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Amami fino alla fine
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E-book195 pagine2 ore

Amami fino alla fine

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Info su questo ebook

Dicono che ci sia un confine molto sottile tra odio e amore. Come quello che mi separa da mio marito. Ho sposato un bastardo. Quando mi sono innamorata perdutamente di lui, non avevo idea di che razza di uomo fosse. E come un'ingenua gli ho regalato il mio cuore. Ma per Marcus Tandem, il famoso multimilionario, ero solo l'ennesima pedina di uno dei suoi piani. Aveva bisogno di sposarsi al più presto per compiacere la sua famiglia e ottenere finalmente il controllo dell'impero finanziario. Così, una volta raggiunto il suo scopo, sono diventata inutile ai suoi occhi. Tutte le mie illusioni si sono infrante e adesso desidero solo fargliela pagare. Marcus Tandem avrà quello che si merita.

Bella Jewel
è un'autrice bestseller di USA Today. Ha cominciato a pubblicare libri ad alto tasso di romanticismo nel 2013 e da allora non si è più fermata. Vive nel Queensland, in Australia, con il marito e le due figlie.
LinguaItaliano
Data di uscita8 ott 2019
ISBN9788822738561
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    Anteprima del libro

    Amami fino alla fine - Bella Jewel

    Capitolo 1

    Allora

    Marcus

    Le mie dita tamburellano contro la scrivania di legno scuro di pino, mentre osservo l’avvocato dalla calvizie incipiente e dall’aria acida che legge il testamento di mio nonno. Un testamento che mi hanno chiamato ad ascoltare. Il vecchio bastardo mi odiava, ma a quanto pare ha deciso comunque di includermi nel suo prezioso testamento, che sta mandando al manicomio la famiglia. Tutti ne vogliono un pezzo.

    «Signor Tandem, grazie per essere venuto, oggi».

    Niente nella mia espressione cambia, mentre l’avvocato parla in tono basso e professionale. Alza gli occhi per guardarmi, quando non rispondo, imbronciando le labbra e osservandomi da capo a piedi.

    «Possiamo procedere?», domando, spostandomi sulla sedia. «Ho da fare».

    Lui si schiarisce la gola. «Certamente. Immagino che abbia già capito perché si trova qui, oggi».

    «A dire il vero», rispondo con freddezza, incrociando le braccia sul petto. «Non ne ho idea».

    «Ebbene, come di sicuro sa, suo nonno è di recente venuto a mancare. Da quello che ho inteso, lei lo ha aiutato a gestire gli affari, negli ultimi dieci anni».

    «L’ho fatto da solo», puntualizzo. «Quel vecchio bastardo non ha fatto altro che starsene con le mani in mano e far lavorare gli altri al suo posto. E ora è morto e l’unica cosa che interessa a tutti quanti è ottenere un pezzo di quello che potrebbe essersi lasciato alle spalle».

    «In ogni caso, ha lasciato precise istruzioni per la sua impresa, in caso di decesso. Ed è per questo che l’ho fatta chiamare qui».

    «Si sbrighi», scatto, stringendo gli occhi e fissandolo con astio.

    «Molto bene. Suo nonno ha stabilito che la sua impresa passasse a lei. Lei è l’unico suo discendente diretto, dal decesso di suo padre, perciò l’unico a cui lui abbia voluto lasciare la sua impresa».

    Be’, il vecchio è servito a qualcosa, almeno. Non che non me l’aspettassi, del resto: sono coinvolto nei suoi affari da tanto tempo. I miei fratellastri non sono mai stati niente, per lui, quindi resto soltanto io.

    «D’accordo. Del resto, sto già gestendo i suoi affari, quindi non vedo cosa dovrebbe cambiare».

    «C’è qualcos’altro», risponde l’avvocato, allentandosi la cravatta come se fosse di colpo troppo stretta. «Ha stabilito con molta chiarezza che c’è una condizione da rispettare, perché lei possa essere a capo della sua impresa. Se vuole diventarlo, deve essere...».

    «Cosa?», sbotto.

    «Sposato, signore».

    Prego?

    Lo guardo fisso, aspettando che scoppi a ridere e mi dica che era solo uno scherzo, ma la sua espressione resta impassibile.

    «Mi sta prendendo per i fondelli», sbuffo. «Deve aver capito male».

    «Nel testamento viene chiaramente espresso che, finché lei non sarà sposato, l’impresa resterà in mano al suo più caro amico, Walter Johnson. Lei manterrà la sua posizione, ma non potrà ereditare le finanze e la gestione della compagnia».

    Fottuto Walter, quello stronzo calcolatore. Manderà tutto a puttane prima che io possa fare qualsiasi cosa. È già il presidente e mi fa sgobbare come un disperato, e di sicuro si aggrapperà al suo posto come una piattola, se non faccio qualcosa. In fondo, ora sta nuotando nell’oro. Io sono l’unico che tiene davvero alla compagnia. L’unico, cazzo. È la mia vita e la mia salvezza; lo è stata da quando avevo vent’anni, e il mio attuale stile di vita si basa su questo lavoro.

    In tono basso e roco, mormoro: «È proprio sicuro che dica che debba sposarmi?»

    «Sì, signore, ne sono sicuro. Ha dodici mesi di tempo per farlo, prima che la compagnia passi a Walter».

    Cazzo.

    Io adoro le donne. Tutte le donne. Ma non mi piace che mi stiano intorno. Se vogliono una storia seria, non devono guardare me. Nono sono mai andato a letto con la stessa donna per più di una volta, fatta una sola eccezione, ed è stato esclusivamente per convenienza. L’amore non fa per uomini come me. Non ho né il tempo, né l’interesse per pensarci. L’amore è per i deboli. Le donne sono troppo difficili e io sono troppo stronzo. Non lo nascondo e non fingo altrimenti. Ho visto dov’è che le relazioni crollano, e non voglio finire in situazioni simili.

    «Ci sono altre disgrazie che deve comunicarmi?», domando, a denti stretti.

    Gli occhi dell’avvocato hanno un guizzo, poi deglutisce. «Ci sono delle condizioni. Non può sposarsi per divorziare subito dopo. Deve restare sposato per almeno due anni. Se dovesse divorziare prima, la compagnia andrebbe a Walter».

    Ma stiamo scherzando?

    Che malato figlio di puttana.

    Lo sapeva... sapeva benissimo che questa era l’unica cosa che poteva mettermi in difficoltà. Era un uomo crudele e deviato da vivo, e a quanto pare ha continuato a esserlo anche da morto. Mi sta mettendo alla prova, mi sta spingendo al limite, come ha sempre fatto. E così, dovrò decidere se mollare, perdendo tutto quello per cui ho lavorato negli ultimi dieci anni, oppure lottare per ottenere ciò che è sempre stato mio. Questa compagnia è la mia vita, e quel maledetto bastardo lo sapeva.

    «C’è altro?», ringhio, digrignando i denti.

    «Un’ultima cosa, signore. Se si dovesse scoprire che lei... ah...», deglutisce, «...ha pagato per avere una moglie, anche questo basterebbe a far andare la compagnia a Walter. La donna in questione deve sposarla di sua spontanea volontà e vivere con lei dopo il matrimonio».

    Che pezzo di merda. Mi conosceva meglio di quanto pensassi. Sapeva che il mio primo pensiero sarebbe stato quello di cercare una stupida da pagare per sposarmi. Stringo i denti e sento il petto riempirsi di rabbia. Riesco già a immaginare la faccia di Walter se la compagnia venisse consegnata a lui. Mi ha sempre odiato. No, non gli permetterò di vincere.

    Maledetto vecchio. Erano anni che voleva che mi accasassi, ha sempre odiato il mio stile di vita da celibe. Spesso mi diceva che anche se non volevo, per gestire una compagnia e avere un nome rispettato nella società avrei dovuto fare buon viso a cattivo gioco e sposarmi. Lui si era sposato a vent’anni con una stronza che è morta un paio d’anni fa. E anche dopo la sua dipartita, lui ha continuato a fingere di aver avuto un matrimonio perfetto. Non mi sorprende che sia arrivato a questo per assicurarsi che mi incastrassi anch’io con una donna.

    «Molto bene», affermo, alzandomi in piedi. «Vedrò di sbrigarmi a risolvere questa faccenda».

    L’avvocato mi rivolge un’occhiata carica di disgusto. «E come pensa di fare?».

    Gli sorrido, sornione. «Semplice. Troverò una moglie».

    Capitolo 2

    Allora

    Katia

    Click, click, click.

    I miei tacchi sono solo uno dei rumori che risuonano sulla strada affollata, mentre mi affretto a raggiungere il luogo del compleanno del mio migliore amico, Dusty. C’è un brusio di voci, intorno a me, mentre la gente si dirige verso le varie destinazioni del sabato sera. Non riesco a evitare di sorridere alle persone che incrocio, felice di essere lontana dal lavoro e nel mondo del relax.

    Sono l’assistente personale di un capo dispotico che gestisce una grossa compagnia di spedizioni. Passo giorni lavorativi frenetici, e l’unico momento che ho per ricaricarmi è il weekend. E anche in quel caso, la pace non è garantita. Prendiamo oggi, per esempio: il capo mi ha chiamato per aiutarlo con una presentazione, mentre in realtà sarei voluta solo rimanere a letto.

    «Ehi, ragazza!».

    Sorrido, avvicinandomi al locale in cui ho appuntamento con Dusty. È già lì davanti, tutto vestito di nero, elegante e bellissimo. Mi sorride, correndo ad abbracciarmi. Rido, lasciando che mi sollevi e mi faccia girare in cerchio.

    «Buon compleanno, Dust», ridacchio, quando mi posa di nuovo a terra.

    «Amica mia, stai benissimo!».

    Dusty è il gay più simpatico, amichevole e sexy che abbia mai avuto il piacere di conoscere. Siamo diventati amici poco meno di cinque anni fa, e siamo rimasti molto uniti da allora. L’ho incontrato in un bar, mentre piangeva nel suo drink, per così dire, dopo essere stato lasciato. Abbiamo iniziato a chiacchierare, ci siamo sbronzati e l’amicizia è iniziata. Mi ha chiamato il giorno dopo, e ora eccoci qui.

    «Ho dovuto lavorare tutto il giorno», mi lamento.

    Lui arriccia il naso e agita una mano, disgustato. Rido, mentre i suoi occhi blu scintillano di divertimento. Ha una carnagione tra il chiaro e l’olivastro, è alto, muscoloso ed eccezionale.

    «Ragazza mia, tu lavori troppo. Vuoi che dica due parole al tuo capo?». Ammicca.

    Sogghigno e gli stringo le braccia intorno al corpo, premendo una guancia contro il suo petto. «Nah».

    Lui mi abbraccia stretta. «Secondo me ti stai stressando, con tutto questo lavoro», mi sussurra all’orecchio, facendosi più serio.

    «Ma devo farlo. Mia madre ha bisogno di quei soldi e...».

    «Lo so, tesoro, ma non meriti neanche tutta questa tensione».

    Mi scosto, sorridendogli. «Sto bene».

    «Lavori sessanta ore a settimana, come minimo».

    Agito una mano, alzando gli occhi al cielo alla sua piccola esagerazione. «Ora sono qui, no?».

    Lui mi lancia uno sguardo scettico e torna a sorridere. «Dimmi», riprende, prendendomi a braccetto e conducendomi verso il bar, «dove diavolo hai trovato quelle scarpe meravigliose?».

    «Katia, lo giuro, sei più carina ogni volta che ti vedo!».

    Sono avvolta nell’abbraccio di Candy, la mia migliore amica, anche se non riusciamo a vederci più di tanto perché vive a due ore di macchina da me. È allegra, spumeggiante e dolce. La sua personalità è come una droga, non ne puoi più fare a meno. Ed è anche molto intelligente. Lavora per una grossa compagnia che, da quel che ho capito, affitta enormi macchinari.

    «Potrei dire lo stesso», esclamo, al di sopra della musica, scostandomi dall’abbraccio.

    Lei mi sorride, mostrandomi una fila di denti candidi e perfetti. Su uno di loro c’è perfino una specie di piccolo diamante. Non so come si chiamano quei gioielli, ma mi piacciono.

    Candy è bellissima, pur restando una ragazza normale. Ha i capelli castani, gli occhi nocciola, una pelle perfetta e uno splendido corpo. Non è una bionda da urlo e neanche una bellezza esotica, ma è così carina e adorabile che passerei le giornate a strizzarle le guance.

    Lei sbuffa. «Noi due siamo come il cane e la sua cacca».

    Scoppio a ridere. «Cosa?»

    «Tu sei il cane, tutto carino e delizioso, e io sono la cacca. Da solo, il cane non si crede un granché, ma in realtà fa sentire tutti gli altri come se fossero la sua cacca».

    La fisso, sbattendo le palpebre. «Stai scherzando?».

    Lei ridacchia. «No! Te lo giuro, fai sembrare tutti gli altri in quel modo».

    Alzo gli occhi al cielo.

    «Non fare quel gesto con me, e... ohhh, dove le hai comprate quelle scarpe?».

    Sorrido e la prendo a braccetto, raccontandole tutto delle scarpe e della fortuna che ho avuto nel trovarle del colore giusto.

    «Ah!», sospira. «Lo stile di vita di chi è ricco e famoso».

    Sbuffo. «Ho dovuto mettere i soldi da parte per cinque mesi e le ho trovate in un negozio di seconda mano! E comunque, hai un lavoro bellissimo. A proposito, come sta andando?».

    Lei sorride, portandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio. «Lo adoro, davvero. Insomma, d’accordo, è passata solo una settimana, ma finora mi è piaciuto moltissimo. E il capo... oh, mio Dio, dovresti vederlo, Kat. È pazzesco».

    «Ehi, condividi un po’? Ho bisogno di un po’ di materiale per la mia banca delle fantasie erotiche».

    Lei mi guarda con aria sgomenta. «E cosa ci fa una ragazza come te e con il tuo aspetto con una banca delle fantasie erotiche?»

    «Non ho tempo per un fidanzato».

    «Ma potresti comunque trovarti qualcuno da portarti a letto...», puntualizza lei.

    Scuoto la testa, indietreggiando. Candy adora mettere insieme la gente. No, per davvero. Pensa di essere brava a creare le coppie perfette. Ma non è vero. L’ultimo ragazzo che mi ha presentato ha scorreggiato durante la cena. Giuro. Poi si è messo a ridere come se non avesse davvero fatto una cosa del genere in un lussuoso ristorante italiano. È stato un momento fantastico. No, davvero, non c’è niente di sbagliato in una rumorosa scorreggia dentro a un ristorante, vero?

    «Non ci provare!».

    Lei imbroncia le labbra, adorabile come sempre. «Okay, magari no, ma potremmo trovarti un bel pezzo di manzo da portarti a casa e ripassarti come si deve».

    Ripassarmi? Ma chi parla

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