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Destino Madrid
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E-book216 pagine2 ore

Destino Madrid

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Info su questo ebook

Luca Giaquinto, sociologo-antropologo, è il nuovo responsabile della divisione “Ammissione al programma di tutela per pentiti” della procura di Roma. Lo affianca, nella revisione dei documenti di reinserimento sociale di un ex terrorista - Carlo Antonini, alias Adelio Moro - il fido Annecchino, funzionario prossimo alla pensione.
Quello che sembra essere apparentemente un semplice passaggio burocratico, grazie alle competenze sociologiche e psicologiche di Giaquinto, apre la strada, inaspettatamente, ad una nuova inchiesta giudiziaria fra apparati deviati dello Stato.
Storia, intrigo, ricerca della verità, analisi del vissuto esperienziale, tragico ed umano di Adelio e del suo amico medico Enea Testa, che ricongiungono le loro vite per “destino”, ai margini dei fatidici ‘Anni di piombo’, danno corpus al primo fortunato romanzo di Amilcare Spinapolice, “Destino Madrid”. 
Ma l’attore principale dell’esordio letterario del medico-scrittore di origini foggiane è lo stesso sociologo Luca Giaquinto, sostenuto dalla sua compagna Greta, che si rivela un ottimo conoscitore dell’animo umano, tanto da “spogliarsi” del ruolo assegnatogli dallo scrittore e, grazie ad un originale cambio di registro letterario, diventare, a sua volta, narratore della “destinazione finale” dei due amici, protagonisti della oscura vicenda di cronaca nera. (Antonio Dellisanti)

Destino Madrid è il primo di una serie di romanzi scritti da Amilcare Spinapolice che hanno per protagonista Luca Giaquinto, sociologo-antropologo, collaboratore del Ministero della Giustizia per il programma di tutela e reinserimento sociale dei pentiti. 
Il tema è “il Destino, inteso non come casualità, ma come Destinazione”. Il romanzo mette in discussione la “purezza” del libero arbitrio perché, ciascuno di noi, secondo l’autore, è: “vittima e complice di se stesso”. L’unica casualità, come scrive pure Elias Canetti in “Massa e potere” è nel concepimento, nell’incontro tra proprio quei due gameti che, alla nascita, determineranno conseguenze biologiche, ambientali e sociali.
LinguaItaliano
Data di uscita12 mag 2020
ISBN9788889220955
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    Anteprima del libro

    Destino Madrid - Amilcare Spinapolice

    casuale

    PRIMA PARTE

    ​Il CASO MORO/ANTONINI

    Roma, Palazzo di Giustizia

    In un anonimo ufficio, in fondo ad uno dei tanti corridoi del palazzaccio, la porta, semi nascosta da un mobile-archivio, mostrava i segni del tempo, ma aveva in bella evidenza una targa nuovissima:

    Dr. Luca Giaquinto

    Coordinatore Nazionale

    Sezione: Collaboratori di giustizia

    Un uomo, con un fascicolo in mano, si fermò sulla soglia. Dietro la scrivania, Luca Giaquinto, sociologo, nuovo responsabile della ammissione al programma di tutela per pentiti stava aprendo e chiudendo ripetutamente i cassetti, come se cercasse qualcosa. Non s’avvide di quella presenza e continuò a frugare.

    - Ma dove cazzo sta la chiave! - imprecò a voce alta, mentre per la foga, per poco, non demoliva la scrivania.

    Finalmente, dopo qualche minuto, intravide l’uomo, rimasto immobile ad osservare tutta la scena.

    Giaquinto si alzò in piedi mostrando tutto il suo fisico da quarantenne curato. Spalle perfettamente dritte e simmetriche, fisico asciutto, volto dall’aria intelligente ed un naso colto, alla Dante.

    - Si accomodi, signor Procuratore - disse con il tono di chi vuole scusarsi, andandogli incontro - Le chiedo venia per i miei modi. Sono mortificato, non mi sono accorto della sua presenza.

    - Benvenuto dottor Giaquinto. Spero che abbia trovato quel che cercava, non fosse altro perché ho seriamente temuto per l’incolumità dell’unica scrivania che possiamo assegnarle. Non so come avrebbe fatto senza...

    - Mi scusi Procuratore, ma cercavo la chiave per tenere al sicuro i miei effetti personali.

    - L’ha trovata?

    - Veramente no, ma non importa! Ci penserò dopo, sono contento di vederla…

    - Ho avuto ottime referenze professionali sul suo conto, ma mi hanno anche avvertito che le piace cambiare spesso settore di lavoro. Spero che qui, da noi, si trovi bene e riesca a resistere alla tentazione di un ulteriore passaggio...

    - Oddio, una location migliore non mi sarebbe dispiaciuta. Sa, per integrami meglio... Ah, ah, ah.... Non ci dia peso, dottor Fanelli, qualche volta mi piace prendermi in giro. È vero, cambio spesso sezione, ma sono un sociologo curioso, con il pallino dell’antropologia a cui viene naturale cercare dovunque vi sia motivo di esplorare e capire l’origine di alcuni comportamenti umani.

    - Nel tentativo di riuscire a farla affezionare alla nostra sezione, come primo caso le ho affidato una problematica complessa, in cui, credo, l’occhio del sociologo vedrà meglio di quello dell’uomo di legge. Il caso è quello di Adelio Moro/Carlo Antonini. Lo studi bene, sembra un caso di delinquenza comune, in un contesto familiare ovviamente difficile. Ha chiesto una estensione della protezione, anche per la futura moglie, si sposerà tra poco e per il figlio. Il suo compito è quello di tracciare un profilo del richiedente valutando, con le sue competenze psicologiche e comunicative, l’attendibilità delle sue dichiarazioni, in modo da dare, al magistrato togato, la possibilità di esprimere un giudizio corretto. È il suo primo caso qui: proceda con cautela, mi intende, vero!? Non sia né troppo rigido, né troppo tenero nelle sue valutazioni. Da lei ci aspettiamo di sapere se vi sono indicazioni positive, per una nuova socializzazione dei soggetti. Il reinserimento ragionato in società dei cosiddetti pentiti non è solo una questione di spesa economica, ma è importante che questo investimento che lo Stato compie, sia motivo di gratificazione sociale, migliorare il singolo senza danneggiare la collettività. Questo il nostro compito. Buon lavoro!

    - Ho recepito l’indicazione, mi consenta di confermare, farò le mie valutazioni, argomentandole; poi l’ultima parola, spetterà, come sempre, alla magistratura.

    - Ovvio! La saluto Giaquinto, mi auguro non si stanchi della location e ci molli, subito dopo. Lei è uno in gamba!

    - No, non si preoccupi, la mia era solo una stupida battuta. Arrivederci, Eccellenza, grazie della visita.

    Rimasto solo, prese il telefono e chiamò l’interno:

    - Annecchino, per favore, portami il fascicolo Moro/Antonini, dobbiamo rifare tutto da capo, si sposa, ma ha già un figlio. Dobbiamo ristudiarlo.

    Il suo segretario era una persona minuta, con denti sporgenti, le mani curate, ma nodose da artrosi di vecchia data. Sembrava che si muovesse al rallentatore tanto era lento, sempre vestito di grigio ed era ormai prossimo alla pensione. Aveva un passato da cancelliere, ma la sua carriera fu minata dalle precarie condizioni di salute che lo costrinsero ad impegni meno gravosi. Non perdeva occasione per lamentarsi di quella messa a riposo, che non riusciva mai a raggiungere. È come la frontiera degli americani, si sposta sempre diceva tutte le volte che gli era possibile, mostrando compiacimento per l’ironia che era riuscito a fare. Era questo il suo modo di accettare la realtà. Dote questa che nessuno dei suoi superiori aveva apprezzato in quarant’anni di servizio.

    - Come ha detto che si chiama il fascicolo?

    - Moro/Antonini, Annecchino ho detto Antonini, la nuova identità, Moro la vera.

    - Vado a cercarlo.

    Dopo un’ora abbondante ritornò con in mano il faldone.

    - Ecco dottò, è tutto quello che ho trovato - disse, deponendo con aria stanca, sulla scrivania, il faldone richiesto.

    - Annechì, sembra che stai tornando dai lavori forzati, datti na’ mossa, con me si corre...

    - Veda... La verità è che io sono stanco di mio. Dottò, posso andare adesso?

    - Vai, vai pure e non ci fare caso se dico così, scherzo!

    Rimasto solo, Giaquinto chiuse la porta, s’accomodò ed iniziò a studiare il fascicolo. Giunto alla quarta pagina, preso dal racconto, si accese un sigaro. L’effluvio profumato del toscanello al caffè si espanse in tutto il corridoio.

    Passò un impiegato che alzò la voce in segno di protesta:

    - Qui non si fuma!

    Giaquinto era ormai un tutt’uno con la storia...

    IL DUBBIO

    Finita l’analisi del fascicolo, Giaquinto si soffermò a riflettere.

    - Strano personaggio questo Adelio - pensò.

    Ripeté a voce alta i punti, per lui, salienti:

    - Vediamo... Adelio Moro dichiara di aver aderito in passato ad un gruppo terroristico, Proletari per la rivoluzione, e di aver partecipato ad una rapina finita male...

    Con la penna tamburellò la scrivania, da cui si propagò un ticchettìo simile a quello di un orologio, quasi a cadenzare i pensieri del sociologo, come in un quiz tv. Si fermò a scartocciare una caramella di quelle alla menta, buone per la gola; poi, rinfrancata la voce, continuò:

    - Confessa un omicidio. Già, ma in nessuna delle azioni criminali il Moro/Antonini scende nei particolari, l’argomento terrorismo lo sfiora appena; riferendosi alla rapina, non dice il nome degli altri componenti.

    La dinamica comunicativa non convinceva Giaquinto. Troppo scarna per una richiesta di inserimento in un provvedimento di protezione. - Rivediamo - ripensò - In riferimento alla sua partecipazione a gruppi terroristici ammette la partecipazione all’attentato al porto di Ancona nel 1977, ma fa solo nomi di terroristi morti, come se avesse molte cose da nascondere. Della rapina racconta solo l’episodio che lo ha visto vittima, mentre si dilunga, in maniera all’apparenza sincera, dove si percepiscono le emozioni del suo vissuto, solo nell’incontro con l’amico Enea Testa. In fondo, la sua richiesta di protezione non apporta in realtà, elementi nuovi, utili per combattere la criminalità. Dice tutte cose note, dando loro un tono di credibilità nuova. Alla domanda del perché i complici della rapina avessero tentato di ucciderlo, molto evasivamente risponde che il motivo andava ricercato nella sua opposizione ad aprire il fuoco contro i carabinieri.

    La mente di Giaquinto iniziò a macinare pensieri alimentati dai dubbi che quella deposizione gli aveva stimolato.

    Incurante del divieto e completamente immerso nei pensieri, riaccese il sigaro, la sua compagnia preferita durante le letture.

    Nel verbale apparentemente tutto combaciava: la confessione del pentito sembrava essere corretta, eppure, inspiegabilmente, aveva la sensazione che avesse mentito, nascondendo qualcosa di importante.

    Continuò a battere con la penna sulla scrivania, come se quel ritmo lo aiutasse a trovare la concentrazione.

    - Possibile che compia un omicidio qualche giorno prima di costituirsi? Questa vicenda potrebbe costargli la perdita dell’inserimento nel programma. Perché?

    La sua concentrazione fu interrotta.

    - Dottò... posso?

    - Vieni Annecchì.

    Il fumo del sigaro investì in pieno il povero Annecchino. La tosse immediata fu la risposta all’assalto della nebbia tabagica, una tosse sbilenca, fatta di eccessi, seguiti da rantolii e poi altri attacchi. Non aveva tutti i torti il segretario, perché Giaquinto neanche la finestra aveva aperto!

    - Annecchì scusa, non mi sono accorto che la finestra fosse chiusa! - argomentò semplicemente, rivolgendosi al suo collaboratore.

    Vide il malcapitato che, nonostante tossisse ancora - aveva un’espressione del volto contrita - trasmetteva, comunque, simpatia. Giaquinto si intenerì.

    I due si guardarono e spontaneamente tra loro si stabilì un’empatia reciproca.

    - Dottò, non fa niente se mi viene pure il cancro, vinco la bambolina ... - disse Annechino, con la voce ancora tremula.

    - Esagerato! Rispose il dirigente, sorridendo. Piuttosto, tu che stai qui da trent’anni, sai, per caso, chi erano i magistrati inquirenti in servizio dagli anni di piombo in poi?

    - Il dottor Ragusa prima e poi il dottor Ernesto Mammarella che si occupavano di terrorismo; il procuratore sempre quello attuale, il dottor Luciano Fanelli, l’unico che è rimasto in servizio, insieme al dottor Dorsi, sostituto procuratore, che ora è al penale.

    - Vorrei parlarci... Riusciamo a sapere qualcosa delle indagini che furono condotte?

    - Dottò, prima mi dovete dire a quanto ammonta il montepremi e, se mi conviene, rispondo! - rispose il collaboratore ridacchiando.

    - Oggi ti senti spiritoso! Vabbè, tre giorni di ferie in più al prossimo ponte.

    - Troppo poco! Scherzo, dottò. Il magistrato che si occupava di terrorismo prima di Mammarella è morto, pace all’anima sua. Mammarella è ormai in pensione e non ho avuto più sue notizie. L’unico che possiamo contattare è il sostituto procuratore Dorsi o direttamente il procuratore Fanelli.

    - Grazie Annecchì, vedremo di contattare uno dei due. Oggi, però, non ho voglia di vedere nessuno, chiunque mi cerchi deve tornare domani...

    - Va bene, dottò, poi vi faccio sapere le date delle ferie - disse il cancelliere, allontanandosi.

    Fra tutti i funzionari che aveva conosciuto, di certo, costui era non solo il più particolare, ma anche il più simpatico.

    Rimasto solo, Giaquinto resisté alla tentazione di fumare un altro sigaro, guardò l’orologio e si rese conto che era oramai tardi. Aprì il primo cassetto a sinistra della scrivania e, come per magia, trovò le chiavi che cercava. Conservò accuratamente il faldone.

    S’alzò e stirarsi fu un gesto inevitabile. S’infilò la giacca e, chiusa la porta, s’incamminò lungo il corridoio, giocherellando con il sigaro che aveva nella tasca destra della giacca. Appena fuori dal portone, l’estrasse e, con un gesto mistico, l’accese, gustandone tutto il primo profumo, decisamente, per lui, rilassante. Da una cabina telefonica provò a chiamare Greta, la sua compagna di vita. Desisté al quinto squillo e riagganciò.

    - Sempre impegnate queste donne per non rispondere! - borbottò.

    S’avviò alla fermata del bus che lo avrebbe portato a casa.

    All’indomani, Giaquinto arrivò in ufficio in leggero ritardo, ufficialmente per via del cronico default dei mezzi pubblici; in realtà, aveva fatto un’abbondante colazione in un famoso bar del centro, comodamente seduto a leggere il giornale.

    Da molto tempo, oramai, leggeva solo giornali sportivi; la politica, i commenti, la cronaca, lo annoiavano. Una stranezza per un comunicatore esperto...

    Annecchino, come al solito, lo aspettava nella stanza accanto.

    - Buongiorno dottò - disse con l’aria di chi è contento di incontrare quella persona.

    - Ciao Annecchì - rispose Giaquinto, con altrettanta empatia - Che dici se vieni da me e prendiamo un caffè?

    - Volentieri dottò.

    Annecchino si alzò e, caracollante come al solito, seguì il capo nella sua stanza. Era felice. Nessun dirigente, prima, aveva avuto per lui tanta considerazione.

    - Che dobbiamo fare stamattina?

    - Veramente dottò, ieri ci sono state due persone che volevano parlare con voi, le ho rimandate, poi mi avevate chiesto del sostituto Dorsi ed io mi sono permesso di prendere tutti i numeri, qualora voleste rintracciarlo...

    - Bravo Annecchì, sei in gamba!

    - Grazie dottò, troppo buono!

    - Sì! Ma non ti montare la testa, mi raccomando!

    - Dottò, saranno vent’anni che è smontata e tutte le mattine faccio fatica a rimetterla a posto.

    - Niente niente, da grande, vorresti fare l’attore di cabaret!?

    - Non mi prendete in giro! Sono battutacce che fanno ridere solo me, lo so, ma voi mi siete simpatico e capite lo scherzo... Perciò mi sento libero di farle!

    - Bravo Annecchì, fai bene, una giornata senza aver riso è una giornata sprecata! Non mi ricordo chi lo ha detto, forse Chaplin? Chi sono questi signori che volevano parlare con me?

    - Un avvocato. Aspetti, ho il suo biglietto da visita in tasca, ecco qua: Arturo Di Gianni, penalista. Poi una donna, la signora De Carlo.

    - Che combinazione! La moglie di Adelio Moro con il suo avvocato, probabilmente. Cosa hanno detto?

    - Hanno chiesto di voi, hanno aspettato e poi sono stato io a dire loro che, forse, era meglio rimandare.

    - Arrivati insieme?

    - Sì. Mi pare, proprio di sì.

    - Hai dato loro un appuntamento?

    - No! Ho detto che avrei richiamato l’avvocato dopo aver parlato con voi.

    - Benissimo! Però voglio sentire prima il procuratore Dorsi.

    - I numeri sono in evidenza sulla vostra scrivania.

    - Grazie Annecchì.

    Rimasto solo, rimase a fissare i numeri, quasi per memorizzarli. Poi, dopo aver mordicchiato per un po’ il sigaro, con l’insana voglia di fumarlo, con fare deciso compose il numero del magistrato.

    - Dottor Dorsi?

    - Sì, sono io, chi parla?

    - Procuratore, buongiorno! Sono Giaquinto, responsabile della Sezione collaboratori di giustizia, vorrei parlarle di un caso che mi è stato affidato. Le chiedo la cortesia di potermi ricevere.

    - Venga nel primo pomeriggio. Conosce il mio ufficio?

    - Veramente, no...

    - Secondo piano, ala di destra, la quarta ed ultima stanza. L’aspetto.

    - Grazie dottore, a dopo!

    Chiuse l’apparecchio e subito ebbe una sensazione favorevole, sentiva di aver fatto bene, il sostituto si era dimostrato disponibile.

    Riprese il fascicolo ed aperta la sua agenda riportò gli appunti che aveva trascritto durante la lettura. Ci teneva a fare bella figura con il sostituto procuratore, a fargli percepire la sua professionalità. Dopo aver ripreso il filo di tutto quanto aveva appuntato, chiamò il funzionario:

    - Annecchì, che tu sappia... che tipo è Dorsi?

    - Veramente non lo conosco bene, perché, quando ho lasciato gli uffici del secondo piano, lui era in servizio alla sezione penale ed io al civile. I colleghi lo descrivono come un tipo preciso, ma disponibile,

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