Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Gioco di specchi (eLit): eLit
Gioco di specchi (eLit): eLit
Gioco di specchi (eLit): eLit
E-book350 pagine4 ore

Gioco di specchi (eLit): eLit

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Quando le viene commissionato il progetto per la trasformazione di un palazzo Beaux Arts in un ristorante di lusso, a San Francisco, l'architetto Holly Fairfield s'illude che sia la grande occasione della sua carriera. Presto, però, si trova coinvolta in un gioco morboso tra i componenti della famiglia Cutty, proprietaria dell'edificio, e scopre che la sua assunzione non è avvenuta per caso. Per convincerla ad abbandonare l'incarico, l'enigmatico e sensuale Ryan le mostra il ritratto di Nina, l'ex fidanzata della cui morte molti lo ritengono responsabile. Holly non può permettersi di ignorare la tragica storia di Nina, perché guardando quel dipinto è come se si guardasse allo specchio.
LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2017
ISBN9788858972915
Gioco di specchi (eLit): eLit

Leggi altro di Olga Bicos

Autori correlati

Correlato a Gioco di specchi (eLit)

Ebook correlati

Thriller per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Gioco di specchi (eLit)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Gioco di specchi (eLit) - Olga Bicos

    successivo.

    Prologo

    «L'hai uccisa?»

    La voce registrata crepitava quasi irriconoscibile nella stanzetta surriscaldata. Al lungo tavolo degli interrogatori erano seduti due uomini e una donna. Il più giovane, un ragazzo bruno di diciannove anni, seguiva coi polpastrelli l'intrico di cerchi di tazze di caffè e le bruciature di sigaretta, leggendo il piano del tavolo come se fosse Braille.

    «No, certo che no.» Le parole che arrivavano dal registratore sembravano lontane anni luce. «Gesù. Non posso credere che stia succedendo davvero.» La voce scese di un'ottava. «Non posso credere che se ne sia andata così.»

    «Ma è colpa tua, vero? Che sia morta?»

    «Sì… Forse.»

    La donna, un'ispettrice della Omicidi con i capelli brizzolati sul viso giovane, spense il registratore. La sera prima all'ospedale, sotto shock, il ragazzo non aveva fatto che parlare, arrivando a un soffio dalla confessione. Ora, col giovane avvocato al suo fianco, teneva la bocca sigillata.

    Miracoli dei consigli legali. Il sergente Amy Garten sfogliò il rapporto, chiedendosi fino a che punto potesse spingersi con le pressioni. «Sono cose che capitano, Ryan. A volte perdiamo il controllo di una situazione. Senza volere, senza averne l'intenzione.» Si strinse nelle spalle, comprensiva. «Se potessimo tornare indietro, disfare quello che abbiamo fatto… Ma un vero uomo si assume le responsabilità delle proprie azioni.»

    «Insomma, una confessione giova all'anima?» C'era stata una nota di sfida nel tono del ragazzo.

    L'avvocato gli mise una mano sul braccio. «Le dispiace arrivare al punto, sergente?»

    «Pensavo fosse ovvio.» Dio, quanto detestava gli avvocati difensori. «Una donna è morta.»

    «Il mio cliente ha cooperato in ogni modo. Non ci sono prove che la morte della sua fidanzata sia stata qualcosa di diverso da un tragico incidente…» Sembrava fresco di università, solo passione e niente mestiere. «Si rende conto di quanto sia difficile questo momento per Ryan?»

    «Che tesoro è stato a venire fin qui per rispondere alle nostre domande. Davvero.»

    Il ragazzo aveva detto che stava inseguendo la Mercedes della ragazza sulla sua spider quando la vittima aveva perso il controllo ed era finita fuori strada. Lui aveva chiamato il 911.

    Aveva ammesso che avevano bevuto. Dopo qualche insistenza, era venuto fuori che avevano litigato. Erano finiti su due auto separate, con lui che tallonava lei. Ma non per farle del male. Oh, no.

    Poi, la ragazza era morta all'ospedale. E a un tratto lui era diventato vago riguardo ai particolari della loro lite. Una mente sospettosa avrebbe potuto pensare che avesse qualcosa da nascondere.

    Amy vedeva certe cose in continuazione: giovani uomini di classi sociali privilegiate che la facevano franca praticamente sempre. La famiglia chiudeva un occhio nei confronti della piccola mela marcia finché la situazione non esplodeva. Droga, stupro… Qualche volta omicidio. Ma ormai il clan era abituato a mostrare un fronte compatto, a garantire che il loro figliolo, davvero, non era un cattivo bambino. Si meritava solo una bella strigliata… E i migliori avvocati che i soldi potessero comprare.

    Ecco dove si differenziava il caso Cutty. Niente paparino, né mamma chioccia. Il contrario, anzi. Proprio quando Amy aveva temuto di non avere la minima possibilità di mettere le mani su quel principino di San Francisco, il padre del ragazzo aveva puntato l'indice contro il suo stesso sangue. Avevano dei problemi. Li ho sentiti litigare… All'alba, poi, era arrivata una telefonata anonima alla polizia. Una voce che diceva: «Ryan l'ha buttata fuori strada. L'ha uccisa lui».

    L'avvocato che si era presentato quel mattino non era molto più vecchio del suo cliente. Sembrava il fratello maggiore di un amico, lì per fare un favore. Certamente non era il principe del foro che il denaro dei Cutty avrebbe potuto comprare.

    Amy guardò Ryan. Bello e col pedigree. Adatto sia alla parte di peccatore sia a quella di santo. Il tipo d'uomo che commetteva un omicidio e se la cavava…

    Solo che lei non era sicura che fosse stato lui.

    Ed era proprio questo il problema. Questi tizi, i cloni dei Kennedy, ti incantavano.

    «È tua la voce sul nastro, Ryan. Ieri sera ti sentivi in colpa.» Nonostante le pressioni arrivate dall'alto perché chiudesse le indagini, dato che l'autopsia aveva confermato lo stato d'ebbrezza della vittima, Amy riteneva che un caso come quello meritasse di essere esaminato più a fondo. «Perché non parliamo un po' di questo?»

    «Niente da fare, sergente. O arresta Ryan, o io tiro la riga qui.» L'avvocato si alzò. «Sono sicuro che, se esamina i fatti, arriverà a capire che il mio cliente non ha fatto niente di male.»

    Ma il ragazzo si piegò un po' in avanti sul tavolo. Si vedeva che aveva qualcosa da dire. Che finalmente lei aveva provocato una reazione.

    «Ryan» lo ammonì l'avvocato.

    «Lei pensa che io la stia facendo franca» disse alla poliziotta, ignorando il suo avvocato e inchiodandola coi suoi occhi troppo blu. C'era una nota rauca nella sua voce. Forse emozione. «Ma io pagherò per il resto della mia vita.»

    «Coscienza sporca.»

    Per la prima volta, lui sorrise. Ma prima che potesse aggiungere altro, l'avvocato lo tirò per un braccio.

    «Se c'è qualcosa che vuole aggiungere alla sua dichiarazione…» Amy Garten fece scivolare il proprio biglietto da visita sulla scrivania. «Basta che mi faccia una telefonata.»

    Mentre guardava Cutty lasciare la stanza, scosse la testa. C'era qualcosa, in lui, che le faceva quasi pena. Una durezza che poteva nascondere solo una profondissima perdita.

    Con un gesto impaziente, la Garten mise via il fascicolo del caso che con tutta probabilità sarebbe rimasto irrisolto. Persino i professionisti più capaci si facevano abbindolare.

    1

    Mai cercare di incastrare qualcosa di prepotenza. Ci voleva delicatezza, non forza. Holly Fairfield continuava a ripeterselo.

    Corazzata in un tailleur firmato, con un paio di scarpe da tortura e in testa un numero di forcine sufficiente a una ricezione satellitare, quella sera era tutta immagine. Nel mondo delle signore ingioiellate, dei soldi e dei lifting, Holly non si muoveva proprio a suo agio. Anzi, si sentiva come il proverbiale pesce fuor d'acqua, come se le mancasse il respiro.

    Ma era l'ospite d'onore.

    «Smettila di agitarti. Ti comporti come una dodicenne.»

    «Facile per te dirlo.»

    Suo fratello era in piedi accanto a lei nell'atrio di Cutty House. L'edificio Beaux Arts, che sorgeva quasi sulla cima di Nob Hill, a San Francisco, era già stato battezzato Moby Dick da Harris.

    Lui gongolò. «In effetti, sto bene in Armani.»

    «Tutti stanno bene in Armani. Ricordati solo che tornerai a essere una zucca a mezzanotte. E non sbrodolarti sullo smoking.»

    Anche se si sarebbe infilata diecimila aghi negli occhi piuttosto che ammetterlo, suo fratello era un gran bell'uomo. La gente si stupiva per come gli stessi maschi lineamenti di Harris riuscissero ad apparire dolci sul viso di lei. Ma Holly era arrivata a vedere la loro somiglianza come una semplice variante sul tema. In architettura, il contesto era tutto.

    Si accorse che stava battendo un'unghia contro il calice di cristallo, come un picchio nervoso. In occasioni come quella, arrivava persino a sentire la mancanza del mondano Drew, suo ex marito, suo ex socio in affari ed ex straordinario rompiscatole. È acqua passata, Holly. Dimentica…

    Drew non si sarebbe mai nascosto dietro una colonna corinzia come stava facendo lei in quel momento. Si sarebbe piuttosto lavorato gli invitati, facendo sfoggio di personalità e ingraziandosi tutti finché non fosse diventato l'inevitabile centro dell'attenzione.

    Ovviamente, quelle stesse qualità avevano avuto come conseguenza il fallimento del loro matrimonio tre anni prima, quando Holly lo aveva sorpreso con la cuoca all'inaugurazione di quello che doveva essere il primo e ultimo edificio che avevano progettato insieme. In seguito era fallito anche il loro studio associato, una perdita che lei pativa più del divorzio. Aveva sempre sospettato che i sentimenti di Drew non avessero una durata superiore a un Tic Tac.

    Suo fratello le intrappolò le dita contro il bicchiere. «Smettila di pensare a Drew» sussurrò, percettivo come sempre. «Non hai bisogno di lui, Hol. Non ne hai mai avuto. Ci sono io, no? E, a differenza di Drew, non mi troverai a sbattermi una ragazzotta qualunque in un armadio del corridoio, all'alba.»

    «Non hai idea di quello che mi passa per la mente, Uomo Ragno.» Holly bevve un sorso di champagne e cercò di non attirare l'attenzione di nessuno. Non sono qui, sono invisibile…

    «Sai che ti dico? Chiudi gli occhi e visualizza il druido, a Seattle, che si rode il fegato chiedendosi come può beccarsi un pezzetto di questo lavoro. Ma, che disdetta!» Fece schioccare la lingua. «Tutte quelle brutte carte di divorzio, dall'aria così definitiva.»

    La feroce imitazione del tono di Drew la fece sorridere. «Forse.»

    Druido era il soprannome che suo fratello aveva affibbiato a Drew Manticore, l'uomo che aveva convinto Holly a lasciare il suo impiego in uno dei più importanti studi di Seattle, di cui lui era associato. Insieme, avrebbero dovuto creare un terremoto nel mondo dell'architettura. E c'erano riusciti, per un po'. Finché non era crollato tutto.

    Drew Manticore, l'uomo-leone-scorpione. Quando lo aveva incontrato, in cielo avrebbero dovuto apparire segnali d'avvertimento al neon, pensò Holly. Questo succedeva quando si infrangevano le regole. E sposare un collega equivaleva a violare una legge della fisica. Il fungo atomico del divorzio e della bancarotta aveva distrutto tutto quello a cui lei aveva lavorato negli ultimi dieci anni.

    «Stento a credere che tu non sia neanche un po' lusingata da tutto questo» insistette suo fratello.

    «Le parole timidezza patologica non ti dicono niente?»

    Harris indicò le persone più in vista di San Francisco. «Sono tutti qui per te, Cenerentola. Andiamo a mangiare qualcosa, prima che suoni la mezzanotte e che io torni a essere una zucca, o un topolino.»

    Un po' Cenerentola Holly lo era. Quella serata di trionfo e di mondanità era il dono di una specie di fata madrina. Anche se lei si sarebbe sentita infinitamente più a suo agio a un tavolo da disegno. L'ultima volta che aveva bevuto champagne e mangiato caviale… Be', era proprio questo il punto. Quale ultima volta?

    Cominciò a circolare tra gli ospiti tirandosi giù nervosamente le maniche. Aveva indossato un tailleur nero di Donna Karan e lo aveva abbinato a un paio di scarpe a tacco alto di Jimmy Choo perché aveva letto su una rivista di moda che le Jimmy Choo erano praticamente un'icona. Le portavano tutte. Quella sera, lei voleva essere un'icona.

    «Holly.»

    Sentendosi chiamare, si girò e sorrise all'uomo che, in pochi mesi, le aveva cambiato la vita. Holly aveva cominciato a pensare a Daniel East come al suo cavaliere dalla scintillante armatura…

    «È arrivato il tizio che ti ha tirato fuori i biscotti dal forno prima che bruciassero.» Harris non s'era curato neanche di abbassare la voce.

    Lei gli lanciò un'occhiataccia.

    Daniel East era un uomo tanto asetticamente bello da ricordare a Holly un'opera d'arte. Capelli castani con colpi di sole che non tentavano nemmeno di fingersi naturali. Alto, con un fisico atletico. Quella sera, una montatura all'ultima moda metteva in risalto i suoi occhi scuri. Come Cutty House, era in perenne evoluzione. Qualunque cosa fosse nuova, di tendenza, oltraggiosa, Daniel East ne possedeva già tre paia. Un'eccentricità che non sminuiva peraltro la sua mascolinità. Solo uno come lui poteva essere fenomenale con lo smoking blu indaco che portava quella sera.

    «Non essere spaventata, bambolina.» Prendendola per un braccio, la guidò verso gli invitati. «È ora che tu esca dal tuo guscio e cominci a giocare. Non ti spiace se te la rubo, vero, Harris?»

    Lei telegrafò al fratello un muto: Ti prego, ti prego, ti prego! Ma Harris non le venne in aiuto. Alzò il bicchiere in un saluto mentre Daniel la portava via.

    Con un sorriso rigido, Holly salutò chi nel passare le prestava omaggio. Daniel, che cosa meravigliosa riaprire Cutty House… Quanto pensi che dureranno i lavori di ristrutturazione? È lei la tua arma segreta, allora? È deliziosa.

    Entrando nella sala da pranzo principale al fianco di Daniel, Holly si tenne aggrappata al proprio drink e alla propria compostezza. La sala era disseminata di tavoli dalle tovaglie chiare cosparse di petali di rose e candele. Martini in un arcobaleno di colori erano offerti dalle mani di giovani donne fasciate in abiti attillati.

    Ma anche con quelle luci soffuse da antro di zingara, Holly si scoprì a cercare i danni. Assi mancanti che aprivano ferite nel palchetto, il segno di un rosone dove un tempo era stato appeso un lampadario… Cutty House era un palazzo che si stava sgretolando.

    Mentre Daniel intratteneva gli ospiti, lei rimase silenziosa come una sentinella. Sapeva di aver vinto alla lotteria aggiudicandosi quel lavoro. Nulla nel suo curriculum vitae giustificava la fiducia di Daniel. Aveva pubblicato solo pochi progetti, l'ultimo su Architectural Digest: un ristorante giapponese che era stato criticato dal quotidiano locale per il suo esasperato modernismo.

    E poi c'era stato l'articolo di Fortune sul fallimento dello studio associato. Il pezzo era corredato da una foto di una sconsolata Holly tra pile di scatoloni, con in braccio un fascio di progetti arrotolati come le pergamene del Mar Morto.

    S'era sentita finita, quel giorno. Poche settimane dopo, Daniel, come un Mago di Oz, aveva bussato alla sua porta.

    «Che ne pensi dell'edificio?» chiese Daniel a quel punto.

    Holly si riscosse, rendendosi conto che c'erano persone che aspettavano i suoi commenti. Era stata scelta per realizzare il sogno di Daniel di rinnovare il ristorante di famiglia. Guardò le tracce lasciate dagli stucchi, chiedendosi chi li avesse saccheggiati. Il controsoffitto, ribassato senza dubbio per nascondere i tubi del riscaldamento e dell'aria condizionata, rendeva la sala claustrofobica. La forma delle finestre sembrava tutta sbagliata.

    L'unico altro lavoro di restauro di cui s'era occupata era stato la trasformazione di un capannone in uno spazio uffici. Cutty House le sembrava Versailles, al confronto, e il compito che l'aspettava la eccitava e la intimoriva insieme.

    «Ha una bella ossatura» rispose.

    Daniel rise. «Ossatura? Allora, senza dubbio ha bisogno di un lifting. È questo il dono di Holly» annunciò al suo pubblico. «È come se avesse delle visioni. Guarda un blocco di marmo o una tela bianca, e vede delle possibilità infinite.»

    Holly forzò un sorriso. «Non rimarrai deluso» promise, con una sicurezza che non provava. Oh, era brava in questo.

    Lui la fissò. «Lo so.»

    Daniel East aveva un modo di guardare le persone. Era come se a un tratto la folla degli invitati fosse sparita e il riflettore abbagliante del suo interesse si fosse puntato su di lei. Non per la prima volta, Holly dovette ricordarsi di respirare.

    «Scusateci» disse Daniel ai presenti, senza mai staccare lo sguardo da lei. «La nostra santa patrona, Vanessa, vuole conoscerti.»

    Holly lo seguì docilmente. Daniel e il suo contratto s'erano guadagnati la sua lealtà. C'erano creditori che andavano e venivano dai locali semideserti del suo studio, portando via tutto quello che non era inchiodato come formiche a un picnic, quando Daniel era apparso con la bacchetta magica in mano. Qualunque cosa la aspettasse, Daniel avrebbe avuto il meglio da lei.

    Ma la cosa più singolare era stata che, sin dal principio, Daniel s'era comportato come se fosse stata Holly a venire in suo soccorso quando aveva accettato di lasciare Seattle per restaurare quell'icona di San Francisco che, ai tempi d'oro, aveva ospitato presidenti degli Stati Uniti e dittatori sudamericani. Daniel voleva alterare l'impronta tradizionale del ristorante e trasformarlo nel nuovo posto in cui farsi vedere. Ribattezzato l'East Side Café, il locale doveva vantare un menu innovativo, oltre a essere affiancato da un bar, un night club e una galleria d'arte che avrebbero attratto uno stuolo di celebrità.

    Per Holly, quella opportunità era stata un'ancora di salvezza lanciata nella bufera della sua vita. Anche perché, se il divorzio e la bancarotta non fossero bastati, Harris s'era presentato alla sua porta dopo aver perso il suo prestigioso lavoro. Per la prima volta nella vita, suo fratello aveva bisogno di lei e Holly non voleva deluderlo.

    Quando entrò in una delle sale più piccole, dove suonava in sottofondo un quartetto d'archi, lei ebbe l'impressione di essersi lasciata alle spalle la folla variopinta e cosmopolita che si assiepava nel salone principale. Lì, gli occupanti sembravano rispecchiare la stessa ricchezza vecchio stile di Cutty House, e gli smoking e gli eleganti abiti neri facevano sembrare Daniel un uccello esotico.

    «Grazie per il consiglio sull'abbigliamento» gli disse, riferendosi alla boutique che Daniel le aveva suggerito.

    «La pettinatura è perfetta. Ma il tailleur è troppo sobrio. Dovrò parlare con Sonia… Mi ha un po' deluso. Le scarpe, comunque, sono divine.» Il sorriso tolse ogni asprezza alla critica. «Hai bisogno di un nuovo stile quanto questa vecchia bicocca.»

    «Potrei sentirmi offesa.»

    A quel punto lui le toccò una mano. «Non bisogna nascondere la fiamma sotto un cespuglio, dico sempre.»

    Holly dovette ricordarsi che era un cliente. Il fascino di Daniel, a volte, era quasi irresistibile. E se si aggiungeva questo al fatto che le aveva salvato la pelle… Per fortuna, lei aveva commesso già una volta l'errore di mescolare lavoro e piacere. E s'era presa una bella scottatura.

    «Eccoli» annunciò Daniel.

    E cominciò a pilotarla verso la donna dall'aria più temibile che Holly avesse mai visto.

    C'era qualcosa di irreale nella sua pelle. Era così liscia che sembrava d'alabastro. I suoi capelli neri erano raccolti in un elaborato chignon che la faceva sembrare senza età. Holly la giudicò sui cinquanta, ma avrebbe potuto essere vent'anni più vecchia e ben preservata da creme e costosi trattamenti. O forse, c'era un ritratto di Dorian Gray appeso in una galleria al piano superiore.

    A un gesto di Daniel, la donna fissò lo sguardo su Holly. E per un attimo, lei si sentì come Biancaneve nelle grinfie della Regina Cattiva. Portami il suo cuore…

    Il momento passò e la donna sorrise. Fece un passo avanti, prendendo la mano di Holly tra le sue.

    «Lei dev'essere la favolosa Holly Fairfield. Daniel non parla d'altro. È venuta a salvare il nostro palazzo dalla rovina.» Guardò Daniel. «E a rendere possibili tutti i sogni di Daniel.»

    «Ci salverà da questo dannato incubo, cara?»

    Sia Daniel sia la donna parvero allibiti. Holly fissò perplessa un uomo dai capelli bianchi insinuarsi tra i due. Le prese una mano tra le sue e vi posò un bacio trattenendola un attimo più del necessario.

    «Sii cortese e ritratta tutto, zio Samuel» borbottò Daniel, liberandole la mano. «Holly, ti presento i miei zii e soci silenziosi. Vanessa e Samuel Cutty.»

    L'uomo si ritirò goffamente. I suoi occhi si fecero vacui e cominciò a sussurrare tra sé in uno strano modo distratto. Daniel cercò di superare quel momento di imbarazzo girando Holly in modo che si trovasse di fronte a Vanessa Cutty.

    Ma mentre lo ascoltava cantare gli elogi della sua carriera d'architetto, Holly lottò contro l'impulso di tornare a guardare Samuel Cutty. È ubriaco.

    «Emma!» chiamò Daniel, facendo cenno a una persona di avvicinarsi. «Unisciti alla banda. Voglio che tu conosca la nostra celestiale Holly.»

    Una donna che sembrava uscita dalle pagine di Vogue si unì a loro. Capelli biondo rame e occhi verdi da gatta. Indossava un abito a tunica, scollato sulla schiena e di un color pelle che lasciava poco all'immaginazione. Perfetto, per una che aveva il corpo di una dea. Quello che Holly aveva pensato fosse un neo in realtà era un minuscolo piercing sopra il labbro. Cosa interessante, sembrava a suo agio con quell'abito quanto Holly lo era nel suo tailleur di Donna Karan. Un pesce fuor d'acqua.

    «Holly, lei è Emma Wright. Il nostro geniale, favoloso chef.»

    Holly guardò gli occhi della donna percorrere la sala, le piccole mani che fluttuavano irrequiete.

    «È stata Emma a convincermi che un Boba bar accanto alla galleria sarebbe stato un errore. Troppe imitazioni da due soldi, ormai. Ma le è venuta in mente questa nuova idea, un bar specializzato in cibi afrodisiaci. Ho imparato cose di ogni genere dalla nostra Emma. Lo sapevi che il kiwi è un vasodilatatore naturale? Ha fatto un delizioso hors d'oeuvre con la nuova varietà gold. Come si chiama, Ems?»

    «Zespri.»

    «Già. Saremo sulla bocca di tutti grazie a Emma.»

    Emma Wright, che appariva poco più che ventenne, non sorrise neanche una volta ai complimenti di Daniel.

    Sembrava una bambina che giocava a vestirsi da donna, con l'abito sexy e i tacchi alti.

    Sentendo in lei uno spirito affine, Holly fece un passo avanti, la mano tesa. «Credo che il matrimonio tra cibo e décor sia un must. Mi piacerebbe sentire le sue idee riguardo alla cucina e alle sale.»

    La donna lanciò a Holly un'occhiataccia. «Spiacente. Dovrà farsi il suo lavoro da sola.»

    Daniel rise. «Non badare a Emma. È una misantropa, ma li conquisterà tutti. Fidati.»

    «Devo tornare di là. Ad aiutare gli addetti al catering» disse Emma bruscamente.

    Ma non aveva fatto neanche un passo che si girò. Non era possibile equivocare sul sorriso che rivolse a Daniel, anche se Holly non era sicura riguardo alle parole che sussurrò.

    Le parve di averle sentito dire: «Lui è qui».

    Un'immobilità scese sul gruppo mentre Daniel si parava davanti a Holly, con fare quasi protettivo. Lei si irrigidì. Non riusciva a immaginare cosa potesse aver messo in guardia il rilassato Daniel.

    Guardò sopra la spalla di lui e scorse un uomo alto, sulla trentina, che puntava dritto verso il loro gruppo. Alla luce delle candele a Holly sembrò che avesse capelli e occhi scuri, ma non ebbe bisogno di sentire i sussurri che lo seguivano per sentir scattare un campanello d'allarme. Malgrado il lieve sorriso di sollievo che lei aveva scorto sul viso di Emma, Daniel appariva ben lungi dall'essere compiaciuto.

    L'uomo era vestito in modo informale: camicia button-down, giubbotto di pelle e pantaloni sportivi. Ma l'aria indifferente che ostentava non traspariva dai suoi occhi. Sembravano illuminati dall'interno. Tese la mano a Daniel, che di nuovo si spostò per pararsi davanti a Holly.

    La scena che seguì le parve quasi surreale. Tutti si raggelarono, come statue di ghiaccio. Solo l'uomo dal giubbotto di pelle aveva il colore della vita. Ed Emma, che si aggrappava al suo sorriso segreto.

    Vanessa fu la prima a muoversi, quasi volesse bloccare la strada all'uomo. Ma Daniel intervenne, tornando a pilotarla al suo posto.

    «Ryan.» Daniel prese la mano tesa dell'uomo in una stretta rapida, quasi ostile.

    «Potete rimettere le pistole nella fondina. Sono venuto solo ad augurarvi buona fortuna» disse Ryan.

    «È un po' difficile crederlo, date le circostanze.»

    Un'emozione complessa passò negli occhi scuri dell'uomo. Si capiva che non era facile per lui.

    «Pensa quello che vuoi, Dan. Sono venuto qui con la coscienza limpida.»

    «Vorrei crederci, Ryan. Davvero, lo vorrei.»

    Come se stesse aprendo un sipario, Daniel si scostò di un passo, rivelando per la prima volta la presenza di Holly. Lei si sentiva fuori posto, un'estranea tra loro. Non aveva idea di cosa dovesse aspettarsi.

    Così, ovviamente, l'ultima cosa che si aspettava successe.

    L'uomo di nome Ryan si girò verso di lei, gli occhi attratti dal movimento di Daniel. Per un attimo fu come se la riconoscesse, poi un'ombra gli scese sul volto.

    Fece un passo avanti, inducendola ad arretrare. Daniel intervenne prontamente, tornando a prenderla per un braccio per attirarla dietro di sé.

    L'uomo sussurrò: «No…».

    Okay, non era un mostro, ma non era neanche Miss America. Non le era mai capitato di suscitare l'emozione che aveva visto sul viso dell'uomo. O il silenzio che scese sul gruppo.

    A un tratto, si sentì come qualcuno che non aveva capito una battuta di spirito. Avrebbe voluto battere sulla schiena di Daniel, chiedergli con un sorriso: «Okay. Ci rinuncio. Cosa c'è?».

    O forse avrebbe dovuto rivolgersi a Emma, l'unica persona che aveva la sensazione che le avrebbe detto la verità. Perché, dalla reazione delle persone che la circondavano, Holly aveva un brutto presentimento.

    L'uomo non aveva mai staccato gli occhi da lei.

    «Cosa diavolo credi di fare?»

    Le parole gli erano uscite sussurrate. Holly non riusciva a capire se avesse parlato con lei o Daniel.

    In fondo, non aveva importanza. La domanda era chiaramente retorica. L'uomo non aspettò una risposta.

    Guardandolo allontanarsi, lei si sentì mancare il fiato, come se avesse corso la maratona. Forse era lo champagne, o più probabilmente la paura.

    «Non fare quella faccia preoccupata. È solo la pecora nera che è venuta a farci visita» le mormorò Daniel a un orecchio. «Questioni di famiglia. Non ti riguardano.»

    E allora perché l'uomo aveva fissato solo lei?

    «Ecco Harris» annunciò Daniel. Tipico dell'Uomo Ragno arrivare in suo aiuto… due minuti troppo tardi.

    Ma quando si girò per dirlo a Daniel, nel tentativo di alleggerire l'atmosfera, vide che era sparito.

    Aveva iniziato un'accalorata discussione con Vanessa Cutty. Samuel aspettava accanto a Emma, che non sembrava più aver tanta fretta di raggiungere gli addetti al catering.

    «Ehi, Cenerentola» disse Harris, avvertendo il suo

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1