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Quel minuto prima di te - Parte IV: Dove le vie sembrano tutte uguali: Quel minuto prima di te, #4
Quel minuto prima di te - Parte IV: Dove le vie sembrano tutte uguali: Quel minuto prima di te, #4
Quel minuto prima di te - Parte IV: Dove le vie sembrano tutte uguali: Quel minuto prima di te, #4
E-book281 pagine4 ore

Quel minuto prima di te - Parte IV: Dove le vie sembrano tutte uguali: Quel minuto prima di te, #4

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Info su questo ebook

A volte il passato s'intreccia col presente, e lo confonde. Sergio non è un ragazzo come gli altri, non lo è più da quando ha visto morire sotto i propri occhi uno dei suoi due migliori amici: il vuoto causato da quell'assenza e l'insoddisfazione gli bruciano dentro, facendogli desiderare di mollare tutto e ricominciare altrove.

Un giorno un evento del tutto inatteso mina le basi della sua esistenza, lo spinge a compiere il grande salto. Con un diploma di maturità fresco in tasca e la voglia di scoprire la verità, Sergio salirà su un aereo che lo porterà verso un futuro incerto, ma per il quale è disposto a mettersi in gioco. Anche se ci sono verità che fanno più male delle bugie.

 

"Quel minuto prima di te" è il settimo volume che completa la saga "Le parole confondono". Si apprezzerà meglio l'intera vicenda avendo letto i volumi precedenti, ma questo libro può anche essere affrontato come romanzo a sé stante.

Il romanzo è diviso in quattro parti non indipendenti. Questa è la quarta e ultima parte. Per comprendere la storia devono essere già state lette le parti uno, due e tre.

LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2023
ISBN9788894372922
Quel minuto prima di te - Parte IV: Dove le vie sembrano tutte uguali: Quel minuto prima di te, #4

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    Anteprima del libro

    Quel minuto prima di te - Parte IV - Giovanni Venturi

    Quel minuto prima di te

    Giovanni Venturi

    Quel minuto prima di te

    Parte IV: Dove le vie sembrano tutte uguali

    ©2023 Giovanni Venturi

    immagine copertina: ©Konradbak | Dreamstime.com

    artwork: ©Giovanni Venturi

    ISBN: 978-88-943729-2-2

    Prima edizione: luglio 2023.

    Editore: Giovanni Venturi.

    Realizzazione e-book a cura di Giovanni Venturi.

    Questo testo è stato scritto e corretto tra il 17 marzo 2020 e il 4 giugno 2023.

    Ultima modifica apportata in data: 29 settembre 2023.

    Quest’opera è coperta da copyright, ne è vietata perciò la modifica, duplicazione, ripubblicazione, anche parziale, senza previa autorizzazione dell’autore.

    Questo ebook include il font Liberation Serif (sito del progetto: https://fedorahosted.org/liberation-fonts/) liberamente distribuibile con licenza SIL Open Font License disponile all’indirizzo: http://scripts.sil.org/OFL.

    Questo romanzo è un’opera di fantasia. Personaggi e situazioni sono invenzioni dell’autore, qualsiasi analogia con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, è da ritenersi puramente casuale.

    Alle persone coraggiose,

    perché all’inizio non

    sanno mai di esserlo.

    Premessa

    Caro lettore, cara lettrice, prima di proseguire, sappi che ti trovi davanti a una delle quattro parti di un romanzo pubblicato a puntate, ovvero la quarta.

    I quattro volumi sono legati come gli episodi di una serie televisiva la cui storia va sempre più in profondità, attraverso le vicende e la storia personale dei personaggi. Mancare all’appuntamento con un episodio vuol dire perdere il filo del racconto, pertanto ti consiglio di leggere tutte e quattro le parti di Quel minuto prima di te, e nell’ordine giusto.

    Questo romanzo rappresenta il volume conclusivo, almeno per il momento, della saga familiare Le parole confondono. Certo, non escludo di poter raccontare, in futuro, nuove avventure dei nostri cari affezionati protagonisti.

    Il romanzo si compone di:

    Prima parte: Come un equilibrista su un filo invisibile;

    Seconda parte: Il lupo famelico che ho in testa;

    Terza parte: C’è un intero mondo;

    Quarta parte: Dove le vie sembrano tutte uguali.

    Messe insieme, costituiscono il settimo volume della saga. Volume che nella propria interezza risulta un romanzo indipendente, ovvero non è obbligatorio aver letto i precedenti sei per capirne le vicende.

    Nel caso in cui desideri approfondire l’intera saga, ti consiglio di seguire l’ordine di pubblicazione.

    Le parole confondono è formato da:

    1. Le parole confondono.

    2. Certe incertezze.

    3. I motivi segreti dell’amore.

    4. Un giorno, sempre.

    5. Sempre coi tuoi occhi.

    6. Sai correre forte.

    7. Quel minuto prima di te, diviso in 4 parti.

    Se hai ben compreso come stanno le cose, allora procedi pure. Buona lettura.

    Nel caso in cui hai tra le mani la prima parte appena pubblicata ti invito a iscriverti alla newsletter su:

    https://tinyletter.com/unruhe

    oppure al canale Telegram all’URL:

    https://t.me/GiovanniVenturiAutore

    per conoscere la data delle nuove uscite previste.

    Le iscrizioni sono gratuite e annullabili in qualsiasi momento desideri.

    Quarta parte

    Dove le vie sembrano tutte uguali

    Ventinove

    È la mattina di Natale. Ho dormito nel solito letto, prima con Dario, poi con Giorgio. Mi si sono alternati accanto da ieri sera, rimanendo con me nella loro camera. Hanno fatto questo passaggio da un letto a quello di fronte per un po’, dedicandosi a quattro chiacchiere prima di prendere sonno. Non è durata molto. Si sono acquietati e ci siamo addormentati tutti e tre non tanto dopo esserci coricati.

    Saranno state quasi le sette quando hanno iniziato a parlare di nuovo tra di loro, ma a bassa voce. Mi sono risvegliato con Giorgio vicino e Dario di fronte, nel suo letto. Piccole voci dolci, attutite, chiare. Si domandavano se e quando dovevano andare a sbirciare sotto l’albero di Natale, facendo mille ragionamenti, poi Dario ha detto a Giorgio di abbassare la voce perché zio Sergio dorme ancora.

    «Sono sveglio. Buongiorno e buon Natale, piccoli. Potete pure parlare, non mi dà fastidio.»

    Dario è sceso dal suo letto ed è salito in quello dove sono col fratello. Gli ho fatto spazio e un attimo dopo mi hanno abbracciato, sfiorandomi il viso con le loro piccole mani calde, coi nasini sul mio volto.

    Ho provato a ricordare se io e mio fratello, la vigilia di Natale, avessimo mai dormito insieme, mentre attendevo ansioso di sapere se Babbo Natale mi avrebbe portato i doni. È successo tante volte. Salvatore mi ha sempre voluto far dormire con lui in quell’occasione, fino ai miei sei anni.

    Ho parlato coi miei nipotini ricordando loro di quando io e mio fratello eravamo piccoli, del nostro Natale, e in poco tempo si sono fatte le otto.

    Ora siamo davanti all’albero di Natale di casa nostra e mi si gela il sangue nelle vene.

    Non ci sono pacchi con doni. Né grandi né piccoli.

    Dario e Giorgio sono seduti a terra, l’uno accanto all’altro, molto vicini, il più grande con una mano sul capo del più piccolo, ad accarezzarlo, a imitarmi con quel gesto. Non fiatano. Osservano le luci accendersi e spegnersi in un movimento costante, guardano quell’albero di Natale senza doni, sperando, forse, che da un momento all’altro si materializzino.

    Hanno il volto teso, un’espressione spenta che non mi piace affatto. Sono sempre stati solari, tanto allegri.

    Io sono in piedi, poggiato alla parete di lato, incapace di esprimermi mentre li guardo preoccupato.

    «Papà, ma io e Giorgio siamo stati buoni. Abbiamo fatto tutto quello che tu e mamma ci avete detto di fare. Sempre, perché vi vogliamo tanto bene, papà.»

    Salvatore è dietro di loro, mano nella mano con Monica, ancora in pigiama. Nemmeno loro fiatano.

    «Non ci ha tro-va-ti» balbetta Giorgio.

    «Non sapeva l’indirizzo o era scritto male» aggiunge Dario.

    Giorgio scoppia a piangere all’improvviso. Un pianto forte, disperato, carico di delusione. Mi fa un male cane, soprattutto quando inizia a singhiozzare affranto, in modo convulso.

    Ci sono anche Giulia e Andrea nella stanza. Il piccolo Francesco va accanto ai cuginetti. «Vi do i miei giocattoli. Giorgio, non piangere, ti prego. Ti voglio bene, non piangere. Ci penso io.»

    Giulia e Andrea si guardano a lungo.

    Lei ha gli occhi lucidi.

    Andrea le bacia una guancia. «Ho sempre saputo che nostro figlio ha preso il meglio da te.»

    «Anche tu sei altruista, lo sai» bisbiglia lei, quasi in lacrime per la scena, come me.

    Giorgio non ascolta il cuginetto e piange ancora a dirotto. Nessuno ha il coraggio di intervenire. Non riesco a capire come mai sotto l’albero non ci sia nulla, se non un panettone portato da me.

    Dovrei lasciare stare, ma non ci riesco. Corro accanto a lui, lo sollevo da terra e cerco di baciargli il volto, di calmarlo, ma Giorgio agita le mani, i piedi, si libera di me, scalciandomi, schiaffeggiandomi, poi si butta a terra continuando a piangere. Più di prima.

    «Amore, amore, non fare così.» Monica si precipita a raccoglierlo e, dopo molta resistenza, il bambino si calma.

    Dario sta versando lacrime in silenzio. Immobile. Con le ginocchia per terra, con le mani giunte, come in preghiera, e le labbra serrate.

    Guardo mio fratello. È pallido in volto. Va a sedere accanto a suo figlio Dario, lo prende per mano.

    «Papà…» inizia il bambino, ma non dice altro.

    Salvatore lo stringe a sé. «Forse è presto.»

    «Viene di notte!» urla Giorgio. «È tardi!»

    Qualcuno bussa al campanello. Vado ad aprire e lo faccio entrare.

    I bambini si voltano in direzione della porta. Restano con la bocca aperta, quando vedono Babbo Natale lì fermo con un grosso sacco sulle spalle. Consegna loro la letterina che zia Giulia ha spedito.

    «È la nostra» conferma Dario, con il foglietto in mano, dove c’è la sua calligrafia. Trema.

    Si è impegnato a imparare a scrivere già un anno fa e Giulia ha tradotto in inglese la sua letterina, aiutandolo a copiarla, controllandogli le frasi.

    Ora sono tutti e due in piedi, senza più lacrime. Guardano il vecchio con barba e baffi bianchi. Giorgio sembra quasi spaventato, si fa un po’ indietro, si nasconde dietro suo fratello.

    Babbo Natale posa il sacco a terra e torna all’ingresso a prendere un grosso pacco che consegna prima al più piccolo – lo carezza muovendo una mano suoi suoi capelli – poi al più grande.

    «Le biciclette!» dice Dario con un filo di voce, con occhietti carichi di emozione, incredulo, con la bocca aperta, osservando il vecchio col costume rosso.

    Babbo Natale tira fuori dal sacco marrone una scatola rossa e la consegna a Dario. Una confezione di Ben’s Cookie da quindici pezzi. La riconosco dalla grandezza e dalle scritte.

    Spuntano poi i peluche che ho comprato per loro. Un Tyrannosaurus rex verde per Dario e un cagnetto color giallo per Giorgio. Monica mi ha detto che li avrebbero apprezzati e, infatti, li vedo saltellare. Giorgio subito stringe al petto il piccolo cane, mentre Dario carezza il T-Rex e lo poggia a terra, quasi volesse vederlo muoversi, ma non è elettronico, o meccanico. È di una buona stoffa, adatta ai bambini.

    Poi, il vecchio col vestito rosso, dà a Salvatore due sacchi di media dimensione.

    «Papà, cosa ti ha portato?» Giorgio si avvicina. «Posso vedere anche io?»

    Salvatore apre il regalo. «Sono una serie di tele e tempere e poi… un cavalletto da montare?»

    È emozionato quanto i figli.

    Mi sa proprio tanto che non se l’aspettava. L’operazione segreta è andata a buon fine, con la complicità mia e di Andrea.

    C’è una lettera che legge a voce alta.

    Al mio bellissimo e amatissimo nipote Salvatore, spero che Babbo Natale, anche se sei grande, e a Londra, sappia trovarti e non sbagli indirizzo,

    nonno Salvatore

    Mio fratello abbraccia Babbo Natale e ringrazia.

    Ci sono altri due pacchetti. Per me e Monica. Non ne sapevamo proprio nulla.

    Un maglione e un paio di occhiali da sole di marca per me, con un bigliettino di auguri da parte di Salvatore, Monica, Andrea, Giulia e Francesco.

    Per Monica, invece, una gonna lunga. L’aveva vista e amata i primi giorni arrivati a Londra mentre eravamo in giro tra i negozi, come turisti qualsiasi. Biglietto di auguri da parte di Salvatore.

    Infine, tre pacchettini. Per Giulia, Andrea e il piccolo Francesco. Li aprono. Un maglione verde per Andrea, una camicetta per Giulia e un libro sonoro per il bambino, insieme a vari pezzi di cioccolato, quelli che prendemmo da Hotel Chocolat vicino all’Old Spitalfields Market. Il cuginetto ha trovato a casa sua, sotto l’albero di Natale, i doni chiesti nella letterina spedita da mamma e papà, ma ringrazia il vecchio con la barba bianca anche per il libro e la cioccolata.

    Arrivano, infine, altri due pacchetti per i miei due nipotini. I bimbi strappano via la carta colorata, tremando. Ci sono altri due libri sonori e biscotti. Sono quelli fatti in casa da Giulia.

    Giorgio si avvicina a me col capo chino e le mani dietro la schiena. «Scusa.»

    «Tranquillo, giovanotto.»

    «Scusa tanto, Sergio» insiste.

    «Tranquillo, non è successo niente.»

    Dario si accosta a Giorgio. «Vuoi un cookie?»

    Il fratello ne prende uno a cioccolato e poi guarda Dario muovendo la testa su e giù e indicando me.

    «Tu, zio?» si offre Dario, venendo verso di me con la scatola rossa aperta.

    «Sono i vostri, ve li ha portati Babbo Natale.»

    Ripetono la scena con il cuginetto.

    Mi volto verso la porta e vedo Babbo Natale fare un cenno di saluto con le mani verso tutti noi e andare via.

    Il rumore della porta che si chiude attira Giorgio.

    Sbatte le palpebre e mi guarda con la meraviglia dipinta sul volto. «Era proprio Babbo Natale. Ho avuto un po’ paura. Era proprio lui.»

    Sono da solo, con le mani in tasca, mi guardo intorno mentre la luce del sole è sopra la mia testa. Sono le 8:35, il sole è sorto alle 8:06, come dice il mio smartphone. Perso per poco, ma almeno ne è valsa la pena. È stato un bellissimo momento, in casa nostra. Ricco di emozioni.

    Ieri sera, prima di ritirarci, io e Salvatore abbiamo ricordato un po’ Napoli coi cugini, mentre i tre piccoli erano intenti a guardare La carica dei 101.

    Ho indosso i miei nuovi occhiali da sole. Sono fermo davanti casa di Francesco col cuore che mi martella in petto in modo incredibile. Non riesco ad allontanare nulla dalla mia testa. C’è un continuo traffico intenso di pensieri vibranti. Sono emozioni che si spingono fino alle stelle, facendomi volare.

    Stringo le dita della mano destra intorno alle chiavi, nella tasca del giubbotto. Avanzo verso la porta di ingresso, le tiro fuori, le inserisco nella fessura e apro.

    Lo trovo seduto che si sta liberando del costume di Babbo Natale. È un po’ sudato in viso, di certo per la maschera. È stato un travestimento perfetto.

    «Ho lavorato anche come Babbo Natale in un grande negozio su Oxford Street, i primi anni che ero a Londra» mi informa, appena mi vede, quasi avessi fatto qualche osservazione e lui volesse giustificarsi.

    Non parlo. Mi limito a osservarlo mentre si spoglia.

    «Posso dirti che…» Ricambia il mio sguardo, senza aggiungere altro.

    Ha ancora i pantaloni di Babbo Natale indosso.

    «Io…» Mi sorride.

    Si alza e si libera della giacca rossa e resta con una maglietta bianca a maniche lunghe. Mi avvicino di corsa a lui e non posso fare a meno di stringerlo tra le mie braccia.

    Chiudo gli occhi e appoggio la mia testa su una sua spalla. «Buon Natale, bello.»

    «Buon Natale a te, bellissimo.»

    Non si libera della mia stretta, anzi mi circonda con le sue braccia forti, lo sento serrarmi sempre di più, come agitato, come desideroso forse di me, o di ricambiare un abbraccio che pare gli manchi tanto.

    «Qualsiasi cosa accada, dimmi che non vorrai mai evitarmi.»

    Non so nemmeno io cosa sto dicendo. Le mie emozioni si sono spinte ben oltre le stelle, come diceva sempre nonno quando ero piccolo. La frase detta a Francesco non ha molto senso, volevo essere sintetico, ma non so, ora, cosa lui abbia capito.

    Mi dà un piccolo bacio su una guancia e, a quel punto, sollevo la testa e il mio viso si riga di lacrime. Non riesco a pensare a niente. Non voglio pensare a nulla.

    Mi stacco un attimo e mi ripulisco con le dita. «Sono solo felice perché è Natale.»

    Muove una mano in aria, come a scacciare una mosca, poi abbassa il viso e non smette di guardarmi. «Lacrime? Ah, non ci avevo nemmeno fatto caso.»

    «Non ci credo.»

    Annuisce. «Davvero.»

    Mi stringe a sé di nuovo. «Sono qui. Basta che mi dici cos’hai.»

    Mi lascio circondare dalle sue braccia ancora una volta e torno a chiudere gli occhi. Sollevo la testa e poggio la mia fronte contro la sua, poi mi scosto. «Scusa, è che…»

    «Tranquillo.»

    «Scusa. Scusa.»

    «Ti prego, non mi chiedere scusa, perché altrimenti se inizio anche io a farlo non la finiamo più.»

    Non so perché dovrebbe chiedermi scusa. Accosto il mio viso contro il suo per l’ennesima volta e restiamo così per un po’. Guancia contro guancia.

    Non voglio parlare.

    Non saprei cosa dire e, qualsiasi cosa mi uscisse ora di bocca, non avrebbe senso.

    Non voglio liberarmi più di lui, voglio restargli abbracciato per il resto della giornata.

    Si scosta e, abbastanza imbarazzato, mi passa una mano sui capelli, al rallentatore. «Sempre in ordine questi ricci.»

    «Per una persona.»

    Mi sorride. «Fortunata, questa persona.»

    «In effetti, lo è, e non lo sa neppure.»

    «Oh, immagino non sappia.»

    Mi allontano da lui. È sempre il bello e dolcissimo ragazzo che ho conosciuto qui a Londra il giorno del matrimonio di Salvatore. «Io andrei.»

    «Certo.»

    «A dopo.»

    Mi soffio il naso e mi viene quasi da ridere. «Sembro un pazzo invasato, eh?»

    «No. Per nulla, bellissimo. È solo Natale.» Fa una piccola pausa. «O forse non è solo Natale

    Apro la porta ed esco senza nemmeno guardarlo. Inizio a sentire un po’ freddo, sul viso, sulle mani. Londra. Natale 2018. Come aggiungere una pagina di diario precisa e specifica ai miei ricordi. Sollevo il volto verso il cielo e sorrido.

    Torno sui miei passi e resto fermo davanti casa sua.

    Dopo qualche minuto si apre la porta. Francesco è in maglietta, pantaloncini e scarpette. «Lo sapevo che eri qui fuori, perché non sei rimasto dentro?»

    «Non hai diritto a un po’ di spazio?»

    Ride. «Sergio, dai, non me ne hai mai privato.»

    Gli sorrido.

    «Entra, cambiati e vieni a correre con me. Ho chiamato Andrea e Salvatore. Loro vogliono dedicarsi alla famiglia, ai bimbi. Verranno la prossima volta.»

    «Andiamo solo io e te? Per me va bene.»

    Ancora una volta mi sento leggero. Quando sto accanto a lui, quando mi propone di fare qualcosa insieme, succede. Non posso sentirmi strano o diverso perché sono felice di stare insieme a Francesco, al di là di tutto. Vorrei prendere l’iniziativa e agire. Sono convinto lui ne sarebbe felice. Eppure non riesco a farlo, c’è qualcosa che ancora mi blocca.

    Forse è da troppo poco tempo che lo conosco, non posso accelerare, e poi lui prende delle iniziative, mi propone di fare delle cose insieme solo noi due.

    Stare con lui mi fa sentire molto bene.

    Entro in casa e sospiro. «Oggi è Natale.»

    Muove la testa su e giù, in modo lento. «Sì, lo è, bellissimo.»

    Il suo sguardo esultante, quando mi osserva, è contagioso, è qualcosa di rassicurante.

    «Due secondi e sono pronto.»

    Si siede al tavolo e io vado a cambiarmi.

    Quando corriamo intorno al Round Pond, al mitico laghetto circolare, cerco di superarlo, e ci riesco, ma lui accelera e supera me e poi io muovo ancora di più le gambe e torno a superarlo. Andiamo avanti così per un po’, poi la smettiamo, restando uno vicino all’altro.

    Facciamo tre giri completi e, come succede ogni volta, mi perdo del tutto. Mi sembra di aver dimenticato da dove siamo entrati nel parco, ma Francesco prosegue, corre, corre e corre. Tengo il passo con lui, senza provare a superarlo. Non è una gara. Ogni tanto si volta di lato, verso di me, forse per capire se ci sono ancora, se resisto o se sono stanco.

    Non mi pesa affatto l’esercizio fisico più sostenuto. Mi ha detto di voler correre un po’ di più, oggi, per farmi allenare per bene, per aumentare un po’ per volta il percorso, la resistenza fisica.

    Francesco fa un leggero colpo di tosse. «Poi, se vuoi, a casetta, passiamo un po’ di tempo insieme o, meglio, andiamo a fare due passi insieme.»

    Provo a osservarlo meglio. Se intendesse qualcosa di intimo non penso mi troverebbe impreparato.

    «Vorresti?» riprende.

    «Certo.» Abbasso il capo solo per un attimo, poi incrocio il suo sguardo. Non riesco a immaginare Francesco che si comporta con me come ha sempre fatto con una ragazza che gli piace. «Cosa intendi di preciso col passare un po’ di tempo insieme?»

    Fa un’espressione seria. «Non vuoi passare del tempo con me, non mi sembri convinto. Voleva essere una sorpresa.»

    «Sono convinto, e mi piacciono le sorprese. Le adoro e adoro parlare con te, aprirmi ancora di più, soprattutto quando ti apri anche tu, e molto, con me.»

    Riprendiamo a correre un po’ di più, a respirare l’aria pulita del parco, a vedere bambini al seguito coi loro genitori. Sono tutti felici. È la mattina di Natale.

    Per un attimo rallentiamo quasi del tutto la corsa, ci osserviamo l’un l’altro, per poi finire a sorriderci senza nessun motivo preciso.

    Non penso più a noi due in modo particolare. La sua presenza, la sua vicinanza, il fatto che andiamo in giro insieme, mi riporta al tempo passato con Enzo, alle nostre battute reciproche, alla confidenza, a quell’affetto che lui nutriva per me senza che io me ne rendessi conto. O forse lo percepivo, almeno a livello inconscio, solo che non mi importava più di tanto. Adoravo stare con lui. Avere un riferimento, un amico speciale come lo è sempre stato.

    «A cosa pensi?» La voce di Francesco mi riporta coi piedi per terra.

    «A niente.»

    «Allora sei morto?»

    Rido. «Non ancora.»

    Si ferma del tutto. «Facciamo due addominali.»

    Francesco si stende sul prato, io mi sistemo sulle ginocchia e gli mantengo le gambe ferme. Si piega in avanti e avvicina il volto al mio, mentre svolge l’esercizio. Il suo odore invade le mie narici.

    Cambiamo. Ora è lui a mantenere le mie gambe. Mi spingo in avanti, con le mani dietro la testa, verso di lui. Sembra quasi muovere il suo volto verso di me, per poi ritrarlo.

    Dopo un po’ mi stendo sul prato e chiudo gli occhi. «Bellissima mattina di Natale.»

    «Con te, tutto lo è.»

    Riapro gli occhi di scatto, mi piego in

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