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Il passo più lungo
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E-book115 pagine1 ora

Il passo più lungo

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Info su questo ebook

Paolo subisce un’ingiustizia per via di una controversa sentenza giudiziaria ed è costretto a fare una scelta “rischiosa”: ricominciare da capo e inventarsi una nuova esistenza. Vende tutto e si sbarazza di un passato monotono e ingombrante, compra una barca e comincia il suo viaggio senza meta. Porterà a casa un pezzetto di nuova vita da ogni incontro che farà nei luoghi dove lo porteranno le correnti, i venti e l’istinto. Finché sceglie di fare il grande passo: la traversata oceanica verso il Nuovo Mondo. Una tempesta e tanta inesperienza interromperanno il viaggio. Una storia che si interroga sui cambiamenti e sulle logiche che ci costringono ad assecondarli, sul fato, il destino e la casualità che crediamo di dominare.
Prefazione di Aldo Baglio
LinguaItaliano
Data di uscita16 ott 2023
ISBN9788861559868
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    Il passo più lungo - Dario Lessa

    Dario Lessa

    IL PASSO

    PIÙ LUNGO

    Collana: Uplit

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.

    commerciale@giraldieditore.it

    info@giraldieditore.it

    www.giraldieditore.it

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    ISBN 978-88-6155-986-8

    Proprietà letteraria riservata

    © Giraldi Editore, 2023

    Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo

    In copertina: opera di Federica Ravasio,

    titolo AEQUAL (2023) - 45x30 - tecnica msta su tela.

    Ci sono tre tipi di uomini:

    i vivi,

    i morti

    e quelli che vanno per mare.

    (Platone)

    Ho bisogno di un pretesto

    per dichiararti guerra

    o andare al mare.

    (Guido Catalano)

    A una persona davvero speciale

    unica, magica, meravigliosa.

    A te

    che in questo istante hai tra le mani questo libro.

    PREFAZIONE di Aldo Baglio

    Quando Dario, tempo fa, mi ha raccontato questo progetto, mi è piaciuto subito. La sua idea era chiara fin dal primo momento: scrivere un libro che scorra come un film, una specie di sceneggiatura romanzata. Un romanzo/sceneggiatura/copione che ti cattura dalle prime righe. Il racconto scende nella gola come una birra ghiacciata una sera d’estate al crepuscolo, quando il sole è una monetina arancione che accarezza l’orizzonte. Quando tiro fuori la mia vena poetica di fine giornata, levatevi davanti, non ce n’è per nessuno.

    È impossibile non affezionarsi a Paolo, il protagonista di questo romanzo, di questo film cartaceo. Una lettura che diverte, commuove e fa pensare, una narrazione fuori dagli schemi classici, diversa. Paolo è uno di noi, una persona alla ricerca di una legittimità per vivere la propria esistenza e che pretende di vivere la propria vita. Cosa non semplice, tanti fattori lo impediscono e spesso proprio noi stessi siamo l’ostacolo principale. Allora accade l’imprevedibile: per Paolo sarà proprio l’imprevisto la molla che lo porterà a fare il passo, il grande salto, a riprendere in mano le redini del proprio destino. È difficile prendere una decisione importante, a meno che non ci si è costretti.

    Così comincia il viaggio e per Paolo proprio di un viaggio si tratta. Come Simbad il marinaio o Jack Sparrow, approda in diversi porti e per ogni porto un incontro e ogni incontro diventa un pezzetto importante della sua vita. Cos’è il viaggio se non fare nuove conoscenze e scoperte? Peccato che Paolo alla fine... No scherzo, non spoilero il finale, non si fa!

    Mi auguro che questa commedia dal retrogusto agrumato vi tenga una buona compagnia. Ora vi saluto, amici lettori, sono pronto per la mia passeggiata nel bosco in compagnia dei miei meravigliosi amici a quattro zampe.

    Buona lettura.

    Lunedì

    Paolo guarda dal finestrino un paesaggio che scorre uguale a sé stesso. Poi osserva le notifiche sul cellulare. Infine dà un’occhiata ai passeggeri, compagni fugaci di un breve viaggio. Anche loro guardano il cellulare. Tutti quanti. Poi di nuovo il finestrino. "La mia faccia riflessa sul vetro – ogni cosa sparisce – succhiata all’indietro…". Canticchia parole di una vecchia canzone che sfila da un sottile vicolo della sua memoria. Baglioni forse. Il suono della sveglia è una pioggia di spilli sul viso ammorbidito dalla notte. Pensa che dovrebbe cambiarlo. È lo stesso da un circa cent’anni. Una pisciata e il caffè della moca. Una moca ereditata dalla ex moglie che si narra abbia sviscerato miscela di arabica a Sandro Pertini. Un cimelio prezioso. Paolo è convinto che la qualità del caffè sia direttamente proporzionale agli anni della moca. Del latte parzialmente scremato, brioches ripiena alla marmellata del supermercato. Doccia bollente. Poi gli occhi di Paolo si perdono sul finestrino. Venti minuti di treno con il puzzo quotidiano dei sedili, dei binari e dei ricordi che la gente dimentica nei vagoni. C’è la scusa che è lunedì, quindi è consentito avere l’umore a forma di boccaglio da sub. Il diagramma in discesa della settimana è al suo picco più alto. Paolo scende dal treno e s’incammina dando brace alla punta di una sigaretta. La durata del tragitto corrisponde a quella delle di tredici boccate di sana nicotina e catrame. Paolo fa il suo ingresso in ufficio e prende posto. Davanti ha un monitor, uno specchio nero. Lì dentro c’è tutto, l’universo, le cellule staminali e l’antimateria. Le virtù, l’inclinazione dell’asse terrestre e il terzo segreto di Fatima. Il gol di Shevchenko, il gatto di Schrödinger e l’arte del riutilizzo. Quando il monitor prende vita s’illumina e i cristalli liquidi inondano diversi vasi comunicanti che ci puoi fare surf. Nella scrivania accanto a quella di Paolo ci vive Ginevra. Lei si nutre di liquidi dai colori smunti e vive di vicende altrui. Forse perché la sua vita non le basta o forse per la ragione opposta. Paolo è persona educata e saluta tutti quando arriva, prima di mettersi al lavoro. Ognuno ricambia a suo modo. Chi sorridendo e chi con una semplice sillaba a labbra chiuse. Ginevra alza una mano senza distogliere lo sguardo da quello che sta facendo. Gente che viene, saluti che vanno. Rituali ben collaudati che si radicano nella loro perpetua continuità. Paolo s’immerge nel lavoro, quello da sbrigare, consegne, scadenze. Le dita picchiettano la tastiera in un’aritmia a triplo senso di marcia. Il mouse viaggia sul suo tappetino creando cuneiformi arzigogoli. Il caffè delle 11,00 e a seguire la sigaretta. Arriva la pausa pranzo: un panino francese con qualche fetta di prosciutto.

    «Com’è andato il week end?» chiede Paolo a un collega intento a rovistare con un cucchiaio nel suo vasetto di yogurt magro.

    «Così e così, niente di speciale. Mi sono riposato».

    «Bene dai. Anch’io mi sono impigrito sul divano. La serie tv? L’hai vista tutta?».

    «Quale?»

    «Quella dell’ISIS… ne parlavamo settimana scorsa».

    «Ah… sì, quella. No. L’ho interrotta al terzo episodio, mi annoiava».

    «Ne stai seguendo un’altra? Consigli da darmi?»

    «Niente di che, ne sto seguendo una che parla di cucina, sui grandi chef».

    «Interessante» risponde Paolo osservando il suo panino di gomma.

    «Abbastanza. Invece raccontami: com’è andata la tua questione legale, quella di cui mi parlavi venerdì scorso».

    Paolo pensa che a volte bisogna tenere per sé certe cose. Perché gli ha accennato quella questione che da un po’ di tempo lo tiene sveglio di notte? Per noia probabilmente. Per parlarne con qualcuno. Perché gli hanno raccontato che non bisogna tenersi tutto dentro. Che fa bene

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