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I ragazzi della Bolognina
I ragazzi della Bolognina
I ragazzi della Bolognina
E-book159 pagine2 ore

I ragazzi della Bolognina

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Info su questo ebook

I ragazzi della Bolognina si conoscono da sempre: si amano, si odiano, litigano, si riconciliano, come fossero parte di una grande famiglia. La loro vita scorre normalmente, e l’inserimento nella classe di un nuovo alunno, un algerino, viene accolto inizialmente nell’indifferenza generale. Il ragazzo appare strano, chiuso in un mondo tutto suo che nessuno desidera scoprire e comprendere.
Improvvisamente una serie di furti sconvolge l’esistenza del gruppo. I personaggi cominciano a guardarsi l’un l’altro in modo diverso e a notare particolari che prima venivano celati dalla consuetudine.
Pregiudizi, rancori, fraintendimenti si accavallano fino al dipanarsi del mistero, e la soluzione è davvero sorprendente per tutti.
LinguaItaliano
Data di uscita25 feb 2020
ISBN9788835376088
I ragazzi della Bolognina

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    Anteprima del libro

    I ragazzi della Bolognina - Patrizia Marzocchi

    28

    Premessa

    Noi ragazzi della Bolognina abbiamo vissuto la nostra adolescenza, che già di per sé è un momento di passaggio, a cavallo tra due secoli, tra due millenni. Tra due mondi. È per questo che siamo cresciuti un po’ strani?

    La lira stava per lasciare il posto all’euro, c’erano i computer e i cellulari, ma il tempo dei social network era ancora là da venire. Un ragazzino dei giorni nostri guarderebbe quei primi strumenti con la meraviglia che suscitano gli oggetti del passato o con il disprezzo che provoca ciò che è desueto.

    Eppure quelle macchine goffe e ingombranti avevano già grosse potenzialità, come potrà verificare chi avrà la pazienza di leggere fino in fondo la nostra storia.

    C’erano gli immigrati, ma non ancora così tanti. In compenso c’era il pregiudizio, quello non ha subito variazioni: cambiano i Paesi di origine, il colore della pelle, ma il sentimento che gli stranieri suscitano in noi è sempre molto simile a se stesso. Li avvertiamo come corpi estranei che possono contaminarci, come se noi fossimo i buoni che rischiano di assimilare il male da qualcosa di esterno.

    Questo è esattamente quello che provammo noi in quella sorta di trama del mistero in cui ci ritrovammo avviluppati senza avere gli strumenti per capire. La prima reazione fu quella di affibbiare la colpa al corpo estraneo perché noi eravamo buoni.

    Forse un giorno, quando lo spazio sarà esplorato, dedicheremo il nostro razzismo agli extraterrestri, mostri pronti a sbarcare sulla Terra per portare violenza e rubarci case e lavoro.

    All’epoca non eravamo in grado di fare questi ragionamenti e a quanto pare non lo erano nemmeno gli adulti che ci circondavano, che non furono di alcun aiuto. In quel guado, esposti ai venti dell’incertezza, ci trovammo coinvolti in una serie di eventi straordinari e inquietanti e reagimmo ciascuno a modo proprio.

    Tanta fu la presunzione, innumerevoli gli errori e i conflitti tra noi. Fu molto doloroso scoprire che le cose erano diverse da come apparivano, che persone che credevamo di conoscere custodivano lati oscuri, che noi stessi non eravamo quel che pensavamo di essere.

    Nonostante tutto, grazie a un lavoro di squadra, la soluzione del mistero arrivò.

    Del tutto inaspettata.

    1

    Cominciano i guai, ma nessuno se ne accorge

    Mercoledì, 15 novembre 1998

    La Bolognina è un antico quartiere popolare di Bologna, subito a ridosso della stazione. I ragazzi della II C della scuola media si conoscono da sempre: abitano in palazzi vicini, hanno frequentato la stessa scuola materna ed elementare, hanno giocato insieme nelle strade e nei cortili. L’unica eccezione è un ragazzo dalla pelle scura, arrivato di recente dall’Algeria.

    In una nebbiosa mattina di novembre, nell’atrio del primo piano della scuola media, durante la ricreazione i Nostri stanno tentando di organizzare una festa.

    Prendi la cassa, Gigi, e facciamo i calcoli dice Sergio.

    Poi sorride a Giovanna che distoglie lo sguardo, timidamente. Il viso delicato si imporpora leggermente e i grandi occhi azzurri si illuminano.

    Vado, schizzo, mi precipito dice Gigi, rimanendo fermo.

    Cosa stai aspettando? lo incalza Davide, un attimo prima di addentare il suo panino al prosciutto. Abbiamo ancora pochi minuti di ricreazione.

    Io vado, ma voi siete troppo ansiosi. Manca ancora un mese e Gigi si avvia senza fretta verso l’aula e il suo banco.

    Io vorrei sapere dice Davide con la bocca piena, chi ha avuto l’idea di affidare a quell’incapace la cassa della festa ma intercetta lo sguardo colpevole di Amanda e non ha più bisogno di una risposta.

    Gigi torna di corsa, come un fulmine, urlando nevrastenico:

    Al ladro, al ladro, nel borsello non ci sono più i soldi!

    Vuoi dire che hai perso la cassa? chiede Sergio, mentre il suo imponente ciuffo castano pende minaccioso sulla fronte.

    No, li avevo questa mattina. Forse qualcuno mi ha fatto uno scherzo…

    Lo scherzo te lo sei fatto da solo, fuso come sei dice brutalmente Anselmo. Li hai dimenticati a casa e adesso cerchi di dare la colpa a qualcun altro!

    Ma vi dico che…

    Non c’è nulla di male se li hai dimenticati lo consola Amanda, sono cose che capitano, faremo i conti domani.

    Chi non ha ancora versato? chiede Sergio scostandosi il ciuffo, con un movimento lento ed elegante del capo, dal basso verso l’alto.

    Gigi allarga le braccia:

    Non lo so, mica sono stato a scrivere tutto, ho intascato e basta.

    A Davide sfugge una smorfia di disgusto.

    In quanti siamo? chiede Sergio, pratico.

    Davide fa un rapido calcolo: Quindici nella nostra classe, più qualche esterno. Una ventina, direi…

    Ventuno corregge Amanda. C’è anche Jusuph.

    Lo sguardo di tutti corre a un ragazzo dai riccioli neri e dalla pelle scura che mangia la sua merenda in solitudine, alla finestra, guardando assorto il nebbioso pomeriggio novembrino.

    Quello non sa neanche l’italiano dice Sergio.

    E allora? si accalora Amanda. Mica stiamo organizzando un concorso letterario!

    Vediamo un po’ continua Davide, ventuno, dovremmo arrivare minimo a duecentodiecimila…

    Calcola venti fa Amanda, non credo che Jusuph sia in grado di pagare la sua quota.

    Già, perché questa è una festa di beneficenza borbotta ancora Sergio.

    Calma fa Eno, quota più, quota meno non fa una gran differenza.

    A proposito, Eno dice Sergio, "oggi dobbiamo venire da te per giocare a Calcio di rigore; il mio computer ha un guasto."

    Senza lasciare all’amico il tempo di rispondere, Sergio si volta e si dirige verso il bagno. Passando fa l’occhiolino a Davide, che sorride. Sergio è una forza.

    Ha deciso di chiarire perché Eno, pur avendo un computer all’ultimo grido, un Pentium superaccessoriato e la casa sempre vuota, non li invita mai. Hanno concluso che deve esserci un mistero nella sua vita. O nel suo computer.

    Jusuph percepisce le voci dei suoi compagni, ma è come se fossero suoni slegati dalla realtà, senza alcun significato.

    Le parole galleggiano in un vuoto nebbioso, nebbioso come l’assurdo paesaggio dell’assurda città dove ora è costretto a vivere.

    Anche in Algeria ci sono l’autunno e l’inverno. La cattiva stagione nella sua terra è il repentino scatenarsi degli elementi naturali, uno scrosciare disperato d’acqua. Come tutte le manifestazioni violente, però, dura poco e lascia spazio all’esplosione della primavera.

    Quanto durerà questa nebbia? Sembra eterna. Eterna come la sua solitudine.

    Dove sono Mustafà e Jasmine? Dove sono i suoi fratelli? In un tempo che gli sembra lontanissimo, anche se in realtà sono trascorsi solo pochi mesi. In uno spazio che gli pare infinito, anche se lo si può sorvolare in poche ore.

    Jusuph distoglie per un attimo lo sguardo dalla nebbia, per posarlo sui nuovi compagni. Marziani, ecco cosa gli sembrano

    E non solo perché parlano una lingua che lui non capisce ancora bene.

    2

    È nato un poeta?

    Nel pomeriggio, dopo aver letto e riletto, senza venirne a capo, il testo del problema assegnato per compito, Davide va da Eno, con Sergio. Si incontrano tutti i giorni; i compagni, forse gelosi della loro amicizia, li chiamano I tre moschettieri.

    Fanno un torneo a Calcio di rigore, un videogioco sul loro sport preferito. Non scambiano quasi parola, concentrati a dirigere i personaggi che si disputano la palla sullo schermo.

    Ho vinto dice alla fine Eno, trionfante.

    Bella forza brontola Davide, con un’occhiata dolente all’ennesimo goal inflitto alla sua squadra, tu ti alleni quando vuoi. I miei si rifiutano di comprarmi il computer.

    Accidenti che strazio ‘sta storia del computer dice Sergio. O ti rassegni, o trovi il modo di averlo. Non se ne può più delle tue lamentele.

    Davide alza le spalle.

    Che ore sono? chiede.

    Distrattamente Sergio estrae un orologio tondo a cipolla, con la catena d’oro, dalla tasca del giaccone, che è appoggiato disordinatamente sulla sedia.

    Le sei e mezza risponde.

    Che buffo dice Davide, indicando l’orologio.

    Già Sergio lo ripone con aria indifferente nella tasca, è un’eredità. Credo valga una cifra. Devo decidermi a sistemarlo in un taschino, se no rischio di perderlo.

    Un’eredità? È morto qualcuno?

    Sì, mio nonno. Ieri sono andato al funerale. Ero il suo nipote preferito, mi ha lasciato un tot di oggetti di antiquariato. Sei pronto Eno? Sta a noi due adesso.

    È morto tuo nonno, sei andato al funerale… ripete Davide, stupefatto. Perché non hai detto niente?

    Sergio alza le spalle, poi si scosta il ciuffo dalla fronte.

    E cosa dovevo dire? Accidenti ho beccato un goal. Cosa frega a voi di mio nonno? Non frega a me, figuriamoci… Abitava a Firenze, non lo vedevo mai. Dovevo rispondere ogni mese alle sue lettere sdolcinate.

    Sergio è proprio una forza: se ne frega di tutto, lui.

    "E poi sai che guadagno! Avevo adocchiato un orologio da sub, 200 metri di profondità, data, cronometro, acciaio inossidabile e stavo convincendo l’Industriale a comprarlo ed ecco qui, mi arriva il rudere. Questo orologio va benissimo, dice l’Industriale, è pure antico. E poi il tipo da panciotto va di moda, adesso. Già, ma mica ci posso andare sott’acqua. Bell’affare. Ecco, ti ho fregato. Goal!"

    Quell’abitudine di chiamare suo padre l’Industriale è un’altra originalità che Davide ammira in Sergio. Lui potrebbe chiamare suo padre l’Operaio, ma non suona altrettanto bene.

    La partita intanto è finita.

    Guardate dice Sergio, ho già completato due pagine dell’album e mostra agli amici le figurine dei giocatori del videogioco Calcio di rigore. Domani esce il primo pupazzo.

    E tu non perderai un colpo immagino commenta Eno, con un sorriso bonario. Alla tua età…

    Sergio ride. "Perché, cos’ho, sessant’anni? Se Orietta Berti fa la collezione di bambole, io potrò fare quella dei pupazzi di Calcio di rigore. Piuttosto, mi piacerebbe sapere cosa ci fai tu con il tuo computer, visto che non ci degni di un invito."

    Sergio guarda maliziosamente Davide, aziona come per caso il mouse. Quando appare la videata di Windows, prima che Eno possa intervenire, punta su Word. Ci sono due file, Poesie e Gresite. Lancia un’esclamazione di entusiasmo.

    Ti ho beccato, Eno, scrivi poesie. E Gresite chi è?

    Eno, fattosi paonazzo, si lancia sul mouse e lo aziona fino a uscire da Windows. Poi spegne il computer.

    Sono affari miei dice. Ma poi abbozza un sorriso imbarazzato.

    Davide lo incalza. Che cos’è, un amore nascosto?

    Eno assume un’aria misteriosa:

    Perché non posso avere… Insomma… l’occhio sinistro si apre e chiude senza sosta. Un tic che si manifesta nei momenti di agitazione.

    E dai, dicci chi è! fa Sergio, implacabile. In fondo siamo i tuoi amici del cuore.

    risponde Eno, come perso nei suoi pensieri, "ma mi prendereste in giro. Comunque si tratta di una tipa che ho conosciuto

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