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Goccia
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E-book93 pagine1 ora

Goccia

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Info su questo ebook

Goccia è il nome di una locomotiva di latta, un oggetto speciale che si muove senza congegni elettrici, ride, si commuove, compie magie che incantano e fanno sognare i bambini. Come una goccia d’acqua sulla roccia, questo umile giocattolo bucherà il tempo: dal suo ritrovamento, infatti, prende avvio il breve racconto di un padre a suo figlio ripercorrendo, sul filo della memoria, la storia tragica e commovente di una famiglia ebrea lacerata dalle vicende della seconda guerra mondiale. Alle narrazioni magiche e fantasiose del trenino si alternano le memorie del passato e il ricordo delle sofferenze dei nonni e dei familiari.
Una storia naturalmente rivolta ai ragazzi e ai loro genitori.
LinguaItaliano
Data di uscita17 mar 2019
ISBN9788866904892
Goccia

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    Goccia - Luisio Luciano Badolisani

    Luisio Luciano Badolisani

    GOCCIA

    EEE-book

    Luisio Luciano Badolisani, Goccia

    © EEE – Edizioni Esordienti E-book, 2019

    ISBN 9788866904892

    Collana Ragazzi... e Genitori, n. 15

    Tutti i diritti riservati, per tutti i Paesi.

    Copertina: la copertina e le immagini interne sono state realizzate da Noemi Badolisani, all’età di otto anni.

    A Zaira, gioia e vita.

    I bambini s’incontrano

    sulla spiaggia di mondi sconfinati.

    Su di loro l’infinito cielo

    è silenzioso, l’acqua s’increspa.

    Con grida e danze s’incontrano i bambini

    sulla spiaggia di mondi sconfinati.

    Rabindranāth Tagore

    Personaggi:

         GIUSEPPE, il ferroviere

    BARTOLOMEA, moglie di Giuseppe

    GIOVANNI, figlio di Giuseppe e Bartolomea

    ANNA, moglie di Giovanni

    MATTEO, figlio di Giovanni e Anna

    LUIGI, collega di Giuseppe

    IO NARRANTE, nipote di Luigi

    GIGINO, figlio dell’Io narrante

    YUSA, donna di servizio di Bartolomea

    MICHEL, marito di Yusa

    DOMENICO, figlio di Yusa e Michel

    LUISA, infermiera, fidanzata di Matteo

    BEPPONE, demolitore, amico di Michel

    SABRINA, amica e collega di Luisa

    Personaggi senza nome:

    MADRE dell’Io narrante

    MOGLIE dell’Io narrante

    AMICA di Yusa

    COMPAGNA DI SCUOLA di Domenico

    Personaggi non umani:

    LOCOMOTIVA, modellino di latta costruito da Giuseppe

    PERSIVAL, il cane di Michel

    FRECCIA, il cane di Beppone

    Oggi, il prologo

    Pulisco e metto in ordine in soffitta. L’ostinazione di mia moglie ha vinto ogni resistenza. È una giornata particolarmente calda, estiva, e non mi dispiace rifugiarmi in quest’angolo di casa.

    La città pullula di stranieri. Il turismo, le industrie e le attività commerciali fermentano il ritmo metropolitano, ma il mare nonostante il caos e l’inquinamento è richiamo irresistibile e antico.

    Sono sposato da dodici anni e ho un bambino, Gigino, che frequenta la quinta elementare. Mia madre vedova e anziana abita da noi, credo che in questo momento sia a spasso con il piccolo.

    Sollevo il telone che copre le cose dimenticate e un nuvolone di polvere m’investe. I miei polmoni si difendono con qualche colpo di tosse; apro la finestra per far prendere aria all’ambiente. Mi passo un braccio sulla fronte per asciugarmi il sudore e per farmi forza. Scatole e oggetti ammucchiati mi attendono. Spio il mare, che dalla fessura della finestra porta il suo colore tra i palazzi. Avrei voglia di tuffarmici dentro ma, riguardando il lavoro da fare, sbuffo e abbandono ogni tentazione. A caso prendo dal mucchio scarpette dei primi passi di Gigino, libri senza copertina, pistole ad acqua fuori uso, corde, una ruota di bicicletta, altri pezzi di giocattoli, peluche consumati dall’uso.

    Dal piano inferiore giungono dei rumori: mamma e Gigino sono rincasati. Dei passi su per le scale, subito dopo la porta malconcia della soffitta si apre: è mio figlio con un cono gelato in mano. Mi bacia sulla fronte sporcandomi di cioccolato. Seduto sul pavimento, svogliato, il dolce bacio mi provoca un sorriso.

    «Dove siete stati?» chiedo.

    «Siamo andati in centro. Al ritorno la nonna mi ha comprato...» e mi mette davanti agli occhi il gelato.

    «Ti vizia. Con me era severa.» Non ho finito di parlare che da sotto sentiamo la sua voce: «Gigino, sei sopra?»

    «Sì, nonna…»

    Tiro via dal mucchio delle cose da buttare una vecchia sedia a rotelle.

    «Che bella» dice il bambino, che la vede per la prima volta.

    «Non direi. Sai a cosa serve, vero?»

    «Certo, la usano le persone che hanno problemi a camminare.»

    «Infatti.»

    «Perché l’abbiamo? Chi la usava?» Ricordi lontani vengono a farmi visita nella mente e ancora di più nel cuore.

    «Papà, posso sedermi?»

    «Sì ma piano, non so se regge.» Per gioco lo spingo verso la finestra. Lo giro verso di me e mi siedo sul mucchio di orsacchiotti, cuscini e altre cose.

    «Credo che ormai sia giunta l’ora di raccontarti una storia. Sei grande abbastanza da capirla. Nessuno, vero, nemmeno la nonna, ti ha parlato del miracolo?»

    «Del miracolo?» domanda Gigino, scuotendo la testa per farmi segno di no.

    Il racconto

    Domenico era un bambino di dieci anni, alto, con una fisionomia rotondeggiante, dai tratti simmetrici, delle sopracciglia sottilissime e un piccolo neo sullo zigomo sinistro. I capelli avevano la cromatura dell’oro e gli occhi quelli del mare a riposo. Era un ragazzino taciturno e timido. Figlio unico, non aveva mai conosciuto il padre. Di lui non sapeva nulla, la madre non gliene aveva mai parlato. Non capiva perché nella sua infanzia non ci fosse posto per un papà, anche severo, poco presente o autoritario. Un vuoto che un solo genitore non poteva colmare.

    Infilò un braccio dietro la libreria dove era riposto un modellino di locomotiva coperto da ragnatele e polvere. Un ragno spaventato si nascose tra le pieghe della manica della sua maglia. Dopo attimi d’esitazione l’animaletto trovò il coraggio di spiccare un salto nel vuoto: «Plof!», così fece velocemente ritorno nell’oscurità dietro lo scaffale.

    La locomotiva si stiracchiò: «Crac-crac» risvegliandosi tra le mani del bambino dopo un lungo letargo. Sorrise alla luce e ai colori, simili a quelli del cielo, degli occhi del piccolo, il quale tentò di levarle la polvere di dosso soffiando sulla carrozzeria: «Fuu-fuu». La fece tossire e ridere: «Ih, ih, ih, cuh-cuh, ih-ih, cuh-cuh». Il ragazzino, avendo paura di essere scoperto dalla madre, che stava finendo di pulire l’appartamento, la nascose frettolosamente dietro il mobile. Si guardò attorno, la riprese e, questa volta, la spolverò utilizzando il fazzoletto che aveva in tasca. Tra le sue mani la locomotiva pregustava future avventurose scorribande su strade ferrate tutte da inventare. Era stata costruita con latta di barattoli. Sui fianchi aveva scritto: «Goccia, portami lontano». In più parti era ammaccata e aveva della ruggine. «Deve aver viaggiato molto» pensò Domenico entusiasta.

    L’anziana padrona di casa, accortasi che il figlio della donna di servizio aveva tra le mani quel giocattolo, glielo tirò via in malo modo senza dire nulla. «Perché?» chiese il fanciullo. La madre gli diede un leggero scappellotto.

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