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A un passo dal Blu
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E-book215 pagine3 ore

A un passo dal Blu

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Info su questo ebook

Questo racconto è intriso di sentimenti, di passioni, di affanni, di uomini che vivono la propria estraneità nel mondo con dignitosa emarginazione.
Qui trovi la parte di umanità che esiste da sempre, che è derisa, schifata, celata dai perbenisti, intolleranti e ignoranti. Questi uomini sono alla ricerca, come tutti noi, di un posto dove essere liberi di esprimere le proprie emozioni, il proprio pensiero, un posto dove respirare a pieni polmoni e sentirsi a casa. Probabilmente il mezzo che usano per arrivarci non è quello convenzionale ma è la stessa tua, mia ricerca, la ricerca di tutti gli uomini che desiderano realizzarsi e vivere felici.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ott 2019
ISBN9788835321866
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    Anteprima del libro

    A un passo dal Blu - Daniela Taverna Toffee

    Daniela Taverna Toffee

    A un passo dal Blu

    Titolo

    A un passo dal blu

    Autrice

    Daniela Taverna Toffee

    danielatavernatoffee@libero.it

    Pagine

    https://www.facebook.com/danielatavernatoffee/

    https://www.instagram.com/danielatavernatoffee_official/

    Editing, grafica e fotografie

    Sarah Zaramella

    Immagine della copertina

    Sarah Zaramella

    © Tutti i diritti riservati all'autore.

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il preventivo assenso dell'autore

    UUID: c4c0be20-ffbf-11e9-aa7f-1166c27e52f1

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Ringraziamenti

    Ad Ivan

    perché l'ombra dei nostri padri non ci incateni al suolo,

    ma ci sia da sprono a trovare la strada

    per una nuova rinascita

    per una nuova destinazione

    per la realizzazione dei nostri sogni.

    Indice

    Ringraziamenti

    Biografia

    Prefazione

    Le lunghe onde dell'inverno

    Venditore d'amore

    Chiara & Giorgio

    Il rifugio

    Due donne di notte

    Laura

    Un pezzo di cielo

    Il buco che tutto porta con sé

    Le pagine di Laura

    Il coraggio

    Il suonatore

    Fragilità

    Il risveglio

    Il passato alle spalle

    L'indifferenza di Marina

    Andare ovunque sia

    Mr Brown

    Riconoscimenti

    Biografia

    Voglio cambiare la mia vita, questo è il mio primo passo.

    Sono Daniela Taverna per molti, Toffee, sono nata nella splendida Torino che descrivo spesso nel romanzo senza mai citarla, perché l’emozione dei personaggi che traspare tra le righe è ovunque e volutamente ne ho celato il nome proprio per lasciarti immedesimare a casa o dove tu senti casa.

    Quest’anno, il 14 ottobre, compirò 46 anni è da qui che voglio ricominciare.

    Quest’anno spegnerò le candeline ringraziando me stessa e la vita che mi ha messa in condizione di scegliere di riscattarmi da un periodo di umiliazioni sul lavoro, di incomprensioni con le relazioni, di problematiche famigliari.

    Tutte cose che mi sono attirata con la mia indecisione, la mia pigrizia, la mia poca autostima, perché, come tanti di noi, non ascoltavo il mio unico piacere, azzittivo il mio talento e sottostavo a padroni senza scrupoli che per il vile denaro, dato come elemosina o come dovere, mi risucchiavano tutte le energie e senza forze rinunciavo alla mia vita.

    Questo è il mio primo romanzo e so che continuerò a scrivere ancora, perché è solo questo quello che voglio fare e dico a te, che come me sei preso dalla paura, dalle mille domande, dalla sofferenza, basta poco per cambiare vita, piccole cose ogni giorno per fare impazzire gli schemi che come marionette ci costringiamo a seguire da sempre.

    Voglio cambiare la mia vita, lo leggerai tra le parole del libro e so che lo vuoi anche tu.

    Io ho fatto il mio primo passo!

    Ora fai il tuo!

    Basta poco, basta il primo passo, un solo passo, A un passo dal blu!

    Prefazione

    Questo libro racconta di sentimenti, di passioni, di affanni, di idee di ragazzi che si sforzano di vivere in un mondo che coabitano con altri, con cui non si mischiano, vivendo la propria estraneità con dignitosa emarginazione.

    Queste pagine hanno l’intento di evidenziare parte di un’umanità che esiste da sempre, che spesso è nascosta per comodità, derisa per ignoranza, schernita per timore delle convinzioni perbeniste e scontate che, inevitabilmente, sfiorano il razzismo in nome della solidarietà e della carità. I protagonisti di questa storia non sono finzioni letterarie, né elucubrazioni mentali della sottoscritta, sono solo uomini. Uomini come noi che, anche solo una volta nella vita, abbiamo lasciato i sensi per abbandonarci fra le onde di un sogno e desiderato di avere ali per volare via… Non importa la direzione, non importa la meta, semplicemente spaziare fra le nuvole, perdersi nell'immensità del cielo fino a sfiorare i raggi caldi del sole e riempirci il cuore di emozioni libere ed uniche! La colonna sonora che avvolge ed inebria il racconto è di un cantautore romano che reputo eccezionale. E’ nato tutto in modo casuale, mentre creavo la storia del protagonista, spesso mi capitava di scrivere concetti che percepivo miei ma che avevo il presentimento di aver già sentito. Era proprio così! Quelle parole, quei suoni, quella coinvolgente melodia che riesce a trasportarti e rapirti l’anima sono solo sue. Le ritrovi ovunque, le riconosci fra mille, sono quelle del suonatore Marco Conidi, che è riuscito a dare voce ai miei pensieri. Grazie Marco!

    "Ho scritto...

    Ho scritto perché mi fa stare bene.

    Perché nulla è più vicino al cielo come la mente

    nell'intento di creare,

    abbandonata a vibrare nei colori dell’ingegno.

    Così, i pensieri, liberi, volano nell'azzurro con me.

    Esprimo emozioni

    mentre corpo e anima sono in trepidazione e

    le dita scorrono sciolte sulla tastiera

    e concretizzano le fantasie.

    Ho scritto…

    Ho scritto di uomini e donne a caccia di strade e stelle

    che mostrino la giusta direzione

    per raggiungere quella benedetta felicità,

    spesso rincorrendola,

    spesso credendo di stringerla fra le mani vuote.

    Ho scritto...

    Ho scritto dei loro umori, del loro destino

    colmo di magia e musica,

    quella musica che chiudono nel cuore,

    che li aiuta ad amare, a sperare, a credere,

    perché la loro vita

    non sia stata solo un passaggio fugace.

    Ho scritto...

    Ho scritto per l’amore viscerale

    che sento per la parola, per il pensiero.

    Posso incantarmi, stravolgermi, piangere

    incredula e felice

    davanti a parole che sanno di emozione.

    Ho provato a trasmetterle.

    Alcune sensazioni si possono solo vivere.

    Spero di essermi avvicinata

    almeno a farvele immaginare…"

    Le lunghe onde dell'inverno

    Marco Conidi - Ferragosto '66 - 1989

    Fermi nelle macchine di notte

    la radio accesa a cercare stazioni

    le nostre voglie chiuse nei calzoni

    E le madri aspettano il ritorno

    quando arriviamo a casa è quasi giorno

    ma è uno di quelli che poi non ricordiamo…

    Ed è la solita allegria

    quando ridiamo e non ne abbiamo voglia

    quando beviamo un’altra birra e non ci va

    E litighiamo con i gatti neri

    che sono soli come i nostri pensieri

    e in un angolo del cuore resta ancora una poesia

    ..……………….

    Guarda le mie mani, le conosci bene

    ti hanno già scritto più di una canzone

    con gli occhi di una generazione

    che si muove in mezzo a un cielo tempestoso

    comete bianche in cerca di riposo

    chissà quanti ragazzi vivono così…

    Con questa solita allegria

    che fa la gelosa

    se ci scopre tristi e ci convince

    a pagare l’entrata di un altro night-club

    E da domani cambieremo vita

    si va beh,

    questa l’ho già sentita

    ed un’altra sigaretta

    ruba due minuti di vita in più…

    Ma chi ci conosce bene sa

    che un po’ di calore può sciogliere il ghiaccio

    che a volte ci si annida nel cuore

    E chi ci vuole bene poi lo sa

    che siamo anche un po’ timidi

    di fronte alla vita che spesso è cattiva

    e ci prende anche a schiaffi…

    E chi ci vuole bene poi lo sa

    specie se ci ha visti dentro

    che sappiamo affrontarle

    le fissiamo negli occhi

    le lunghe onde dell’inverno…

    Rimani con me…

    Venditore d'amore

    L'ultimo salto

    Le lunghe braccia lo avvolgono, lo cingono, sembra quasi vogliano stritolare il suo esile busto per ripararlo da quel gelo di dicembre, per evitare che gli penetri oltre il maglione e gli scalfisca così quel tronco stanco che imperterrito lo sostiene.

    Le sue gambe diritte, immobili, parallele come pali piantati al suolo, racchiuse in quei jeans sgualciti e consumati.

    I suoi folti riccioli che avvinghiano il magro collo.

    Quel vecchio cancello cigolante e arrugginito, forte e saldo come una gabbia, come una cova di cemento, come una morsa alla vita, come unico supporto alla sua schiena e quella cintola di ferro che lo stringe a sé e lo mantiene libero, immobile, in quella via, per quelle strade a sperare, a cercare che un altro e poi un altro ed ancora un altro si avvicini a lui.

    Lui: il medico delle speranze, delle gioie perse.

    Come studio la strada impolverata, come pareti il cielo che inerme lo osserva, nessuna poltrona comoda e scrivania lucida, solo quella cadente ringhiera.

    E Giorgio lo trovate sempre lì, lui è il medico dei disparati, dei diseredati; non può permettersi di saltare un giorno, lì hanno sempre bisogno di lui.

    Tutti lo conoscono come il venditore d'amore, curatore di tutti i mali dello spirito e di tutti i dolori dell’anima, venditore di speranza e di sogni per tutti i folli e non, pronti ad acquistarla!

    Lui è sempre lì, riconoscibile a chiunque abbia voglia di osservare.

    Ancorato, fiero come una statua vergine che mostra le sue grazie, sotto il sole, sotto la pioggia, con il freddo o la nebbia, concedendosi solo ogni tanto di appoggiare il suo corpo di vecchio ventottenne a quella ringhiera, per continuare, subito dopo, ad esibirsi al mondo.

    Giorgio si confonde fra la nebbia dello smog che le auto abbandonano ingrate nell’aria. Impietrito si sorregge a quella ringhiera che lo sente ansimare, sospirare, bestemmiare per un altro clacson che lo stordisce.

    Lui che abita quelle strade da sempre, che ne conosce ogni piccolo particolare.

    Ancora si porta appiccicato addosso l’odore di quelle isolate stradine che hanno ospitato la sua giovinezza.

    Quelle lontane traverse dove vedere un’auto era quasi una festa per tanti ragazzini che, come lui, arrestavano il pallone e, fermi, lasciavano i loro " …sguardi persi su una macchina che va…"[1] e, quella stessa occhiata si traduceva, silenziosamente, nelle loro ambizioni, nelle loro aspirazioni, nella loro voglia di calpestare strade nuove, di incontrare altra gente.

    Poi, strizzandosi l’occhio compiaciuti, ripartivano in quel frenetico scambio di palla per spazzare, con un altro tiro, quella voglia che cresceva sempre più, che li incoraggiava a fare un grande salto, a fare una scelta per la loro vita, chiusa in quelle piccole strade di provincia.

    Giorgio ha osato!

    Ha superato quell’ostacolo, ed ora, in quella tanto agognata e roboante città, si muove come un soldato fiero, padrone di quelle strade che da sempre lo affascinano e lo sorprendono per il grande caos e, allo stesso tempo, lo confondono per la moltitudine varia, per l'indifferenza di persone che si scontrano e non si incontrano mai.

    A volte, avverte un senso di soffocamento, paragonabile alla sensazione di pesantezza che fiutava in quella provincia che, immobile, ha assistito alla sua crescita.

    In quel paese che per lui è sempre stato troppo piccolo per le sue megalomani aspettative ed i suoi infiniti sogni che non riesce a contenere e neppure ad accontentare.

    In quel misero suolo i suoi anni passano riempiendo l’animo di sogni, rincorrendo i grandi del quartiere da un bar all’altro col culo incollato a motori presi in prestito da fratelli più grandi, abbandonati in cantine semi vuote rivestite da ragnatele e topi.

    Pelli lisce pregne di dopobarba, giocano a fare gli adulti fra una scazzottata ed una carambola, fra una birra ed una chitarra.

    La sera, poi, l’umido delle panchine sui jeans e i rami quasi spogli dei giganteschi alberi del parco, fanno da cornice e testimoniano discorsi ubriachi di verde gioia tediosa che inebria e scalda gli animi fanciulli e i loro occhi speranzosi e bramosi.

    Ed è proprio là, su quelle panchine che Giorgio sogna di essere uno di loro, o forse invidia solo la loro età.

    Lì iniziano discorsi che non hanno mai termine, scoprono nuovi giochi, mille schitarrate.

    In quei parchi, su quei tronchi freddi, si scambiano fantasie, desideri, storie reali ingigantite da bugie innocenti per godere dell’ammirazione degli altri.

    Appollaiati, sdraiati, su precari sostegni, in trepidazione e nello stesso momento immobili, divorano con gli occhi le macchine sfrecciare per quelle vie, le moto roboanti e colorate che attraversano per qualche secondo la loro vita, coprendola di fumo che scompare velocemente quanto il loro passaggio fugace e rapido.

    Solo il tempo di maledire qualche conduttore troppo spericolato, per invidiarlo, per imprecare contro la sua età, i suoi sogni, la sua apatia.

    Giornate riempite di bugie e di inganni per alleviare quella noia, fantasticando futuri da miliardari, sognando vite ai limiti, piene di feste sfarzose e ricche che incontrano solo su quei giornalini scandalistici.

    Fa rabbrividire quel lusso che qualcuno può permettersi ed insieme vaneggiare su mondi e vite irreali, lasciando galoppare la fantasia, mentre una voce irrompe quei miraggi con brutale realtà " …Maledetti noi, coscienze sporche, facce di chi infondo lo sa già che poi riderà pure in faccia alla morte se passa di qua… chi se ne accorgerà…"[2].

    Lì, sul freddo di quella dura lamiera, lasciano scorrere i loro giorni rotolando le prime canne, ingoiando le prime pasticche, giocando con preservativi mai usati su quei corpi di prostitute che li iniziano ad essere uomini, in quei loro orgasmi precoci, sciogliendo di imbarazzo i loro gesti infantili e timidi, che diventano eroici e disinibiti nei racconti coloriti ed eccentrici di quei primi approcci amorosi. Seduti lì, in quei pomeriggi sempre uguali, perdono le ore del giorno ridendo e scherzando pigri nel loro animo tedioso.

    In uno di quegli uguali giorni qualcuno s’inventa di scippare le persone per strada: dai ci proviamo, …così tanto per divertirci un po’ a vedere che faccia fanno. Il gruppo di amici smette di rumoreggiare con le parole, scruta attentamente il compagno, l’ideatore di quella pensata e, con gli occhi fissi ai suoi, comprende che non si tratta della solita cazzata.

    Si sentono colpiti, quasi sfidati nei loro animi audaci che non hanno mai collaudato. Sono in bilico tra la voglia di mettersi alla prova, di misurare il loro coraggio ed il timore di essere beccati ancora prima di iniziare, visto che la caserma dei carabinieri è proprio a due passi da loro.

    Giorgio prende subito la palla al balzo e, con un salto felino, zompa giù dalla panchina ed osserva i loro occhi increduli, con fare istigatore annuncia boriosamente: Comincio io… Ci vediamo al solito posto! Rimangono ammutoliti da quel coraggio ed, immobili come statue, seguono la figura minuta di quel ragazzo di appena quattordici anni che, saltato con destrezza sul motorino, inizia a prendere velocità. Giorgio gira con forti scatti l’acceleratore del suo motorino coprendo i suoi amici di fumo e sabbia che la ruota posteriore solleva nel suo roteare rapido, si posiziona curvo sul manubrio, come a cavallo di uno stallone, con gli occhi fissi e concentrati ad individuare la sua preda. Il rumore della marmitta rimbomba come eco assordante nelle loro orecchie, mentre le ruote avanzano su quella strada appena asfaltata. Gli occhi di Giorgio lasciano trasparire uno sguardo pacato e freddo, con quella stessa espressione criminale appiccicata al volto di quando è saltato giù dalla panchina per avventurarsi, qualche minuto prima, in quella sfida incredibile che adesso, per vigliaccheria, qualcuno tradisce con lamenti soffocati.

    Giorgio arresta la sua corsa! Lo stridulo della frenata delle ruote fisse al cemento, sembra riportare l’eco delle gaie risate di un tempo, dopo le mille burla e gli infiniti scherzi che accompagnavano le sue giornate e che ancora riempie con il motto " …Gli altri ti diranno che non si fa, che sei tu l’egoista mica la realtà, ma abbiamo questa vita sola ed un'altra chi ce l’ha..."[3], rincorrendo e sfinendo quella vita che sempre più si riempie di noia ed apatia, quella vita schiacciata e rallentata da giornate perse su quelle fredde panchine che ospitano i loro corpi frementi e giovani.

    Ed è proprio da quella panchina che, qualche minuto prima, lo hanno visto lanciarsi con inaudita trepidazione verso il motorino, che continua la sua corsa e si accosta vicinissimo ad una signora intenta ad aspettare il tram, presa dai suoi reconditi pensieri ed ignara di ciò che le aspetta. Catapultati nella realtà, svegliati da quella brusca frenata, vedono Giorgio accelerare come un toro che carica al matador muovendo nervosamente le zampe.

    Eccolo: allunga lesto il braccio e le strappa con forza la borsetta scaraventandola a terra. …Doveva essere solo una finta…, qualcuno vilmente sussurra, mentre Giorgio cavalca il suo motorino con decisione, alza la ruota anteriore fino al viso della mal capitata e, con aria fiera, le volta le spalle. Come un fulmine, girandosi solo un attimo per scrutare furtivamente la donna, sparisce indirizzato verso il solito posto, tra i sassi, che portano alla loro spiaggetta: capoluogo di ritrovo per quelle giornate svogliate, nascondiglio sicuro fin dai primi anni di scuola, luogo

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