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Laghi e delitti 2: Racconti finalisti del Concorso letterario Ceresio in Giallo 2021
Laghi e delitti 2: Racconti finalisti del Concorso letterario Ceresio in Giallo 2021
Laghi e delitti 2: Racconti finalisti del Concorso letterario Ceresio in Giallo 2021
E-book305 pagine4 ore

Laghi e delitti 2: Racconti finalisti del Concorso letterario Ceresio in Giallo 2021

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Info su questo ebook

Laghi e Delitti, racconti di bellezze e di misteri, dove il fascino delle atmosfere lacustri viene esaltato dall’intreccio con la drammaticità di eventi generati dalle oscure passioni dell’animo umano. Ogni lago nasconde nelle sue acque un suo segreto: ma prima o poi i segreti vengono a galla.

Autori: Enrica Aragona, Rossella Bianucci Bandini, Cristina Biolcati, Federico Bonati, Mauro Bortoli, Eva Convertino, Anna De Rosa, Gianluca Di Matola, Graziella Dotta, Pietro Furlotti, Barbara Ghedini, Stefano Grindatto, Valentina Grossi, Luigi Guicciardi, Andrea Giuliano Ion Scotta, Alessandro Mella, Vittorio Morisco, Alessandro Parolini, Mauro Poma, Clara Scarsi, Gioia Senesi, Mauro Tonino.
LinguaItaliano
Data di uscita4 mag 2022
ISBN9788869436079
Laghi e delitti 2: Racconti finalisti del Concorso letterario Ceresio in Giallo 2021

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    Anteprima del libro

    Laghi e delitti 2 - AA.VV.

    ENRICA ARAGONA

    LA DANZA DEL LAGO

    1

    Maresciallo!.

    L’appuntato Nardozzi aveva le guance paonazze, il cappello calato gli copriva l’occhio destro.

    Non si bussa a casa tua, Nardo’?, gli chiese Brighi, senza alzare lo sguardo dalle scartoffie.

    Chiedo scusa. L’hanno trovata.

    Solo in quel momento il maresciallo si tirò su; il ginocchio destro scricchiolò.

    Dove?.

    Sul lago. Nel canneto.

    Brighi distolse lo sguardo dal disordine fastidioso dell’appuntato per dirigerlo oltre la finestra; i raggi di sole imbiondivano uno spicchio di spighe e poco più in là, sulla linea dell’orizzonte, il lago di Bolsena lambiva la battigia di malinconia limacciosa. Brighi non poteva accettare che un luogo tanto incantevole potesse essere teatro di un abominio. Non un’altra volta.

    Mentre usciva dalla stanza, fu bloccato dall’appuntato che gli si parò davanti.

    I pompieri hanno detto che... insomma, non è un bello spettacolo, ecco.

    E quando mai lo è, Nardozzi? Quando mai?.

    2.

    Ai tempi in cui le ginocchia ancora lo reggevano, Brighi amava percorrere a piedi i quattro chilometri che dividevano la caserma dal lago. Quando se ne stava solo coi suoi pensieri riusciva a tirarli fuori nell’ordine giusto. Ma quella volta i pensieri stavano lì a incarognirsi l’uno sull’altro, come le maglie di quelle reti stese dai pescatori ad asciugare tra un albero e l’altro, accanto alle barche, le stesse da secoli, con la vernice scrostata, i remi asimmetrici e il timone posteriore manovrato stando in piedi. Quei pensieri che gli dicevano che no, non poteva essere lo stesso assassino di trent’anni prima, quello che non era mai riuscito a inchiodare. Eppure, quando era andato da Alice Santobono a raccogliere la denuncia di scomparsa, quella strana coincidenza della scuola di danza lo aveva fatto sudare freddo.

    Santiddio..., mormorò Brighi una volta vicino al corpo, tra le canne. Per quanto gli scocciava ammetterlo, Nardozzi aveva ragione: non era un bello spettacolo, non lo era affatto.

    Ciao, Luigi, il dottor Tosi gli parlò solo dopo che il maresciallo fu riuscito a staccare gli occhi dalla bambina. Da ciò che era stata una bambina.

    Come ha fatto a ridurla così?.

    Purtroppo le ha spaccato gomiti e ginocchia per comporre questo quadro macabro.

    La piccola era prona, braccia e gambe disarticolate formavano un angosciante rettangolo protettivo attorno al busto. Un quadro macabro, come aveva detto il medico legale, incorniciato dalla follia. Aveva un vestito rosso con larghe balze nella gonna e sbuffi di stoffa sulle maniche. I capelli erano tenuti in uno chignon che scintillava di fermagli e mollettine.

    Brighi osservò le piccole labbra involgarite da un rossetto carminio e gli occhi neri di kajal, mentre un cormorano sorvolava il canneto.

    Che altro puoi dirmi, Mario?.

    Ben poco, per ora. Non ci sono segni di morte violenta ma ha delle piccole ecchimosi sulle braccia, credo siano iniezioni. Qualcosa però non mi torna.

    Cioè?.

    Dal rigor mortis direi che è da almeno ventiquattro, trentasei ore. E allora perché è così… pulita? Questa è zona di germani, di cigni… come mai non l’hanno beccata? E non ci sono tracce di fango, eppure stanotte è piovuto. Guarda: il trucco è perfetto.

    L’avrà tenuta da qualche altra parte e poi l’avrà portata qui.

    E nessuno l’ha visto?.

    Non ci giriamo troppo intorno. Tanto stiamo pensando entrambi la stessa cosa. È stato lui?.

    Non credo. Il modus operandi è molto diverso. E poi la famiglia della bambina è piuttosto facoltosa. Oltre a tutti i ristoranti che hanno, producono anche un eccellente Grechetto. Non è da escludere che l’abbia presa per soldi.

    Mario, guarda com’è vestita!, il maresciallo prese il mento del medico legale tra le dita e lo voltò con poca grazia verso il cadavere. Il trucco, le scarpe, i capelli... guarda i capelli, per l’amor di Dio! Questa non è più una bambina: è una ballerina. Una ballerina di flamenco in miniatura. L’ha presa in una scuola di danza, l’ha truccata, pettinata, spogliata e poi travestita. È stato lui.

    Ma quello ammazzava le donne, questa è una bambina! E non dimenticare che l’Anguilla le gambe gliele amputava e se le portava via, questo gliele ha spezzate e le ha lasciate lì. Piuttosto, cerca di capire se la denuncia di scomparsa fatta dalla madre è attendibile. Sai che Alice Santobono non è proprio una persona affidabile, no?.

    3.

    Anche quella volta il momento era arrivato. Il momento in cui, con il cappello tra le mani, Brighi doveva dire a una madre che non avrebbe mai più riabbracciato sua figlia.

    Fu Viola, la zia di Nina, a far entrare Brighi e Nardozzi nel salone di villa Santobono, un’imponente costruzione proprio a pochi metri dalle rive del lago. Sua sorella Alice era immobile sul divano, dimessa, alienata. Una nota stonata in quella casa che ostentava ricchezza e lusso.

    Signora Alice, capisco che non sia un buon momento, ma devo chiederle di tornare con la mente a quando ha visto sua figlia l’ultima volta. Mi ha detto di averla accompagnata alla scuola di danza ma dai riscontri testimoniali nessuno ha visto Nina a lezione, quel giorno. Sembra che in palestra non sia mai entrata.

    L’ho lasciata davanti al portone, come faccio sempre. Nina non voleva che l’accompagnassi fino agli spogliatoi, diceva di essere grande, ormai.

    Hai scritto, Nardo’?, il maresciallo si girò a cercare l’appuntato; lo trovò che batteva un dito sul vetro dell’acquario, cercando di attirare l’attenzione di quei buffi pesci gialli pieni di aculei. Brighi scosse la testa, rassegnato. L’età era quella che era, e la pazienza si era consumata poco a poco, di pari passo con le cartilagini.

    Ne è sicura?, chiese ancora Brighi. Non è che magari si confonde? Lei mi ha detto di aver lasciato la bambina in leggins e t-shirt, ma è stata trovata con addosso un costume. Sembra un vestito da ballerina di flamenco.

    Viola iniziò a torcersi le mani, preoccupata. Alice era troppo piccola per ricordarsi dei delitti dell’Anguilla, ma sua sorella li ricordava bene.

    È stato lui?, chiese.

    Ci sono alcune affinità. Non ne siamo sicuri. Ma le prometto che troverò l’assassino di sua nipote, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia.

    4.

    Non è possibile che non ci sia modo di legare Luppi all’omicidio di Nina. È stato lui, lo sappiamo tutti, come sappiamo che lui era l’Anguilla. Ma anche stavolta la farà franca, porca puttana!.

    Maresciallo, moderi i termini e si calmi. Le ho detto che non posso convalidare il fermo.

    Brighi continuava a girare per la stanza agitando le braccia. La Magliulo invece era seduta composta dietro la scrivania. Sembrava che nulla potesse scalfire la PM dagli occhi piccoli e i modi risoluti.

    Lei non c’era trent’anni fa, dottoressa. Ma le ripeto che sono sicuro, strasicuro che Sergio Luppi sia l’assassino delle ballerine. Nel 1990 un pirata della strada ha investito sua figlia Laura, giovane promessa della danza. Quando l’hanno trovata, Laura non aveva più le gambe. Nessuno le ritrovò mai. Ammazzando le ballerine, amputando le gambe a quelle poveracce, quel pazzo di Luppi credeva di vendicare sua figlia. Gli avevo appioppato quel soprannome proprio perché ogni volta in cui pensavo di averlo preso, mi scivolava via dalle mani per tornare a nascondersi sotto il fango della sua vita inutile.

    "Mi porti delle prove, maresciallo, e io riaprirò il fascicolo. Ma se fossi in lei, lascerei stare quei cold cases e mi concentrerei sul delitto Santobono. Mi dia retta, non c’è alcun collegamento tra i delitti del 1990 e questo. Approfondisca le indagini nella cerchia della famiglia. Nel passato della madre, soprattutto, perché quella di santo ha solo un pezzo di cognome. Può trattarsi di una questione di soldi. Debiti, forse. Certa gente sa come farsi dei nemici."

    Certa gente? Quale gente?.

    I drogati, Brighi. I tossici.

    Brighi uscì dall’ufficio della Magliulo sbattendo la porta. L’Anguilla era stata di nuovo più furba di lui: non era riuscito a pescarla nemmeno stavolta.

    5.

    La signora Alice sta riposando. Se vuole dire a me....

    La governante di casa Santobono sembrava piuttosto scocciata. Il maresciallo lo intuì dal modo in cui agitava il piumino.

    Posso parlare con Viola, allora?.

    La donna gli indicò il salotto con un gesto stizzito; la maggiore delle sorelle stava suonando il piano.

    È Alice quella brava, Viola si alzò per andargli incontro. Lei ha preso lezioni. Io mi limito a strimpellare.

    In quel momento il fantasma di Alice si materializzò in salone dentro una vecchia tuta sformata. I capelli scomposti, gli occhi gonfi. Sembrava ancora più emaciata dell’ultima volta. Forse le chiacchiere di paese non erano poi così campate in aria. Aveva proprio l’aspetto di una tossica.

    Mi cercava, maresciallo?.

    Sì, vorrei farle alcune domande. Mi scuso sin da ora se sarò indiscreto, ma capirà….

    Certo, capisco.

    Brighi si guardò intorno: le tante fotografie racchiuse in preziose cornici d’argento raccontavano una storia disgraziata, che il maresciallo conosceva grazie alle carte lette e alle testimonianze rese: una madre morta di setticemia dopo averla partorita, un’adolescenza da eroinomane, una sorella emigrata in Giappone in cerca della propria strada, un padre portato via da un cancro in poche settimane e ora una figlia uccisa da un maniaco.

    Io vi lascio, disse Viola. Se avete bisogno di me, mi trovate in camera.

    Mi sento un’ingrata a pensarlo, Alice era rimasta sola con Brighi, seduta di fronte a lui. Ma sono contenta che mia sorella sia tornata in Italia.

    È stata via molto tempo?.

    Abbastanza da rifarsi una vita a cui ha dovuto rinunciare per colpa mia. Per i miei casini. Alice sospirò, e Brighi ebbe l’impressione che volesse infilarsi nelle narici tutta l’aria di casa, fino a lasciarlo senza. Non è un segreto per nessuno che io non sia un esempio da seguire. Immagino abbia saputo dei miei… problemi.

    Sì, ho saputo.

    Ne ero uscita, sa? Per mio marito, e per Nina. Ma poi c’è stato il divorzio, il cancro di papà..., Alice fece una pausa; Brighi sapeva che stava per tirare fuori qualcosa che le faceva male, qualcosa che si attaccava alla lingua e non voleva uscirle dalle labbra.

    Ha ricominciato con la droga?.

    No, anzi. Ho provato a farla finita. Del tutto. È stata Lucia, la nostra governante, a trovarmi. Anche se forse sarebbe stato meglio se mi avesse lasciata morire.

    Non dica sciocchezze.

    Per questo mia sorella non poteva vivere tranquilla dall’altra parte del mondo.

    Come mai Viola ha scelto proprio il Giappone?.

    Ha seguito le orme di nostro padre nel settore della ristorazione. È sempre stato lui a occuparsi di tutto, ma negli ultimi anni diceva di sentirsi troppo vecchio per viaggiare. All’inizio erano solo trasferte di lavoro, lì abbiamo alcuni ristoranti. Ma poi Viola ha deciso di rimanere, è tornata quando è morto mio padre. Credo non sopportasse che fossi rimasta sola con Nina. Non si fidava di me. Ma il suo sacrificio non è bastato a invertire la rotta di questo destino maledetto… Cosa ci rimane, adesso? Una casa troppo silenziosa e una cantina ormai inutile.

    Perché inutile? La vostra produzione vinicola è ancora famosa. Grechetto, se non sbaglio.

    La cantina era il vanto di mio padre. Era un gioiello, sa, maresciallo? Facevamo le degustazioni in riva al lago, c’è un ingresso proprio dalla spiaggia. Era sempre pieno di turisti. Ma ormai è vuota. Da quando è morto papà non ce ne siamo più occupate. Non ci scende mai nessuno, lì.

    Quelle erano di Nina?, Brighi indicò le bambole che la governante aveva appena finito di spolverare. Non era un esperto, ma gli sembravano ninnoli di un certo pregio: ognuna aveva tratti somatici diversi, e indossava il costume tipico del Paese che rappresentava.

    "No, è roba vecchia di Viola. Bambole dal mondo, mi pare si chiamino, Alice si avvicinò al mobile sfiorando il profilo della bambola asiatica vestita da un kimono. Erano giocattoli speciali negli anni in cui eravamo piccole. Pensi che aprivano gli occhi e dicevano persino qualche parola. Certo, a pensarci adesso sembra ridicolo... infatti Nina non le ha nemmeno mai guardate, lei impazziva per i giochini sul mio cellulare. Forse aveva ripreso da me, anche io da bambina non amavo le bambole, e poi mio padre mi riempiva di giocattoli, tutti quelli che volevo...".

    Immagino che una collezione simile abbia un certo valore.

    Alice alzò le spalle, abbozzando un sorriso che di felice non aveva nemmeno l’ombra.

    Non so quanto possa valere, non è completa. Ne manca una, l’ho fatta cadere io tanti anni fa ed è andata in mille pezzi. Mio padre non riuscì mai a trovarne un’altra uguale.

    E quella?, Brighi indicò la scatola chiusa di una PlayStation.

    L’avevamo comprata per Nina, il giorno prima della scomparsa. Ce la chiedeva da mesi. Mia figlia non ha avuto nemmeno il tempo di scartarla.

    Senta, Alice, sono venuto anche per dirle un’altra cosa. Purtroppo… ecco… non siamo riusciti a trovare nessun collegamento tra i delitti delle ballerine e quello di Nina. Siamo a un punto morto.

    Alice chiuse gli occhi e sospirò; un sospiro che Brighi si portò tra le costole per tutto il viaggio di ritorno verso la caserma.

    6.

    Maresciallo, sono arrivati i referti del tossicologico.

    Era ora Brighi strappò l’involucro giallo dalle mani di Nardozzi. Come sempre non ci capì granché. Tutti quei termini clinici gli facevano venire il mal di testa e pure un po’ di ansia. Ma il dottor Tosi poteva aiutarlo.

    Ho i risultati del tossicologico mugugnò nella cornetta. Tetradotossina. Che roba è?.

    È una neurotossina molto potente che provoca apnee e paralisi, e anche la morte. Quando la tetradotossina entra in circolo inibisce la funzionalità motoria e soprattutto quella respiratoria. C’è altro, nel referto?.

    Dunque… soluzione salina, adrenalina....

    Ma che figlio di….

    Cioè? Parla, Mario, spiegami!.

    Le iniettava il veleno per paralizzarla ma allo stesso tempo le faceva l’adrenalina, per non farle perdere i sensi, credo. La tetradotossina causa paralisi, ma lascia intatte le funzioni neurologiche.

    Quindi Nina doveva rimanere cosciente. La voleva immobile, inerte. Ma viva. Dove si prende questo veleno?.

    So che è piuttosto raro. Si può estrarre dalle interiora di alcuni animali. Alcuni pesci, mi pare, ma dovrei informarmi meglio.

    Il maresciallo Brighi rimase in silenzio per qualche secondo. Poi afferrò la tastiera del PC iniziando a digitare nel motore di ricerca. Le dita andavano da sole, frenetiche, come se nella vita non avesse fatto altro che non fosse scrivere al computer.

    Questa c’era... questa anche... questa... eccola! È lei. Questa non c’era.

    Che diavolo stai blaterando, Luigi?.

    So chi ha ammazzato Nina.

    7.

    La governante dei Santobono, nell’aprirgli la porta, si mostrò ancora più torva della volta precedente. Stavolta però Brighi la scansò passando oltre.

    Maresciallo, la signora Alice....

    Non mi interessa se sta riposando, mangiando o facendo altro. Le devo parlare subito. Mi chiami anche Viola.

    Siamo qui, la maggiore delle sorelle Santobono avanzò lungo il corridoio con la mano tesa per salutarlo. Alice la seguiva, a testa bassa. Ci sono novità?.

    Sì. Seguitemi fuori, per favore.

    Che significa, maresciallo?, chiese Alice quando, uscendo dalla villa, si imbatterono in uno sciame di uomini in tuta bianca, mascherine e guanti. Brighi fece segno agli uomini del RIS di scendere in cantina. Lui rimase fuori con le sorelle Santobono.

    Lo sa, vero Alice, che se Nina è morta è solo colpa sua?, chiese alla madre di Nina.

    Mia?.

    Sì, sua. Perché lei è soltanto una ragazzina viziata. Viziata e ingrata. Ma questo lo sapeva già, non servivo certo io a dirglielo. Lezioni di pianoforte, i giocattoli più belli, suo padre che gliele ha sempre date tutte vinte... ma nonostante questo lei non era mai contenta. Sempre insoddisfatta, sempre infelice. Depressa. Depressa al punto da infilarsi l’ago in vena. Che razza di madre poteva essere?.

    Ma cosa sta dicendo?.

    La verità! E sua sorella allora cosa avrebbe dovuto fare? È sempre stata Viola quella che si è sacrificata per tutti: per lei, per la famiglia... e in cambio cosa ha avuto? Niente. Solo responsabilità. Solo guai!, il maresciallo si avvicinò alla madre di Nina e le urlò in faccia. Lei i problemi se li è sempre andati a cercare! Lo faceva da bambina e ha continuato a farlo anche da adulta. È vero o no che è riuscita a rovinare sempre tutto? Perfino la nuova vita di sua sorella in Giappone... nemmeno andando dall’altra parte del mondo Viola è riuscita a liberarsi di lei, di una mocciosa volubile e incontentabile! Ha dovuto rinunciare di nuovo a tutto per tornare qui a occuparsi di lei e di sua figlia.

    Non è vero!, sbottò Viola. Io l’ho fatto volentieri, nessuno mi ha obbligata!.

    Davvero? Se vostra madre fosse stata ancora viva, sarebbe tornata? Glielo dico io: no! Perché ci avrebbe pensato lei ad Alice. Ma vostra madre è morta, e indovini un po’ di chi è la colpa? Sempre di sua sorella, ovviamente! Perché se Alice non fosse mai nata, vostra madre sarebbe ancora viva. Niente Alice, niente setticemia post partum.

    Ora basta, maresciallo. Non le permetto di rivolgersi a mia sorella in questo modo dopo quello che ha passato. Di cosa la sta accusando?.

    Brighi sorrise. Il momento era arrivato.

    Di nulla, Viola, disse abbassando la voce e guardandola negli occhi.

    Non sto accusando sua sorella di nulla.

    E perché è qui, allora, a fare questa sceneggiata?.

    Nina è morta avvelenata da una sostanza prodotta dai pesci del vostro acquario. Ma c’è una sola persona in questa casa che sa come estrarre la tetradotossina dal fegato di quelle bestie. E quella persona è lei, Viola. L’ha imparato dai cuochi dei suoi ristoranti in Giappone, dove servivate il pesce palla.

    Ma è impazzito?, si intromise Alice. Veleno? Pesci palla? Non li abbiamo nemmeno, nell’acquario!.

    Lo so, ma avete diversi pesci istrice. Rari da trovare in un acquario domestico, tanto che il mio appuntato si era incantato a guardarli. E guarda caso, la tetradotossina si estrae anche da questi, allo stesso modo.

    Viola si voltò verso la sorella, ma Brighi la bloccò.

    Quel giorno, prima che Alice accompagnasse Nina a danza, lei ha detto a sua nipote di sgattaiolare via dalla palestra una volta che sua sorella si fosse allontanata. Forse l’ha convinta proprio con quella Playstation che la povera Nina non ha avuto nemmeno il tempo di scartare. Poi ha portato sua nipote in cantina, le ha fatto indossare il vestito da flamenco e le ha iniettato la prima dose di tetradotossina e adrenalina. Nina doveva rimanere cosciente mentre era paralizzata dal veleno. Doveva aprire gli occhi, e dire anche qualche parola. E alla fine le ha spaccato gomiti e ginocchia in modo che braccia e gambe si piegassero come voleva lei.

    Lei sta farneticando!, Viola continuava a divincolarsi, ma Brighi non mollò. Perché mai avrei dovuto fare una cosa simile?.

    Perché doveva completare la collezione.

    Ma di quale collezione sta parlando?, chiese Alice. La voce era un soffio.

    "Delle Bambole dal mondo. Me lo ha detto lei, Alice, ricorda? Le ho cercate su Google. È così che mi sono accorto quale manca in casa vostra: la bambola spagnola. Quella che aveva il costume da flamenco. Anche questa è colpa sua, Alice. L’ha fatta cadere lei, tanti anni fa, mandandola in mille pezzi. Viola ha sempre pensato che lei dovesse pagare per questo e Nina era perfetta per diventare la bambola spagnola di sua sorella. Ma poi qualcosa deve essere andato storto, forse l’ultima dose di veleno è stata troppo potente. E allora è uscita dall’ingresso secondario della cantina, quello che dà sulla spiaggia, e l’ha lasciata nel canneto senza che nessuno la vedesse".

    È stato solo un errore, non volevo ucciderla!, furono urla isteriche quelle che uscirono dalla gola di Viola, mentre Brighi la trascinava verso l’auto. Tu hai avuto tutto, Alice, tutto! Io avevo solo quelle maledette bambole... solo quelle maledette bambole....

    ROSSELLA BIANUCCI BANDINI

    MISANTROPIA LACUSTRE

    Un lago in fondo non è altro che un mare senza sale rinchiuso in una pentola. Una pietanza appetitosa e salutare. Un luogo che forse non s’addice a chi soffre di claustrofobia. Ma io son qui fino a settembre con Emilie e sua sorella e per fortuna non sono claustrofobo; il lago mi rilassa, è più pigro di me. Dal balcone di casa con il cannocchiale osservo i palazzi di Malcesine come grandi cubi colorati e le arcate dove la gente passeggia indisturbata. Dipingo perché non saprei che altro fare, anche in vacanza. Più di due mesi da trascorrere qui, accanto a questa tinozza dove mi ha trascinato Emilie, lontano dalla solita tinozza lacustre austriaca di Atter dove trascorriamo le vacanze di solito a casa sua, lontano dal paesaggio cui sono ormai abituato e che ho dipinto molte volte.

    Forse dovrei pensare che un lago vale l’altro ma non è così. Qui ora siamo in Italia e l’Italia è un paese che a volte mi disorienta perché è più colorato dei quadri che dipingo. Almeno quando sono sulle conosciutissime sponde del lago di Atter, il paesaggio austriaco, che per me è monotono, mi permette di inventare tutti i colori brillanti che preferisco, qui invece anche gli imbrattatele son buoni a produrre un mondo coloratissimo, basta copiare la realtà, non c’è neanche bisogno di sforzarsi. Ma dovevo pur compiacere Emilie, una volta o l’altra, e la vacanza per le donne è comunque irrinunciabile. Così oggi faccio uno schizzo osservando il paesaggio col mio cannocchiale. C’è gente in acqua a fare il bagno, e una barca sta dirigendosi verso la riva senza fretta. Non la dipingerò in movimento ma solo quando poserà quieta con le altre sulla riva. Decido così, senza sapere perché, o forse solo perché ho voglia di pace. Però la luce sta diventando troppo bassa e credo che per oggi dovrò rinunciare.

    Quasi non fosse altro che acqua e spruzzi freddi a fior di lago, un panico improvviso d’altre acque più profonde lo prende al collo come dita che stringano. È in acqua da un po’e dovrebbe

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