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I Giustizieri
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E-book511 pagine9 ore

I Giustizieri

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Info su questo ebook

Markus Redcliffe appartiene a una delle famiglie più importanti del pianeta. Dopo la morte misteriosa di suo padre, si rende conto di far parte di un’organizzazione molto riservata, che può decidere i destini e le sorti dei popoli di tutto il mondo. L’assoluta mancanza di etica dell’entourage famigliare lo sconvolge. Preannunciate da un livido messaggio, intanto, si compiono le uccisioni di alcuni componenti del suo Club. Sgomento e pesanti ripercussioni sulla politica internazionale costringono il protagonista a meditare su quanto accade. Markus, che dissente da questi propositi, dalla disperazione passa all’azione, anche se al prezzo di dover affrontare pericoli e dolori. Il suo sogno, però, è quasi impossibile da realizzarsi, a meno che… lui non sia il primo esempio rivolto a diffondere e ad affermare il difficile ideale di un’umanità più consapevole, solidale e onesta.
LinguaItaliano
Data di uscita14 feb 2015
ISBN9788879807050
I Giustizieri

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    Anteprima del libro

    I Giustizieri - Loredana Reppucci

    Reppucci

    Qualche anno prima

    Stewart salì a piedi le scale. Tenersi in forma era stata ed era una delle manie della sua vita. Bussò lievemente alla porta e, contemporaneamente, la aprì.

    Salve, David, come stai oggi? Chiese andando verso di lui.

    David girò la testa e guidò la sedia a rotelle verso l’amico: Queste cicatrici mi fanno dannare… non è davvero il massimo, come ricordo delle mie battaglie!

    L’uomo aveva il viso segnato da vecchie bruciature, il braccio destro rattrappito e l’altro con possibilità di qualche movimento. Le gambe gli erano state amputate dalle ginocchia in giù.

    Posso aiutarti in qualche modo? Continuò Stewart.

    Sai bene che c’è solo un sistema per farlo, ma non ti sarebbe facile dimostrare che sia stato io a chiederti l’eutanasia! – Fece David – E ora, dimmi tutto, in ogni dettaglio, di quella volta, molti anni fa.

    L’altro trascinò una poltroncina di fronte a David, ispezionò accuratamente la stanza da cima a fondo, poi accese un piccolo apparecchio e lo passò vicino e attorno alle porte, alle finestre, ai lampadari, tra le fessure, per terra, controllando con molta diligenza che non ci fossero dispositivi d’intercettazione nella stanza. In ogni caso, preferì tenere molto basso il tono della voce e, quindi, si avvicinò di più all’amico e si sedette.

    Nella primavera del 1995, mi trovavo a Parigi. Ero appena sbarcato dal Concorde, quando mi venne incontro un vecchio compagno di agenzia – allora stavo alla MI5 – soprannominato il gatto. Esperto di finanza e di business di ogni genere, per aver lavorato alcuni anni alla Goldman Sachs, sotto falso nome e falsa identità, era riuscito a introdursi nella FSB.

    Compresi, quindi, che era diventato un agente doppiogiochista o del controspionaggio. Mi disse che aveva qualcosa d’importante da riferirmi, ma non poteva farlo in quel momento. Saputo – ignoro come – che sarei arrivato con quell’aereo, era venuto a salutarmi, ma disse che avremmo dovuto vederci due giorni dopo, nel museo d’arte moderna al Beaubourg, IV piano.

    Lo individuai subito, davanti a un quadro di Mirò, aveva in mano un block-notes e stava prendendo appunti. Come ben sai, in quel genere d’incontri, si finge sempre di non conoscersi, pertanto io gironzolai qua e là per la sala, confrontando i quadri con l’opuscolo informativo che mi era stato dato assieme al biglietto d’ingresso, lui, invece, si spostò ora davanti a un quadro ora davanti a un altro, sempre scribacchiando qualcosa sul suo taccuino.

    Finalmente lo raggiunsi, seguendo quella specie di orbita virtuale che stavamo percorrendo entrambi verso un punto di incontro. Lui fece finta di non avermi visto: mi urtò, si voltò, mi chiese scusa, gli scivolò di mano il notes. Io lo raccolsi e lo chiamai per restituirglielo. Al posto dei convenevoli di ringraziamento, mi sussurrò in fretta: Il tuo contatto è Boris. Ha una stella a sei punte tatuata sul polso destro. Domani, alla Defense, Tour Framatome, sesto piano, saletta F. e scomparve come un fantasma. Io rimasi perplesso, avevo immaginato, stupidamente, una bella rimpatriata, magari davanti a una birra, ma evidentemente non sarebbe stato prudente. Il gatto sapeva di certo che io stavo ancora lavorando, ma non a che cosa. O forse lo immaginava? Era stato sempre un asso dell’intercettazione e dello spionaggio! Nella sua carriera, per ben due volte, era riuscito a farsi passare per morto e poi si era rifatto la faccia e il passaporto, per iniziare una nuova esistenza o altre avventure.

    Mi restano ancora sette vite, delle nove che mi spettano! Scherzava sempre. Da qui derivava il suo soprannome. Noi eravamo amici, amici per davvero, neanche l’ideale dei servizi avrebbe potuto scalfire il nostro legame, ci siamo salvati la vita reciprocamente almeno una dozzina di volte. Pensai subito che, per aver ritenuto opportuno darmi quell’indicazione, ci dovesse essere un motivo più che valido.

    Quella fu anche l’ultima volta che lo vidi e di lui non seppi più nulla. Forse rimase ucciso in quell’inspiegabile e terrificante incidente che coinvolse due automobili e un pullman, poco distante dal Centro Pompidou, proprio un quarto d’ora dopo che ci fummo lasciati. Oppure, ancora una volta, la sua fu una messa in scena e ora, vivo e impegnatissimo, si trova chissà dove, in chissà quale missione. Preferisco pensare che sia così.

    Comunque mi recai alla Defense, secondo le sue istruzioni. Riconobbi il contatto dal tatuaggio in bella evidenza e lui riconobbe me, non so da quali particolari. Ci scambiammo uno sguardo fugace. Salii per le scale, questa volta non per mantenermi in forma fisica, ma per prudenza: gli ascensori sono ottime trappole per catturare topi temerari e non troppo astuti. Sempre fingendo di non conoscerci arrivammo a destinazione in tempi diversi. Io mi diressi verso la saletta che ci era stata assegnata. Prima di entrare, mi guardai attorno, cercai telecamere, ma non ce n’erano né di palesi né di nascoste. Sgusciai dentro e lo trovai seduto a un tavolo semplice e senza cassetti. Mi fece un cenno che, nelle nostre intese, significava che aveva già badato lui a verificare la sicurezza della stanza.

    Salve…Dissi.

    E lui: Hello, Steve, puoi chiamarmi Boris, semplicemente.

    Sono a disposizione.

    "Conosco i progetti di quel club. – Incominciò – Il più drammatico riguarda la riduzione della popolazione mondiale dagli attuali sette miliardi di persone a due e mezzo¹. Ritengono che questo sia il giusto numero di passeggeri che può sopportare il nostro pianeta per il prossimo futuro. L’eliminazione avverrà con guerre progettate ad hoc e provocate, cominciando da quei paesi in cui hanno qualcosa da guadagnare (petrolio, gas, uranio) e che consentiranno anche lo smercio delle armi dai loro vecchi arsenali, e poi, con sistemi più subdoli e moderni come proiettili elettromagnetici, climatici, batteriologici, polveri radioattive e via dicendo, si creeranno malattie, siccità, carestie, fino al collasso dell’economia mondiale. Interventi così pesanti che, indebolendo il potere sovrano dei diversi Stati, questi dovranno sottostare a degli accordi che consentiranno facilmente la creazione di un governo Unico, oligarchico, capace d’imporre le proprie teorie. Non sono semplicemente i più ricchi del mondo e, poiché non è solo il denaro che fa il potere, bensì il controllo dell’informazione, si giungerà senza troppi ostacoli e con le moderne tecniche di comunicazione, al controllo della mente delle popolazioni da egemonizzare.

    Ci vorrà molto tempo, spero… Dissi io, preoccupato, e devo confessare che, nonostante quello che ho visto e provato durante tutta la mia carriera, quella fu la prima volta che ebbi veramente paura. Una paura atavica, profonda e lancinante che mi tormentava le reni.

    Boris scosse la testa e sorrise, forse nel tentativo di darmi una boccata di ottimismo: Le oligarchie finanziare le hanno già create e ne stanno attivando di nuove. – Proseguì seriamente – Queste sono fondamentali per la buona riuscita del loro piano. È in atto un mondo parallelo a quello in cui viviamo ed è un mondo con delle regole che sono l’opposto di quelle cui siamo abituati. Ti dicono bianco e significa nero. Anche il linguaggio che si utilizza è virtuale e comprensibile solo agli adepti.

    Ma… come fanno a imporci questo mondo virtuale? Siamo diventati forse tutti stupidi? Avevo chiesto, costernato.

    Quando ci si accorge di queste manovre, ci si è già dentro fino al collo e sono state create condizioni attorno a te che non consentono di uscirne mai più… non vivo, almeno! Ricatti, minacce, pressioni di ogni tipo.

    Perché mi dici tutto questo? Chiesi.

    Il gatto mi assicurò che ti sarebbe stato utile. – Si alzò dalla sedia per andarsene – Esco prima io, tu lascia passare una decina di minuti e poi, vattene in fretta, a piedi.

    Aspetta un attimo… – lo trattenni – Se avessi bisogno di te?

    Scrivi un’inserzione, di domenica, sul Washington Post: «Vendesi bicicletta acrobatica per donna, vero affare». Cercherò di raggiungerti. Se, invece, sarò io a volermi mettere in contatto con te, leggerai, sempre sul Washington Post festivo: «Boris e Josephine, oggi sposi». In entrambi i casi, troverai nella tua cassetta una lettera con l’indirizzo in cui potremo incontrarci. Sii prudente, amico, perché quelli hanno il diavolo dalla loro parte e Dio, purtroppo, non intende assolutamente intervenire! Uscì rapido e leggero, senza fare il minimo rumore. Così decisi di cambiare Stato e identità, per sfruttare al meglio le mie risorse e dare un nuovo significato alla vita, quella che ormai mi restava davanti.

    David lo fissò con molto interesse.

    Grazie, amico mio. Quanto mi hai detto era molto importante per me.

    È stato un piacere, David… e ora me ne vado, salutami i fratelli. L’altro annuì con un abbozzo di sorriso sulle labbra tirate.

    * * *

    Il grande palazzo bianco dell’ONU spiccava tra l’azzurro del cielo e il verde brillante dei giardini pettinati all’inglese. Numerose auto blu si andavano allineando per quella convocazione urgente. Louis Delorme, Yoram Matalon e Sergej Fridman, tre degli uomini più importanti del Gold Planet, erano arrivati rispettivamente da Parigi, da New York e da Mosca la sera prima. Il segretario di Stato degli USA, invece, si trovava a Ginevra già da alcuni giorni.

    Furono ricevuti personalmente dal Direttore esecutivo dell’UNIDIR, facente parte del Consiglio di Sicurezza, generale in pensione dell’esercito canadese, Frank Jugendorf, accompagnato dall’esperto di meteorologia, Horst Bernstein, dell’aviazione tedesca. L’ordine del giorno era alquanto preoccupante: il cambio di percorso della Corrente del Golfo e i conseguenti tifoni in costante aumento di numero, intensità ed estensione geografica.

    Ormai non si poteva più dire che quelli fossero fenomeni locali, perché si formavano inaspettatamente e con particolare virulenza in tutte le zone comprese tra le linee dei tropici e, a volte anche oltre questi confini. Le motivazioni di queste anomalie geofisiche e, soprattutto, del clima, si riteneva fossero dovute, con grande probabilità, ai programmi e alle sperimentazioni di alcune Nazioni emergenti, che perseguivano il possesso completo del clima entro i prossimi anni. Il programma si presentava vago, apparentemente innocuo ma un tantino inquietante: Owning the Weather", infatti aveva provocato una serie di segnalazioni sulla pericolosità derivante dall’uso scriteriato di strumenti elettromagnetici e biochimici, capaci di provocare desertificazione di territori fertili, tsunami, tifoni, scioglimento dei ghiacci, in qualche parte del mondo. A scopo di ricerca, si diceva ma, in realtà, per uso sia difensivo che offensivo.

    Il generale Jugendorf mostrò ai presenti alcuni documenti di protesta provenienti dai governi delle Filippine, della Corea e della Russia, in cui si chiedeva invariabilmente di indagare sulle sperimentazioni riguardanti questo tipo di progetti. Quegli Stati avevano subito gravi danni da una serie di terremoti, sbalzi anomali di clima e circa un centinaio di tifoni nell’arco di poche settimane, con conseguente distruzione di interi paesi e migliaia di morti. Alcuni stati del nord Europa, a loro volta, lamentavano gli inverni più lunghi e freddi degli ultimi anni mentre quelli del sud soffrivano per le estati troppo brevi e caldissime che impedivano la corretta maturazione delle coltivazioni. In Canada si era riscontrata una diminuzione notevole delle precipitazioni nevose, dovuta appunto all’avvicinamento della Corrente del Golfo alle sue coste.

    Purtroppo, quella benedetta corrente si è spostata verso nord ovest. – Cercò di spiegare Matalon – Non è più in grado di attraversare l’Atlantico. E questo fatto, modifica la geologia del mondo intero: i ghiacci della Groenlandia si sciolgono (al momento circa il venticinque percento dell’intera massa) e addolciscono il mare abbassandone la salinità, cosicché la Corrente non può riprendere il suo antico percorso. Sono fenomeni che avvengono naturalmente e non per nostra colpa. Non possiamo impedirli…

    "Nulla in natura si muove così in fretta… – replicò il generale Jugendorf, sostenuto da Bernstein con vigorosi movimenti del capo – Siamo informati di molti esperimenti non troppo… limpidi, segretamente intrapresi da molte Nazioni e facenti parte di progetti da voi proposti e gestiti. Non ne conosciamo le vere finalità né i veri effetti, come per le scie chimiche² rilasciate nell’atmosfera. Durante la guerra in Kosovo si è fatto uso della manipolazione delle nubi con risultati strategici importanti e dunque… Sappiamo solo che queste rilasciano delle particelle, certamente anche tossiche benché non lo si dica apertamente, che si disperdono in molte zone della Terra con possibili conseguenze di cui non siamo stati messi a conoscenza. Nessuno può negare la presenza sempre più frequente di queste scie che contengono bario, alluminio… e quindi non vanno assolutamente considerate normali. Pur rendendoci conto di quanta importanza siano queste ricerche che, peraltro, abbiamo sempre sostenute, la domanda di oggi è la seguente: qualcuno si è preoccupato dei possibili effetti indesiderati di queste nuove tecniche che infine non sono altro che armi? In tal caso, voglio precisare che il nostro sostegno non sarebbe più così scontato."

    Armi! Ma non esageriamo un po’, generale? Disse il Segretario di Stato, provocatorio.

    E come chiamereste, nell’ambito di un’eventuale guerra, la capacità di aumentare la visibilità diradando le nubi, di diffondere nebbie chimiche per disturbare i sistemi di comunicazione degli avversari? – Rispose Horst Bernstein – Oppure l’opportunità di generare instabilità provocando, dove vi pare e piace, tifoni o tempeste, la distruzione della logistica nemica attraverso questi strumenti climatici? O, ancora, la riduzione delle riserve idriche altrui, con opportune siccità, o la scomparsa di acqua dolce in terreni volutamente inariditi? Non si può ignorare che queste conseguenze tendono a destabilizzare non solo le condizioni di vita, ma forse anche l’equilibrio geotermico del pianeta. Il guaio della nuova scienza sta nell’impossibilità di dimostrare che simili eventi non sono naturali, bensì provocati!

    Mi stupisco delle sue considerazioni. – Intervenne Delorme – Sono passati i tempi in cui si bruciavano gli scienziati sul rogo! Si può immaginare tutto, ma da lì a pensare che lo scopo sia solo quello distruttivo, ne corre!

    Non così ovvio, signor Delorme. – Rispose Jugendorf – Abbiamo già visto con i nostri occhi alcuni effetti delle nuove scoperte. E poi, credo sia profondamente ingiusto che i destini climatici del pianeta possano essere decisi da poche persone che se ne stanno tranquille e al sicuro, oltre ad avere tutti i mezzi possibili per allontanarsi dalle zone pericolose. In ogni caso, noi ora pretendiamo di essere tenuti informati di questi esperimenti…

    Matalon lo interruppe subito:

    Mio caro generale, lei è consapevole che stiamo parlando di ricerche strategiche e di segreti militari? Mi risulta che sia anche lei un alto ufficiale e quindi…

    Quindi… lei non può parlarmi così: oggi sono responsabile di un’Agenzia che si occupa della Sicurezza mondiale, non di un esercito in guerra. Quindi è questo il mio dovere. Ci sono trattati, accordi e firme in calce a quei documenti dal significato molto chiaro, da parte di moltissimi Capi di Stato.

    Lei non ha capito: siamo noi a decidere se e dove far scoppiare una guerra, o qualsiasi cosa dovrete o non dovrete fare, perfino se dovete vivere o morire. E, i Capi di Stato, siamo ancora noi a metterli al potere, mio caro Generale, non lo dimentichi mai.

    È una minaccia? Fece l’altro alzandosi dalla sedia per porre fine alla riunione.

    No. Solo un… consiglio.

    Capitolo 1

    La baia era più azzurra del cielo, in quell’ora prossima al tramonto e il termometro segnava poco meno di quaranta gradi. Al largo, un fresco venticello compensava l’afa di quelle giornate torride d’agosto e Markus volteggiava sullo sci nautico con una destrezza da campione. Anche quel giorno aveva litigato con sua moglie e ora sfogava il suo nervoso passando e ripassando sul trampolino che gli consentiva quasi di volare, saltando sempre più in alto.

    Ooops… quel salto era stato esaltante, ma all’improvviso gli era parso di sentire una pressione fortissima nella schiena e le orecchie che gli dolevano. Il motoscafo si fermò quasi di botto e lui compensò abilmente la frenata piroettando attorno allo scafo.

    Voltandosi, vide il Caroline, lo yacht che portava il nome di sua madre, prima moglie di Gunther Redcliffe, in fiamme e spaccato in due mentre colava a picco.

    Si arrampicò sul bordo della barca senza fiato, lo sguardo attonito, senza riuscire a comprendere.

    Che cosa sta succedendo, John? Chiese costernato al motoscafista.

    È esploso. Rispose l’altro, mentre un tremito gli scuoteva violentemente il mento fino a farlo balbettare e le mani stringevano allo spasimo la barra del timone.

    Esploso… ma cosa dici? Guarda… è semplicemente pazzesco!

    Della barca non si scorgeva più niente se non la bandiera, ridotta a uno straccio che galleggiava sul pelo dell’acqua. E pensare che solo poche ore prima… con la mente Markus rivide come in una sequenza da film la giornata appena trascorsa.

    Tuo padre non tornerà fino a stasera… Aveva detto Magda con noncuranza. Erano stesi al sole sulla plancia del Caroline mentre un cameriere stava cambiando i posacenere e chiedendo se desideravano qualcosa da bere.

    Due Bloody Mary fra mezzora. – Gli aveva risposto Markus alzandosi dalla sdraia. E poi: – Mia sorella, dov’è?

    A The Valley, dall’estetista.

    Lui aveva taciuto, Sarah era sempre in movimento, sempre tirata a lucido e riusciva ad andare d’accordo con suo padre. Forse, come tutte le donne, riusciva a gestire anche quel bestione, in qualche modo…

    Siamo proprio soli. Aveva commentato Magda con aria complice.

    Lui l’aveva presa per mano in silenzio, aiutandola ad alzarsi e l’aveva sospinta verso la sua cabina. La pelle della giovane donna era calda e profumava di olio solare.

    Mio padre ti manda in bianco? Aveva scherzato lui iniziando a spogliarsi.

    Non troppo spesso… ma tu sei un’altra cosa, molto più eccitante!

    I soldi del grande finanziere e suo figlio nel letto. Non ti vergogni d’essere tanto immorale?

    Non facciamo niente di male, ammazziamo il tempo per un po’. Su questa barca si invecchia dalla noia.

    Non credo che mio padre apprezzerebbe il tuo genere di svago.

    Non è un angioletto neanche lui, sono due anni che va regolarmente a letto con tua moglie!

    Markus s’era irrigidito di scatto, allontanando da sé la donna con ostentato disprezzo: Sei una vipera, lascia stare Erika, capito?

    Ok, tesoro, sono una vipera che non si accontenta delle prestazioni del suo anziano marito. Ma con me ti diverti anche tu e fai le corna a tua moglie! E magari, tuo figlio… ma cosa ti aspettavi?

    Basta! – Aveva urlato lui – Erika è la collaboratrice di mio padre, non la sua sgualdrina!

    Ne sei davvero sicuro? Credi che non mi accorga quando Gunther torna a casa dichiarando d’aver passato una giornata pesantissima e non ha voglia di fare sesso? O dopo essere stato fuori con la sua segretaria? Non dirmi che non lo sai! In fondo vieni a letto con me solo per fare un dispetto a tuo padre.

    Qualche volta, chi lavora è davvero stanco di sera.

    Vuoi dirmi che tu non hai nulla da fare? Sei sempre in vena!

    Ho un’altra età.

    Anche tua moglie.

    Markus aveva avvicinato il suo viso minaccioso a quello della giovane: Non hai capito che sei tu la sgualdrina? E ora esci dalla mia stanza!

    Se n’era andato sbattendo la porta e aveva chiamato dal telefonino il motoscafo.

    John, vieni a prendermi. Devo andare in città.

    Il Cigarette Racing fendeva l’acqua color blu scuro a causa di una pesante nuvola che s’era piazzata davanti al sole e lui aveva chiamato al cellulare il suo psicanalista:Dove sei, Willy?

    In albergo. Mi sono appena fatto la doccia. Hai già bisogno di me?

    Credo di sì.

    Markus soffriva spesso di crisi depressive e il dottor William Kassel, famoso psicoterapeuta, si rendeva disponibile quando lui si assentava per qualche tempo, come in quel fine agosto ai Caraibi. Era sistemato al Frangipani Beach Resort, a spese del conto privato intestato al giovane Redcliffe.

    Eccoti qui, Markus. – Aveva detto aprendogli la porta – Che ti succede?

    Il giovane era entrato con un sorriso amaro sulle labbra e s’era lasciato andare sprofondando nella poltrona.

    Nulla. Solo il bisogno di parlare con persone normali!

    William aveva riso di gusto:Se ti sentisse tuo padre!

    Già. Per lui sono normali solo quelli che affogano nei soldi. Il resto del mondo è uno scenario messo lì per riempire degli spazi vuoti.

    È il tuo ambiente, Markus, un ambiente che ha delle coordinate accessibili solo a quelli come te e i tuoi amici.

    Mi sento un prigioniero, lo capisci? una marionetta in mano agli altri, uno che non può neppure tentare di costruire qualcosa senza che ci sia subito chi gli porta almeno un centinaio di soluzioni già pronte, dimostrando che sono tutte migliori della sua.

    La noia dei troppo ricchi, insomma.

    La disperazione, direi piuttosto. Sono l’essere più inutile del mondo, devo solo spassarmela e non rompere le scatole.

    Per essere tanto potenti bisogna comunque guadagnare, inventare nuovi mercati, coltivare relazioni promettenti. Ci sarà qualcosa che devi o puoi fare anche tu, almeno per mantenere il capitale!

    "Certo. Ma in realtà mio padre tiene ben stretto il bastone del comando. Gli succederò quando se ne andrà in pensione o all’altro mondo ma finora, nelle riunioni, continuo a essere il figliolo modello, laureato a pieni voti, sportivo e prestante e nelle feste… Markus, la signora Tal dei Tali ha saputo che sei un esperto di lambada, vorresti gentilmente farle da cavaliere per questo ballo? – Markus aveva caricaturato la voce di suo padre – Ed ecco che ho i miei dieci minuti di gloria."

    E tu, per vendicarti, gli fotti la moglie.

    Markus aveva fatto un gesto di insofferenza:Distruggerei il mondo, invece, almeno questo, di mondo, fatto di gente come lui, lui stesso, Erika, Magda… credo soprattutto che siano solo errori quelli che stiamo facendo nella nostra confraternita, club, lobby, chiamala come ti pare. Non si può ignorare il resto dell’umanità e fare spallucce ai problemi che la angosciano.

    Hai una tua fondazione senza fini di lucro: chi ti impedisce di inventare qualcosa di utile agli altri?

    Senza fini di lucro! – Markus aveva ghignato con acido sarcasmo – Non si fa niente in famiglia che non porti lucro. Anche la povertà altrui è un ottimo business per noi!

    Lascia il compito a tua sorella… lei sì che è una tosta! e tu prova a guadagnarti la vita da solo. Anche per qualche mese soltanto. Avresti modo di scoprire le tue qualità.

    Le donne hanno minori possibilità di accedere ai vertici del Gold Planet. E io non sono tanto sicuro di avere delle grandi capacità, ma un domani… mi hai parlato di un tuo soggiorno in un monastero Shaolin. Chissà se potrei andarci per qualche settimana e interrompere questa noia?

    Non si va in un monastero per risolvere dei problemi o combattere il tedio. Aveva detto William serio.

    Ah, no? E cosa ci vai a fare tu?

    Tutto quello che tu non faresti mai. Per esempio, non aver desiderio di distruggere il mondo! Non è cosa per te, credimi sulla parola. Aveva concluso, cercando di cambiare discorso.

    Willy, tu mi conosci da alcuni anni ormai: cosa faresti se fossi al mio posto?

    Non sono al tuo posto e, in verità, non vorrei neppure esserci.

    Perché?

    Il potere delle famiglie come la tua è difficile persino da immaginare. Mi farebbe quasi paura.

    È esattamente quello che provo io.

    La tua è soggezione, non paura. Nel senso che non sei padrone di uscire dai tuoi binari. Malgrado tutto il denaro che possiedi, il tuo destino è tracciato nei minimi particolari e non puoi sfuggirlo.

    Cosa dovrei fare, per riscattarmi?

    Innanzitutto, avere più stima di te stesso. Non ti manca nulla: hai una moglie deliziosa, un bel bambino, soldi, sei prestante e simpatico, ti rendi conto di quanto puoi fare?

    Mio padre mi soffoca.

    Sei tu che ti lasci soffocare.

    È un uomo crudele.

    Sei tu a essere debole.

    Lui aveva taciuto per un po’ con una certa angoscia negli occhi: "Da ragazzo avevo un cavallo. – Aveva detto sottovoce – Un magnifico purosangue che amavo più di un fratello. Un giorno si ammalò e fu necessario curarlo. Mio padre venne nella stalla e mi disse che probabilmente quella bestia, anche se fosse guarita, non sarebbe mai più tornata a essere il fuoriclasse che era prima. Risposi che per me andava bene lo stesso, ci avrei passeggiato anziché fare le corse. Ma lui insisté che sarebbe stata sempre una mezza calzetta. Tirò fuori la pistola e gli sparò tra gli occhi, senza preavviso, così, in mia presenza. Poi mi disse: tranquillo, domani ti mando a prendere un altro purosangue."

    E tu?

    Piansi. E lui mi diede due ceffoni. Mai ho odiato qualcuno come quel giorno odiai mio padre. E quando ci ripenso… mi sale ancora la pressione. Beh, ora faccio un salto a casa. Aveva concluso in fretta perché quel ricordo gli aveva stretto un’altra volta il cuore.

    Così era andato in cerca di Erika, l’aveva trovata in camera sua intenta a scrivere sul computer. L’aveva aggredita subito, effettivamente, chiedendole cosa c’era tra lei e suo padre e se suo figlio non fosse per caso suo fratello. Lei l’aveva guardato sorpresa, ma con infinito disprezzo e aveva negato d’essere in confidenza con suo padre.

    Ogni giorno ti fai venire un dubbio nuovo, Markus. – La sua voce era tagliente – Tu sei malato nella mente, fatti curare, per favore. Perché dovrei andare a letto con un vecchio?

    Per gestirlo, per comandare, per… – si era messo a urlare – per mortificare me! Perché non mi stimi, perché non mi hai mai amato… ma che cosa vuoi, davvero, tu?

    La stava scuotendo con violenza eppure lei era impassibile:

    Sei fuori di testa, Markus, credimi. Prendi un calmante e vattene a dormire.

    Non ho bisogno di calmanti! – Aveva urlato ancora più forte – E non sono pazzo: avrò diritto di sapere cosa fa mia moglie, non credi?

    Perché? Io non so quello che fai tu.

    Lui aveva taciuto, bollendo d’ira. Se la faceva con Magda, verissimo, ma era solo perché aveva rabbia da scaricare in qualche modo. Come aveva intuito Willy, per punire quel tiranno che l’aveva messo al mondo. O Erika, che sembrava indifferente a tutti i suoi problemi e spesso inventava scuse per evitare intimità con lui. Avrebbe voluto che gli altri si macerassero in una sofferenza come quella che lo divorava nel sentirsi trattare come uno sciocco da suo padre e ora persino da sua moglie di cui era purtroppo ancora innamorato.

    Poi se n’era andato, con l’attrezzatura da sci nautico sotto il braccio e sbattendo tutte le porte che aveva incontrato prima di uscire dalla villa.

    Chi c’era a bordo, John?

    L’altro non aveva smesso di guardare allibito quell’imbuto d’acqua che stava chiudendosi sul Caroline: Credo… solo suo padre e la signora. – Disse in un soffio – Forse un cameriere o un marinaio.

    Magnifico! – Disse Markus sbattendo le pinne sul fondo del motoscafo e nascondendosi il volto tra le mani. Poi: – Chi volevano uccidere? Me o mio padre? O, semplicemente, Magda? Era una bella sgualdrina!

    Gunther Redcliffe aveva guardato in faccia Markus con aria depressa. Anche l’ultima volta che si erano incontrati, suo padre non gli aveva risparmiato le umiliazioni. Gli rimproverava quell’aria strafottente ma lui non voleva lasciargli capire i suoi turbamenti, soprattutto perché non sarebbe servito assolutamente a nulla. Era sempre il solito pistolotto che inevitabilmente finiva con la constatazione di quanto tutti gli altri erano migliori di lui. Era un rimprovero, a volte racchiuso in uno sguardo di compatimento altre volte più esplicito, con cui si rammaricava di averlo messo al mondo. Un carattere come il suo era un problema per lui, per la sua immagine nella cerchia degli amici, gli diceva spesso.

    Perfino il mio autista si è accorto di quanto poco tu sia adatto a prendere il mio posto, quando mi devo assentare! Non potresti cercare d’essere un vero Redcliffe?

    Allevati il cugino Benjamin e dagli in eredità questa carica. Lui non chiederebbe di meglio.

    Sapeva che a quelle parole suo padre si sarebbe infuriato – non c’erano mai stati buoni rapporti tra lui e suo fratello – ma provava un piacere sadico nel ricambiargli le villanie.

    Sarebbe stato meglio che tua madre fosse sterile, se è stata solo capace di darmi due figli di cui una femmina e uno imbecille! Devi aver preso tutto da lei, tu! – Urlava – Sarah mi assomiglia, ma purtroppo, nel primo strato del Gold Planet ci vogliono uomini che abbiano i coglioni al loro posto!

    Markus non sopportava sentirlo parlare male di sua madre:

    Se pensi di riuscire a convincermi di suicidarmi, ti sbagli di grosso. Non lo farò, anche se spesso ne sento la voglia. Tutto questo, immagino sia il preludio per consentirti di dare il mio posto a un eventuale figlio, quando e se ciò avverrà, di quella ninfomane di Magda.

    Il ceffone di Gunther gli era arrivato proprio in mezzo alla faccia.

    Pensa alla tua, di moglie. Gli aveva detto andandosene via nero come la notte.

    Solo pochi giorni prima. E ora tutto era finito. Gunther Redcliffe e Magda: qualche istante e basta.

    Avrebbero ripescato i due corpi, se non si erano disintegrati nell’esplosione, tenuti in ghiacciaia all’obitorio fino a che non si fosse spiegata la causa dell’incidente, esaminati i resti dello yacht per scoprire tracce del probabile attentato. Lui avrebbe preso il posto di suo padre, senza possibilità di scelta.

    Ed Erika, come avrebbe reagito?

    Devo portarla a casa, signore? Chiese John.

    Grazie.

    Alla villa c’era già un trambusto di poliziotti, giornalisti e personale di servizio, tutti attoniti, a chiedersi come e perché fosse successo quello che era successo.

    L’avvocato Kevin Duncan, che da sempre era stato consigliere stretto di suo padre, si avvicinò a Markus ed Erika chiedendo loro se potevano ritirarsi assieme a lui nello studio a pianterreno.

    Sedettero attorno a un tavolo rotondo e Duncan prese la parola: Non mi sarei mai aspettato di doverci riunire così presto per la sua successione, Markus. Suo padre era ancora giovane e in gran forma, quindi con una speranza di vita ben più lunga di quanto il destino abbia deciso. – Incominciò – È evidente che si tratta di un attentato, cosa che peraltro Redcliffe riteneva possibile dover subire. Non era, evidentemente, convinto a sufficienza di questa ipotesi perché in tal caso le avrebbe dedicato più tempo.

    "Sono costernato, e molto confuso… ribatté il giovane – chi poteva desiderare la sua morte?"

    Duncan fece un gesto abbastanza vago a significare che molte persone avrebbero esultato se lui si fosse tolto dalla scena.

    So di non essere preparato ai compiti che ora mi competono. Disse quasi sottovoce ma, inaspettatamente, Erika intervenne, rivolta a Markus: Sono stata sempre a fianco del signor Redcliffe senior, da dodici anni a questa parte e credo di poterti essere di grande aiuto, se deciderai di tenermi come segretaria privata, ossia nella stessa posizione in cui fui con tuo padre per tutti questi anni. È ben inteso che, nel caso, anche l’avvocato Duncan farà parte di questo piccolo team, così come fu con lui.

    Grazie. Dissero contemporaneamente l’avvocato e Markus. Poi Duncan proseguì: Era questo che speravo. Signora Redcliffe, lei mi ha tolto un pensiero. Ora, purtroppo, per alcuni giorni saremo occupati con tutta la burocrazia di questo attentato, ma dovremo farci forza e prendere subito in mano la situazione.

    Perché mio padre non decise di nominare mia sorella come sua segretaria particolare, visto che la considerava tanto?

    Erano troppo uguali, per poter andare d’accordo e poi, Sarah ha già moltissimi impegni nelle vostre aziende. Ed è meglio così.

    Markus non poté fare a meno di pensare che sia Duncan che sua moglie si rallegrassero della sua impreparazione, forse pensando di poterlo meglio manovrare a loro piacere. Questo pensiero gli provocò un improvviso senso di nausea e di disperazione. Accidenti, si disse, doveva proprio smetterla di somatizzare le sue paure.

    Per incominciare, credo che questa sia la soluzione migliore. – Disse con un certo sussiego – E poi, staremo a vedere.

    Duncan e Erika si scambiarono una rapida occhiata che aumentò l’agitazione del giovane Redcliffe. Quei due sembravano capirsi al volo e la cosa lo infastidiva. D’altra parte, era ben consapevole di essersi sempre dedicato con poco entusiasmo ai meeting con suo padre e di aver più volte abbandonato delle riunioni troppo impegnative.

    Passarono a fare un piano di lavoro durante il quale, inaspettatamente, sua moglie gli chiedeva se per lui andasse bene quel giorno o quell’ora o l’argomento da trattare. Duncan pareva sollevato di come si stavano avviando le cose e così la riunione si protrasse finché qualcuno non chiese loro se potevano mettersi a disposizione della polizia.

    Duncan si avviò velocemente nell’atrio della villa e Markus colse l’occasione per sfogarsi dei suoi rancori ormai quotidiani stuzzicando Erika: Bel colpo, signora Redcliffe! Hai intenzione di gestire anche me come hai fatto con mio padre? La cosa potrebbe andarmi bene se mi concedessi con altrettanta devozione anche i tuoi favori a letto!

    Lei lo guardò di traverso con gli occhi che lampeggiavano, sbuffò ostentando il suo disappunto e poi gli disse gelida: Non ho intenzione di sopportare il tuo cattivo gusto, Markus. Almeno in un frangente tragico come questo cerca di essere più maturo. Se vuoi che ti dia una mano, resto a disposizione, ma non ti permetto di trattarmi come una sgualdrina. La prossima volta che lo farai, mi dimetterò da segretaria e chiederò il divorzio. Tienilo bene a mente: non ammetto allusioni su cose del tutto inesistenti e frutto della tua mania di persecuzione. Ti ripeto il consiglio di farti curare.

    Markus che da una parte si sentiva rassicurato dalla sicumera con cui sua moglie negava di avere avuto rapporti sessuali con suo padre, dall’altra si lasciava vincere dai suoi complessi e si sentiva prostrato.

    Mi consideri pazzo, quindi.

    Solo troppo egocentrico e incapace di ascoltare le ragioni degli altri.

    Erano arrivati nell’atrio e un signore alto, vestito di grigio si avvicinò loro, mostrando un tesserino che attestava l’appartenenza ai servizi segreti.

    Mi chiamo Matthew River. Vorrei parlare con lei e anche con sua moglie, a proposito della disgrazia.

    Markus prese sottobraccio Erika e disse: Siamo a disposizione.

    Preferirei parlare separatamente, prima con lei e poi con la signora.

    Si accomodarono in un piccolo salotto, River e Redcliffe junior.

    Chi sapeva che sullo yacht c’erano solo suo padre con la moglie? Chiese con tono spicciativo.

    Non ne ho la minima idea. Io non ero neppure al corrente che mio padre fosse rientrato. Ero in mare a fare sci nautico e avevo lasciato la barca prima di mezzogiorno. Rispose.

    Sua moglie Erika era con lei?

    No, abbiamo molti impegni da svolgere e quindi non siamo quasi mai assieme.

    Lei era quindi in mare. Cosa può dirci? Ha visto qualcuno avvicinarsi al vostro yacht o lì attorno?

    Non ricordo di aver visto nulla di particolare: barchette, motoscafi, certo, ma quasi tutti al largo. Anch’io ero abbastanza lontano dalla costa. A pensarci bene, c’era un grosso peschereccio piuttosto distante.

    Un’imbarcazione che vedevate spesso?

    Spesso non direi. Ogni tanto, forse ogni due o tre giorni, appariva all’orizzonte. Ci chiedevamo persino cosa ne facessero del pesce che tiravano su.

    Scaricavano la merce nel porto?

    Non dove attracchiamo gli yacht. Più a sud, credo ci sia un porto commerciale.

    Lei guardò l’orologio, quando udì l’esplosione?

    "Non ricordo molto di quei momenti, sono molto confuso... sentii una pressione dietro di me che mi spingeva, come a volte accade se il vento soffia forte, ma non capivo cosa stesse succedendo. Il mio motoscafista virò di colpo, venendomi incontro inaspettatamente e io faticai non poco a mantenere l’equilibrio. Mi avvicinai, John m’indicava qualcosa con la mano, guardai e mi resi conto dell’affondamento di una barca a meno di un miglio da me. Salii sul motoscafo e ci avvicinammo lentamente verso lo yacht. Vidi il Caroline in fiamme, spaccato a metà. Stava affondando a una velocità pazzesca."

    E il peschereccio, si avvicinò?

    Non ci ho fatto minimamente caso, in quel momento ero solo frastornato, privo di reazioni di alcun tipo.

    Uhm. Capisco. E come erano i rapporti tra lei e la sua matrigna?

    Normali. Il massimo rispetto reciproco.

    Ci sono delle chiacchiere, al riguardo.

    È probabile. Siamo tutti soggetti a gossip, ma quasi mai rispondenti al vero.

    L’altro continuò imperterrito: Si dice che la signora avesse una relazione con lei.

    È la cosa più semplice da immaginare, mio padre, dopo il divorzio da mia madre, si è risposato con una donna che aveva solo qualche anno più di me: il pettegolezzo è quasi d’obbligo.

    E i rapporti con sua moglie?

    Normalissimi. Per motivi di lavoro non siamo spesso assieme e anche questo può dare adito a chiacchiere.

    Era una collaboratrice di suo padre, no?

    Esatto. Mi sembra che lei sia già molto informato su di me. Perché dunque questo interrogatorio?

    Routine. Preferisco avere informazioni dal diretto interessato che dai miei collaboratori.

    Nient’altro?

    Grazie, per ora no. Solo un altro dettaglio: è al corrente di una strana lettera ricevuta da suo padre il giorno dell’attentato?

    Una strana lettera? In che senso? Non ho mai intercettato la posta di mio padre… e d’altra parte lui non si confidava certo con me. Di che si tratta?

    Un messaggio riportante solo un simbolo inconsueto e, a caratteri cubitali, una data. Quella in cui è esploso lo yatch. È per questo che la stiamo interrogando. Certo quella lettera potrebbe farci risalire al mandante dell’omicidio, ma se lei non ne sa niente, la lascio libero. Può dire a sua moglie che vorrei scambiare qualche idea anche con lei.

    È proprio necessario? Voglio dire…

    È opportuno. Dopo tutto era la segretaria privata di suo padre. Mi scusi del disturbo.

    "Certo. Allora arrivederci. E quel simbolo, a proposito, cosa

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