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Love 2.5. Amori perduti
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Love 2.5. Amori perduti
E-book169 pagine2 ore

Love 2.5. Amori perduti

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Info su questo ebook

Bestseller mondiale

La serie più amata dalle lettrici americane è finalmente arrivata!

Keela adora Alec, e quando Keela adora qualcuno, se ne prende cura

Keela Dailey è perseguitata dagli incubi e dai fantasmi del passato. Ma ora non ha tempo di rimuginarci su, perché sta finalmente per lasciare il suo minuscolo appartamento e trasferirsi in una vera casa con il suo fidanzato. Un trasloco è sempre un’impresa, e Keela vorrebbe soltanto che le cose procedessero tranquillamente e senza intoppi, quando però sei fidanzata con uno dei fratelli Slater mai niente può andare liscio. Niente. Alec Slater ama la sua donna; gli piace giocare con lei e adora sorprenderla.  Quando però decide di fare entrambe le cose proprio nel giorno del trasloco, provoca un disastro di proporzioni epiche. E ogni tentativo di farsi perdonare nel corso della giornata non fa che peggiorare le cose… tanto che Alec non è più tanto sicuro che Keela voglia andare a vivere con lui. Perché quello che doveva essere un semplice trasloco si trasforma in un vero e proprio inferno: ospiti indesiderati, proposte d’affari, alcol, test di gravidanza, risse, litigi, sesso, e mille altre follie tipiche degli Slater. Keela sa di dover fare una scelta, ma non è affatto semplice riflettere con lucidità quando c’è di mezzo l’amore… 
L.A. Casey
È nata a Dublino, dove vive tuttora. Vive con la madre e il suo cane, un pastore tedesco, di nome Storm. Con la serie LOVE ha scalato le classifiche di «New York Times» e «USA Today».
LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2016
ISBN9788854194342
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    Anteprima del libro

    Love 2.5. Amori perduti - L.A. Casey

    1246

    Titolo originale: Keela. A Slater Brothers Novella

    Copyright © 2015 L.A. Casey

    All rights reserved

    Traduzione dall’inglese di Carla De Pascale

    Prima edizione ebook: giugno 2016

    © 2016 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-9434-2

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Realizzazione: Sebastiano Barcaroli

    Foto: © Shutterstock

    L.A. Casey

    Love 2.5

    Amori perduti

    Dedica

    Tata,

    mi manchi. Mi manchi da morire. Ci hai lasciati da quattordici giorni e ancora non riesco ad accettare che non sei più tra noi. Mi capita di aspettare la telefonata di mia madre che mi dice di sbrigarmi perché dobbiamo venire all’ospedale a trovarti. Da una parte mi piace continuare a pensarlo, immaginare che tu sia ancora lì, perché significherebbe che sei viva, anche se so bene che adesso ti trovi in un posto migliore. Nonostante mi rattristi sapere che non ci sei più, sono felice che abbia finito di soffrire e raggiunto finalmente la quiete. Mi sento sollevata nel pensarti in pace. Dio sa quanto. In questo momento sarai sicuramente con nonno, Jason, zia Kay e Tanya. Il Signore deve avere un gran da fare con tutti voi lassù. Posso soltanto immaginare quante ne starete combinando!

    LOL

    !

    Ogni giorno guardo i video che avevo girato in ospedale, soltanto per rivederti e sentire la tua voce. E ogni volta rido a crepapelle, ci hai fatto divertire fino alle lacrime quella notte per le cose che ci hai raccontato. Sono davvero felice di aver ripreso tutto, altrimenti avrei dimenticato almeno la metà delle tue battute. Mi fa sentire meglio guardare quei video, così posso ravvivare i bei ricordi. A dire il vero, pensavo che sarei stata bene una volta che te ne fossi andata. Ero sicura che mi sarei sentita sollevata sapendoti finalmente lontana dalle sofferenze, e lo sono, ma allo stesso tempo non sono affatto felice. È che mi manchi. Non posso neanche parlarne con qualcuno perché non voglio rattristarli, dato che ti amavano e manchi loro proprio come a me. È soltanto questione di tempo per elaborare il lutto, lo so. Mi abituerò all’idea che non ci sei più. È solo che ci sto male, davvero.

    Eppure so che mi sei vicina. Sei stata la mia più grande sostenitrice per quanto riguarda la mia passione per la scrittura. Raccontavi a tutti dei libri che avevo scritto, e non ti importava se i tuoi interlocutori fossero interessati oppure no, parlavi loro comunque della mia carriera, dei contratti, dei luoghi in cui ero stata e di quelli che avrei visitato. Eri orgogliosa di me e me lo hai anche confidato, e quella è stata la cosa migliore che avessi mai potuto dirmi. Adesso vivo seguendo i tuoi consigli: mi avevi raccomandato di provarci comunque, ed è quello che sto facendo. Ti prometto che coglierò qualunque occasione mi si presenterà, e che la coglierò a piene mani.

    È un grande onore per me definirti la mia tata. Non credo che le nonne avrebbero potuto fare meglio di te. Sei stata speciale, e voglio dirti che ti ho voluto molto bene e che non ti dimenticherò mai. Mai, davvero. Ti avevo confidato che Frozen era dedicato a te, e ti aveva fatto piacere, ma voglio dedicarti anche Love. Amori perduti, benché ti arrabbieresti se leggessi una delle novelle della saga dei fratelli Slater.

    LOL

    !

    Ti amerò per sempre.

    Questo non è un addio, è un arrivederci a presto <3.

    Capitolo uno

    «Keela… Aiutami».

    Aprii gli occhi e mi tirai su per mettermi seduta. Non ero nella mia camera da letto, non ero neanche nel mio appartamento. Mi trovavo in un posto in cui ero già stata, ma che non riuscivo a riconoscere. C’erano tanti corridoi che conducevano a diverse porte chiuse.

    La paura mi attanagliò, e mentre mi alzavo iniziai a respirare con affanno.

    «Keela?».

    Quella voce che continuavo a sentire invocava aiuto, mi supplicava a ogni debole sospiro. Mi faceva battere forte il cuore. Feci un giro su me stessa per cercare la persona in difficoltà, ma non riuscivo a capire da dove provenisse quella voce.

    «Dove sei?», chiesi urlando.

    Sentii un uomo strillare. Conoscevo quel grido, ma non riuscivo a ricordare chi potesse emetterlo.

    Iniziai a muovermi, correndo, per i corridoi poco illuminati. Mi voltai per guardare a sinistra, poi a destra, poi ancora a sinistra mentre aguzzavo la vista per cercare di intercettare la persona che mi stava chiamando. Le pareti di ogni corridoio erano identiche, tanto che non capivo se avessi svoltato per tornare dov’ero all’inizio, quando avevo aperto gli occhi. Sembrava tutto così spaventosamente familiare. Sapevo di aver già percorso quei corridoi prima, ma non riuscivo a ricordare quando o perché.

    Appena notai che le pareti crema iniziavano a cambiare colore, urlai. Mi girai e vidi delle impronte sui muri. Era come se qualcuno vi avesse appoggiato una mano sporca di sangue per poi strisciarla mentre attraversava il corridoio.

    Urlai impaurita e cominciai di nuovo a correre.

    «Keela?», la voce di prima strillò un’altra volta.

    Veniva da tutte le direzioni, come se ogni corridoio rimbombasse con uguale intensità.

    «Chi sei?», gridai in preda allo sgomento. «Dove sei?».

    All’improvviso il luogo piombò in un silenzio tombale.

    L’unico rumore che sentivo era quello del mio respiro affannoso.

    Mi fermai e rimasi ad ascoltare.

    Dopo alcuni istanti di assoluto silenzio, sentii girare una chiave. Il suono riecheggiò sul pavimento, sotto i miei piedi, e per un attimo pensai di venire sopraffatta dalla potenza di quel riverbero. Le vibrazioni si fermarono improvvisamente com’erano iniziate, quindi cercai di ritrovare l’equilibrio. Il cigolio di una porta che si apriva mi risuonò nelle orecchie qualche secondo dopo, allora mi voltai per vedere chi, o cosa, si nascondeva dietro di essa. Socchiusi gli occhi appena la porta si aprì del tutto e l’unica cosa che riuscii a vedere fu il buio.

    «Ch… chi è?», urlai con tono incerto.

    Sentii una voce maschile che si lamentava, poi uno scatto metallico, un rumore che mi sembrava familiare. Era il suono del cane di una pistola che veniva tirato indietro.

    Deglutii la bile che minacciava di salirmi in gola proprio in quel momento.

    «Keela?», una voce femminile, che non avevo sentito prima, sussurrò dietro di me. «Devi aiutare Alec».

    Alec?.

    Mi girai ma, come prima, non c’era nessuno.

    «Alec?», chiamai.

    «Keela!», lui urlava.

    Mi sentii prendere dal panico quando mi resi conto che quella che avevo sentito era la voce di Alec. La voce carica di dolore e paura che mi aveva chiesto disperatamente aiuto alcuni minuti prima.

    «Dove sei?», chiesi strillando.

    «Lì dentro, devi aiutarlo», sussurrò la voce femminile appena mi girai verso la porta aperta che finiva in un luogo buio. Senza neanche pensarci iniziai a muovermi verso quella stanza, ma non importava quanto corressi, non riuscivo a raggiungerla.

    Gridai e mi feci indietro velocemente appena un’ombra indistinta mi si parò davanti. Continuai a indietreggiare, urlando terrorizzata quando quella sagoma si avventò contro di me e mi fissò.

    Riuscivo a vedere soltanto degli occhi grigi infuocati, i tratti del viso erano indefiniti.

    «Alec morirà, a meno che tu non riesca a fermarla», sussurrò una voce dietro di me.

    «Fermare chi?», urlai.

    La sagoma svanì nel nulla, così riuscii a guardare di nuovo verso la stanza, ma non era più buia. Le luci erano accese e al centro c’era Alec, in ginocchio, che stendeva le braccia per avvicinarsi a me, ma aveva la testa e lo sguardo rivolti verso il basso. Socchiusi gli occhi e vidi di nuovo quella sagoma, che adesso era in piedi, dietro ad Alec.

    «Fermala, Keela!», la voce femminile mi urlava da ogni direzione. «Cerca di salvarlo!».

    Rimasi senza fiato quando la figura alzò il braccio e puntò l’oggetto che teneva in mano sul capo chino di Alec. Socchiusi gli occhi per mettere a fuoco l’oggetto e appena vidi la canna argentata di una pistola saltai dallo spavento. Urlai ad Alec di stare attento mentre iniziavo a correre verso di lui. Questa volta, riuscii ad avvicinarmi, ma anche se mi ero mossa il più velocemente possibile, non riuscii a essere abbastanza rapida.

    «Alec!», urlai quando un rumore forte rimbombò per il corridoio e nelle mie orecchie.

    La pistola scomparve e il corpo di Alec stramazzò sul pavimento appena la porta della stanza si chiuse di colpo. Mi avvicinai alla porta un istante dopo, sbattendoci contro. Non avvertii dolore fisico quando rimbalzai e caddi per terra. Non sentivo altro che un tormento acuto al petto e le lacrime che scorrevano sul viso.

    Mi rimisi in piedi e cercai di aprire la porta, ma la maniglia non girava. Allora la colpii con entrambe le mani e cercai di sfondarla con un calcio, ma non riuscii comunque a fare nulla. Era chiusa a chiave.

    «Keela?», una voce familiare mi chiamava dietro di me.

    Mi voltai e rimasi a bocca aperta.

    Mi trovai di fronte Nico, Ryder, Damien e Kane.

    «Dovete aiutarmi a…».

    «Perché non hai salvato nostro fratello, Keela?», mi domandò Damien con tono brusco.

    Sbattei le palpebre. «Ci ho provato…».

    «Hai lasciato morire Alec. Hai lasciato morire nostro fratello», mi interruppe Nico, fissandomi.

    Iniziai a respirare con affanno mentre facevo qualche passo indietro, ma la porta che avevo cercato di aprire fino a qualche istante prima mi bloccò.

    «Mi sono precipitata. Ho cercato di…».

    «L’hai lasciato morire perché non lo volevi, non volevi che vivesse», mi interruppe Ryder.

    La sua voce era cupa.

    «No!». Iniziai a piagnucolare. «Io amo Alec, lo voglio. Per favore, aiutatemi ad aiutarlo».

    Kane fece schioccare la lingua per esprimere disappunto. «Lui ti amava, Keela. Voleva sposarti, e tu l’hai lasciato morire. Perché?».

    Chiusi gli occhi.

    «Perché non volevi nostro fratello?»

    «Perché non l’hai salvato?»

    «Perché non lo amavi?»

    «Perché, Keela?».

    Mi misi le mani sulle orecchie e iniziai a urlare per non sentire le voci dei fratelli Slater, ma nella mia testa udivo chiaramente ognuno di loro.

    Perché? Perché? Perché? Perché?.

    Aprii gli occhi e gridai ancora più forte quando i quattro fratelli mi vennero incontro con le braccia spalancate. Mi misi in ginocchio e abbassai la testa, aspettando il male che mi avrebbero fatto, ma non mi picchiarono. Con esitazione guardai verso l’alto e urlai quando i corridoi scomparvero insieme a loro. Tutto venne sostituito da una camera ampia con un enorme palco al centro. Due uomini senza volto stavano facendo a botte, e una folla li circondava urlando e incitandoli.

    Mi alzai in piedi e mi guardai intorno per vedere tutto ciò che mi circondava. Il palco, la gente, la pista da ballo, gli spazi riservati, il bar… e capii

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