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Introduzione alla Morfopsicologia: Superamento teorico della fisiognomica classica
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E-book347 pagine3 ore

Introduzione alla Morfopsicologia: Superamento teorico della fisiognomica classica

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"Morfopsicologia", ovvero studio dell'animo attraverso le forme. Osservando le manifestazioni psicologiche negli stessi termini formali del piano facciale, che ne è la sintesi provata, l'autore propone di considerare la psicologia umana della stessa natura degli enti fisici naturali, che il soggetto umano è però capace di sublimare e canalizzare mediante il proprio arbitrio. Rifacendosi alla fenomenologia, propone pure di concepire l'uomo non soltanto come parte dell'evento fisico-psicologico, ma come un "già-evento" di sé, ovvero come un complesso "ammasso" di linguaggio non verbale capace e costruttivo. Studiando la fisiologia dell'uomo e, dunque, le manifestazioni psicologiche da essa in parte provenienti, assume due principi fondamentali riguardo le dinamiche formali-psicologiche: dilatazione e ritrazione, stenicità e astenia. Il risultato è uno stretto legame tra filosofia, psicologia e antropologia.
LinguaItaliano
Data di uscita21 apr 2020
ISBN9788869827952
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    Anteprima del libro

    Introduzione alla Morfopsicologia - Marco Sazio

    (AL)

    I - INTRODUZIONE ALLA MORFOPSICOLOGIA

    1. DALLA FISIOGNOMICA ALLA MORFOPSICOLOGIA E LEGGI BIO-DINAMICHE MODERNE

    Breve storia della fisiognomica

    Non muovere mai l’anima senza il corpo, né il corpo senza l’anima, affinché difendendosi l’uno con l’altra, queste due parti mantengano il loro equilibrio e la loro salute. Così Platone esortava, più di duemila anni fa, a tener conto che l’essere umano non è soltanto materia casuale circoscritta in un determinato punto dello spazio e del tempo ma, contandone ogni componente, ne dava un rapporto di causalità.

    Prima dell’avvento della massima triade della filosofia greca, le indagini sull’uomo si muovevano intorno al suo essere più manifesto in natura, cioè la sua corporeità, e alle cause originali che ne davano energia e slancio vitale.

    La parte materiale dell’essere umano, in quanto corruttibile e incapace da sé di vita, doveva essere sottoposta o quantomeno coniugata all’azione di un altro soggetto corporale, che i greci chiamavano psychè. Identificata infatti al contempo con un fatto organico fondamentale per il procedere della vita, il respiro, e successivamente con il piano complessivo delle funzioni spirituali della vita stessa, l’anima, con la sua corporeità e le sue espressioni dirette nel mondo fisico, veniva così definita dallo stesso Platone:

    "Ebbene l’anima dirige ogni cosa, tutte le realtà celesti, terrestri, marine, grazie ai suoi propri movimenti, i quali hanno un nome: volere, analizzare, avere cura, prender decisioni, giudicare bene e male, provar dolore e gioia, coraggio e paura, odio e amore, e tutti gli altri moti che possono essere assimilati a questi e che costituiscono i movimenti primari, guide di quelli secondari, i moti dei corpi, e determinanti in ogni cosa la crescita e la diminuzione, la separazione, e l’unione con quel che ne segue, ossia il caldo e il freddo, il pesante e il leggero, il bianco e il nero, l’aspro e il dolce¹".

    Dagli effetti delle molteplici influenze intorno a questa congiunzione, si cercava di dare una definizione alla parte motrice, impercettibile, indefinita, non misurabile ed assente se non per le manifestazioni sensibili che concede, mediante le mozioni che causa sul corpo materiale, percettibile, definito, misurabile attraverso la sua somiglianza di specie con gli elementi naturali. Questa era la base portante sulla quale la fisiologia presocratica prima e la filosofia classica dopo hanno attinto interesse, diventando in seguito predecessori occidentali delle varie correnti, fino a quelle moderne e contemporanee. Uno dei primi interessi dei filosofi classici era quello di stabilire la causa e gli effetti della congiunzione tra la forma corporea e quella dell’anima, tra i movimenti dell’anima e quelli del corpo, tra le malattie del corpo e le loro complicanze a livello psicologico e viceversa. Il problema metafisico infatti era parte dell’indagine più importante della filosofia antica: qual è l’origine dell’uomo, la sua materia, il suo essere e il suo divenire?

    Fra gli autori classici, Ippocrate definì la propria teoria umorale, da medico e con finalità patognomoniche, secondo la concezione di un uomo influenzato, al pari degli enti naturali, dai quei quattro umori basali che fungono da principi motori, i quali determinano le varie attitudini di un individuo e che ne mettono in atto il temperamento. Questa teoria, ancora molto povera ma madre delle concezioni moderne, si basava sul numero quaternario pitagorico, il tetrattide, secondo cui ogni fenomeno della natura aveva origine da quattro forze a due a due ugualmente opposte tra di loro. Dalle quattro qualità elementari, sul modello di Anassimandro, (secco, freddo, umido e caldo) si originano le quattro stagioni (rispettivamente autunno, inverno, primavera ed estate); dal tempo ciclico delle stagioni il tempo ciclico dell’età dell’uomo (infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia); infine dall’età dell’uomo, secondo la teoria poi integrata da Galeno, all’indole motoria di un corpo in funzione ad una specifica età, dunque alla formazione dei temperamenti principali (flemmatico, sanguigno, collerico, melanconico) rispetto alla prevalenza di un umore sugli altri tre a partire dalla prevalenza delle funzioni psicofisiche di un organo sull’altro (bile nera e milza – melanconico, bile gialla e fegato – collerico, sangue e cuore – sanguigno, acqua – flemmatico). Così come le cose create sono in loro, per loro, ed in loro e per loro immagine del creatore delle cose, allo stesso tempo il principio portante della fisiologia greca era la teoria secondo la quale ogni elemento della natura era parte del tutto e quindi l’uomo, facendo parte del tutto, era classificato pure lui secondo l’influenza archetipica degli elementi della natura, sia sull’orizzonte dell’anima insensibile sia sull’orizzonte delle forme sensibili. Diceva infatti Aristotele:

    "È possibile inferire il carattere dalle sembianze, se si dà per assodato che il corpo e l’anima vengono cambiati assieme da influenze naturali: dico ‘naturali’ perché se forse, apprendendo la musica, un uomo fa qualche cambiamento alla sua anima, questa non è una di quelle influenze che sono per noi naturali; piuttosto faccio riferimento a passioni e desideri quando parlo di emozioni naturali. Se quindi questo è accettato e anche il fatto che per ogni cambiamento c’è un segno corrispondente, e possiamo affermare l’influenza e il segno adeguati ad ogni specie di animali, saremmo in grado di inferire il carattere dalle sembianze²".

    Oltre a diventare ben presto una teoria eziologica della malattia, la teoria umorale divenne una teoria della personalità: la predisposizione all’eccesso di uno dei quattro umori avrebbe definito un temperamento e una costituzione fisica, detta complessione, generata dallo squilibrio di un elemento sugli altri tre. Nascono così le prime teorie che uniscono alla descrizione di una disposizione corporea, pure quella di un’attitudine psicologica:

    Nei secoli successivi queste concezioni non furono abbandonate definitivamente. Crebbe una visione meno statica della fisiognomica: se i tratti permanenti di un corpo rivelano i tratti permanenti di un carattere, perché il moto che da questi tratti si sviluppa non poteva indicare un moto di un preciso umore che doveva originarsi dagli stessi tratti? Nel linguaggio comune se ne conservano ancora gli avanzi: il collerico, con prevalenza di bile gialla con sede nel fegato, per la rabbia si "corrode il fegato", diventa giallo dalla rabbia; il giovane, che nella sua età adolescenziale è attratto dal sesso opposto e quindi facile all’infatuazione, avendo una prevalenza di sangue, ha un grande cuore. Il melanconico, che sente ormai vicina la morte perché caratterizzato dai moti spirituali dell’uomo anziano, assume le sembianze di un corpo prossimo alla corruzione ed è pallido per il trapasso.

    Erano ritornate alla memoria infatti, a cavallo del Rinascimento, quelle prime forme di morfopsicologia, cioè di studio dell’anima (psychè – logos) attraverso le forme (morphé), ancora conosciuta come fisiognomica (physis-gnosis, conoscenza della natura). Vuoi perché il Medioevo, ormai sul viale del tramonto, aveva dato allo spirito una definizione estremamente "celeste, privando l’uomo della consapevolezza della propria materialità, vista per troppo tempo come un mezzo per peccare piuttosto che come contenuto" dello spirito stesso, il Rinascimento, culla dell’arte, fece rifiorire la ricerca fisiognomica. Ed è proprio l’artista rinascimentale che si fa per primo fisiognomista. Anche perché simbolo del Rinascimento, quell’Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, altro non rappresenta che l’essere umano nella sua interezza e nella sua armonia, inscritto nel cerchio delle cose perfette del cielo e nel quadrato delle cose terrestri. La cultura del tempo, anche quella popolare, riscopriva allora quell’unità predetta secoli prima tra la parte sensibile e la parte spirituale. L’uomo ne è il massimo interprete in natura: da qui l’Umanesimo.

    Dalle nuove traduzioni dei Vangeli si evidenzia pure che Dio non condanna il corpo, ma la carne; l’assolutismo più estremo comincia gradualmente a scindersi, visto che il galateo della morale medievale lascia spazio ad una mentalità, talvolta anche temeraria, che vuole ancora conoscere cosa sia l’anima, ma anche dalle sue manifestazioni e dagli effetti che imprime alle cose, anche le più sensibili. Grazie a questo, la cultura cristiana in Europa non si arresta, ma anzi, riconoscendo i segni dei tempi, si adatta alle nuove scoperte. S. Ignazio di Loyola, dopo un’intensa e controversa opera di discernimento interiore basata sulla conoscenza dei moti dell’animo a partire da quelli corporali, insieme ad alcuni suoi compagni fonda la Compagnia di Gesù. Il preambolo dei suoi Esercizi Spirituali non a caso recita: "Come il camminare e il correre sono esercizi corporali, così si chiamano esercizi spirituali tutti i modi di disporre l’anima a liberarsi di tutti gli affetti disordinati e, una volta eliminati, a cercare e trovare la volontà divina nell’organizzazione della propria vita per la salvezza dell’anima³".

    Lo stesso accade fra i carmelitani, dove si accende un’aspra contesa fra calzati e scalzi; tra gli ultimi S. Giovanni della Croce e S. Teresa d’Avila riformano l’ordine praticando un nuovo ascetismo dinamico, che sottintende l’unità dell’animo con il corpo. D’altronde, l’ascetismo cristiano, musulmano e orientale aveva spesso messo in pratica concezioni di questo genere, praticando quelle penitenze corporali intente a purificare lo spirito con l’atto della mortificazione.

    Rileggendo forse quelle opere e scovando il buono in esse, alcuni uomini legati alla Cristianità diedero un loro contributo alla ricerca fisiognomica. Fra questi ricordiamo, fra i tanti, Ruggero Bacone, S. Tommaso d’Aquino, S. Ildegarda di Bingen e S. Alberto Magno. Nel mondo mediorientale Avicenna, Avicebron, Averroè ed Al-Razi ne trattano anche loro in diverse loro opere, che vanno dalla metafisica e dalla filosofia fino alla scienza e alla medicina. Il canone della medicina di Avicenna è ancora oggi considerato una delle opere maggiori. In Oriente il Mian Xiang, metodo fisiognomico cinese risalente all’era dell’imperatore Huang Di, insieme ad altri metodi simili a quelli occidentali, come il Nin-Sou o il Feng-shui, vengono anch’essi discussi all’interno delle caste religiose orientali e resi pratici mediante l’ascetismo induista e buddhista.

    Tuttavia, a causa dell’indole riformista dell’età rinascimentale, alcune correnti si staccano dalla cultura medievale dominante, determinandone non una continuazione, ma una rottura. S. Ignazio, non a caso, per la somiglianza dei suoi metodi, fu accusato dall’Inquisizione di essere vicino agli Alumbrados, il cui principio portante è molto simile. Quasi nello stesso periodo, in Italia, in cui si vive un periodo di minori tensioni rispetto alla già citata Spagna, ma anche alla Francia e all’Inghilterra, reduci dalla Guerra dei Cent’anni, la rilettura delle opere antiche avviene perlopiù per fine artistico e culturale. Giambattista della Porta scrive Della Fisiognomia dell’uomo e Della Celeste Fisiognomia, discutendo del temperamento e della forma che imprime sul volto. Lo stesso oggetto suscita interesse in Michelangelo ma soprattutto in Leonardo da Vinci che, nei suoi scritti, fa accenni fisiognomici di una certa importanza e che hanno reso celebri anche le sue opere, dove i personaggi erano raffigurati da lui con una particolare mimica emotiva che li faceva emergere sulle pitture e sculture del suo tempo. È lui infatti che dà per primo una propria corporeità alla luce e all’aria con la tecnica dello sfumato.

    Sopra le forme e il significato di essa, per Leonardo infatti c’è una super-forma,

    "una potenza invisibile, la quale per accidentale esterna violenza è causata dal moto e collocata e infusa nei corpi, i quali sono dal loro naturale uso retratti e piegati, dando a quelli vita attiva di meravigliosa potenza; costringe tutte le cose create a mutazione di forme e sito⁴".

    Di questa forza, dalla quale secondo il famoso artista derivano tutte le altre, Leonardo comunque allontana l’idea che essa possa essere descritta sul modello alchemico, considerato nel periodo come un sistema di misura delle cose universale:

    "Della fallace fisionomia e chiromanzia non mi estenderò, perché in esse non è verità; e questo si manifesta perché tali chimere non hanno fondamenti scientifici. Vero è che i segni dei volti mostrano in parte la natura degli uomini, i loro vizi e complessioni [...], ma della mano tu troverai grandissimi eserciti essere morti in una medesima ora di coltello, che nessun segno della mano è simile all’altro, e così di un naufragio⁵".

    Comunque la corrente principale aveva preso una direzione ben precisa. Gerolamo Cardano, figura polivalente del Cinquecento italiano, attacca la frangia magica della fisiognomica, secondo la quale l’ispezione del tratto indica di per sé la natura di un soggetto, quasi fosse un’arte divinatoria. La ritroveremo secoli più tardi, magari condensata da un metodo positivista, in Lavater, Gall e Lombroso. Tuttavia, al contempo, reintroduce la Metoposcopia e ricostituisce una sua fisiognomica proprio come divinazione del lineamento. Giovanni Paolo Lomazzo pubblica anche lui una serie di opere che trattano delle proporzioni del corpo umano. Non può però fuggire dallo studio dei moti che in ogni corpo si avvicendano e per quale motivo essi siano presenti e siano da tutti pressoché comprensibili e intuibili:

    "Noi sappiamo ciascun corpo essere composto di quattro umori, che rappresentano i quattro elementi: di flegma che rappresenta l’Acqua, di melancolia che rappresenta la Terra, di cholera e di sangue, dei quali l’uno rappresenta il fuoco e l’altro l’aria. Ora, secondo che ciascun corpo sarà temperato e costituito d’uno di questi quattro umori, si vedrà sempre che tali in lui saranno gli atti e i gesti, cui corrisponde l’umore di che egli è composto e che in lui degli altri prevale⁶".

    Al pari di Lomazzo, Cornelio Gherardelli, astronomo seicentesco, sostiene:

    "Ma per quanto appartiene alla ragion Fisicale, tutti sanno che quattro sono gli humori corporali, la Flemma, la Malinconia, il Sangue e la Colera, secondo le quali quattro complessioni ovvero temperamenti sogliono gli uomini generarsi. E per lo più, o almeno molti abbondano più d’uno, che degli altri, secondo il quale si dà la denominazione alle persone, con dire il tale è di natura malinconico, quell’altro è molto flemmatico, quello è vehemente sanguigno, et il tale abbonda di bile grandissimamente. La malinconia fa la persona pigra, tarda nell’operare ed è molto contraria per la vita attiva sebbene vale per la specolativa. Il pituitoso rende le persone tanto fredde, che pajono insensate nei maneggi. Il sanguigno è ottimo per lo governo, per essere di dolce, soave, e svegliata inclinazione. Ma il bilioso porta dalle fasce tanto ardente furore, che non può star quieto colla quiete stessa, nè potrebbe haver pace con la stessa pace⁷".

    Con il giungere della corrente illuminista, la fisiognomica subisce un’influenza razionalista e pre-positivista che andava crescendo, in forma reazionaria, della prima metà del Settecento. Julien Offray de La Mettrie pubblica una serie di opere che ricalcano quelle dei suoi predecessori. Nella Storia naturale dell’anima afferma che la materialità dell’anima è simile a quella del corpo e dei suoi organi. Ne L’uomo-pianta dimostra come la forma naturale delle cose si riscontra nell’uomo attraverso la sua fisionomia e come il movimento di queste cose è simile nell’uomo a livello corporale e umorale. Ne L’uomo-macchina giunge inoltre a dire che, così come l’uomo è formato secondo le leggi naturali che lo sostengono, allo stesso tempo anch’egli, quando costruisce e inventa, non può fare altro che ripetere la propria forma e i propri moti nella sua costruzione, indice questo del forte legame tra forma e del moto in ogni forma di creazione e ri-creazione. Scrive infatti che "i diversi stati dell’anima sono sempre correlativi a quelli del corpo [...]. Nulla di più limitato del dominio dell’anima sul corpo, e nulla di più vasto del dominio del corpo sull’anima. Non solo l’anima non conosce i muscoli che le obbediscono, né quale sia il suo potere volontario sugli organi vitali: ma essa non esercita mai un valore arbitrario su tali organi. Che dico! Essa non sa neppure se la volontà sia la causa sufficiente delle azioni muscolari, o semplicemente una causa occasionale, scatenata da talune disposizioni interne del cervello, che agiscono sulla volontà, la muovono segretamente e la determinano in un modo qualsiasi".

    A partire dal Settecento ogni opera cominciava ad avere un maggiore impatto a livello sociale, per via del miglioramento della stampa e del prezzo dei libri che, diminuendo i costi di stampa e di conseguenza l’esclusività, potevano avere una maggiore accessibilità e quindi un maggiore riscontro anche a livello divulgativo. Per questo motivo molti autori cominciavano a presentare le proprie opere non alla cerchia ristretta degli esperti, ma ad un numero maggiore di persone. Probabilmente è questo il motivo per cui Johann Kaspar Lavater pubblica il suo saggio di fisiognomia ("Von der physiognom"), che incuriosisce diversi suoi contemporanei anche a causa del credito ottenuto nei ceti più popolari; fra le figure note si ricorda uno scambio epistolare con Goethe, Kant e Jacobi. La sua fisiognomica però assume caratteri etnlogici che apriranno la strada all’antropologia criminale nota nei secoli successivi. Qualche critica infatti arriva già da Georg Christoph Lichtemberg, secondo cui

    "il volto e il corpo esibiscono una complessa trama di segni storico-naturali

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