La civiltà del vento al tempo del Coronavirus
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Info su questo ebook
Il titolo fa riferimento a un racconto di J.G. Ballard che narra la rovina della nostra civiltà, di come essa venga vissuta e subita, adattandosi alla desolazione e alla decadenza. Il testo descrive città spopolate nelle quali l’atmosfera è di abbandono, con pochi alberghi aperti, semafori disattivati, smog svanito e un silenzio ovattato per la mancanza di motori accesi. In questa realtà i fortunati sopravvissuti sognano una seconda fase nella quale ritorni la luce, il traffico, il rumore, la vita serale e persino gli atti di violenza come testimonianza di vitalità, energia e esistenza. La prigionia, così come la fuga da essa, sono vissute come ossessione. Il racconto ballardiano richiama i tempi emergenziali del Coronavirus. L’ossessione esperita è la stessa: cercare di scansare il contagio e ipotizzare il futuro che lo seguirà. Chiuso in casa, l’autore di questo ebook, ha scelto di raccontare la crisi, ancora in corso, scrivendo e condividendo una serie di riflessioni quotidiane nate da sentimenti e sensazioni, letture, notizie, eventi e avvenimenti che hanno dettato il ritmo del tempo nell’emergenza del coronavirus. L’ebook è strutturato nella forma di 100 brevi riflessioni, pensieri critici, punti di vista non conformistici e visioni politicamente scorrette. È rivolto a persone curiose, alla ricerca di approfondimenti e vie di fuga, dal presente e dall’attualità di questi tempi critici e tecnologici. Si presta per una lettura rapida ma puntuale dei fenomeni in cui siamo sprofondati, non sequenziale, a casa o in viaggio, quando la pandemia sarà superata. È organizzato come un viaggio, prima dentro i mondi della tecnologia e poi della pandemia. L’una e l’altra sono analizzate come elementi di una stessa realtà: complessa, globalizzata, intrecciata e in continuo mutamento, che obbliga tutti a diventare (tecno)consapevoli per riuscire a immaginare futuri diversi, non distopici, nei quali sopravvivere alle crisi future, delle quali il coronavirus è semplicemente un vessillifero. Crisi ambientali, economiche, sociali e politiche ma anche psichiche e personali che per essere evitate hanno bisogno di pensiero critico, di guardare lontano, di affermare nuovi valori (solidarietà, umanità e collaborazione) e di un nuovo protagonismo, anche politico, individuale.
Dirigente d’azienda, filosofo e tecnologo, Carlo Mazzucchelli è il fondatore del progetto editoriale SoloTablet dedicato alle nuove tecnologie e ai loro effetti sulla vita individuale, sociale e professionale delle persone. Esperto di marketing, comunicazione e management, ha operato in ruoli manageriali e dirigenziali in aziende italiane e multinazionali. Focalizzato da sempre sull’innovazione, ha implementato numerosi programmi finalizzati al cambiamento, a incrementare l’efficacia dell’attività commerciale, il valore del capitale relazionale dell’azienda e la fidelizzazione della clientela attraverso l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e approcci innovativi. Giornalista e writer, communication manager e storyteller, autore di ebook, formatore e oratore in meeting, seminari e convegni. È esperto di Internet, social media e ambienti collaborativi in rete e di strumenti di analisi delle reti sociali, abile networker, costruttore e gestore di comunità professionali e tematiche online.
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Anteprima del libro
La civiltà del vento al tempo del Coronavirus - Carlo Mazzucchelli
9788825408911
Dedicato a Marina, la compagna di una vita che, da scienziata, osserva curiosa e paziente i miei tentativi di interpretare il mondo con categorie filosofiche…
Introduzione
Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli.
J.G Ballard
Questo testo è nato al tempo del Coronavirus e della crisi generata dalla pandemia. Non poteva non trattare argomenti e tematiche che hanno caratterizzato le narrazioni del tempo della crisi, suggerendo riflessioni su effetti, comportamenti e reazioni, speranze e prospettive, eventi, storie e scenari presenti, passati e futuri. Ne è derivato una specie di Decamerone in miniatura con la differenza che, mentre i giovani protagonisti del libro di Boccaccio (scritto al tempo della peste del 1348 a Firenze) cercavano il divertimento, la dimenticanza e il relax, gli scritti qui raccolti invitano alla (auto)riflessione e all’azione per costruire futuri possibili migliori. Nella (tecno)consapevolezza che il dopo sarà più duro del presente, soprattutto perché «tutto sarà più incontrollabile quando divamperà la crisi economica». (A. Masullo).
Lo spunto per l’e-book è nato dal ricordo di un racconto di J.G. Ballard, La Civiltà del vento,¹ uno dei tanti scritti che sono oggi riemersi dall’oblio grazie a quanti hanno suggerito di interpretare e capire, anche letterariamente e con la lettura, la crisi nei giorni della pandemia 2020.
La specificità ballardiana di questo testo è tutta nella descrizione dei meccanismi psicopatologici che affiorano e si impongono in situazioni di emergenza. Automatismi, scelte e comportamenti simili a quelli che oggi riempiono le giornate di milioni (miliardi se si pensa al di là dei confini nazinali) di persone, chiuse in casa per colpa di un nemico invisibile quanto temibile. Situazioni nelle quali ciò che conta è sopravvivere, al contagio, alla morte ma anche alla noia, alla paura, allo spavento e alla malattia psichica. Adottando comportamenti utili: a mantenere l’integrità fisica e sensoriale così come quella psichica del Sé; a valorizzare i capitali relazionali, emozionali ed affettivi di ognuno; a gestire in modo intelligente le capacità immaginative che servono a sopravvivere emotivamente e intellettualmente; a prefigurare gli scenari mentali, tecnologici, ambientali ed economici del dopo crisi.
Il tema di fondo dell’e-book è sempre la tecnologia, elemento di riflessione di tutti i miei 19 libri fin qui pubblicati, ma inserita in un quadro più ampio, sistemico, interallacciato, pandemico. Il quadro è quello di una crisi di sistema nella fase di sviluppo capitalistico attuale, caratterizzato dalla globalizzazione e dai relativi cambiamenti geo-politici (accentuatisi nella fase attuale del coronavirus²), dalle crescenti disuguaglianze e da masse numerose escluse dall’educazione e dalla conoscenza, dall’innalzamento della temperatura e dalla crisi ambientale, dalla crisi del lavoro e dalle pandemie varie in via di formazione e diffusione. La tecnologia è legata a ognuna di queste crisi, ha colonizzato la nostra mente condizionando non solo la nostra percezione della realtà ma anche la nostra immaginazione e la capacità di sognare utopie. Pur avendo creato una infinità di opportunità (nella pandemia del Coronavirus la tecnologia ha permesso di mantenere vivi rapporti e relazioni umane), di progressi in tanti ambiti individuali, sociali (APP per monitorare il contagio, ecc.) e aziendali (smart-working e non solo), di sviluppi innovativi ed evoluzioni, i suoi effetti sono scarsamente soppesati e analizzati. Gli effetti della tecnologia si collocano dentro un contesto più ampio, determinato dalle conseguenze rilevanti che la pandemia avrà nella sfera individuale, relazionale, mentale e psichica delle persone. Nell’esperienza umana del coronavirus il rischio di malattia psichica e psicologica è reale, si innesta su una già diffusa sofferenza determinata dalla tante crisi già in atto, economiche, del lavoro, geopolitiche e ambientali.
La crisi pandemica è arrivata a ricordarci il paradosso del tempo presente continuo nel quale ci siamo rintanati da tempo nell’illusione di avere cancellato passato e futuro, come se non fossimo creature in eterna evoluzione e mutazione. Ci ha ricordato che la vita ha una durata limitata e regalato la consapevolezza che «ognuno ha di vivere in un tempo che precedeva la sua nascita e che continuerà dopo la sua morte» (M. Augè). Oggi passato e futuro si sono liberati dall’opinionismo e dallo storytellig superficiali diffusi, per ricordare a tutti che esperienze, eventi e fatti vanno tutti collocati in una prospettiva storica, diacronica. Il coronavirus collocato in prospettiva diventa evento (strumento) potente per costruire, a partire dal passato e dalle rovine del tempo corrente, un futuro diverso. Può essere il mezzo per uscire dall’immobilità e dal conformismo biopolitico, sociale e mediale del presente che hanno impedito in questi anni di vedere con chiarezza quello che si agitava nel sottosuolo (Severino).
La pandemia del coronavirus, con la sua forza scardinante e dirompente, che sembra avere sorpreso tutti, non si è preannunciata ma era prevedibile,³ alcuni studiosi l’avevano già prevista e raccontata (il saggio Spillover di Quammen ne è un esempio). A impedire di vederla non è stata la miopia ma l’individualismo e il nichilismo diffusi a tutti i livelli, personali, sociali, economici e politici. La forza con la quale il coronavirus ha bloccato il mondo, rimettendolo forse a testa in su, può essere catartica e salvifica, permetterci di adottare uno sguardo critico sulla realtà e di pensare criticamente, riflettendo su quanto l’Homo sapiens ha realizzato negli ultimi decenni di sviluppo sfrenato, di finanziarizzazione dell’economia, di deforestazioni e desertificazioni ambientali, di precarizzazione dei rapporti di lavoro, di virtualizzazione sociale delle relazioni e dei sentimenti, di globalizzazione malata (produzione e distribuzione di beni essenziali per alimentare un consumerismo mondializzato). La morte che ha fatto capolino nella vita di tutti ci ha ricordato il senso della (nuda) vita e del sentirsi vivi, in compagnia della morte, ha relativizzato le esperienze virtuali e mediatizzate, riportando tutti alla materialità della vita e alle sue difficoltà (sparizione del reddito, affitti da pagare, convivenza in spazi ristretti, povertà, ridimensionamento delle proprie aspettative, ecc.).
Il coronavirus è l’occasione per riflettere sulla crisi, una condizione esistenziale nella quale viviamo da tempo, anche senza rendercene completamente conto o semplicemente esorcizzandola. Concetto polisemico, applicabile a ambiti eterogenei, crisi ha perso la sua specificità semantica originale che suggerisce la possibilità di selezionare, valutare, diagnosticare, decidere. La crisi pandemica attuale fa paura perché come tutte le crisi indica una rottura, una faglia, una incrinatura che può cambiare il corso delle cose. In realtà non bisogna averne paura ma viverla, ponendosi domande, attraversarla, pur vivendola come ansia, nell’inquietudine e nella paura. La crisi può essere vissuta come metafora per programmarne l'uscita attraverso la critica, la riflessione, l’azione e la decisione. Punto di partenza è la consapevolezza di vivere immersi in una crisi che viene da lontano, accelerata dalla globalizzazione, dalla tecnologia, dalla perdita della storia e dell’identità, dal crollo della fede nel progresso e nel benessere. Il contagio di un virus ci ha mandato in esilio, ci ha pietrificato, causando incertezza, incapacità di scegliere, blocco decisionale ed inerzia. Ha solidificato la società liquida (il riferimento è alla teoria della società liquida del sociologo Bauman) della Rete e delle connessioni, ridato il significato originale alla parola crisi. Sta a ognuno di noi (re)agire, adattandoci, interrogandoci e comprendendo, superando immobilità e paura, ricercando risposte non convenzionali, con framework mentali non preconfezionati.
Unico modo per non andare alla deriva!
La crisi non è una malattia, una febbre temporanea, è un momento di svolta che cambia lo stato delle cose, è un evento, dentro un processo di altri eventi storici. Come tale è una finestra sulla società, sulla realtà e sull’attualità, è uno spazio da abitare, uno strumento utile per adottare nuove pratiche esperienziali e di azione. La pandemia vista come evento, pur nella sua traumaticità, virulenza e forza dirompente, può essere l’occasione di una rinascita. Quando e se lo sarà (stata) lo scopriremo solo dopo, a posteriori. E tanto dipenderà da noi, da quanto avremo appreso e da quanto saremo stati capaci di resistere al presente, superando le nostre convinzioni, di cambiare verso, comportamenti, abitudini e valori. Dipenderà anche da quanto i poteri esistenti e la Politica sapranno mettere in discussione priorità, equilibri sociali consolidati e modelli neoliberisti esistenti e organizzare una risposta non contradditoria e adeguata alla crisi economica che seguirà. Per superare la crisi non basterà ricorrere alla tecnologia, alle sue APP, reti degli oggetti e dispositivi mobili. Sarà necessario intervenire sulla legislazione che in questi anni hanno demolito sistematicamente la sanità pubblica, impostare nuove politiche basate sulla gestione del rischio⁴ e sulla restaurazione del potere centrale.
Questa crisi, sottovalutata ma esplosiva, ha riproposto questioni filosofiche, antropologiche e sociologiche, sul rapporto tra uomo e società, tra uomo ambiente e natura umana, sulla comunicazione umana, sul mezzo tecnologico e sui media, tanti ambiti tutti tra loro intrecciati della globalizzazione nella fase attuale dell’Antropocene, delle intelligenze artificiali e delle nuove tecnologie. Chiederà a tutti di cambiare stili di vita, relazioni con gli altri e con l’ambiente. Suggerirà nuove narrazioni, una gestione diversa delle informazioni dettata da nuovi comportamenti e azioni differenti da quelle che hanno alimentato l’infodemia⁵ sulla crisi del coronavirus. L’infodemia è diventata anch’essa patologia psichica, destabilizzante, ha finito per indurre ulteriore passività e soggezione, per disorientare la bussola mentale e esperienziale delle persone chiuse in casa. Ha dato origine a un altro tipo di contagio e di patologie, che dovranno ora essere curate e superate dopo un periodo di terapia intensiva.
Il Covid-19 può essere l’innesto di una prossima rivoluzione, già in formazione ma che non ha ancora trovato strumenti