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Non sarà Dio a giudicarci
Non sarà Dio a giudicarci
Non sarà Dio a giudicarci
E-book435 pagine6 ore

Non sarà Dio a giudicarci

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Info su questo ebook

Può una serie tv al giorno d’oggi suscitare tanti interrogativi sulla nostra esistenza ed esserci davvero utile? Leggendo questo libro si direbbe proprio di sì. J.C Garzotto è un fan di Dr House, tra le serie di maggiore successo dell’ultimo decennio. Ma non è un telespettatore qualunque.
Attraverso un’analisi semiotica chiara e puntuale, con tanto di dialoghi di alcune puntate e ricostruzione delle diverse trame, l’autore costruisce un altro dialogo con il lettore intorno ad alcune domande fondamentali quali il significato della nostra vita sulla terra, il concetto di dolore, i grandi temi posti dalla religione, dal senso di colpa alla morte, il comportamento da riservare agli altri e a se stessi secondo il punto di vista dell`amore. 
E in questo discorso appassionato e ricco di spunti c’è posto anche per l’ironia, la leggerezza, ingredienti che talvolta una “tv ragionata” è in grado di offrire al proprio pubblico, insieme alla serietà e alla scientificità dei programmi. La meraviglia e molteplicità della vita passa anche per quel vecchio tubo catodico, dispensatore oggi, per chi sappia usarlo, di programmi in grado di accrescere la nostra consapevolezza del mondo e dell’uomo...

J.C. Garzotto è nato a Madrid nel 1964 da madre spagnola e padre italiano. L’anno dopo è giunto in Italia, a Vicenza. Nel 1979 ha cominciato a lavorare in un magazzino di materiale elettrico. Nel 1989, dopo aver letto il libro Vivere, amare, capirsi di Leo Buscaglia, cambia la sua visione della vita e decide di licenziarsi. Nel 1990 ha compiuto il suo primo giro del mondo, replicato poi nel 1992. Dal 1993 al 2011 ha lavorato come commerciale back office, con una piccola parentesi di vita in Australia nel 2004. Nel 2012 si licenzia e fa un giro del mondo durato 10 mesi, e poi nel 2013 arriva l’idea giusta per iniziare a scrivere il libro che finisce nei 2017. 
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2019
ISBN9788830602151
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    Anteprima del libro

    Non sarà Dio a giudicarci - J.C. Garzotto

    acquario.

    ESISTE SE PUÒ ESSERE OSSERVATO

    Pare impossibile ma le cose non sono mai come sembrano, non perché non siano come sono, ma perché qualcosa cambia in noi.

    A volte basta solo che qualcuno ci faccia vedere le cose da un altro punto di vista per vederle diverse da come si credeva, pur restando sempre le stesse.

    Strano come certi pensieri possano occupare la mente dopo aver aver guardato un telefilm.

    Uno se lo guarda per divertimento, tanto per distrarsi, e invece finisce per scoprire come le cose più banali possano avere un significato diverso da come sembrava. Con la scusa di intrattenerti, l’ideatore della serie voleva dirti qualcosa di importante ma poteva farlo solo nascondendolo tra le righe della trama.

    Questi pensieri mi attraversavano la mente l’altra sera dopo aver visto una vecchia puntata del Dr. House, perché alla fine del telefilm una lampadina si era accesa nella mia testa e all’improvviso un’intuizione aveva illuminato quello che avevo visto.

    Non so perché ma quello che avevo visto fare al dr. House durante l’episodio, mi aveva fatto pensare a quello che avevo visto in un documentario che parlava della materia oscura, dove gli astrofisici spiegavano come si fossero accorti che l’universo non era in contrazione come pensavano ma in espansione, perché osservando come la velocità delle galassie fosse costante, si erano resi conto che qualcosa di invisibile le muoveva.

    Dicevano che nonostante non si potesse vedere doveva esserci, in quanto si poteva vederne gli effetti come accade quando il vento rivela la sua presenza muovendo le foglie. Inoltre, spiegavano come grazie ai telescopi si poteva andare indietro nel tempo per vedere come era l’universo miliardi di anni fa, e grazie a questo guardare nel passato avevano potuto intuire come era nato l’universo.

    Allo stesso modo decido di andare indietro nel tempo, e rivedo la puntata del Dr. House per capire come l’invisibile mano del diabolico dottore avesse provocato degli effetti osservabili solo alla fine.

    Per scoprire come aveva fatto, rivedo il telefilm saltando le scene che riguardavano la parte medica per osservare solo l’interazione tra lui e il suo assistente.

    Così potevo mettere sotto la lente di ingrandimento il dr. House per mantenere la concentrazione solo su di lui, in quanto se esisteva un piano poteva essere scoperto analizzando il suo comportamento.

    Hanno ragione gli scienziati a dire che esiste solo se può essere osservato, perché quello che voglio raccontarvi è come il lato oscuro di una persona possa diventare quello più luminoso.

    Ma per cominciare vi presento il protagonista della puntata in questione: il dr. Foreman, il primo assistente assunto da House per il suo reparto in un ospedale del New Jersey, un giovane afroamericano che proviene dai quartieri poveri ma che ha dimostrato all’università di non essere inferiore a nessuno.

    Mi piace l’ambizione e la determinazione con cui lavora (forse perché vorrei averla anch’io), è quel tipo di determinazione che non ti fa vedere gli ostacoli ma solo l’obiettivo.

    L’episodio dove si scopre come House non sia quello che sembra, è quello in cui si racconta come Foreman avesse escluso dalla sua vita suo fratello e di come grazie a una serie di casuali coincidenze lo ritrova nel modo più sorprendente.

    Tutto comincia il giorno in cui Foreman riceve delle telefonate dal fratello, che però stranamente ignora, come ignora anche i messaggi che gli lascia.

    La cosa incuriosisce House che ovviamente decide di scoprirne il motivo, perciò il giorno dopo quando Foreman arriva in ufficio, gli comunica che suo fratello maggiore ha bisogno di un passaggio perché nel pomeriggio esce di prigione. Gli dice di prendersi la giornata libera, ma lui risponde che deve lavorare e come se non avesse un fratello va a visitare un paziente, lasciando il suo capo perplesso ma libero di agire.

    Così House va a prendere Marcus, il fratello di Foreman, e lo assume tanto per divertirsi e poter mettere in imbarazzo il suo collaboratore.

    Il giorno dopo presenta Marcus al suo team come suo assistente personale, cosa che sorprende tutti a partire da Foreman che nemmeno saluta il fratello.

    Visto il gelido benvenuto, Marcus cerca di rompere il ghiaccio usando l’ironia per stemperare l’atmosfera.

    «Grazie per non essere venuto a prendermi e grazie per tutte le visite in prigione che non mi hai fatto... Posso capire il motivo, ma adesso sono cambiato: ho solo bisogno della tua fiducia».

    Purtroppo il discorso non convince il fratello che mette subito in chiaro come stanno le cose.

    «Lui ti ha dato un lavoro solo per darmi fastidio: non sai di cosa è capace House!». Allora Marcus risponde che uno appena uscito di prigione non può rifiutare un lavoro,

    Tuttavia il fratello non sente ragioni e lo liquida brutalmente esclamando: «Tu non puoi lavorare qui!».

    Nei giorni successivi, House interroga Marcus per ottenere le informazioni e i dettagli più intimi dell’adolescenza dei due fratelli. Grazie ai suoi racconti può cominciare a torturare Foreman davanti ai suoi colleghi con aneddoti imbarazzanti sulla sua infanzia, così provocando la reazione dell’assistente che va dritto dalla direttrice a raccontare come suo fratello l’ultima volta che era uscito di prigione, aveva rubato i soldi alla madre per la droga, rapinato un negozio e rubato un’auto.

    Il giorno dopo Marcus prova ancora a convincere il fratello di essere cambiato e gli chiede di dargli un’altra chance, ma gli risponde di avergli dato anche troppe possibilità e che non intendeva dargli l’ennesima chance. Alla fine risultava che forniva informazioni false per proteggere il fratello, e allora il suo capo lo obbliga a rivelare tutto del passato di Foreman.

    Così viene a sapere che i due fratelli quando erano adolescenti rubarono una macchina per farci un giro, ma vennero subito presi e la mamma andò a prenderli alla polizia. Marcus racconta quel giorno al dr. House di come senza dire una sola parola la mamma li riportò a casa e spenta la macchina disse ai due fratelli seduti in silenzio:

    «Pregherò per voi». House disse che gli era andata bene, ma invece Marcus rispose: «Bene per me ma non per lui, dal quel momento la missione della sua vita sarà quella di non deludere mai più la mamma».

    Continua dicendo che pensava che il fratello avrebbe raccontato quella storia al funerale, ma gli dissero che non lo fece. House ignorava la morte della madre, per cui Marcus gli dice che se il fratello non lo aveva detto aveva le sue ragioni, e che poteva prenderlo in giro per tutto quello che gli aveva raccontato, ma lo scongiurava di non parlare mai della madre.

    Le ultime parole illuminano House come uno che ha visto la Madonna, e così il giorno dopo fa scattare il suo piano.

    Durante una futile discussione attacca Foreman per dei sabotaggi subiti, lui risponde di non saperne niente e quindi il cattivo fa scattare la seconda parte del suo piano accusandolo di essere un bugiardo per omissione, per non aver detto a nessuno della morte della madre.

    House non aveva fatto in tempo a finire la frase che Marcus cerca di fermarlo, ma tutti vengono a sapere e Foreman finisce al centro dell’attenzione.

    Poi, per finire l’attacco, rincara la dose dicendo a tutti che si era rifiutato di dire qualcosa di carino al funerale della madre, provocando così la furia di Marcus che si scaglia contro di lui per aver rivelato il segreto.

    Foreman lo ferma per evitare lo scontro, ma lui è così inviperito dal comportamento del suo capo che gli urla in faccia con tutta la sua rabbia «io mi licenzio!» e lascia la stanza con un diavolo per capello.

    E qui avviene il miracolo, il giorno dopo Foreman va al centro di riabilitazione dove stava il fratello che, sorpreso di vederlo davanti alla sua porta, gli chiede con una certa freddezza cosa ci faceva li; risponde che gli serve un lavoro e che parlerà con House per farlo riassumere.

    Marcus obietta che appena saprà che a lui la cosa sta bene non vorrà più assumerlo, tuttavia il fratello insiste dicendo che gli troverà qualcos’altro. La scena finale mostra un Marcus commosso che lo abbraccia con grande affetto, promettendo che non lo deluderà mai più.

    Foreman gli chiede se doveva restare al centro di riabilitazione o se poteva andare da un familiare perché voleva ospitarlo, e alla fine si salutano da buoni fratelli come avrebbero dovuto fare fin dal primo giorno.

    Questo è quanto successo, ma rivedendo ogni mossa di House scena per scena, saltando le parti del telefilm dove i fratelli non comparivano, si poteva intuire come tutto era stato pianificato, e come il cattivo che sembrava volesse umiliarli solo per divertimento, si era invece rivelato il buono che li aveva riuniti.

    Inoltre, si poteva constatare come lui avesse organizzato gli eventi per fare in modo che Foreman capisse che suo fratello era cambiato, per fare in modo che i due tornassero a guardarsi come fratelli.

    Ma era solo alla fine che si poteva comprendere come la guerra scatenata da lui serviva solo a far tornare la pace. In pochi giorni, il suo diabolico piano aveva riportato la pace in un conflitto tra fratelli che durava da anni, visto che Foreman senza l’intervento di House non avrebbe mai cambiato idea, e Marcus non avrebbe mai avuto l’occasione per dimostrare di essere cambiato.

    Rivedendo la puntata, si poteva riscontrare come il piano di House era iniziato con l’ottenere le informazioni che servivano a capire le cause del risentimento tra i due, e poi si poteva vedere come fosse riuscito a fare in modo che Marcus dimostrasse involontariamente di essere cambiato, così che il fratello potesse capire che si era sbagliato nel giudicarlo.

    Tutto accade senza che nessuno si accorga di niente, perché quando gioca sporco tirando in ballo la madre, lo fa per vedere se l’affetto di Marcus per il fratello era sincero, per poter dimostrare che era davvero cambiato in modo che Foreman capisse il suo errore.

    Il male causato dal cattivo diverrà la causa che tirerà fuori il bene che riconcilia i due fratelli, producendo l’effetto di far trionfare l’amore con il lieto fine che nei telefilm non manca mai.

    Tuttavia, la cosa più interessante è come tutto accade secondo le regole del libero arbitrio, visto che House provoca gli eventi all’insaputa di tutti, lasciando libero Marcus di scegliere tra perdere il lavoro per difendere il fratello o tenerselo senza curarsi di lui, e lascia libero Foreman di scegliere tra mantenere la sua idea che Marcus era irrecuperabile oppure ridargli fiducia.

    La dinamica del suo piano appare semplice quanto geniale, poiché ogni mossa ha provocato un effetto che rivela il senso di ogni cosa solo alla fine, quando il cerchio si chiude e ogni mossa svela il disegno nascosto nell’ombra che doveva mostrarsi solo alla fine.

    Pensando a come il piano era stato geniale per sua semplicità, a come anche quello che sembrava un male si era invece rivelato un bene, alla fine ho pensato: e se Dio facesse lo stesso con noi?

    Se avesse dei piani, un disegno per ognuno di noi, e non ce ne rendessimo conto perché come House trama nell’ombra?

    Se quella frase di Gesù: «voi guardate, ma non vedete», fosse un messaggio per noi?

    Se guardare le cose solo dal nostro punto di vista non ce le facesse vedere per come sono realmente, visto che cambiano di continuo a seconda dello stato d’animo?

    DR. HOUSE E MR. HIDE

    Non solo il dr. House trasforma il male in bene, ma riesce anche a dare una risposta a tutte quelle domande che da sempre tutti si fanno, che però non trovano mai una risposta che possa dare un senso a quello che ci capita.

    So cosa state pensando: il dr. House è solo uno psicopatico, ma invece no, perché grazie a poche parole dette al momento giusto, nella scena giusta, vi darà una risposta che forse non vi convincerà del tutto, tuttavia sono risposte semplici che possono dare un senso a come funzionano le cose della vita.

    A tutte quelle domande sul senso della vita, su chi siamo e dove andiamo, perché credere in Dio se nel mondo la sofferenza e il dolore incombono sulle nostre vite tutti i giorni: per tutte quelle domande sul significato della morte, dell’amore e della fede che non trovano risposte, ho trovato un episodio dove mostrando le cose da suo punto di vista riesce a dare risposte semplici alle grandi questioni della vita.

    Magari non sarà l’unica, quella definitiva, forse non sarà quella che vorreste, ma sono risposte che aiutano a farsi un’idea su come funziona la vita senza dover mettersi a studiare religione e filosofia.

    Per chi non ha visto la serie del dr. House (cosa vi siete persi) basti sapere che lui rappresenta il politicamente scorretto all’ennesima potenza.

    Il segreto del suo fascino sta tutto nell’essere il primo protagonista di un telefilm a cui piace sbattere in faccia a tutti quanto sia cattivo e bastardo.

    Lui cerca sempre di sembrare il peggiore di tutti, e riesce a dare il meglio solo quando può esprimere il peggio.

    Non c’è episodio dove non si possa sentire quell’odio viscerale per quella morale ipocrita della gente che lui non sopporta (lo sento come se fosse mio), quel falso rispetto per i sentimenti altrui per cui si condanna in pubblico quello che tutti fanno e pensano in privato. Quella camicia di forza che provoca quell’insospettabile voglia di trasgressione che cova dentro di noi senza saperlo, e che l’impostore che l’anima cela fa saltare fuori quando meno te lo aspetti.

    In poche parole, lui è un megalomane egocentrico a cui piace mostrarsi bastardo, crudele e contorto, quanto i paradossi che usa per salvare la vita ai suoi pazienti.

    La sua cattiveria sembra non avere limiti, una cattiveria che non risparmia nessuno e che pare avere uno scopo ben preciso: bisogna essere più cattivi del male per sconfiggere il male. Il bello è che tutto avviene nel modo peggiore, visto che lui farà la figura del solito bastardo impiccione anche se tutto finirà bene.

    Alla fine solo lui saprà come sono andate le cose, come se la soddisfazione di farlo alle spalle di tutti fosse il piacere più grande, come diceva Oscar Wilde nel piu paradossale degli aforismi: «Vivo nel terrore di non essere frainteso...».

    La cosa più sorprendente, è la sua assoluta mancanza di regole che funziona come se ne avesse.

    Il suo metodo di lavoro si basa su una semplice regola: le emozioni sono irrazionali, per essere obiettivi bisogna essere freddi e distaccati.

    Perciò lui non vede i pazienti, sono gli assistenti che visitano il malato e comunicano tutti i dati necessari: le emozioni non devono distrarlo, per lui un trapianto di cuore deve essere come sostituire un carburatore per un meccanico.

    Per comprendere il suo modus operandi, vi devo raccontare quella scena in cui infrange la sua prima regola quando va dai genitori del paziente per verificare un sospetto. All’inizio dell’episodio inizia a curare il paziente in base alle idee scaturite durante la solita riunione con gli assistenti, ma le prime cure non hanno avuto nessun effetto e lui non sa cosa fare.

    Dopo averci pensato sopra tutto il giorno (succede spesso), alla fine un sospetto gli attraversa la mente e sorprendendo tutti decide di visitare il malato.

    La scena è bellissima, perché bastano pochi secondi a svelare il personaggio e il suo personalissimo metodo. Entra nella stanza mentre i genitori vegliano il figlio e si presenta:

    «Sono il dr. House: il medico di suo figlio».

    Lo guardano sorpresi e rispondono: «Ah, è quello che ancora non conosciamo, e che ancora non conosce neanche nostro figlio: come fa a curar la gente se non la conosce?».

    E lui, come sempre, risponde secondo natura:

    «Facile, se non te ne frega niente: in senso positivo! Se le emozioni facessero agire razionalmente, non si chiamerebbero emozioni. Per questo c’è la divisione del lavoro: voi lo coccolate, io lo curo».

    Il suo metodo è semplice: lui esamina tutti i dati del paziente, gli assistenti sono i suoi occhi e le sue orecchie. Nessun coinvolgimento emotivo perché la sofferenza del malato non deve distrarlo, come un computer elabora i dati che i suoi assistenti come dei sensori rilevano.

    Ogni particolare conta: il lato umano, il fattore ambientale, quello genetico, tutto viene preso in considerazione e scandagliato attentamente partendo dalla sua prima regola, la preferita: tutti mentono, e la verità comincia dalle bugie. Mostrarsi come il genio del male è il suo travestimento preferito, la sua personalità attrae e disgusta, gela e accende tutti quelli che ruotano intorno a lui.

    Per comprendere il segreto del suo fascino, basta quella scena dove una praticante va dalla responsabile dell’ospedale per chiedere com’è lavorare per lui, e la risposta della direttrice Cuddy spiega tutto.

    «Lavorare per House è grandioso ed è una schifezza, spesso allo stesso tempo: tu sai lavorare in quel modo?».

    Oppure, lo si può capire grazie a una metafora che la praticante aveva usato con una sua collega quando le aveva chiesto come era stato lavorare per lui.

    «Con lui è come stare sulle montagne russe: si passa da un estremo all’altro, ma nonostante la paura e la nausea, alla fine sei sempre un po’ triste e finisci per farci un altro giro».

    Volendo, questa metafora si potrebbe usare anche per descrivere la vita, perché malgrado tutto: alla fine tutti vogliono farci un altro giro.

    Osservare come i piani di House andavano al di là del bene e del male, mi fa pensare a come anche i disegni del Creatore potrebbero andare al di là del bene e del male.

    Le cose potrebbero funzionare in modo diverso da come si pensa, magari come si vede nell’episodio laddove per curare dei malati d’amore, lui come Cupido scaglia le frecce a modo suo, licenziando Chase per farlo felice.

    Dovete sapere che i protagonisti dell’episodio sono il dr. Chase, il terzo assistente preso da House, e la sua collega Cameron, la prima donna assunta.

    Una ragazza bella, intelligente e ipersensibile, che però soffre della sindrome della crocerossina, in quanto anche i più sfortunati possono sempre contare su di lei.

    Nell’episodio in questione, il cattivo deve affrontare un bel problema: Foreman, il suo primo assistente, se ne vuole andare, e allo stesso tempo Chase viene scaricato dalla collega Cameron perché lei non voleva una relazione seria. Foreman vuole andarsene per non diventare cinico e insensibile come il suo capo, il quale inizia ad essere accondiscendente con lui per convincerlo a restare.

    Durante l’episodio Chase si dimostra sempre più nervoso per la sua situazione sentimentale, e alla fine sfoga tutta la sua frustrazione urlando in faccia al suo capo che Foreman non resterà perché inizia a essere gentile con lui dopo averlo maltrattato per anni.

    La cosa sembra finire lì, ma il giorno dopo quando va a scusarsi con il suo capo si sente dire:

    «Sei licenziato, è molto che sei qui, o hai imparato tutto oppure niente: è ora di cambiare».

    Chase, allibito, cerca di dire qualcosa, ma lui è irremovibile e deve lasciare il posto.

    Adesso che ha perso il lavoro, perderà di vista anche la ragazza che ama, il mondo gli crolla addosso e tutto per colpa di quel bastardo del suo capo.

    Il licenziamento provoca la reazione della direttrice e dei suoi colleghi che vanno dritti da lui per convincerlo a riassumerlo. Quando arrivano nel suo ufficio, lo vedono che sta usando il suo bastone come fosse una chitarra elettrica, come se stesse suonando il brano musicale che stava ascoltando a tutto volume: per lui era un giorno come un altro, come se non avesse licenziato nessuno.

    La scena mostra una Cuddy furiosa entrare spegnere lo stereo e ordinargli di riassumere Chase, ma con la sua tipica arroganza risponde che nel suo reparto comanda lui. Sembrava proprio che non ci fosse più speranza per Chase, stavolta il suo capo pareva essere proprio un bastardo, la sua cattiveria sembrava genuina, ma invece no: non è vero niente. Succede quello che non ti aspetti, perché Cameron da brava crocerossina raggiunge Chase al bar.

    Va per rincuorarlo, ma lui ci aveva pensato sopra e le dice che House aveva ragione, che era ora di cambiare e che non poteva continuare a lavorare accanto a lei dopo che gli aveva spezzato il cuore, e conclude dicendo che andare a letto con lei tutti i martedì non è amore.

    Sorpresa dalla confessione, non sa cosa dire, una tempesta di emozioni l’aveva assalita e istintivamente scappa via lasciandolo tristemente solo al bar.

    Tutto sembrava perduto, ma invece il piano del cattivo comincia a mostrare i suoi effetti quando il giorno dopo lei va a casa di Chase.

    Giunta davanti alla sua porta non sa cosa fare, e mentre lei era indecisa se suonare il campanello o lasciar perdere, resta lì quel tanto che basta al destino.

    Proprio in quel momento lui esce di casa e se la ritrova davanti, piacevolmente sorpreso esclama: «Ciao!».

    Lei risponde dicendo che è martedì: il giorno dedicato al sesso, ma dopo la sorpresa iniziale lui obietta: «No: è lunedì».

    Allora lei lo sorprende nel modo più bello:

    «Lo so, ma non volevo aspettare...».

    Detto ciò, lui la bacia e l’amore può trionfare, in quanto il giorno dopo lei lascia il lavoro e i due vanno a vivere insieme.

    Tutto è bene ciò che finisce bene, poiché alla fine gli effetti del piano di House si erano visti.

    Quel bastardo per un attimo mi aveva fregato, ma alla fine il suo piano aveva funzionato perfettamente grazie al male che aveva generato il bene come effetto, e lui potrà dormire sonni tranquilli tanto nessuno capirà mai quello che era successo.

    Quel genio del male conoscendo bene il cuore tenero di Cameron, licenzia Chase per scatenare l’incontrollabile istinto di crocerossina della ragazza che puntualmente accorre in soccorso del passerotto caduto dal nido, obbedendo così alla legge di causa ed effetto.

    Alla fine la peggior cosa che avesse mai fatto al suo assistente, si rivelerà la migliore che potesse capitargli.

    L’arte con cui aveva orchestrato il suo piano, dimostrava che poteva funzionare solo se lui fosse stato spietato e crudele come il solito: abbastanza cattivo per non far capire a Cameron il suo piano, abbastanza crudele per far passare Chase da vittima di quel bastardo del suo capo.

    Farlo al momento giusto serviva a far sembrare casuale il tutto per non farsi scoprire.

    D’altra parte, senza il male provocato da lui, i due amanti avrebbero continuato a torturarsi tutti i giorni durante le lunghe giornate di lavoro, ma invece grazie a poche ore di dolore lui risolve i problemi sentimentali dei due innamorati, evitando in questo modo tutti quei mesi di sofferenza che li avrebbe portati ad odiarsi.

    Peccato che quelli che hanno visto l’episodio si ricorderanno solo il male compiuto da lui, e non che il risultato sia merito suo: alla fine si vedrà solo la felicità dei due innamorati.

    Quello che colpisce di più, è come si comporti nel peggiore dei modi per il bene degli altri, malgrado sia consapevole che perderà la stima e il rispetto della direttrice e del suo miglior amico.

    Lo fa lo stesso, come se fare la cosa giusta fosse la cosa più importante e il prezzo da pagare irrilevante.

    Questa noncuranza per le conseguenze delle sue azioni, mi fa venire in mente quello che disse Vittorio Sgarbi quando usò un paradosso per spiegare il valore del bene.

    «Fare il bene costa più del male, perché il bene vale molto di più». E poi come disse una volta un politico italiano: «Senza il male, il bene avrebbe una crisi di identità». Visto come grazie al male House riusciva a fare del bene, mi sono chiesto: e se il male fosse il mezzo per realizzare il bene?

    Magari è per questo che Goethe faceva dire a Mefistofele: «Sono qui per compiere il male, ma mi riesce solo il bene...».

    So cosa state pensando, ma la mia visione della vita non è quella classica del buonista, perché io come molti disoccupati dovrei avercela a morte con la vita, visto che da due anni cerco lavoro e ho finito i soldi.

    Ma nonostante le cose mi vadano proprio male, cerco di passare il tempo libero che ha un disoccupato cercando di imparare tutto quello che posso.

    Grazie al digitale terrestre ho trovato dei canali che fanno tutti i giorni dei documentari molto interessanti, tra i quali quello sulla storia dell’umanità dove il paradosso che il male potesse fare bene attraversò i miei pensieri come la luce di una cometa squarcia la notte.

    Il titolo del programma è Mankind, e dopo avere visto gli eventi principali che avevano fatto la storia del mondo, a un certo punto fanno vedere come sia stato scoperto il primo antibiotico della storia, narrando le esperienze di un batteriologo mandato al fronte durante la prima guerra mondiale. Alexander Fleming è un medico scozzese che arriva sui campi di battaglia europei dove per la prima volta vengono organizzati gli ospedali da campo per curare le migliaia di feriti della grande guerra.

    Raccontano che per la prima volta un batteriologo andava al fronte, spiegando come Fleming avesse notato che un soldato su tre non moriva per le pallottole, ma per i batteri che infettavano le ferite. Il dr. Fleming vede morire i feriti senza che potesse fare niente e allora pensa ad un rimedio.

    Il narratore aggiunge che la prima guerra mondiale finirà con otto milioni di morti: un’intera generazione mandata al macello, una carneficina senza precedenti.

    Il documentario continua facendo vedere come una volta tornato a casa Alexander Fleming diventi un medico civile e finisca a lavorare in un ospedale.

    Passano dieci anni e nel 1928, dopo una lunga serie di fallimenti, Fleming esaminando dei campioni di tessuto infetto in una provetta lasciata aperta per sbaglio, scopre che all’interno era cresciuto un fungo che produce una sostanza che bloccava lo sviluppo dei batteri che causavano le infezioni: aveva scoperto la penicillina, il primo antibiotico della storia.

    Finiscono dicendo che nei successivi quindici anni la penicillina salverà un milione di persone ogni anno, e che adesso un abitante su tre sulla Terra deve la sua vita a quella scoperta.

    Non sono passati nemmeno cent’anni dalla sua scoperta, che più di due miliardi di persone devono la loro vita a una scoperta fatta durante la prima guerra mondiale.

    Pare che otto milioni di morti siano stati il prezzo di una scoperta che vale la vita di due miliardi di persone.

    Il dr. House dice sempre che i numeri non mentono, e se la grande guerra, quel grande male che ha causato otto milioni di morti, ha significato la vita per due miliardi di persone, si potrebbe pensare che Dio non sia poi così cattivo e crudele come sembra...

    Visto come lui abbia riunito Foreman a un fratello che pareva perduto, e come le sue cattiverie abbiano fatto trionfare l’amore tra Chase e Cameron, ho cominciato a pensare che anche le cose più terribili potrebbero avere un senso, e che a volte il fine giustifica il mezzo, e allora perché non accettare le sofferenze se portano la felicità?

    Shakespeare faceva dire ad Amleto: «nulla è, o buono o cattivo, ma il pensiero lo rende tale».

    Se tutto è bene ciò che finisce bene, il male potrebbe essere solo uno stato transitorio che porta il bene.

    La frase di Amleto mi aveva fatto pensare alla storia della Montessori che avevo visto in tv, dove si poteva vedere come una sola maestra ha rivoluzionato i metodi di insegnamento in tutto il mondo, solo perché il suo pensiero non vedeva il male ma solo il bene che poteva portare.

    Il programma inizia mostrando come proprio nello stesso periodo in cui era scoppiata la prima guerra mondiale, la Montessori inizia a far conoscere il suo metodo.

    Raccontano come lei nel 1894 avesse iniziato a lavorare alla clinica psichiatrica di Roma, dove tra i suoi compiti ci sono delle visite agli istituti per dementi in cui assiste dei bambini con gravi problemi di apprendimento, quelli che venivano chiamati bambini idioti.

    La sua esperienza con questi bambini ritardati le ha fatto credere che il potenziale di questi alunni potesse essere sviluppato, che i limiti dei bambini stavano nella testa di chi li guardava.

    Diventata condirettrice di un istituto creato proprio per questi giovani con gravi deficit, studia un metodo per cambiare la vita a questi sfortunati. Passando intere giornate con loro, osservandoli, interagendo e porgendo loro tutti i materiali didattici, riesce a coinvolgerli in modo che l’apprendimento diventi un gioco.

    Il nuovo metodo di insegnamento basato sul gioco ha un successo clamoroso; contro tutte le aspettative ci sono degli alunni che vengono promossi, alcuni persino con dei voti superiori alla media nazionale.

    Nel 1906, apre la Casa dei bambini a Roma, dove il suo metodo elaborato con i bambini con deficit mentali conferma la sua efficacia con dei bambini che vivevano per strada senza nessuna istruzione.

    Nel 1909 scrive il libro sul suo metodo che nel 1912 viene tradotto in inglese, e in pochi anni il suo metodo comincia a diffondersi in tutto il mondo. Dovunque si aprono scuole che usano il suo metodo, solo negli Stati Uniti nel giro di due anni si aprono più di cento scuole che insegnano con il metodo Montessori, e la figlia del presidente americano ne apre una alla Casa Bianca.

    Il suo metodo si è dimostrato così efficace, che ancora adesso le scuole che lo usano continuano a sfornare alunni come il fondatore di Amazon o gli inventori di Google.

    La sua idea ha vinto la sfida del tempo, dimostrando la sua validità per lo sviluppo dell’intelligenza dei bambini.

    Ma la cosa più incredibile, è come tutto nasca dal suo amore per i bambini più sfortunati, quelli che venivano considerati dei ritardati mentali senza speranza.

    Tuttavia, è proprio grazie a una classe di bambini idioti che la più grande maestra di tutti i tempi ha scoperto il metodo migliore per insegnare ai bambini di tutto il mondo ad imparare a sviluppare le proprie doti.

    Anche in questo caso si poteva riscontrare come il male si era trasformato in un bene: aiutando dei bambini con problemi mentali, si è finito per aiutare tutti i bambini del mondo. Scoprire come un dottore curando dei feriti della grande guerra sia riuscito a salvare miliardi di persone, e vedere come una maestra insegnando a pochi bambini idioti sia riuscita ad aiutare miliardi di bambini in tutto il mondo: beh, sembra proprio che il male non sia poi così male...

    L’AVVENTURA DELLA VITA (il futuro non è scritto)

    Dopo aver visto come il male per pochi abbia portato il bene a molti, ho visto anche come il male per uno abbia portato il jazz per tutti, dimostrando come il male non possa fermare la forza della vita.

    Resto sempre sorpreso di quello che si può trovare in tv: per esempio, un giorno girando tra i canali ho visto un nanetto che suonava il pianoforte come nessun altro.

    A vederlo pareva un nano, sembrava pure deforme, uno che non riusciva nemmeno a camminare da solo: da quando è nato, fino a quando è spirato, hanno sempre dovuto portarlo in braccio come un bambino.

    Il nano in questione si chiama Michel Petrucciani, un talento musicale inimmaginabile, lui riesce a suonare il jazz a un livello inarrivabile anche per i migliori pianisti del mondo: dopo aver sentito lui, tutti gli altri sembrano dei dilettanti. Nonostante la sua musica basti a renderlo una leggenda, è la storia romanzesca della sua vita a renderlo unico e inarrivabile, perché vedere come sia stata la sua vita fin dal primo vagito, fa diventare I miserabili una banale commedia.

    Il programma che narra la sua vita, inizia con le parole di un medico che alla sua nascita descriveva così il suo handicap.

    «La malattia di Michel, è l’osteogenesi imperfetta, significa una estrema fragilità delle ossa che si rompono e si deformano facilmente, con gravi problemi di crescita che portano a una sorta di nanismo».

    Poi inquadrano il padre, che racconta una cosa di Michel su cui tutti i medici erano d’accordo.

    «Non diventerà vecchio, non potrà vivere molto con questa malattia». Il narratore descrive il padre come uno pazzo per la musica, uno che viveva per la musica e che aveva un negozio di strumenti musicali, dicendo che Michel fin da bambino imparasse tutto quello che il padre ascoltava.

    Passava tutto il tempo a casa, perché la malattia non gli permetteva una vita normale; a tre anni sapeva tutte le melodie che il padre ascoltava e un giorno le cantò tutte. A quattro anni chiese un pianoforte e ne ebbe uno giocattolo, ma lo ruppe subito per far capire che faceva sul

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