino. È autore di numerose pubblicazioni giuridiche (per lo più orientate verso l’ordinamento della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol). Tra tutte, fa spicco l’imponente opera Thesaurus giuridico e dialettico latino-italiano (MJM Editore, Milano 2009), per la quale il Presidente della Repubblica Italiana ha conferito l’onorificenza di commendatore, ordine al merito della Repubblica Italiana. È altresì autore di vari saggi di carattere etico-filosofico-politologico: w.w.w.-vizi-virtù-valori, MJM Editore, Milano 2008; Coscienza e anticoscienza, MJM Editore,  Milano 2011; Schegge di vita etica, due volumi, MJM Editore, Milano 2011; Adagia et dicta, MJM Editore, Milano 2014; Parresia, Tangram, Edizioni Scientifiche, Trento 2015; Valori morali, Tangram, Edizioni Scientifiche, Trento 2015; Potere malefico, Tangram, Edizioni Scientifiche, Trento 2015; Ipocrisie del potere, Edizioni Albatros, 2016; Boni et Mali, Edizioni Albatros, 2017; Publica honestas, Edizioni Albatros, 2017. 

 
LinguaItaliano
Data di uscita3 nov 2018
ISBN9788856795608
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    Anteprima del libro

    In alto loco - Fabio Bortolotti

    tribuere

    Prefazione

    Il presente saggio offre contributi conoscitivi dell’odierno arcano mondo della politica, con utili spunti per far luce su cruciali forme degenerative della democrazia che mortificano i cittadini.

    Nel tratteggiare le diverse tematiche non si risparmiano critiche alle storture del sistema, stigmatizzando le molteplici depravazioni, aberrazioni, ambiguità e il perverso uso del potere.

    Delineati gli aspetti generali dello screditato mondo della politica, si traccia poi un quadro comparativo tra le proiezioni della Costituzione e la realtà fattuale dei giorni nostri, non senza tentare di chiarire i contenuti di alcuni dettati costituzionali.

    Il tema di base, a cui si riserva ampio spazio, è l’etereo habitat di coloro che stanno in alto loco, ossia dei rappresentanti del popolo che siedono in Parlamento, nel testo definiti onorevoli signori della politica.

    I vari argomenti sono affrontati prendendo di mira la condotta di detti onorevoli signori della politica, con opportuni cenni ai presupposti e alle condizioni indispensabili per garantire il maggior bene di tutti. All’odierna sconcertante realtà fattuale, si contrappone l’ipotetica figura del politico ideale, da cui tutti si aspetterebbero essere rappresentati.

    Nella trattazione dei vari argomenti affiora un accorato appello agli onorevoli signori della politica, affinché, al di là del partito o dello schieramento politico, vogliano:

    ritrovare la passione per la probità intellettuale e per i valori morali;

    dimostrarsi fermamente risoluti a riformare radicalmente l’impianto e a non tradire le giuste e legittime aspettative dei cittadini;

    fare tutto ciò che è in loro potere per non opprimere o umiliare i cittadini, specialmente delle classi più deboli.

    L’analisi dell’odierno degenerato impianto generale induce a ritenere che il Paese, in mano ad una pletora di mille gaudenti onorevoli signori della politica, sia condannato inesorabilmente all’inerzia.

    L’idea di fondo è quella di richiamare l’attenzione sull’esigenza di creare e consolidare le basi di un evoluto modello di democrazia e del vivere civile, fondato su valori umani e morali, oggi svaniti o notevolmente sfibrati sotto il peso di partiti privi di vere idealità e di senso di responsabilità.

    L’autore

    Capitolo I

    Cenni storici sulla democrazia

    Democrazia incompiuta

    Democrazia ibrida e difettosa

    Inautenticità della democrazia

    Cenni storici sulla democrazia

    Il termine democrazia deriva dal greco demokratía (composto di demos-popolo e krátos-potere), che etimologicamente significa governo del popolo. Nell’antica Grecia, la democrazia si basava sulla diretta partecipazione dei cittadini (esclusi gli schiavi, gli stranieri e le donne) alla vita pubblica. Le cariche pubbliche, le varie attività comportanti responsabilità pubbliche, venivano assegnate a rotazione a rappresentanti del popolo nominati con il meccanismo del sorteggio.

    La democrazia dell’antica Grecia non era dissimile da quella della Roma repubblicana, ambedue caratterizzate da una sovranità limitata e da diritti politici riconosciuti ad una stretta parte di popolazione.

    La democrazia romana durò oltre tre secoli, poi scomparve per cedere il passo all’imperialismo e successivamente, in epoca medievale, alla monarchia.

    Il concetto di democrazia è ripreso da Cicerone che nel De Republica evidenzia due schemi di civitas popularis:

    nel primo ipotizza una forma di governo populus iustus et moderatus, che definisce come libera e giusta;

    nel secondo ipotizza una forma di governo furor multitudinis, in cui dominano gli strati sociali economicamente più deboli.

    Nella tradizione di età imperiale, Ulpiano (Dig., I, III, 32) identifica la sovranità popolare nella translatio imperii, sottintendendo che è il popolo detentore originario della sovranità, è il popolo che conferisce il potere al principe.

    Fin dall’antichità greca e latina, poi nel corso del tempo, oltre alla democrazia, si sono visti altri sistemi e forme di governo, tra cui: l’aristocrazia, concentrazione del potere nelle mani delle famiglie nobili di uno Stato; la teocrazia, forma di governo in cui la sovranità è esercitata da una o più persone che si ritengono investite di poteri derivanti da Dio; la timocrazia, forma di governo in cui i diritti politici e civili dei cittadini sono stabiliti in proporzione al censo; l’oligarchia, sistema politico in cui il governo è nelle mani di un gruppo ristretto di persone, per lo più operanti a proprio vantaggio; l’autocrazia, forma di governo in cui il potere è detenuto da una sola persona (monarchia).

    In epoca medievale, l’idea di democrazia appare solo in dotte disquisizioni letterarie, in campo filosofico e nelle classificazioni scolastiche, per evocare le antiche forme greche e romane, mentre il concetto non appare invece in campo politico, né tantomeno in campo giuridico. L’autocrazia medievale (monarchia) derivava per lo più da un’autoinvestitura o da una nomina per diritto ereditario, che è il contrario di ciò che avviene in democrazia.

    A partire dal secolo XVIII, in campo filosofico-letterario, affiorano i rudimenti del moderno concetto di democrazia, raffigurata come modello di regime politico radicalmente alternativo alla monarchia, effetto di forme di rivolta contro la gerarchia dei privilegi ereditari e degli ordini.

    I nuovi sistemi di estrazione democratica, di fatto, sono esplosi con la rivoluzione americana e con la rivoluzione francese.

    L’odierno modello di democrazia, che ne è la diretta conseguenza, in linea astratta, si basa sull’uguaglianza giuridica dei cittadini, ne riconosce e tutela i diritti civili e politici, garantisce la libertà di organizzazione politica, di voto e di comunicazione. La società democratica è governata da organi rappresentativi (collegiali e monocratici), eletti periodicamente dai cittadini, che si fondano sulla sovranità del popolo.

    In questo senso, fin dall’inizio del XIX secolo, il concetto di democrazia è divenuto d’uso comune per indicare le forme costituzionali di sovranità popolare in cui gli Stati, salvaguardando la partecipazione politica, riconoscono a priori un insieme di diritti e di regole:

    diritti fondamentali (principio di uguaglianza, diritto di libertà, diritti elettorali, suffragio universale);

    regole fondamentali che stabiliscono i poteri pubblici, la separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) e gli organi autorizzati a prendere le decisioni pubbliche.

    In accezione etimologica moderna il termine democrazia, a grandi linee, significa potere del popolo, che sottintende un sistema politico basato sulla sovranità dei cittadini.

    Oggi molti Paesi si definiscono democratici e perfino popolari (l’aggettivo popolare è stato utilizzato ab origine dagli Stati comunisti).

    In linea generale, si possono definire democratici quei Paesi che: rispettano le libertà e i diritti fondamentali; rispettano la dignità delle persone; agiscono in uno stato di diritto; promuovono la pace, la giustizia sociale, combattono la corruzione, etc. I signori della politica che parlano troppo di democrazia dissimulano quasi sempre carenze democratiche e tentano di colmare le loro mancanze con le parole, ignorando che la democrazia reale di un Paese si misura con i fatti e con i valori che mette in pratica.

    Per inciso, si ricorda che il nostro sistema democratico è nato a seguito del secondo conflitto mondiale del secolo scorso, per imposizione dei vincitori sul popolo vinto e, di tale evenienza, ne risentono i contenuti di alcuni dettati costituzionali, vuoi per enfasi o per difetto.

    Da qui le non poche contraddizioni, malformazioni e ipocrisie del nostro sistema, falso e corrotto, di cui si dirà alle voci successive. Giova peraltro ricordare che la nostra Costituzione è suscettibile di miglioramenti e modificazioni in ogni momento, nel rispetto dei dettati di cui agli artt. 138 e 139 della stessa.

    A riguardo degli aspetti basilari della democrazia, va detto che la sovranità popolare e il riconoscimento dei diritti umani fondamentali sono stati solennemente enunciati anche dalla Dichiarazione universale approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948 (art. 1 Legge 4 agosto 1955 n. 848, tutti gli esseri umani nascono uguali in dignità e diritti).

    Da ultimo, preme menzionare al fatto che, nell’immagine ideale di democrazia, di organizzazione sociale e di convivenza umana, la Costituzione e le leggi civili non possono prescindere dai principi antropologici e dall’ordine naturale. Inoltre, nell’immagine ideale di democrazia e nel rispetto dell’umana natura, le leggi civili non possono sostituirsi alla legge morale naturale, né possono dettare norme che vadano al di là della propria competenza. In particolare, le leggi devono mirare ad assicurare il bene comune dei cittadini, il riconoscimento e la difesa dei loro diritti, un’ordinata convivenza sociale, promuovere la solidarietà e la pace sociale.

    Non dobbiamo poi dimenticare che la legge morale naturale, intesa come un insieme di principi razionali comuni a tutti gli uomini e validi universalmente per tutti gli uomini, è origine e caposaldo dei diritti universali e inalienabili dell’uomo, diritti antecedenti a ogni potere politico perché connessi alla natura stessa dell’uomo.

    Democrazia incompiuta

    Le basi della moderna democrazia, i cui albori risalgono alle idee illuministe e alle rivoluzioni dell’Ottocento, sono: la carta costituzionale, la separazione dei poteri, il suffragio universale.

    Tra i principi fondamentali della moderna democrazia figurano: la rappresentanza politica, la laicità dello Stato e la separazione tra Stato e Chiesa, ovvero l’indipendenza dello Stato da tutte le religioni.

    Gli Stati occidentali, in stragrande maggioranza, si definiscono democratici ma, in realtà, nei singoli Stati e in Italia in particolare, si registrano solo tracce, differenti generi e gradi di democrazia.

    Secondo studi eseguiti nel 2016 dal gruppo britannico The Economist, su 167 Stati l’Italia risulta al 21° posto della graduatoria generale delle democrazie, graduatoria realizzata sulla base di cinque categorie generali: processo elettorale e pluralismo, libertà civili, funzione del governo, partecipazione politica e partecipazione culturale. Tra queste categorie, i dati che più di ogni altro confermano l’imperfetta e incompiuta democrazia italiana riguardano:

    il sistema elettorale e il pluralismo, che ci vede al 32° posto mondiale;

    la funzione del governo, che ci vede al 47° posto mondiale.

    Queste impietose classifiche fanno capire che il nostro è un Paese in mano a una inconcludente pletora di mille onorevoli signori della politica, vincolati ad abietti schemi partitici che frenano ogni possibile innovazione e così finiscono per sgovernarlo.

    In tema di democrazia, la scienza politica ha individuato una serie di condizioni minime perché un dato regime politico possa definirsi democratico, quantomeno nel mondo occidentale, quali in particolare:

    riconoscimento a priori della sovranità popolare, non disgiunta dalla concreta realizzazione della stessa;

    suffragio universale, ossia diritto di voto (libero) esteso a ogni cittadino maggiorenne;

    elezioni libere, competitive, regolari, periodiche;

    multipartitismo, ossia presenza di più partiti in competizione tra loro;

    libertà di parola, di culto, di informazione, di associazione;

    fonti di informazione plurime, indipendenti e imparziali (amplius, cfr. la voce: Usi malefici del potere, Capitolo III);

    riconoscimento dei diritti umani fondamentali, enunciati dalla Dichiarazione universale approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948 (art. 1 Legge 4 agosto 1955 n. 848, tutti gli esseri umani nascono uguali in dignità e diritti);

    eliminazione delle più vistose disuguaglianze socio-economiche;

    acquisizione della cultura democratica da parte dei rappresentanti politici e diffusione della stessa ad ogni livello;

    acquisizione di sufficiente cultura democratica da parte dei cittadini.

    Se prendiamo come riferimento le suddette condizioni minime e pensiamo di applicarle alla lettera, perveniamo dritti alla conclusione che una democrazia degna di questo nome è praticamente inesistente.

    Al riguardo, occorre tenere presente che ogni Paese ha un proprio retaggio storico, ha una base storico-culturale sua propria, ha una tradizione sua propria, quindi un minimo di flessibilità e variabilità diviene indispensabile.

    In ogni caso, rapportando le citate condizioni minime di democrazia all’attuale realtà italiana, constatiamo che le stesse difettano sostanzialmente sotto ogni angolo visuale. Viste partitamente notiamo infatti:

    la sovranità popolare mortificata dalla sovranità partitica;

    il multipartitismo mancante di regole attuative (art. 49 della Costituzione);

    il suffragio universale con voto fortemente condizionato dalla sovranità partitica;

    le elezioni non pienamente libere in quanto fortemente condizionate dalla sovranità partitica;

    i diritti di cittadinanza non pienamente affermati, risultano rispettosi della forma più che della sostanza;

    le fonti di informazione non imparziali o dipendenti dai partiti (cfr. la voce: Usi malefici del potere, Capitolo III);

    la mancanza di serie politiche volte al contenimento delle più vistose disuguaglianze socio-economiche;

    la limitata cultura democratica dei rappresentanti politici e non diffusione della stessa ad ogni livello.

    I critici e gli opinionisti giudicano il sistema democratico italiano molto lontano da una compiuta democrazia e dalle aspettative e necessità dei cittadini, non solo per la vaghezza e ambiguità di molti dettati costituzionali e per l’assenza della democrazia diretta, ma soprattutto perché mancano risultati tangibili e innegabili di corretto esercizio del potere.

    In breve, la democrazia in Italia è semplicemente un pallido simulacro dei valori solennemente proclamati dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948, talché è indubitabilmente incompiuta, perché le citate condizioni minime e i principali istituti di partecipazione alla vita pubblica sono applicati in modo distorto, mentre altri sono perfino disapplicati.

    In conseguenza, si nota la delusione degli elettori per l’inconcludenza degli onorevoli signori della politica e la crescente disaffezione al voto per l’incapacità di incidere sulle scelte generali.

    Permanendo l’odierno traviato impianto, ideato ad arte dagli onorevoli signori della politica, non si potrà mai rimediare alle difformità in essere, che si pongono in gran parte al di fuori dello schema tracciato dalla Costituzione.

    Per effetto di ciò, oggi siamo in presenza non solo di una democrazia incompiuta ma di una vera e propria oligarchia partitica.

    A riguardo della Carta costituzionale, che troppo stesso viene disattesa e resta in buona parte incompiuta, si richiama l’illuminato pensiero di Don Luigi Sturzo (1871-1959), espresso in Senato il 27 giugno 1957:

    "La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal Governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà".

    L’attuale impianto politico presenta un mixtum compositum di poteri aggrovigliati fra loro, per effetto di un degenerato sistema organizzativo e di perverse prassi interne che consentono opinabili movimenti e intrallazzi ai partiti, agli organi, agli organismi e ai singoli onorevoli signori della politica.

    Questi ultimi, in particolare, infangano ogni giorno di più i diritti dei cittadini previsti dai dettati costituzionali, da qui l’origine della disaffezione, del rancore e del disprezzo dei cittadini medesimi.

    In pratica, il sistema sembra creato ad arte per consentire agli onorevoli signori della politica ampi spazi di manovra in ogni settore operativo, favorendo così l’affermarsi di una cultura fondata sul privilegio, sul favoritismo e sulla sopraffazione, con un sempre più ampio stravolgimento delle regole.

    Di questo passo, non può che avere il sopravvento un’organizzazione generale basata sulla discriminazione sociale, in cui gli onorevoli signori della politica, detentori del potere, possono qualsiasi cosa, mentre i comuni mortali sono costretti a subire ogni sorta di angherie.

    Di fatto, detti onorevoli signori, con la loro spregevole conduzione politica, infangano e calpestano i diritti dei cittadini, assumendo finanche atteggiamenti di beffarda indifferenza e arroganza.

    Un siffatto genere di conduzione politica delinea una democrazia incompiuta, un’immagine di democrazia rappresentativa di pura facciata, una pseudo democrazia che, sostanzialmente, si esaurisce nell’esercizio del diritto di voto (condizionato pure esso), rivelando in tal modo i caratteri propri dell’assolutismo, dell’autoritarismo e del totalitarismo.

    Nel sistema oligarchico che ci ritroviamo, sul piano fattuale la nostra democrazia è senz’altro incompiuta, riducendosi all’espressione di un vago e generico voto, senza possibilità di esprimere preferenze.

    Quanto sopra conferma che il potere corrompe fin da subito chi lo detiene e che l’odierna democrazia rappresentativa è un pallido simulacro dei valori e dei dettati costituzionali, niente più che una parodia dei medesimi, il tutto a danno degli sventurati e impotenti cittadini.

    I critici e i politologi, partendo dall’idea che l’odierna democrazia è incompiuta, viste le degenerate immagini offerte dal sistema oligarchico del nostro tempo, ricorrono a sarcastiche definizioni come: democrazia assolutista; democrazia-mercato; democrazia-spettacolo:

    democrazia assolutista, identifica il criterio secondo cui decide la maggioranza precostituita, restando del tutto irrilevante il voto delle minoranze, con il rischio di generare una dittatura della maggioranza;

    democrazia-mercato, identifica il sistema di condurre le trattative, le negoziazioni e gli accordi politici tra maggioranza e minoranza in maniera indecorosa;

    democrazia-spettacolo, identifica il sistema di usare espressioni ambigue, equivoche, slogan, metafore, che si riducono ad una recita in cui i singoli oratori offrono uno spettacolo polemico, ad instar di un teatro di marionette.

    Dette forme di democrazia riflettono gli insensati metodi e le irragionevoli condotte tenute dagli onorevoli signori della politica, tutte improntate a finzione e simulazione, che divengono particolarmente preoccupanti allorquando nei retroscena della spettacolarizzazione politica siano presenti poteri forti e invisibili dell’economia e della finanza.

    È ben vero che una democrazia perfetta non è mai esistita, come affermano gli storici, ma è altrettanto vero che una democrazia che non tende costantemente a migliorarsi e a perfezionarsi, qual è la nostra, non può che essere una democrazia incompiuta e di pura facciata, una democrazia di comparsa, a giovamento dei partiti politici, degli onorevoli signori della politica, degli ammanicati del regime e degli amici degli amici.

    Democrazia ibrida e difettosa

    Dopo i suddetti brevi cenni di carattere generale, possiamo parlare degli aspetti difettosi della democrazia, degli scorretti modi comportamentali che assumono gli onorevoli signori della politica e delle condotte sbagliate tenute dai medesimi.

    Va detto che, in un sano sistema democratico, ai rappresentanti del popolo chiamati a decidere devono essere costituzionalmente garantiti non solo i diritti inviolabili per l’esercizio del potere ma anche le libertà fondamentali, quali: libertà di riunione, di pensiero, di espressione della propria opinione.

    Va poi chiarito che i rappresentanti del popolo, una volta eletti, divengono rappresentanti della nazione, non più degli elettori, né tantomeno dei partiti, quindi non vincolati al mandato degli uni o degli altri. A tale riguardo, l’art. 67 della Costituzione recita: Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

    Ogni partito tende a far credere che il proprio interesse si identifica con l’interesse nazionale ma ciò è chiaramente smentito dai fatti, se così fosse avremmo tanti interessi nazionali quanti sono i partiti rappresentati in parlamento.

    In realtà, i partiti della coalizione si accordano per trovare una soluzione condivisa sui problemi del momento e i parlamentari sottostanno poi alla disciplina di coalizione. Le maggioranze parlamentari si formano e si regolano solo in questo modo. I deputati che sfuggono alla disciplina di partito o agli interessi del partito, se individuati, sono bollati come franchi tiratori, cioè come reprobi da additare a riprovazione politica.

    È questa una temibile sanzione pendente sui parlamentari coinvolti, per il semplice fatto che la loro rielezione dipende dal sostegno del partito.

    In ultima analisi, la rappresentanza politica, dichiarata dal precitato art. 67 della Costituzione, è soppiantata dalla rappresentanza degli interessi dei partiti costituenti la coalizione. Ciò indica che, in realtà, i parlamentari non rappresentano la nazione ma gli interessi del partito, a cui sono di fatto vincolati per effetto del mandato ricevuto dal partito medesimo.

    Tale stato di cose conferma che l’odierna democrazia rappresentativa è ibrida e difettosa, è un pallido simulacro, e che l’odierno sistema oligarchico ha stravolto anche gli stessi dettati costituzionali.

    La storia insegna che la qualità di una democrazia è data dall’intelligenza collettiva, che risulta dall’apporto peculiare pro e contro dei singoli, dai buoni argomenti addotti, dalla qualità del dialogo, della discussione e del dibattito, nonché dal coerente voto individuale espresso.

    Negli Stati democratici esistono cittadini attivi e cittadini passivi: i partiti della maggioranza e in genere i pubblici poteri preferiscono i secondi, perché rimangono del tutto indifferenti a qualsiasi loro malefatta o inerzia, mentre invece per creare una democrazia forte c’è assoluto bisogno dei primi, ossia di cittadini operosi che affrontino con impegno e volontà le problematiche della comunità.

    Il fenomeno dell’apatia politica, generato dai cittadini passivi, oggi coinvolge un’alta percentuale degli aventi diritto al voto, fenomeno che si spiega con il disinteresse per lo scriteriato mondo della politica, aggravato dalla venuta meno della fiducia verso i partiti e i rappresentanti politici.

    L’elevato numero di astensioni, sta ad indicare che i cittadini si sentono traditi dai partiti e dai rappresentanti politici, a cui non intendono più confermare la loro fiducia.

    Più in generale, il fenomeno dell’astensionismo denota una delegittimazione della politica, denota un elettorato stanco che non crede più nella democrazia ed indica che anche le stesse istituzioni sono viste come deboli di fronte alle questioni da affrontare.

    L’implosione del sistema politico e il ridotto consenso fanno temere l’incapacità di prendere decisioni forti ed altresì fanno intuire una grande instabilità del Paese, paralizzato nelle scelte politiche di fondo.

    Al riguardo, occorre tenere presente che il dissenso generalizzato non serve a smuovere l’ignavia e la viltà degli onorevoli signori della politica, nei quali è attecchito un virus con radici venefiche molto larghe e profonde, l’espansione del quale è divenuta ormai inarrestabile, anche perché sanno di poter contare su un insufficiente livello culturale delle masse popolari. L’odierna situazione è aggravata anche dall’ulteriore fenomeno del voto di scambio, che è un voto clientelare a tutti gli effetti, fondato sul do ut des, ossia sul sostegno politico in cambio di favori personali.

    La bassa percentuale di votanti, nell’odierna realtà, fa pensare che recarsi alle urne risponde ad un interesse particolare, più che a un dovere civile, interesse avvertito, in larga misura, da classi agevolate e/o beneficiate ma anche da singoli che, ingenuamente, confidano in programmi elettorali inattuabili. Insomma, tutto fa pensare che si recano sistematicamente alle urne:

    gli appartenenti alle varie categorie che pretendono di conservare i loro privilegi, scaricando il costo sul debito pubblico;

    i tesserati e i sostenitori dei logori partiti politici, in particolare quelli di sinistrorso pensiero;

    i faccendieri, gli addetti alle sporche manovre politiche e i loro degni compari;

    coloro che ne traggono diretto o indiretto vantaggio dall’attuale sudicia politica;

    coloro che per lo svolgimento dei propri affari hanno bisogno di coperture politiche;

    coloro che restano ammaliati da infattibili promesse elettorali di soddisfacimento di aspettative.

    Se sono questi i principali bacini di utenza e gli interessi rappresentati dai partiti, vuol dire che la democrazia non è solo ibrida e difettosa ma è di pura facciata e vuol dire che gli odierni partiti politici sono logori e screditati.

    In breve, la quotidiana realtà dimostra l’assoluta inaffidabilità dei partiti politici e chi ha ancora stima, chi nutre ancora speranze o fa ancora affidamento non può che essere interessato, ingenuo o invasato.

    In Italia, i Governi che si sono succeduti nel tempo non hanno saputo dare prova concreta di feconda operosità, sia per la totale assenza di programmi, come per l’incapacità di andare oltre gli slogan, le regalie elettorali e le promesse tradite.

    Si sono avvicendati Governi e scenari politici caratterizzati da partiti legati ad anacronistiche ideologie politiche, a scuole di pensiero laiciste, materialiste e massimaliste, con altri legati a potentati economico-finanziari, lobbies e gruppi di pressione, ma nessuno di questi si è distinto per laboriosità.

    In via generale, oltre che incapaci di convergere verso il bene comune, i vari Governi si sono rivelati tutti poco operosi, inclini al quieta non movere, disadatti a rispondere alle istanze e necessità collettive, accomunati da sistemi partitici viziati da malaffare, da logiche di spartizione e sudditanza ai poteri forti.

    I Governi tenuti in piedi da accozzaglie di partiti e partitini, contraddistinti da politiche deboli e inefficaci, sono la storia d’Italia. I vari Governi succedutisi nel tempo, per incapacità di scelta, hanno seguito le politiche dello struzzo e dello scaricabarile in cui la colpa, essendo di tutti, non è mai di nessuno, governi rivelatisi abili nelle politiche del consenso, con continui incrementi di spesa, fino a ipotecare il futuro di figli e nipoti.

    Tutti questi Governi, tipica espressione di democrazia consociativa, hanno assecondato clientele politiche ma hanno tradito le aspettative dei cittadini.

    La moltitudine delle pecche e degli errori dei vari Governi pastrocchio succedutisi nel tempo insegna che con le forze inconciliabili e con gli avversari politici non si deve governare insieme, ma limitarsi solo a discutere le regole del gioco e pattuire riforme costituzionali.

    Oltre a dette gravi carenze di governo, si è notato un continuo confinamento della sovranità popolare entro ristretti limiti, segregandola al ruolo marginale di mera comparsa finalizzata alla convalida delle c. d. liste elettorali bloccate.

    Al riguardo, non si deve dimenticare che democrazia significa potere del popolo sovrano, ma se quest’ultimo non ha potere, viene privato del potere, la democrazia senza potere del popolo è ibrida e difettosa, cessa di esistere, diventa democrazia di pura apparenza, diventa vero e proprio autoritarismo, che a quanto pare è sogno e delizia degli odierni partiti politici e onorevoli signori della politica.

    La credibilità di una vera democrazia rappresentativa poggia sull’onestà e integrità morale dei suoi rappresentanti, sul rispetto della sovranità popolare e si regge sul fattivo e corretto esercizio del potere, nonché sulla capacità di pianificare l’attività di governo, di adottare tangibili iniziative di risanamento degli ambiti politici.

    Per assicurare un’incisiva azione politica e una feconda condivisione e partecipazione, servono anche mediazioni istituzionali capaci di organizzare l’esercizio del potere, diversamente si può ingenerare un’inconcludente riottosità o, all’opposto, una forma di autoritarismo.

    Come reazione all’inefficienza e al non rispetto delle regole democratiche, si possono anche originare forme di populismo, ovvero di movimenti alternativi di protesta, destinati a riscuotere ampi consensi laddove i cittadini non si sentano più rappresentati dalle forze politiche in campo. I fenomeni di metamorfosi della democrazia divengono inevitabili, e talvolta anche salutari, quando i cittadini perdano fiducia nei partiti tradizionali, allorché questi smettano di rispondere alle domande della collettività e diventino sempre meno incisivi sui problemi sociali.

    In particolare, a fronte di fenomeni, di coalizioni ammucchiata, di parlamentari transfughi, di amori furtivi di singoli onorevoli signori della politica, di gruppi politici traditori e di continui sterili trasformismi, le forme di populismo non possono che trovare fertile terreno di coltura ed aumentare a dismisura.

    I movimenti del populismo non si limitano a contestare le forze politiche in campo ma vanno oltre, sono vere e proprie manifestazioni di avversione alla politica tradizionale e prospettazione di una diversa democrazia, con intenti profondamente innovativi.

    In genere, l’affermazione del populismo è un chiaro segnale di crisi della democrazia rappresentativa e di tramonto delle ideologie e/o strategie dei partiti tradizionali, è una risoluta rottura col passato, è volontà di rovesciare il tavolo, con la contestuale affermazione di proposte alternative.

    I movimenti populisti sono quasi sempre cagionati da un diffuso senso di malessere e di disagio dei cittadini, che i partiti tradizionali non sono riusciti a cogliere ed a porvi rimedio. Tali movimenti sono destinati a svilupparsi e diffondersi vieppiù, fintantoché non verranno rimosse le cause che li hanno originati.

    Per avversare il populismo, servono nuovi partiti fondati su valori morali, serve una politica forte, un Governo capace di portare a termine un serio programma di riforme coraggiose, che non siano di pura facciata per interessi elettoralistici o clientelari, spacciati per bene comune. Serve un progetto organico di governo, una coesione politica capace di affrontare anche le situazioni di emergenza o impreviste.

    Al fine di recuperare credibilità, i partiti di Governo devono adoperarsi e impegnarsi seriamente per: affrontare riforme vere non apparenti, mettere al bando la corruzione, operare con senso di onestà e di rispetto delle regole, impegnarsi a risanare l’enorme debito pubblico, moralizzare gli ambienti politici, eliminare tutte le situazioni foriere di corruzione.

    Nell’attuale degrado politico, come detto sopra, non possono che svilupparsi crescenti forme di populismo, di malessere sociale e reazioni di insoddisfazione, con conseguente venuta meno della partecipazione democratica, della fiducia e della credibilità da parte dei cittadini, come dimostra la crescente diserzione delle urne da parte degli aventi diritto.

    Se consideriamo il quadro d’insieme, sono poi motivo di non poca preoccupazione altri importanti fenomeni come: il decadimento morale, le disuguaglianze crescenti, la perdita di fiducia nelle istituzioni, la crescita economica pressoché pari a zero, l’enorme debito pubblico accumulato, la corruzione dilagante (l’Italia è al 60° posto al mondo nella classifica del Rapporto 2016 sulla corruzione, pubblicato da Transparency International), l’alto livello di disoccupazione, il continuo aumento del disagio sociale, il dissesto ambientale.

    In presenza di un’infinita serie di fenomeni di deterioramento politico e morale, si ha la netta percezione di una democrazia ibrida e difettosa, aggravata da criticità di vario ordine, per le quali non è facile trovare una via d’uscita.

    In primo luogo, c’è sicuramente bisogno di cambiare gli odierni logori partiti politici, tenuti a sintonizzarsi su scala europea, partiti che si fondino sul valore della vita, sul valore della famiglia, su valori morali e che si pongano in termini positivi e propositivi, partiti capaci di guardare lontano e di formulare proposte concrete, partiti che si dichiarino pronti ad assumere responsabilità di governo. In un sistema di compiuta e credibile democrazia non hanno ragion d’essere partiti e movimenti politici che si limitano ad una logica esclusivamente protestataria o antisistema.

    In secondo luogo, va considerato lo scarso interesse dei cittadini verso la politica, dovuto all’ordito impoverimento culturale e all’ordita mancanza di formazione dei medesimi, oltre che all’incapacità di apertura dei partiti politici di aggredire le criticità e di affrontare i veri problemi del Paese. Gli odierni partiti sono sempre più percepiti come macchine di potere che operano per autoperpetuarsi.

    In terzo luogo, disponendo l’Italia di uno straordinario patrimonio storico, identitario, culturale e artistico, è necessario che gli onorevoli signori della

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