Una vita al 60 %
Di Mauro Milan
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Una vita al 60 % - Mauro Milan
633/1941.
Prefazione
Durante la disastrosa presentazione del suo primo romanzo in libreria, un giovane scrittore siciliano ha un’illuminazione: scrivere un secondo romanzo sulla sua famiglia, una famiglia particolare
, con una storia non comune.
Non un’opera autobiografica ma la narrazione di qualcosa sospeso tra realtà e sogno.
Tutto ha inizio dall’amore tra Michele e Mariuccia, che si sono conosciuti e amati in territorio di guerra, in Albania, e che hanno deciso di sfidare la sorte e di affrontare un pericoloso viaggio per stabilirsi in Sicilia.
Michele, che era partito come militare anche per sfuggire a un fidanzamento imposto dalla sua famiglia, torna a Caltanissetta nella casa dei genitori con una moglie e un figlio ed è così, nonostante l’ostilità dei suoi cari, che getta le basi della sua famiglia particolare.
Dopo il piccolo Arturo sarà la volta di Flavio e dopo Flavio, a dispetto del sogno della coppia di mettere al mondo una femmina, nascerà l’ennesimo maschio: Fabrizio.
Proprio lui, con il suo essere così speciale anche nelle piccole avventure quotidiane, fin dalla più tenera età, sarà al centro della narrazione dello scrittore.
Fabrizio è un neonato irrequieto che dorme con un occhio chiuso e uno aperto, come se volesse sempre vigilare sull’ambiente circostante.
Quando farà il suo debutto a scuola si farà subito notare per carisma, intelligenza, per le sue doti di leader e per il suo spirito di altruismo e responsabilità civile. Nello sport, che sia calcio, pallavolo o salto triplo, Fabrizio è un fenomeno, uno di quelli che arrivano naturalmente primi.
È sempre stato un bambino adulto
, più responsabile ed esigente dei suoi coetanei. Proprio per questo, per allentare la tensione e riuscire a governarla, inventa il metodo della vita al 60%
, ovvero dare il meglio di sé ma risparmiarsi al 40% quando lo stress mentale è troppo.
Funzionerà? Di certo, nella sua storia, non mancheranno occasioni per applicarlo.
Sullo sfondo di una Caltanissetta vivace e problematica, si dipana il romanzo di formazione di Fabrizio, la costruzione della sua giovane vita sospesa fra l’amore tenace per Maria Teresa, l’attivismo politico, l’impegno civile, la fascinazione per la scrittura, gli amici di una vita, il fluire di idee e ispirazioni, le indecisioni e le rivelazioni.
Per chi è bravo in tutto, decidere cosa fare di sé non è così facile come sembra e a volte, per non sentirsi sopraffatti, bisogna allentare la morsa.
Il lettore, preso per mano dall’elegante scrittura di Mauro Milan, non potrà che appassionarsi al 100% a questa storia di crescita e di vita.
Capitolo primo
La mia è una famiglia particolare
disse lo scrittore.
La responsabile della libreria aveva sbagliato, gli aveva dato la parola in un momento di totale confusione. La sala era colma di gente, molti facevano un gran baccano, altri si affannavano a cercare un posto a sedere.
Lo scrittore era un tipo perspicace e capì che non era il caso di continuare a parlare, perché le sue parole sarebbero rimaste inascoltate. Preferì attendere gli sviluppi della situazione. Prima o poi, gli organizzatori faranno qualcosa
pensò. Ma la sua era più una speranza che una certezza.
Mentre la confusione regnava sovrana, ognuno si sentì autorizzato a fare di testa propria. Per fare un esempio, una ragazza che se ne stava seduta in prima fila approfittò della situazione di stallo per confidare le sue prime impressioni a un’amica. Per non farsi sovrastare dal vocio che si era impadronito della sala, si mise a urlare.
Perché mai la famiglia dello scrittore dovrebbe essere particolare?
furono le sue prime parole. Tutte le famiglie sono particolari!
.
Questo crede che la sua famiglia sia chissà che cosa. Lo sai come sono fatti gli scrittori, sono stravaganti e, in genere, si credono superiori agli altri
gridò a sua volta l’amica.
Mi hai tolto le parole di bocca. Quando l’ho visto entrare in sala, con quel grande cappello in testa, ho pensato: quello scrittore è un montato
.
Le due ragazze parlavano di lui, evidentemente non per incensarlo. In un altro contesto lo scrittore, che aveva sentito il loro scambio di battute, avrebbe risposto per le rime: Siete delle streghe, ecco cosa siete! Andate a quel paese!
.
Ma in questa circostanza non disse quello che pensava veramente, invece se ne uscì ad alta voce con un insignificante condivido, condivido
, con il quale avrebbe voluto probabilmente bloccare ogni ulteriore polemica. Ma non bloccò un bel nulla, il tentativo di impedire che in sala crescesse la confusione fu inutile.
Qui non si sente niente. Può parlare più forte? Soprattutto, potrebbe cortesemente spiegare cos’è che condivide?
gridò un signore anziano dal fondo della sala.
Ma abbia la compiacenza di stare zitto!
fece a sua volta un ragazzo, che ce l’aveva proprio con il signore anziano. Parla proprio lei che, da quando è entrato in libreria, non ha fatto altro che disturbare!
.
Perché non dovrei parlare?
rispose inferocito l’anziano. Piuttosto, porta rispetto a chi è più grande di te. Ma che lo dico a fare? Ormai, in questa società comandano i maleducati
.
Mi sta dando del maleducato?
domandò il ragazzo, mentre si muoveva minacciosamente in direzione del signore anziano.
Si scatenò una baruffa, che fu sedata da alcuni giovani volenterosi intervenuti per dividere i due e per impedire che la situazione degenerasse.
Signori! Signori! Per cortesia, non scherziamo con le cose serie. Ma cosa vi sembra questa sala, un ring di pugilato? Siate buoni e bravi
disse lo scrittore rivolgendosi ai protagonisti della rissa. A scanso di ulteriori equivoci, fece anche una precisazione a beneficio delle due ragazze sedute in prima fila.
Quanto alla mia famiglia, non mi pare che sia il caso di sottilizzare su una questione di così poco conto
.
Stava mentendo, sapendo di mentire: teneva in mano un foglio sul quale aveva scritto, a caratteri cubitali, particolarità della mia famiglia
. Sia chiaro, lui detestava raccontare frottole, era una persona trasparente e onesta. Ma in questa circostanza non avrebbe potuto fare diversamente. Visti i ripetuti battibecchi, non poteva permettersi il lusso di litigare su un argomento così delicato, come quello della sua famiglia.
Fino a quel momento, era accaduto l’esatto contrario di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi. E che cavolo, sembrava che le persone convenute in libreria si fossero passate la parola per avvelenare la sua giornata. Quasi quasi stava maledicendo il momento in cui aveva ceduto alle lusinghe della titolare della libreria, che lui manco conosceva.
E dire che all’inizio del colloquio telefonico aveva tentennato, anche perché gli sarebbe piaciuto presentare il libro prima a Caltanissetta e poi in qualche località lontana. Alla fine, si era fatto convincere dalla titolare della libreria, ma gli era rimasta appiccicata addosso una sensazione di pericolo incombente che lo aveva messo a disagio.
Per non correre rischi – non dimentichiamo che era alla sua prima esperienza letteraria – aveva cercato di curare ogni più piccolo particolare: si era messo davanti allo specchio grande di casa e aveva cominciato a ripetere, fino alla noia, ogni parola del discorso che avrebbe pronunciato in libreria. Si era pure divertito a pavoneggiarsi e a replicare certe smorfie che gli erano apparse particolarmente accattivanti. Il racconto delle sue origini doveva aiutarlo a creare un clima di simpatia attorno alla sua persona e al suo libro.
Quando meno se lo aspettava, cessò la confusione in sala. I facinorosi
furono zittiti dalla responsabile della libreria che, fino ad un attimo prima, si era fatta notare solo per la sua colpevole inerzia. Ora aveva preso il controllo della situazione. Le era bastato un perentorio: Signori, per cortesia, finiamola con queste ragazzate
. E le ragazzate, che erano in larga parte opera di persone distinte e di una certa età, erano cessate di colpo.
Finalmente lo scrittore poté ripartire da dove aveva lasciato il suo discorso, in pratica dall’inizio. In assenza di ulteriori azioni di disturbo, sviluppò ragionamenti fluidi ed efficaci, si prese la licenza di zigzagare tra tanti pensieri, come se si fosse improvvisamente trasformato in un navigato slalomista, riuscì a sguazzare nello stagno di una confusione apparente, che in realtà era solo figlia di una complessità di ragionamento.
Un pensiero illuminante gli portò in dono un’idea e gli fece balenare per la mente la trama di un nuovo romanzo. Finalmente i suoi occhi tornarono a brillare, grazie alla luce scintillante di una folgorazione attesa da tanto tempo, ma che fino a quel momento si era negata ostinatamente alla sua vista. I suoi radar di scrittore si accesero improvvisamente, proprio nel momento in cui stava parlando dei suoi genitori. In quella giornata, la sua famiglia stava conquistando, nel bene e nel male, la centralità che meritava.
In circostanze normali avrebbe annotato la sua idea su un foglio di carta. Nell’immediato non poté annotare un bel nulla, per non mancare di rispetto al pubblico che lo stava ascoltando. Ma lo fece successivamente, dopo aver completato la sua introduzione, che si era conclusa senza che si registrassero ulteriori intoppi.
Il microfono passò allora nelle mani di un attore vivace, brioso e famoso per la sua capacità di accattivarsi il favore del pubblico. La titolare della libreria non aveva fatto altro che elogiare le qualità di questo showman, ma a un certo punto il suo entusiasmo era apparso eccessivo. Lo scrittore aveva raccolto in giro commenti non sempre rassicuranti sul conto dell’attore, ma alla fine, non avendo trovato di meglio, aveva accettato la proposta della titolare della libreria. Era convinto che quel professionista della recitazione, con la sua smania di protagonismo, gli avrebbe fatto fare una buona figura. La ricerca del momento di gloria personale avrebbe impreziosito la lettura dei suoi scritti. Anche il giudizio del pubblico sul suo romanzo sarebbe stato favorevolmente influenzato dalla sua recitazione.
Fin dalle prime battute, l’attore non smentì la sua fama di incantatore del pubblico. Ma fu anche un po’ indisciplinato e non lesse i brani concordati in un precedente incontro.
Lo scrittore cercò di valutare i pro e i contro di questa situazione: da un lato l’attore avrebbe portato alla luce tanti tesori nascosti tra le pieghe del romanzo, probabilmente suscitando il favore del pubblico; dall’altro lato, la mancata lettura dei brani concordati avrebbe invece impedito allo scrittore di raccontare curiosità e aneddoti, studiati nei minimi particolari.
In sintesi, lo scrittore pervenne alla seguente conclusione: non sta accadendo nulla di irrimediabile, non è il caso di drammatizzare, ma porca miseria, l’attore se le poteva risparmiare tutte queste novità dell’ultimo momento.
Il meglio o il peggio – a seconda dei punti di vista – arrivò dopo, quando l’attore decise di prendere una volta per tutte il comando della scena. La sua vena creativa sembrò ispirarsi alla lettura dei brani e riuscì a far vivere ai presenti il senso delle emozioni, provate dai protagonisti del romanzo. Il pubblico rimase letteralmente incantato dall’atmosfera che si era creata e in sala non si sentì volare neanche una mosca.
L’attore si lasciò prendere completamente da queste emozioni e, per dimostrare la totale padronanza della scena, cominciò a trascurare la lettura del testo scritto, non ritenendola funzionale al suo ruolo di incantatore del pubblico. In parole povere smise di leggere, e cominciò a interpretare i vari passaggi del romanzo, facendo affidamento in parte sulla sua memoria, in parte sulla sua capacità di improvvisazione.
Da quel momento in poi iniziò il calvario dello scrittore. L’attore trascurò prima una, poi due, poi tre parole, poi ancora saltò un intero periodo. I testi che stava leggendo apparvero sconnessi e privi di significato, ma sempre ben recitati. L’attore aveva conquistato il pubblico grazie all’incantevole melodia della sua voce. Eventuali mancanze o lacune non potevano essere imputate alla sua professionalità, che era certamente di altissimo livello. La colpa era solo di chi aveva scritto il libro.
Lo scrittore incrociò lo sguardo di un amico, che lo aveva accompagnato alla presentazione del libro e allargò le braccia per farlo partecipe della sua incredulità e del suo stato di impotenza. Ma poi decise di rivolgersi alla responsabile della libreria, che era seduta al suo fianco, e cominciò a protestare vibratamente.
Ma per la miseria, questo salta le parole, disorienta il pubblico
disse infuriato.
Me ne sono accorta, me ne sono accorta
.
Faccia qualcosa, la prego. Ha cominciato a delirare
.
Non so proprio cosa fare. La situazione è imbarazzante
.
Sta distruggendo la mia immagine di scrittore
.
Uhm
.
Ormai è prigioniero di un narcisismo galoppante
.
Uhm
.
Mi sta rovinando la reputazione, mi dovrà pagare i danni!
.
Uhm
.
Per quanto lo scrittore continuasse a inveire contro l’attore e a cercare conforto al suo dolore, la responsabile della libreria rimase prigioniera di un disorientamento paralizzante e rispose ad ogni suo successivo improperio ripetendo fino alla noia: Uhm
.
In tanti anni di onorata attività, in quella libreria non si era mai vista una cosa del genere. Al termine dell’iniziativa lo scrittore scappò via in compagnia del suo amico e non degnò di uno sguardo l’attore.
Roba da matti, roba da matti
farfugliò in preda a un evidente stato di confusione mentale. Giuro che non metterò mai più piede in questa maledetta libreria
.
La sua fuga precipitosa non turbò l’atmosfera gioiosa che si respirava in sala. Infatti, il pubblico aveva nel frattempo attorniato l’attore per rendergli i dovuti onori. Lo scrittore fu bocciato senza possibilità di appello, l’attore fece invece il pieno di consensi, per una ragione che gli venne unanimemente riconosciuta: era riuscito a dare dignità a un libro che avrebbe meritato di essere cestinato.
Per fortuna, l’attore ci ha messo una pezza! Pensate a quanto sarebbe stata squallida questa iniziativa, se non ci fosse stato lui
disse uno dei presenti, interpretando il sentimento più diffuso in sala. Al momento del commiato, l’attore raccolse giustamente gli ultimi meritati applausi.
Vi ringrazio, siete stati troppo carini con me
disse alla folla di fan che lo stava acclamando anche all’esterno della libreria.
Mandò a tutti doverosi bacini di ringraziamento.
Lo picchierò, giuro che lo picchierò
disse lo scrittore, che continuava a non darsi pace per l’umiliazione subita.
Capitolo secondo
Lo scrittore sparì dalla circolazione. Rimase barricato a casa, a rimuginare al buio e in splendida solitudine. Dopo aver fatto due conti approssimativi, concluse che per elaborare il lutto della mala figura sarebbero stati necessari non meno di quattro giorni.
I suoi familiari più stretti, che avevano saputo tutto della sua disavventura, decisero che non avrebbero bussato alla sua porta. La sua ragazza pensò che per il momento non era il caso di provare a consolarlo. Gli amici erano certi che, dicendogli la cosa più ovvia di questo mondo (futtitinni
), non avrebbero sanato una ferita così profonda. Pur con diverse motivazioni, tutti lo lasciarono stare in pace e rimasero in attesa di un suo segnale di ritorno alla vita di tutti i giorni.
La parentesi di dormite, di pantagrueliche mangiate e di solitarie sbornie a base di birra, durò più del previsto.
In una calda mattinata dei primi di settembre, gli amici lo videro dal marciapiede di Corso Umberto, mentre era intento a divorare una specialità del bar Romano: il cannolo alla ricotta. Il linguaggio del corpo dell’amico non fornì indicazioni sul suo stato d’animo, ma la voracità con la quale stava addentando il suo dolce preferito, deponeva a favore di una possibile guarigione: era troppo desideroso di cibo per essere ancora scoraggiato. Non appena entrarono nel bar, lo scrittore apparve a tutti di buonumore. Meglio così! Furono tutti contenti.
Dopo l’immancabile abbraccio, l’amico che era stato suo compagno di disavventura in libreria gli consigliò di mettere da parte ogni risentimento e di considerare l’episodio della settimana precedente come un infausto incidente di percorso, non più meritevole di ulteriori attenzioni. Si giocò poi la carta del diversivo, che aveva concordato per l’occasione con gli amici.
Il tuo libro mi è piaciuto tanto e sono sicuro che verrai presto ripagato delle tue fatiche. Il talento non ti manca, vedrai che presto o tardi ti tornerà la voglia di scrivere un’altra storia, forse più bella e divertente della prima
.
Il viso dello scrittore si illuminò immediatamente.
Sono d’accordo con te, bisogna guardare avanti e mettere a frutto anche le esperienze negative, compresa quella della scorsa settimana
fu la risposta dello scrittore.
Dici davvero? Quando siamo tornati a Caltanissetta, sembravi reduce da un disastro di dimensioni cosmiche. Vedo che hai cambiato idea
.
No. Il disastro c’è stato, eccome se c’è stato! Ma non tutto è andato perduto
.
Cosa vorresti dire?
.
Voglio dire che proprio nel momento più confuso della presentazione del libro, mi è venuta l’idea giusta per un nuovo romanzo
.
Dici sul serio?
.
Mai stato più serio. In fondo, l’idea è semplice: vorrei raccontare la storia di una famiglia particolare che potrebbe essere la mia, o una molto somigliante alla mia
.
Non capisco…
.
"Se ben ricordi,