Le migrazioni globali: la direttrice Sud-Sud e i rapporti sino-africani
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Info su questo ebook
Maria Teresa Viola è dottoressa in lingue per la cooperazione internazionale e dottoressa in linguistica generale. Ha studiato presso l’Universita di Cassino e del Lazio meridionale e parla inglese e spagnolo. Il suo lavoro di laurea specialistica analizza il fenomeno migratorio da una prospettiva globale e non solo locale. È stata impegnata in attività legate al mondo universitario quali career-day, conferenze e stage.
Maria Teresa Viola has got a Master’s Degree in Modern Languages for International Cooperation and a Bachelor’s Degree in linguistics.
Maria Teresa has studied at University of Cassino and the Southern Lazio and she can speak english and spanish.
Her Master’s Degree work deals with migration phenomenon, which is analyzed by a global perspective.
Maria Teresa has been committed to university activities such career-day, congresses and stage.
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Anteprima del libro
Le migrazioni globali - Maria Teresa Viola
acronimi
Introduzione
Il presente elaborato tratta per linee generali le varie tipologie di migrazioni che si sono verificate a livello globale, e che continuano a verificarsi tuttora seppur con delle diversità. Inoltre si cerca di analizzare le cause per cui uomini, donne, e interi nuclei familiari si spostano valicando i confini degli Stati in cui risiedono, guardando attentamente anche le nuove direttrici migratorie e i nuovi rapporti che potrebbero caratterizzare ulteriormente tali spostamenti nei prossimi anni, se non addirittura consolidarli.
Nel primo capitolo si espone la storia di alcune popolazioni che in passato erano solite spostarsi e di come funzionavano le uscite dai Paesi di origine e gli ingressi nei Paesi di arrivo. I cambiamenti che ci sono stati rispetto ai paradigmi migratori di quel periodo riguardano l’ambito delle leggi e delle normative vigenti sulla migrazione, ma anche le motivazioni per cui milioni e milioni di persone si spostano ogni giorno valicando frontiere nazionali e addirittura intraprendendo viaggi intercontinentali. Tutto ciò senza trascurare le dinamiche sul fronte dell’accoglienza e della gestione del fenomeno migratorio, il quale, a detta di molti analisti, dovrà essere gestito sempre più in maniera sinergica e meno isolata. Un altro tema importante è quello dell’accoglienza, che deve essere ben pensata e mirata, in modo da favorire una maggiore inclusione sociale e culturale. Se così fosse, essa creerebbe opportunità di scambio e di arricchimento non solo linguistico e culturale ma anche una crescita economica, tanto per gli immigrati che per gli autoctoni. A livello più globale, sempre in questo primo capitolo, si parla anche di regionalizzazione dei flussi migratori. Essi riguardano gruppi più o meno numerosi di persone che vogliono intraprendere un progetto migratorio e preferiscono andare verso determinati Paesi in base alla prossimità geografica, ai legami storico-coloniali, ai legami linguistico culturali, i quali spesso sono residui di vecchi rapporti coloniali. Tali regionalizzazioni hanno portato progressivamente a far si che in un Paese specifico vi fosse un numero più consistente di immigrati provenienti da un altro Paese. Ad esempio il legame che c’è tra l’Algeria e la Francia [1] , o quello che c’è tra gli Stati Uniti e i Caraibi [2] . Con il crescere di tali flussi i migranti hanno ampliato sempre più le cosiddette reti informali, in particolare di conoscenti o familiari già emigrati e stabilitisi in un Paese. Grazie a loro aiuto i neomigranti riescono ad organizzare i viaggi dispensando loro informazioni utili riguardo le tratte più sicure da percorrere e a quali strutture o persone rivolgersi in caso di bisogno. Inoltre rappresentano un supporto emotivo non secondario. Pertanto anche il profilo del migrante non è più lo stesso di una volta; egli può godere di un doppio status, o effettuare più di una migrazione verso un Paese terzo o tornare nel Paese di origine. Tutto ciò va inserito in un più ampio contesto che riguarda la maggiore o minore facilità di spostamento degli stessi migranti stabilita da ogni Stato, poiché anche se all’interno di comunità sovranazionali più ampie come l’UE, essi possono continuare ad esercitare il controllo sulle proprie frontiere.
Il secondo capitolo riguarda le direttrici seguite dai migranti nei flussi internazionali. Si parte da alcuni dati assoluti, ovvero che dei 232 milioni di migranti internazionali, 82 milioni seguivano una direzione Sud-Nord, 82 milioni Sud-Sud, 54 milioni Nord-Nord e 14 milioni Nord-Sud
[3] . Il dato interessante è proprio che le percentuali dei flussi delle direttrici Nord-Sud e Sud-Sud sono le medesime, e infatti rappresentano il 34% ciascuna del totale. Solitamente si pensa che la direttrice Nord-Sud sia la preferita, e di fatto è sempre stata la maggioritaria, ma con l’avvento della globalizzazione e del seguente processo di sviluppo che alcuni Paesi del Sud del mondo (non ci si riferisce tanto al Sud geografico ma anche a quello economico-sociale) hanno conosciuto, si sono visti movimenti migratori da e verso altri Paesi del Sud per motivi prevalentemente di manodopera. Inoltre gli spostamenti Sud-Sud sono più semplici in quanto le frontiere sono più aperte e l’entrata è meno soggetta a controlli da parte delle autorità. Questa è una notevole differenza che c’è rispetto alle migrazioni che coinvolgono le persone negli spostamenti Sud-Nord. I Paesi più sviluppati infatti, con il passare dei decenni hanno introdotto misure d’ingresso sempre più restrittive, e hanno reso le migrazioni internazionali sempre più selettive, un esempio concreto è dato dall’emanazione del c.d. decreto flussi
. Tale documento, emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, stabilisce il numero massimo di lavoratori, siano essi stagionali, subordinati, autonomi, che l’anno successivo possono entrare regolarmente sul territorio per svolgere attività lavorative [4] . Considerando ancora le percentuali, gli spostamenti Nord-Nord corrispondono al 21% e anche questi sono caratterizzati per la relativa facilità con cui le persone entrano ed escono da vari Paesi. I Paesi sviluppati coinvolti sono ad esempio l’Europa e gli Usa, ma si assiste a tali spostamenti anche all’interno della stessa Europa. Tendenzialmente tali flussi coinvolgono persone altamente qualificate che si spostano per trovare opportunità di lavoro più stimolanti, ma non è da trascurare che un’ampia parte della classe media delle società europee si sposta per fare fortuna
. L’ultima direttrice è quella meno percorsa oggigiorno, ovvero quella Nord-Sud, che rappresenta l’11%. Tale percorso nella storia è stato uno dei più praticati, basti pensare ai vari viaggi di scoperte geografiche e alle colonizzazioni dei nuovi territori. Con la successiva fase di decolonizzazione questa direttrice è diventata più variegata tanto da vedere coinvolte oggi diverse categorie. Ad esempio quella dei turisti, di coloro che rientrano nel Paese di origine avendo conseguito un titolo di studio più elevato, o ancora di coloro i quali fanno i volontari nelle zone più disagiate del mondo e offrono assistenza come i cooperanti internazionali.
Il terzo capitolo descrive i diversi Paesi emergenti del Sud, che spesso sono meta privilegiata di uomini d’affari o turisti, come ad esempio il Sud America, il quale rappresenta un sistema migratorio integrato, che vede protagonisti Paesi come l’Argentina, il Brasile, il Cile e il Venezuela. I Paesi di partenza sono ad esempio la Bolivia, il Perù e l’Ecuador. Questo blocco ha suscitato il particolare l’interesse di Pechino, tanto che si sta invertendo la tendenza per cui il Sud America non è più un bacino di immigrati europei, bensì di asiatici. Un altro esempio di flusso migratorio Sud-Sud è rappresentato dall’Europa del Sud che negli ultimi anni ha visto incrementare il numero di arrivi dall’Africa e dal Medio Oriente. Mentre prima i Paese del Sud Europa erano Paesi dai quali si emigrava, a partire dagli anni ’80 sono diventati Paesi di destinazione per chi fuggiva da guerre, disastri ambientali o più semplicemente per chi voleva uno stile di vita più confortevole. Anche in questo capitolo si ritorna sulle frontiere e sulle differenze che si hanno rispetto ad altri spostamenti internazionali, approfondendo le politiche regionali di libera circolazione. I sistemi regionali di libera circolazione aboliscono le frontiere interne per porne solo una esterna e sono ad esempio i Paesi del MERCOSUR tramite l’UNASUR, quelli dell’ASEAN, che permette la libera circolazione tra le Nazioni del Sud-Est asiatico, l’Unione Europea con il trattato di Schengen, il Mercato nordico del lavoro, l’ECOWAS [5] che riguarda la Comunità economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest e infine il TTTA tra l’Australia e la Nuova Zelanda [6] .
Infine, l’ultimo capitolo si concentra sui rapporti sino-africani. I rapporti commerciali e culturali tra questi due Paesi sono storici, sebbene nel corso degli anni abbiano subito dei rallentamenti e addirittura una brusca fase di stallo dovuta a questioni politiche interne. Nel 2000 fu creato il primo Forum per istituzionalizzare le relazioni tra la Cina e l’Africa (FOCAC), che aveva come scopo non solo una vicinanza comune contro il colonialismo e il neo-colonialismo, ma soprattutto una maggiore collaborazione basata sugli scambi tecnologici, e sulle risorse minerarie tra i due [7] . Tutto ciò in un’ottica di cooperazione Sud-Sud e infatti dal 2005 Pechino ha ripreso saldamente i contatti con molti leader africani, tanto che la Cina è diventata il secondo partner strategico dell’Africa, seconda solo all’Europa. Inoltre si cerca di indagare con occhio critico il nuovo tipo di migrazione che vede coinvolti molti Cinesi in Africa, i risvolti che gli investimenti cinesi producono per ambo le parti in causa e il tipo di cooperazione che si vuole consolidare tra i due partner. Ultimamente si parla molto di Cinafrica [8] , sia per l’impatto positivo che questo partenariato porta, basti pensare agli investimenti che sono volti a promuovere ed incentivare la nascita di infrastrutture e aziende in Africa, che per le falle di tale sistema e le eventuali ricadute negative, che potrebbero intaccare il territorio africano e il suo tessuto produttivo e sociale. A questo proposito si descrivono le situazioni di due Paesi, l’Angola e lo Zambia, che sono emblematici di questa cooperazione Sud-Sud. Infine si sottolineano i rapporti che Pechino ha allacciato con il Sudan e con la Nigeria, i quali sono fondamentali per comprendere il flusso dei Nigeriani che emigra verso l’Europa. Il suo numero infatti è andato sempre più crescendo e pertanto si cerca di analizzare come gli investimenti cinesi condizionino tali flussi, soprattutto in riferimento ai profughi ambientali.
[1] Catherine Withol de Wenden, Le nuove migrazioni. Luoghi, uomini, politiche, Bologna, Pàtron Editore, 2016, pag. 28
[2] Ibidem.
[3] Catherine Withol de Wenden, Le nuove migrazioni. Luoghi, uomini, politiche, Bologna, Pàtron Editore, 2016, pag. 12
[4] Paolo Morozzo della Rocca, Immigrazione, asilo e cittadinanza. Discipline e orientamenti giurisprudenziali, Santarcangelo di Tomagna (RN), Maggioli editore, 2018, pag. 193.
[5] Anche chiamato CEDEAO, se si segue l’acronimo francese.
[6] Catherine Withol de Wenden, Le nuove migrazioni. Luoghi, uomini, politiche, Bologna, Pàtron Editore, 2016, pag. 46
[7] www.ispionline.it/it/pubblicazione/forum-cina-africa-cosa-e-cambiato-18-anni-21173
[8] S. Michel, M. Beuret, Cinafrica. Pechino alla conquista del continente nero, Milano, Il Saggiatore, 2011.
I movimenti migratori e le sfide globali
Storia delle migrazioni internazionali
Le migrazioni nell’età contemporanea si distinguono in interne e internazionali. Le migrazioni internazionali si caratterizzano per avere come destinazione un Paese diverso da quello di origine. Nel 2013 si stimava che su 1 miliardo totale di migranti (persone che si sono spostate dl luogo di origine), circa ¼ lo avesse fatto superando i confini nazionali [1] . Solo nel 2013 rappresentavano circa 232 milioni di persone che si spostavano su un totale di circa un miliardo e nel 2015 erano aumentate fino ad arrivare ad un numero di 244 milioni di migranti internazionali [2] .
Tali flussi migratori sono sempre avvenuti nel mondo, anche se con modalità e tempistiche differenti a causa delle diverse epoche storiche e dei diversi mezzi di trasporto a disposizione di chi si spostava. Gli uomini si sono sempre spostati e continueranno a farlo, dunque analizzare i dati rimane una questione centrale per dare credibilità al presente elaborato.
Rispetto alla popolazione mondiale, la percentuale complessiva di chi è stato coinvolto in spostamenti internazionali rimane relativamente bassa, circa il 3% [3] . Sebbene il numero dei migranti internazionali in dati assoluti sia triplicato in 40 anni, non bisogna dimenticare che solo un terzo della popolazione globale può circolare liberamente, essendoci varie restrizioni all’interno dei Paesi di origine o di arrivo. Per citare solo due impedimenti alla mobilità, che non dipendono dalla situazione economica di chi migra, sono quelli a carattere normativo e geopolitico.
Per quelli di carattere normativo ci si riferisce alla concessione di visti e passaporti mentre quelli di carattere geopolitico fanno riferimento all’ impossibilità di emigrare verso uno Stato perché esso limita la concessione di visti come fanno gli Stati Uniti, a partire dal 2016, verso sei Paesi arabi quali l’Iran, la Libia, la Siria, il Sudan, la Somalia e lo Yemen. Infatti solo coloro i quali hanno "un credibile rapporto di buona fede [4] con una persona o entità negli Stati Uniti" possono recarvisi.
Fattore importante di questa mobilità spaziale è stato il processo