L'esposizione dei finti suicidi
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Storico - romanzo breve (69 pagine) - Milano, agosto 1906. All’ombra dei padiglioni dell’Esposizione Universale alcuni suicidi mettono in allarme la questura di Milano. Riuscirà il commissario Pittarelli a scoprire cosa si cela dietro queste morti sospette, senza cadere egli stesso nella catena dei delitti?
A Milano, durante l’Esposizione Universale del 1906, il cadavere dello scienziato Benedetto Ferrari giace a ridosso di uno dei Padiglioni della fiera. Pochi giorni dopo, un importante finanziere di Milano viene trovato impiccato a una trave all’interno dell’Esposizione. In entrambi i casi i giornali parlano di suicidio.
Ma il commissario Pittarelli non è convinto. A intralciarlo ci si metteranno anche le emicranie di cui soffre dalla morte dei genitori. In una successione di interrogatori, minacce, tentativi di depistaggio, cercherà il bandolo della matassa, sebbene il questore voglia chiudere la faccenda al più presto per mantenere il buon nome dell’Esposizione.
Pittarelli chiederà aiuto a un neurologo viennese, conosciuto durante una vacanza in montagna: Sigmund Freud, con il quale ha intrapreso una saltuaria corrispondenza.
Alla fine, la vicenda dei suicidi all’Esposizione si svelerà pian piano in tutta la sua complessità: la facciata di modernità di Milano, e dell’Italia tutta, mostrerà il prezzo pagato in termini di profonde ferite storiche e sociali.
Maria Rosaria Del Ciello vive a Roma con la sua famiglia. Laureata in Economia e Commercio, ha un passato di giornalista free-lance, è bibliotecaria e mamma di Chiara, Francesco e del gatto Romeo. La passione per la scrittura creativa l’accompagna da sempre. Ha pubblicato il suo primo racconto breve nell’antologia Delos Books 365 storie d’amore del 2013. Il suo primo racconto lungo, dal titolo L’apparenza inganna, è stato pubblicato nel giugno 2018 nella collana Passione Criminale (Delos Digital). Ha vinto la 42a edizione del premio WMI con il racconto Skull’s Hill. Nel 2019 un suo racconto è stato tra i finalisti del Gran Giallo di Cattolica.
Giulio Palmieri è nato a Galatina (LE) nel 1979 e vive con la sua famiglia nella provincia di Varese. Legge da sempre e scrive dall’età di quindici anni. È appassionato di mitologia, studi antichi e letteratura. Ha pubblicato racconti brevi su antologie varie (per Alcheringa, Historica, Delos Digital, l’ArgoLibro) e un suo racconto è arrivato tra gli otto finalisti al Premio Zeno 2019. Di recente, sta portando a termine un romanzo. Nonostante i quarant’anni e un lungo curriculum nella consulenza informatica, diventare scrittore è quello che vorrebbe fare da grande.
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Anteprima del libro
L'esposizione dei finti suicidi - Maria Rosaria Del Ciello
9788825406368
Personaggi:
Andrea Pittarelli
commissario della Polizia del Regno presso la Questura di piazza San Fedele a Milano
Zia Malia
zia del commissario
Pulixi
Questore
Silenti
Ispettore
Edoardo Congedo
Guardia
Anastasi
medico legale
Benedetto Ferrari
scienziato
Adelaide Ferrari
moglie di Benedetto Ferrari
Gustave Hertz
imprenditore
Carlotta Hertz
moglie di Gustave Hertz
Paniccia
grafologo
Eva Chiarot
cantante/attrice del teatro Eden
Diego Vinci
guardia dell’Esposizione
Maria
domestica di Adelaide Ferrari
1
Milano, venerdì 3 agosto 1906 – ore 6:00
Il visitatore occasionale, capitato per la prima volta a Milano per ammirare i prodigi della tecnica in mostra all’Esposizione Universale del 1906, da poco inaugurata, sarebbe rimasto colpito, innanzitutto, dalla maestosità della Torre Stigler: una costruzione di acciaio di cinquanta metri d’altezza, dotata di un ascensore idraulico diretto a una piattaforma da cui si potevano ammirare i padiglioni costruiti per l’occasione.
Questo pensava Pittarelli mentre giungeva a cavallo nei pressi della Torre, osservando le volute di fumo che s’alzavano gonfie da un padiglione poco distante. Pensò anche che, per far salire quell’ascensore, ci sarebbero voluti oltre mille litri d’acqua, e quell’acqua adesso era più che mai necessaria per spegnere l’incendio divampato nella notte e non ancora domato.
– Scendo qui – disse a Congedo, la giovane guardia che l’aveva accompagnato a cavallo.
– Agli ordini – rispose l’altro.
Un cordone di gendarmi tratteneva una piccola folla sullo spiazzo antistante l’edificio distrutto dalle fiamme. Alle loro spalle, alcuni pompieri puntavano gli idranti verso le capriate del padiglione.
Quando s’avvicinò, riconobbe l’ispettore Silenti, la sua figura grassoccia e tarchiata, i baffi alla francese, in servizio come lui nella questura di piazza San Fedele.
– Quando è cominciato l’incendio? – chiese.
– Verso le quattro.
– Di quale padiglione si tratta?
– Delle Arti Decorative Italiane.
– Tenete lontani i curiosi – intimò Pittarelli prima di indietreggiare di qualche passo. – Vado a dare uno sguardo alla Torre Stigler. Se la situazione si aggrava date il segnale con le sirene. D’accordo?
– Sissignore.
Pittarelli raggiunse la base della Torre e all’improvviso udì uno schianto. Di sicuro, alcune travi avevano ceduto. Si portò un fazzoletto alla bocca, giusto in tempo per scorgere scintille alzarsi nel vento, e distinguere nel caos un cappellino a terra, nella polvere. Poco più avanti, una giovane donna s’agitava, davanti a una guardia che a fatica cercava di trattenerla. Gridava un nome: – Filippo! Filippo!
Pittarelli la raggiunse. – Polizia del regno – disse. – Che succede?
– Non trovo mio figlio! – gridò lei.
– Si calmi, quando l’avete visto l’ultima volta?
– Poco fa, appena arrivati con la carrozza da Greco. Andavamo verso la Torre e mi sono distratta un attimo. Vi prego! – e cominciò a piangere.
– Tu cosa fai lì come un baccalà? – urlò Pittarelli alla guardia.
– Io…
– Quanti anni ha vostro figlio? – chiese ancora il commissario, passando un braccio attorno alle spalle della donna scossa dai singhiozzi, nel tentativo di calmarla.
– Dieci. È un bimbo, solo un bimbo.
– Cercate di fronte al Padiglione delle Belle Arti, di là – intimò Pittarelli alla guardia. – Io vado fino alla fermata della stazione.
Il giovane batté i tacchi e annuì.
– Lei non si muova da qui, d’accordo? – disse poi alla donna.
Non aspettò di coglierne la reazione: si premette con forza il fazzoletto sulla bocca e cominciò a correre. Il vento spingeva il fumo in alto, nel chiarore del giorno; la gente fuggiva, mentre a lui premeva trovare l’unica cosa che in quel momento gli avrebbe messo il cuore in pace: un ragazzino smarrito.
D’un tratto, l’odore del fumo cominciò ad annebbiargli i sensi. Si fermò massaggiandosi con una mano la nuca. Sentiva un dolore alla base del cranio, e sapeva che era il principio di un’emicrania. Devo fare in fretta, pensò, e proseguì verso la stazione, alle spalle di quella cattedrale di vetro e legno che non cessava di bruciare.
In un lungo viale alberato, animato dai movimenti di operai e pompieri impegnati con gli idranti, Pittarelli continuava a chiamare. D’un tratto, su un’aiuola scorse il corpo disteso di un uomo, riverso in diagonale. Le dita della mano tremavano, e una macchia violacea gli colorava l’avambraccio.
Pittarelli si avvicinò, con l’intenzione di aiutare il malcapitato, forse colpito da malore.
Proprio in quel momento il pulsare alla base del cranio divampò. La realtà piena di fumo si tramutò in un mondo fatto di ombre, e Pittarelli, ormai privo di forze, non poté fare altro che proseguire a tentoni, accasciandosi infine alla base di un albero. Poi perse i sensi.
– Commissa’, meno male che vi ho trovato.
Pittarelli strabuzzò gli occhi. Un colpo di tosse gli scosse la gola.
– State bene? In piedi è meglio, respirate.
– Congedo. Sei tu, vero?
– Fate finta di non riconoscermi?
– Ho avuto un attimo… un attimo di mancamento.
Appoggiò una mano sulla spalla di Congedo e continuò a tossire.
– Commissa’, hanno trovato il bambino. Ho incontrato sua madre, là alla Torre. Sono venuto a cercarvi e… mi sono preso la libertà di portarvi fin qui in spalla. Lo cercavate anche voi, no?
– Certo, certo – rispose lui.
– Ce la fate a camminare?
Pittarelli si tirò su. Si trovavano vicino alla stazione elettrica, dall’altra parte del perimetro della mostra. Ogni tanto qualcuno si ritrova, pensò, e si volse guardando il viale alberato da dove erano venuti.
– Avete visto qualcuno vicino a me?
– Oggi è la giornata che siete strano, commissa’.
– Non scherzate sempre, fieu. Avete visto qualcuno oppure no?
– Eravate da solo. I pompieri hanno domato le fiamme e adesso lavorano sul fronte del padiglione dell’Ungheria, ma…
– Ma?
– Ma mi sa che non rimane più molto. Abbiamo chiuso il viale, e poi vi ho trovato.
– Chiamatemi l’ispettore Silenti.
Congedo si allontanò come un fulmine e dopo un paio di minuti ricomparve in compagnia dell’ispettore.
– Comandate, commissario.
– Silenti, domani mi fate avere il rapporto scritto sull’incendio.
Quello strabuzzò gli occhi e si asciugò il sudore che dalla fronte gli scendeva giù per il collo.
– Commissa’, fa caldo, sembra sera, e io devo aiutare i pompieri…
– È un ordine. Andate!
Silenti batté i tacchi, prima di allontanarsi scuotendo la testa.
Nel giorno da poco iniziato, il fumo nero continuava a spandersi nel chiarore del mattino.
2
Milano, venerdì 3 agosto 1906 – ore 6:30
La ragazza percorreva in gran fretta via Francesco Petrarca. Indossava un abito scuro come la notte appena trascorsa, un foulard sul capo dal quale sfuggivano ciocche di cappelli rossi. Quando giunse di fronte al palazzo dell’Istituto delle Suore Marcelline il chiarore del giorno si affacciava ormai tra le case, arrossando un cielo d’agosto che da lì a poco sarebbe diventato rovente. Le cose iniziavano a prendere forma e colore e il palazzo delle suore si stagliava imponente con il suo profilo