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Interminati mondi e infiniti quesiti
Interminati mondi e infiniti quesiti
Interminati mondi e infiniti quesiti
E-book201 pagine2 ore

Interminati mondi e infiniti quesiti

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Info su questo ebook

L’Opera è divisa in capitoli che sommariamente ne riassumono il contenuto.
L’inizio è un pensiero che in sé racchiude tutto il corso della storia evolutiva dell’Universo, una doverosa riflessione di cui è parte l’essere umano in quanto specie senziente. 
Da questa riflessione è evidente l’equivalenza tra il Dio di Baruch Spinoza e l’Universo (D’ora in poi trattato in maiuscolo).
Nella Presentazione si tenta di inviare un messaggio al lettore di come, partendo da una riflessione di Enrico Fermi (“...allora dove sono tutti quanti?”) riferita a non ancora identificate intelligenze extraterrestri, si possa suggerire un messaggio di speranza per l’Umanità.
Si parte dimostrando che l’interesse  per l’intelligenza extraterrestre sia in realtà radicata nel pensiero umano fin dalle sue origini e che, nei secoli, è stata al centro dell’interesse di molti filosofi e Padri della Scienza, da Metrodoro di Chio fino al cardinale Niccolò Cusano  (“Interminati mondi”). 
L'analisi prosegue nel libro fino a trattare lo stato della ricerca sulle forme di vita extraterrestre e diverse ipotesi sulle possibili civiltà aliene.
Il libro è riccamente costellato di note e riferimenti ai lavori scientifici e letterari trattati.
LinguaItaliano
EditoreUmby
Data di uscita26 mag 2020
ISBN9788835835431
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    Anteprima del libro

    Interminati mondi e infiniti quesiti - Umberto Genovese

    Umberto Genovese

    Interminati mondi e infiniti quesiti

    UUID: dccead50-9654-442b-b4f1-88a5847e44a8

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Quale capolavoro è l'uomo

    così nobile nella ragione

    così infinito nelle facoltà

    e per forma e moto

    così perfetto e ammirevole

    e nell'azione così simile a un angelo

    e a un Dio nell'intelletto

    William Shakespeare, Amleto

    Sono nato quasi 14 miliardi di anni fa, minuto più, minuto meno, nel nulla più assoluto.

    Non c’era alcuno spazio intorno a me e nessun tempo da misurare: quelli li ho creati io. Fu un gran bel botto, ma non c’erano orecchie per sentirlo, non le avevo ancora create.

    Nacqui pieno di energia, una energia ancora misteriosa che neppure il più potente acceleratore di particelle o il più massiccio quasar potrà mai ricreare.

    Per il tempo di una frazione infinitesimale di un secondo, mi espansi più veloce della luce, mentre lo spazio che stavo creando diluiva la mia energia e fratturava la legge che la governava in quattro forze altrettanto fondamentali. Ognuna di loro era lo specchio dell’altra, tutte alquanto simili nell’impostazione ma molto diverse come comportamento.

    Pochi istanti dopo una parte della mia energia si tramutò in materia e antimateria, che però non si sopportavano e scontrandosi si annichilivano. Ma tra le pieghe delle leggi che mi ero dato, era nascosto il segreto che avrebbe permesso alla materia di prevalere.

    Ne il primo, turbolento secondo, quella materia primordiale si raffreddò e si diluì nello spazio che ancora stavo creando fino a che, dopo appena tre minuti, le particelle fondamentali di cui ero a quel punto composto si riunirono in particelle più complesse e, dopo trecentomila anni, queste in atomi.

    Tutta la materia increspava lo spazio curvandolo sotto il suo stesso peso, creando i presupposti per il mio aspetto attuale: enormi filamenti, ponti che attraversavano tutto lo spazio vuoto come il tessuto di una spugna.

    Dopo appena un miliardo di anni, questi filamenti collassarono in gigantesche nubi, le protogalassie, che a loro volta si frammentarono in nubi ancora più piccole che formarono le prime stelle.

    Dai tempi in cui energia e materia erano unite, lo spazio risplese di luce blu, ma purtroppo ancora non c’erano occhi che la potessero vedere.

    Ben presto quelle magnifiche e gigantesche stelle esplosero, disseminando tutto intorno a loro una nuova generazione di atomi più complessi che avrebbero costruito nuove generazioni di stelle e pianeti.

    Finalmente, in qualche angolo remoto di me stesso, grazie a quegli elementi che adesso erano parte di me, mi evolsi ancora una volta verso la Vita. E per la prima volta dopo quasi 14 miliardi di anni e infinite rivoluzioni, presi coscienza di me stesso. Ero riuscito a creare occhi per vedermi e orecchie per sentire il mio respiro. Un cervello per meditare e intelligenza per comprendermi.

    Universo

    PREFAZIONE

    La ricerca dell'altro, crocevia tra le scienze e palestra del pensiero creativo

    Siamo soli nell’universo? Forse già sapete che, mentre vi apprestate a leggere questo volume, due sonde sono impegnate nel loro incredibile viaggio interstellare, portando a bordo una sintesi ragionata del nostro essere donne e uomini della Terra, sotto forma di dischi per grammofono, nella remotissima ma sempre possibile eventualità che vengano intercettate da altre forme di vita intelligente. L’avrete capito, sono le due sonde Voyager, lanciate negli anni settanta del secolo scorso: testimonianza del primo affaccio umano oltre il Sistema Solare, protese adesso allo spazio vastissimo e misterioso. E si apre proprio con un denso messaggio da parte dell’Universo, questo testo assai interessante di Umberto Genovese, da tempo caro amico e collega nell’avventura sempre nuova ed intrigante di divulgare la scienza. Questo messaggio ci porta direttamente in medias res, al cuore della nostra indagine, prendendo posizione su un argomento (diremmo adesso) particolarmente sensibile, come il senso del nostro esistere qui, in questa parte di Universo. Non è infatti scientificamente dimostrabile - e dunque, direi io, non è nemmeno vietato - pensare allo sviluppo del cosmo come un lungo e paziente tragitto per arrivare alla generazione di una forma di vita attraverso la quale l’Universo stesso si può guardare, può riflettere su di sé. Può speculare sul senso di tutto questo. Gli enormi quasar, le sconfinate galassie (per quanto ne sappiamo) non possono farlo. Noi - forme di vita esilissime e minute al confronto con questi giganti dello spazio - invece possiamo. Forse è un caso, forse no: ognuno ha la sua posizione, al riguardo (e questo libro le rispetta tutte, evitando ogni faziosità). Personalmente preferisco pensare che non sia affatto un caso, se non altro perché l’indagine risulta molto più divertente, appagante. E questa indagine è bello compierla in buona compagnia, in questo caso affidati alla guida esperta di Umberto, per varie ragioni che proverò rapidamente a spiegare. Ma prima, dico che nella lettura del testo una delle cose più godibili è la poliedricità dell’approccio, che arriva al punto da diverse direzioni anche molto differenti (ilpoliedrico non a caso è il nome del suo blog). Peraltro, il cuore dell’indagine è presto detto, è riassumibile nella celebre frase di Fermi, dove sono tutti? Se infatti siamo un punto specialissimo e privilegiato dello sviluppo del cosmo, possiamo pensare davvero di essere soli? E’ ancora una forma residua di antropocentrismo, qualcosa di cui liberarci il prima possibile per abbracciare la vera complessità, per decentrarci in tutti i sensi, oppure è un’ipotesi ancora valida, alla luce dei più moderni risultati della scienza? Questa domanda così apparentemente semplice, quasi sfacciata, costituisce - come in una sinfonia - la cellula tematica che percorre questo interessante saggio. Domanda capace di generare una serie di mirabili variazioni che ci portano innanzitutto a riscoprire la bellezza semplice del conoscere, che ci aiutano - quasi senza che ce ne accorgiamo - a trovare densità di risposta alla domanda speculare - perno di ogni indagine filosofica - ovvero dove siamo noi. Questo è il valore più luminoso e duraturo del testo che avete ora tra le mani, in ultima analisi. E potrei aggiungere, senza alcun bisogno di improvvisarmi filosofo, che è una dinamica virtuosa ben nota: cercando il dialogo con l’altro da noi - in questo caso, vagliando accuratamente l’ipotesi di esistenza di altre forme di vita intelligente - capiamo meglio noi stessi, gettiamo luce sul nostro possibile ruolo in questo angolo di Via Lattea. Una galassia tra le tantissime di un cosmo che solo in questi anni stiamo iniziando a conoscere davvero (anche grazie alla bella avventura europea della sonda Gaia di ESA, avventure alla quale ho l’immeritato onore di partecipare), stiamo portando fuori dal mito e consegnando all’indagine scientifica vera e propria. Interrogandoci sugli extraterrestri, in questo momento, è tutt’altro che una oziosa speculazione, perché così facendo comprendiamo ipso facto ancora e meglio il senso specifico del nostro esserci, nel cosmo. E con esso, la fragilissima specificità di vivere su un pianeta come la Terra, con risorse abbondanti ma non infinite, riguadagnando nuova coscienza di fronte alla sfida che uno sviluppo selvaggio e una depredazione incontrollata di queste risorse, ci pone oggi con estrema e urgente attualità. Fragilità che Umberto ci ricorda, doverosamente, in più parti di questo testo, come derivazione naturale e niente affatto forzata del suo stesso discorrere dell’uomo e del cosmo. Tuttavia, non è appena il messaggio morale che fornisce importanza a questo testo. Come sempre, non è quel che diciamo la sola cosa importante: è anche (e spesso, sopratutto) come lo diciamo. Abbiamo accennato all’interdisciplinarietà dell’approccio al tema, lucido esempio di come tutte le indagini moderne che abbiano senso, appaiano ampie e inclusive. Biologia, astronomia, fisica, informatica, cosmologia, fantascienza, ecologia, gestione dell’energia, paleontologia, tutto concorre e tutto serve a realizzare un quadro che solo attraverso l’accostamento sapiente di tessere di colori diversi, può ancora restituire un messaggio unitario e sensato, per l’umanità del secolo presente. Accanto a questo, il lettore attento realizzerà ben presto che, come valore aggiunto del testo, si ritrova fruitore di un ottimo corredo di note e riferimenti autorevoli per approfondire i vari temi: per una indagine che non si conclude affatto con l’ultima pagina del libro, ma inizia proprio da qui, in un certo senso. L’abbiamo detto, tutto parte dalla domanda di Fermi, e si sviluppa su di una tavolozza piacevolmente ricca e multicolore, dove ognuno potrà cogliere i messaggi a lui più consoni: Umberto si muove agevolmente tra vari piani del sapere, mostrando una invidiabile capacità di integrare sapienze apparentemente lontane in un fecondo processo di sintesi. Dove trovano spazio anche istanze forse inaspettate. Come ad esempio lei: la fantasia. Il testo è infatti anche un inno consapevole, al ruolo della fantasia e della creatività nell’indagine scientifica. E questa è un’altra lezione decisamente interessante: pensare alla scienza come freddo esame di dati e distaccate costruzione di teorie, è quanto mai falso e fuorviante (come ogni vero appassionato di scienza sa bene). Lo scienziato vive profondamente nel suo mondo e investe la ricerca della sua immaginazione creativa, qualità questa altrettanto utile - se non di più - della sua competenza tecnica. Di più, la capacità di immaginare e spesso perfino di fantasticare, è sempre stata una molla formidabile per l’indagine scientifica. Così è, e così si comprende in questo volume. E gli esempi non mancano. A parte il fitto dialogo tra fantascienza e progresso scientifico vero e proprio (evidentissimo nell’ultima densissimo e direi emozionante paragrafo), il lettore scoprirà con suo piacere, come venga lasciato spazio - pur nel rigore della trattazione, che mai viene meno - anche per le ipotesi più ardite (per esempio, siamo forse cavie inconsapevoli in una gigantesca simulazione condotta da qualche entità aliena? Se così fosse, cosa potrebbe comportare anche per lo sviluppo scientifico?) e in generale per domande che si sposano naturalmente con le questioni filosofiche ed anche metafisiche fondamentali. Diciamolo, non esiste una scienza separata dalla cultura, non c’è mai stata. Superiamo una volta per tute gli steccati e le divisioni mentali, la realtù (grazie al cielo) è altra cosa! Che poi, molto spesso le idee di scienziati sono più fantascientifiche di quelle degli autori della letteratura di genere. Abbiamo già accennato all’ipotesi della simulazione, ma c’è ben altro, come scoprirete nella lettura. Che ruolo hanno, per esempio, gli UFO con la nostra indagine? E le sonde che si riproducono da sole (attenzione che sono così voraci che possono divorare la Galassia) ? E perché mai il celebre Francis Crick, fu condotto proprio dalle sue rircerche sul DNA a credere all’esitenza degli extraterrestri? Ed ancora, in che modo lo stesso DNA potrebbe rappresentare una sorta di ultima frontiera per inviare informazioni nel cosmo? Leggendo questi libro, ho scoperto con mia sopresa (che sarà forse anche vostra) come le frontiere della tecnica guardano oggi con rinnovato interesse proprio al mondo naturale, riscoprendo in esso delle tecnologie informatiche audacissime e formidabili. Insomma il cerchio si chiude, e il culmine dell’espressione tecnologica consiste nell’osservare - con occhi nuovi - quel mondo naturale dal quale siamo partiti, scoprendo come la Natura utilizza da milioni di anni, tecnologie che diremmo avanzatissime. Ma come stupirci? Sappiamo che il vero progresso consiste in una nuova capacità di guardare, innanzitutto. C’è una altra grande lezione, assai bella da scoprire. E’ evidente, dalla lettura del libro, come il sapere scientifico non si evolva da sé, in maniera asettica, inseguendo solo l’accumulo progressivo di risultati di laboratorio, ma sia fortissimamente influenzato e condotto dalle idee sulla vita e sul mondo che gli scienziati stessi via via coltivano, nelle quali abitano e agiscono. Ancora una volta, scopriamo una scienza affatto impermeabile al mondo quotidiano, come viene dipinta secondo certi ormai usuati steerotipi, ma in profonda relazione con esso. Non manca una riflessione sulla civiltà tecnologica e sul ruolo delle macchine, quanto mai importante nell’epoca attuale. Con scenari sorprendenti riguardo possibili intrecci tra biologia ed informatica, nell’esplorazione e nella conquista del cosmo. Nel complesso, un testo che non mancherà di sorprendere anche il lettore più avvezzo a muoversi nel panorama della divulgazione scientifica rigorosa e di ottima fattura. Ma sopratutto un testo che dimostra quanto Umberto scrive (sperimentandolo quotidianamente nella sua stessa condizione) nel suo blog, non c’è malattia o handicap che possa impedire a chiunque di fare scienza, anche in presenza di stati di salute invalidanti. Un esempio di questa affermazione è Stephen Hawking, che la sua lunga malattia non ha fermato. Io nel mio piccolo ho fatto lo stesso, grazie all’amore di mia moglie e dei miei figli, che ricambio, ho continuato a farmi le stesse domande che ogni uomo, donna e bambino si è poste da quando è nato il genere umano. A questo punto credo che l’unica malattia veramente invalidante sia il disinteresse, l’accidia che distrugge il pensiero umano, e quella, per fortuna, non mi ha colpito. Questo testo ha il pregio di diventare sempre più interessante più si prosegue nella lettura (almeno così l’ho vissuto io), e quando si chiude, si comprende come le domande che si è sempre fatto Umberto, le è riuscite a creare o rinnovare anche in noi. Così che la curiosità, e perfino lo stupore (solo lo stupore conosce diceva Gregorio di Nissa) si rivelano - oltre ogni freddo tecnicismo - come la fonte primaria di conoscenza dell’uomo. E sono certo, anche di ogni eventuale civiltà che in questo momento condivide con noi il viaggio siderale in questo smisurato, pazzo ed imprevedibile Universo. Buona lettura!

    Marco Castellani

    INAF - Osservatorio Astronomico di Roma

    www.marcocastellani.me

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