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Il Manoscritto Proibito
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E-book313 pagine4 ore

Il Manoscritto Proibito

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Info su questo ebook

Un imam è stato assassinato nella sua abitazione. Emergono diverse ipotesi sui motivi del suo omicidio. Corre voce che sia stato ucciso a causa di un manoscritto. Omar, un giornalista deciso a svelare il mistero, prende in carico il caso e sfida l’assassino. La corsa per il manoscritto è implacabile. Gli omicidi si susseguono e muoiono altri uomini. Con l’aiuto di Najat, la vedova dell’imam, Omar va alla ricerca del manoscritto. Ma l’assassino è ovunque e li osserva. Riusciranno a fermarlo?

Il Manoscritto Proibito è un romanzo avvincente e ricco di colpi di scena.

LinguaItaliano
Data di uscita5 nov 2018
ISBN9781386565505
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    Anteprima del libro

    Il Manoscritto Proibito - Hicham El Harrak

    1

    Sono l'imam Ali Ben Abdullah. Oggi sono stato brutalmente assassinato a casa mia. Non sono triste di essere morto; al contrario, rendo grazie di trovarmi nelle mani di Allah insieme ai martiri e agli uomini misericordiosi. Tuttavia, sono insoddisfatto: il mio assassino, che Allah lo perdoni, mi ha impedito di continuare la mia opera, finalizzata ad illuminare le persone e insegnare loro come trovare la felicità.

    Durante la mia vita, ho cercato di diffondere la verità tra coloro che non hanno mai avuto l'opportunità di conoscerla; una verità che era rimasta nascosta per secoli e sostituita da una grande menzogna. Ironia della sorte, questo ha provocato la mia morte, perché il mio assassino riteneva che, proprio a causa della verità, io stessi distruggendo la fede degli uomini.

    Mi ha torturato come se ci fosse una vecchia faida tra di noi. Quando ho implorato pietà, si è infuriato ancora di più. Mi ha accusato di essermi allontanato dalla retta via che il nostro Profeta, pace a lui, ci aveva mostrato. Non riesco a capire come un uomo possa uccidere i suoi simili solo perché vede le cose in modo diverso. Gli ho chiesto se qualcuno lo avesse mandato a uccidermi, ma non ha risposto; il suo unico obiettivo era eliminarmi.

    Ero steso sul pavimento della cucina, immobile e intriso di sangue. Mi ha pugnalato al petto, allo stomaco e al collo. Ha mostrato profondo risentimento contro di me; mi voleva morto all'istante. In quel momento, mentre la mia anima andava nel regno trascendentale in cui la verità assoluta è quella di Allah, una luce forte accecava i miei occhi. Vidi una grande porta aperta davanti a me. Era la porta del paradiso.

    Ero andato a prendere un po’ d'acqua in cucina quando sentii i passi del mio assassino nel soggiorno. Pensavo che mia moglie fosse tornata a prendere qualcosa che aveva dimenticato. Così le sono andato incontro in camera, ma con mia grande sorpresa, mi sono trovato faccia a faccia con lui. Rimasi paralizzato.

    Come sei arrivato qui? gli chiesi, sbalordito.

    Sorrise leggermente e rimase in silenzio per un attimo; poi estrasse un revolver da una piccola borsa nera che teneva nella mano sinistra.

    ‘’Zitto. Stammi a sentire", mi interruppe.

    ''Chi diavolo sei? Cosa vuoi?" gli chiesi.

    Mi colpì con il calcio del revolver in faccia.

    Stai zitto, disse bruscamente.

    Ricordami il tuo nome, dissi.

    Stai zitto, ripeté arrabbiato.

    Mi ordinò di sedermi sul lungo divano di lana. Non avrei mai immaginato che un uomo che veniva regolarmente alla moschea per pregare con me, per ascoltare le mie lezioni e i miei sermoni, sarebbe stato il mio assassino. Non ricordavo il suo nome perché avevamo parlato solo due o tre volte, e ogni volta che mi parlava faceva delle domande molto strane sul Califfato e sulla Grande Sedizione. Non sapevo dove vivesse.

    Stai rovinando la mente degli uomini, Si Ali, disse. Nessuno si aspettava nulla di simile da un uomo come te, un imam grande e rispettato: hai approfittato della tua capacità di saper convincere chi ti ascolta per inviare messaggi sbagliati, specialmente ai giovani, proseguì.

    ''Mi dispiace; non capisco cosa intendi con messaggi sbagliati. Io faccio solo il dovere che Allah mi indica'', risposi cercando di convincerlo che ero innocente di fronte alle sue accuse.

    Non cercare di difenderti, tanto il verdetto è già stato emesso. Morirai, Si Ali. Devi riconoscere i tuoi peccati e chiedere ad Allah di perdonarti. Almeno così potrai cominciare a ripulirti l’anima da un po’ di sporcizia, rispose.

    Allora dimmi che cosa ho fatto di sbagliato, possiamo discuterne, gli dissi.

    È inutile che ti parli dei tuoi peccati, perché se non li noti, significa che i tuoi occhi sono ciechi e le tue orecchie sono sorde, disse.

    Sono i tuoi occhi ad essere ciechi, perché non riesci a vedere la verità: sei stato manipolato da coloro che ti hanno mandato a commettere questo crimine perché sei ancora giovane ed incapace di vedere oltre i fatti, replicai furiosamente.

    Mi colpì alla testa con il calcio del revolver prima che potessi finire la mia frase. Il sangue iniziò a sgorgare e a scorrere sul mio viso e sul mio collo. Pensai di afferrare la sua mano e prendere la pistola, ma lasciai perdere l'idea perché era troppo rischioso. Pregai Allah che mia moglie non tornasse a breve, altrimenti l'avrebbe uccisa insieme a mio figlio di un anno.

    Non hai il diritto di farmi questo. Non ho nulla contro di te, sei venuto alla moschea e abbiamo pregato insieme, quindi perché vuoi uccidermi? Come puoi pregare al fianco di qualcuno di cui dubiti? Allah non accetterà le tue preghiere, dissi.

    Come sai che Allah non accetterà le mie preghiere? disse con rabbia crescente.

    Perché sei un ipocrita e Allah odia gli ipocriti, replicai.

    Mi colpì con violenza sulla testa con il revolver ancora una volta. Uscì altro sangue e il dolore divenne insopportabile. Ma non mi lamentai.

    Se mi uccidi, non vincerai nulla; al contrario, perderai la pace spirituale, perché Allah ti punirà, dissi.

    É proprio uccidendoti che otterrò la pace, perché se vivrai continuerai a seminare dubbi nel cuore degli uomini. Allah mi ricompenserà per averti ucciso, disse. Fece un sorriso folle.

    ''Hai torto. Allah ti punirà perché ucciderai un innocente".

    Hai peccato e meriti di morire, non perderò questa opportunità.

    ''Come ti chiami? Non riesco a ricordarlo. Discutiamo la questione con calma, da amici. Forse puoi cambiare idea'', dissi.

    Mi colpì ancora con il calcio del revolver.

    Non cercare di influenzarmi con la tua eloquenza come fai con i tuoi seguaci, sai benissimo che i tuoi trucchi con me non funzionano. Come puoi distruggere ciò che i nostri antenati ci hanno insegnato per secoli? Sei colpevole di aver scosso la fede degli uomini, di spingerli a dubitare delle loro credenze consolidate, disse con rabbia.

    Non riuscivo a capire cosa stesse dicendo, perché l'enormità delle sue accuse mi aveva fatto andare il cervello in tilt. Riflettei ripetutamente su tutti i miei sermoni e le mie lezioni precedenti, sulle conversazioni con i miei discepoli e amici, sui miei articoli e libri, ma non capivo dove e quando avessi commesso questi grandi errori.

    Ciò che dici non ha senso. Non ho mai scosso la fede degli uomini, né li ho fatti dubitare delle loro convinzioni. Se quello che dici è vero, dammi una prova, dissi.

    Non ho prove, ma conosco chi le ha e me le ha mostrate. Dov'è il manoscritto? mi chiese.

    Quale manoscritto?

    Voglio il manoscritto in cui hai riportato tutte le tue idee velenose, dov’è?

    Mi guardava con occhi minacciosi.

    Non so di cosa stai parlando. Non ho nessun manoscritto, risposi.

    Infuriato e stanco della mia ostinazione e della mia resistenza, mi ordinò di sedermi su una sedia di legno che aveva portato dalla cucina, poi tirò fuori una corda dalla sua borsa e mi legò. Si sedette di fronte a me sul divano.

    Si Ali, sarò onesto con te, sono venuto qui per cercare il manoscritto e non per ucciderti. Come hai detto prima, discutiamo da buoni amici e parliamo francamente. Tu mi dai il manoscritto e io me ne vado, disse.

    Non so di cosa stai parlando. Ho scritto il mio ultimo libro due anni fa, e non sto scrivendo altri libri in questo momento, risposi.

    Non volevo divulgare il segreto che non avevo condiviso nemmeno con mia moglie e gli amici. Ciò che mi sorprese era il fatto che sapesse che stavo scrivendo un libro, nonostante tutte le misure che avevo preso per mantenerlo sotto estrema riservatezza. Solo due dei miei amici più stretti e fedeli ne erano a conoscenza, ed ero sicuro che nessuno di loro mi avesse tradito.

    Mi è giunta notizia che stai scrivendo un libro in cui distorci la verità eterna che abbiamo appreso dai nostri antenati , dagli amici del Profeta e da coloro che hanno vissuto dopo di loro fino ad oggi, disse.

    Chi l'ha detto? Non ho mai modificato la verità. Ho aiutato gli uomini a trovarla. Allah è la verità unica dell'universo. Mi stai accusando di rovinare la mente degli uomini mentre è mio dovere guidarli verso la fede e la felicità. Seguirò sempre questa strada fino a quando incontrerò Allah nell'aldilà, risposi.

    Se non mi dai il manoscritto, nell'aldilà ci andrai tra pochi minuti, mi minacciò.

    Non ti chiederò di avere pietà di me, perché se Allah vuole che la mia morte sia oggi, non ci sarà modo di sfuggirle. Ho passato tutta la mia vita a diffondere la conoscenza tra le persone e se morissi ora sarò soddisfatto, perché so di aver fatto il mio lavoro, risposi.

    ''Che tipo di conoscenza e illuminazione stai diffondendo tra la gente? Falsità...? Corruzione...? Che imam sei? Sei uno di quegli imam che seminano la sedizione. Ora dimmi dov'è il manoscritto".

    Non ho nessun manoscritto, risposi.

    Scattò in piedi e mi colpì in faccia. E poi estrasse un lungo pugnale dalla borsa e mi ficcò la lama nel collo.

    Ti scannerò come una pecora se insisti con la tua testardaggine, mi minacciò ancora una volta.

    Non ho il manoscritto. Non sto scrivendo alcun libro, urlai, stufo delle sue accuse e delle sue torture. Preferivo la morte a quello che mi stava facendo.

    Sentendomi gridare, si infuriò e mi colpì in faccia con il manico del pugnale.

    ''Se urli ancora, ti ucciderò'', disse a denti stretti.

    Il dolore era così insopportabile che gridai per richiamare l’attenzione dei vicini, ma lui capì le mie intenzioni, così mi chiuse la bocca con del nastro adesivo.

    Vuoi allarmare i vicini. Capisco. Ma nessuno ti libererà da me, perché è il tuo destino, Si Ali, disse.

    Con il nastro adesivo sulla bocca riuscivo a respirare a mala pena. Il dolore era ancora insopportabile e il mio viso sanguinava copiosamente. Il mio assassino si spostò in camera da letto. Sentii che apriva l'armadio e i cassetti alla ricerca del manoscritto. Spostò il materasso, i miei vestiti e quelli di mia moglie. Quindi lasciò la camera da letto e andò nella stanza di mio figlio. Lo sentii muovere la culla e i campanellini dei giocattoli tintinnarono. Rimase lì a lungo finché, infuriato e disperato, lasciò la stanza. Andò in cucina, in bagno e in soggiorno. Buttava all’aria tutto ciò che trovava sulla sua strada, mettendo sottosopra la casa.

    Quando ebbe terminato la sua ricerca, mi si avvicinò. Era scuro in volto e folle di collera.

    Mi dai il manoscritto? chiese lentamente.

    Ero sicuro che sarei morto, a meno che un miracolo o una mano divina non fosse intervenuta per cambiare il mio destino. Sembrava esasperato. Mi colpì al collo con il pugnale. Gemetti e tremai dal dolore. La mia anima si stava separando dal mio corpo e vidi le porte del paradiso.

    Vai al diavolo, gridò con rabbia. Sei un uomo morto. Troverò il manoscritto. I miei gemiti erano attutiti da quel maledetto nastro e non c'era alcuna possibilità che i vicini mi sentissero e venissero in mio soccorso. Mi pugnalò al petto e alle costole diverse volte.

    Caddi a terra e mi trascinò in cucina. Feci finta di essere morto rimanendo immobile e quasi senza respirare. Ma il mio assassino era troppo furbo e fece un ultimo test per confermare che fossi morto; mi diede un calcio nelle costole. Feci un gemito di dolore. Si avvicinò e mi pugnalò alla schiena fino a quando la mia anima salì al cielo.

    Sono morto, ma almeno sono libero dalla tortura e dal dolore. Mia moglie soffrirà e mio figlio vivrà da orfano. È molto debole e non sopporterà questo destino. Dovrà prendersi cura di nostro figlio senza di me. Dovrà accettare ciò che Allah ha scritto per me; tuttavia, la sua ferita avrà bisogno di tempo per guarire.

    No, non voglio immaginare cose che potrebbero non accadere, perché Allah ha già scritto il destino della mia famiglia. La mia preoccupazione e le mie lamentele sono assurde e inutili.

    Chiedo perdono ad Allah. Allah! Perdonami perché sono in un momento di debolezza. Quest'uomo mi ha ucciso e mi ha privato della vita che mi hai dato, quindi non posso svolgere i compiti che mi hai assegnato. Spero di aver adempiuto al mio dovere e che tu sia soddisfatto di me. Accetto il destino che hai scritto perché è il miglior destino che io possa avere.

    Tre giorni prima del mio assassinio, il mio più caro amico, Ahmed Ben Ali, al quale non avevo mai fatto parola del manoscritto, era venuto a dirmi che alcuni uomini avevano messo in giro voci riguardanti un libro che sarebbe stato pubblicato a breve e che avrebbe arrecato un grande danno alla nostra fede. Non sapevano chi fosse l'autore, ma conoscevano il tema di cui trattava. A queste parole ero rimasto di stucco per la sorpresa, e mi ero chiesto come il contenuto del manoscritto avesse fatto a trapelare. Mi venne un sospetto sugli amici con cui avevo condiviso il segreto, Si Badr Eddine e Si El Fahsi. Provai a contattarli, ma, con mia sorpresa, entrambi avevano i loro telefoni cellulari spenti. Non si erano nemmeno fatti vedere in moschea.

    Ciò che mi aveva sorpreso erano le false accuse con le quali il mio assassino mi aveva affrontato. Nulla nel manoscritto avrebbe danneggiato la nostra fede; al contrario, sarebbe stato una guida alla verità e un'analisi approfondita di tutte le false idee che alcuni uomini avevano diffuso tra la gente durante i secoli. Il mio compito era scoprire ciò che ci divideva e ci faceva combattere l'uno contro l'altro. Il manoscritto, che sarebbe stato pubblicato il mese seguente, conteneva un messaggio molto importante di illuminazione e correzione di ciò che, fino a quel momento, era considerata l'unica verità.

    Per tre giorni, cercai invano di contattare Si Badr Eddine e Si El Fahsi per chiedere loro se avessero parlato con qualcuno del manoscritto. Ero andato a cercarli a casa, ma non li avevo trovati; i loro cellulari erano ancora spenti. Le loro famiglie mi avevano informato che non ne avevano notizie e che avevano denunciato la loro scomparsa alla stazione di polizia di Dradeb. All'inizio, avevo pensato che la questione fosse legata ad un semplice malinteso e che i due uomini fossero andati ad assistere ad una cerimonia in un'altra città senza aver informato le loro famiglie. Erano ulema molto brillanti che conoscevano il Corano a memoria e avevano una buona conoscenza del diritto islamico. Erano buoni lettori, perché avevano delle voci bellissime e venivano sempre convocati per assistere a conferenze e concorsi di lettura.

    Ora, dopo il mio omicidio, ho la certezza che Si Badr Eddine e Si El Fahsi siano stati rapiti e uccisi. Il mio assassino è riuscito nel suo piano, ma il manoscritto è fuori dalla sua portata e non lo troverà mai. L'ho nascosto in un luogo sicuro di cui non ho mai parlato né con Si Badr Eddine né con Si El Fahsi.

    Gli ostacoli che i miei nemici mi avevano messo davanti al momento di scrivere questo manoscritto e gli avvertimenti di Si Badr Eddine e Si El Fahsi non mi hanno scoraggiato. Credevo che la verità non potesse rimanere nascosta, perché Allah ci ha dato saggezza e conoscenza per condividerle con le persone e non per tenerle nascoste nei nostri cuori. Ho pagato con la mia vita per ciò che è bene per l'umanità, e anche se questo potrebbe sembrare assurdo e banale per alcuni uomini, io sono felice di essere morto per amore delle mie idee.

    Riposo in pace aspettando che gli angeli mi portino in paradiso. La mia morte è stata brutale, ma ora il mio dolore è sparito. Sono un martire della verità e della giustizia. L'unica cosa che mi fa soffrire è il pensiero di mio figlio e mia moglie. Allah darà loro la pazienza.

    2

    Sono Najat, la moglie dell’Imam. Sono rimasta vedova per mano del tradimento e della cospirazione. Quando sono tornata a casa e ho visto mio marito in una pozza di sangue, sono svenuta. Le pareti erano macchiate di sangue. Mio figlio non smetteva di piangere. Non ricordo altro finché non mi sono svegliata al Red Crescent Hospital nel cuore di Tangeri. Il pianto incessante di mio figlio aveva allarmato i vicini che erano accorsi a casa nostra, e dopo aver bussato alla porta ripetutamente senza ricevere risposta, avevano chiamato la polizia e l’ambulanza.

    Mi trovo in una grande stanza affacciata su Mansour Dahbi Street. Attraverso la finestra aperta, vedo l’insegna del cinema Roxy e del London's Pub. La stanza è immersa nel bianco e nel silenzio. Le pareti sono bianche; le lenzuola e i letti sono bianchi, le due sedie per i visitatori sono bianche. Le infermiere, tutte donne, sono vestite con un camice bianco. C’è odore di medicinali  e di morte. Non mi dispiacerebbe essere morta perché sarei felice di unirmi a mio marito.

    Mio figlio si trova nella casa della mia famiglia a Marshan. È la prima volta che sto lontana da lui. Ha perso suo padre e sua madre è in ospedale. Penso che Bilal sia sfortunato, ma fa parte dei piani di Allah. Spero un giorno di trovarmi faccia a faccia con l'assassino di mio marito. Giuro che gliela farò pagare per il suo crimine.

    Dopo due giorni in ospedale ero stanca e volevo tornare a casa mia, ma mio padre mi ha detto che non potevo starmene da sola e che, dopo la morte di mio marito, avrei dovuto tornare a vivere a casa sua. Ma non volevo vivere con la mia famiglia. Avevo bisogno di sentire l'odore di mio marito, di toccare i suoi vestiti e i suoi libri; di ricordare le sue risate e le sue battute con Bilal. Volevo evocare la sua bella voce che echeggiava per la casa mentre leggeva il Corano. Era solito pregare tutte le sere per ore.

    Ma mio padre è una persona conservatrice e non mi avrebbe permesso di vivere da sola, così non ho obiettato su ciò che aveva deciso. In aggiunta a ciò, la polizia aveva messo i sigilli alla nostra casa e io non avrei potuto andarci fino a quando l'indagine sarebbe finita.

    Il medico mi ha detto che sarei stata dimessa in giornata, perché non avevo una prognosi seria, e che era stato solo un esaurimento nervoso ad avermi causato lo svenimento. La famiglia di mio marito e la mia erano ancora sotto shock. Non potevano credere a quello che era successo, né immaginarne il motivo. Si Ali era un uomo di buon cuore, amato da tutti. Non si immischiava negli affari degli altri. La sua missione nella vita era aiutare le persone e illuminarle. Come aveva potuto morire così?

    Domani, la famiglia di mio marito terrà una veglia in sua memoria. Non ero presente al funerale, ma domani sarò lì a dire addio a mio marito e a chiedere ad Allah di accoglierlo in cielo con i martiri e i wali. Lì, mi sentirò meglio con il supporto dei miei amici e familiari che mi daranno le loro più sentite condoglianze. Sarò circondata da coloro che amano mio marito e che sono pronti a dare la vita per catturare il suo assassino e infliggergli la punizione più dura.

    Un silenzio mortale regnava nell'ospedale. Sentivo i passi leggeri delle infermiere. Era ancora presto, e la maggior parte dei medici non era arrivata. Nella Mansour Dahbi Street non c'era quasi movimento, tranne il rumore degli studenti del Liceo Regnault che arrivavano in gruppo o nelle auto dei loro genitori. Aprii la porta e guardai fuori, l'ospedale aveva scale a spirale e un balcone rotondo che si affacciava sulla hall e sul banco della reception. Un impiegato era seduto alla scrivania, dietro il computer.

    Chiusi la porta e tornai al mio letto. Pensavo al futuro e come avrei allevato mio figlio da sola. La mia famiglia mi avrebbe aiutata, ma mi faceva male pensare che mio figlio sarebbe cresciuto senza suo padre.

    Mentre ero immersa nell’incertezza dei miei pensieri, arrivò la mia famiglia. Mi avevano portato la colazione, noncuranti dei regolamenti dell'ospedale. Avevo un grande appetito, perché durante i due giorni precedenti non avevo mangiato niente. I miei genitori e fratelli mi guardavano con compassione. Cercarono di consolarmi.

    Come stai, Najat? chiese mio padre.

    Meglio. Dov'è Bilal? chiesi.

    È con tua sorella Manal. Sta bene, non preoccuparti, disse mio padre forzando un sorriso.

    Lo so, baba. Mi dispiace darti disturbo.

    ''Tu sei mia figlia e tuo figlio è anche mio figlio. Sono responsabile per lui", disse.

    Passò a mia madre la borsa che teneva in mano. Tirò fuori una bottiglia di acqua minerale, uno yogurt, banane e mele, torte e un thermos con caffè e latte. Mise tutto su un vassoio e si diresse verso di me. Mio padre era seduto vicino alla porta, mentre i miei fratelli, El Amine ed El Hassan, rimasero in piedi. Mangiai la deliziosa colazione senza preoccuparmi delle regole dell'ospedale.

    La polizia ti ha interrogato? mi chiese El Amine.

    No, non è venuto nessuno, risposi.

    Sarebbe il caso che non ti interrogassero qui in ospedale. Dovrebbero aspettare che tu torni a casa e chiamarti a testimoniare in commissariato, disse mio padre.

    Dopo aver finito la colazione, mia madre raccolse tutto e lo mise a posto nella borsa.

    Mio padre sembrava a disagio e con la testa altrove, la morte di mio marito gli aveva causato una profonda tristezza. Il giorno in cui la polizia era andata ad interrogarlo, si era sentito offeso e accusato.  Aveva detto che non avrebbe mai potuto commettere un simile crimine. Aveva chiesto come potevano credere ad una cosa così abominevole. Ma la polizia aveva insistito per sapere dove si trovava al momento del crimine. Lui aveva detto di trovarsi alla Mulay Rashid, la scuola dove lavora come insegnante di arabo. La direzione

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