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Il masso di Sisifo: Ricordi di vita diplomatica
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E-book176 pagine2 ore

Il masso di Sisifo: Ricordi di vita diplomatica

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In un precedente libro di memorie l’autore aveva illustrato alcune sue esperienze in varie sedi diplomatiche e consolari, come Baghdad, Città del Messico, La Paz, Berlino, Yangon ed altre. Ora torna sull’argomento, sia con narrazioni riguardanti altre sedi (Berna, New Orleans, Nazioni Unite), sia con ricordi che risalgono ai suoi primi anni di carriera diplomatica ed a quelli più recenti. Tutto ciò viene esposto in ordine cronologico, ed al centro si situano le descrizioni di parecchie missioni all’estero, effettuate a richiesta di tre distinti “datori di lavoro”: il Ministero degli Affari Esteri, il Dipartimento Turismo e Spettacolo della Presidenza del Consiglio e la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione.

Prefazione di Antonio Saccà
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2020
ISBN9788838250446
Il masso di Sisifo: Ricordi di vita diplomatica

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    Anteprima del libro

    Il masso di Sisifo - Giorgio Bosco

    Spiridonova

    Prefazione

    Il testo di Giorgio Bosco è un Diario se non giorno su giorno anno segue anno, la memoria che appunta gli avvenimenti nel momento in cui accadono o successivamente, pur di conservarne l’esistenza, comunque. Vi è in Bosco la necessità di non sperdere nel silenzio ciò che gli è avvenuto, di salvare la vita nella coscienza che la vita non si salva in sé stessa, rimane eventualmente nella scrittura ma non rimane nell’esistenza. È tale contraddizione che fa nascere la diaristica, il sapere di perdere la vita vivendo, il voler salvare qualche rottame dalla perdita netta. E questo vale per la diaristica, generalmente. Ma vi sono aspetti connotativi, propri di Giorgio Bosco. Una immedesimazione nel mondo, anzi: nella civiltà diplomatica in maniera radicale, Bosco dà l’impressione che non poteva attuare altra manifestazione di se stesso se non nella civiltà diplomatica: il garbo, la misura, il riguardo, la forma. Completa questa sua disposizione diplomatica il Diritto, materia coltivata da Bosco, dà peso alla parola, la soppesa, appunto, la precisa, la sceglie secondo necessità, si rende insomma diplomazia, quella curvatura verbale e di comportamento che cerca fino al possibile di precisare e stabilire il dialogo o la negazione del dialogo. La vicenda professionale di Giorgio Bosco si avvalse di entrambe le vie intessendole, giurista e diplomatico, docente e ambasciatore. Ma vi è un’ulteriore esigenza che muove la vita e gli scritti di Bosco, l’amicizia, e, con riserbo, l’amore. Attingendo ad una frase di Alessandro Manzoni, Bosco fa dell’amicizia un valore essenziale dell’esistenza, un rimedio salutare, e queste memorie sono una sorta di tappeto su cui passano gli amici, i più ormai scomparsi, che però Bosco, quasi stesse alla porta, di uscita o di ingresso, lo ignoriamo, saluta direi al modo greco classico o romano antico, commosso e trattenuto. Il primo commiato, il primo soglio della memoria è per la consorte, Colette, al modo di un ambasciatore francese che aveva fatto omaggio alla consorte con moltiplicati ringraziamenti anche Bosco precisa i ringraziamenti alla consorte, con misurata passione. Ma è nell’amicizia che Bosco si propaga, ha davvero il piacere dell’altro, dell’entità sociale del prossimo. Tutto il libro è animato da ritratti, ritrattini, sempre con una determinazione dei soggetti. Taluni spiccano, il Maestro Riccardo Monaco, Guglielmo Negri, ma anche personaggi della giovinezza, e ministri, alti funzionari, ambasciatori, capi di stato, uomini politici, e in tutto il mondo. Quesiti, controversie, congressi, relazioni, pareri... In altro testo Bosco ha narrato le sue esperienze di ambasciatore; questa parte è dedicata alla sua esperienza di giurista e all’insegnamento nella Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Chi avrà il piacere che ho avuto io di leggere il libro coglierà i temi, i problemi spesso temibili che il giurista Bosco ha affrontato. E godrà con l’immaginazione i simposi, i ricevimenti raffinati e graditi ai quali fu ospite.

    Di Giorgio Bosco scrissi in un mio libro...di ricordi, narrando del suo tratto signorile, della serenità colloquiale, rappresentando con lui la «Rivista di studi politici internazionali», diretta dalla mano, direi, di Maria Grazia Melchionni, che usa una bacchettina sinfonica sui collaboratori, tra i quali Bosco, con saggi e note.

    Ho conosciuto Giorgio Bosco negli incontri che Armando Verdiglione animava negli anni Ottanta e successivamente. Verdiglione fondò una libera, originale casa editrice, riviste, congressi di primordine, mondiali e in tutto il mondo. Intellettuali, politici, imprenditori, artisti, una effervescenza creativa spregiudicata e dinamica, in un Paese che forse aspirava a qualche sonnolenza. Fu nella principesca Villa Borromeo, a Senago, che conobbi, entrambi convegnisti, Giorgio Bosco, e le sue relazioni giuridiche misurate e problematiche. Elegante al modo signorile del passato, anche nel conversare, distante dal mescolume caciarone vociante della attualità. Ahimé, Bosco conserva il tratto garbato ormai fuori tempo. Meglio così. Il garbo fa la civiltà. Ci frequentammo, a Senago, a Milano, in altri luoghi, e a Roma dove viviamo entrambi. Ormai sono molti gli anni della conoscenza e dell’amicizia. Ci vediamo, ci ascoltiamo, mi fa conoscere notizie, viene se presento un mio libro o tengo una conferenza, leggo io quel Lui scrive. Spero che il piacere di leggerlo sia ampio... perché si legge...con piacere…

    ANTONIO SACCÀ

    Introduzione

    Una delle consolazioni della vita è l’amicizia, scriveva il Manzoni nei Promessi Sposi; ed alcuni degli amici più cari, dopo aver letto il mio precedente libro di ricordi di vita diplomatica [1] , mi hanno incoraggiato a continuare. È nata così questa raccolta, un po’ disordinata quanto agli argomenti, e che ha come unico criterio l’ordine cronologico. Quello che racconto qui si basa soprattutto sulla memoria, integrata, dove possibile, da vecchie carte di quei tempi.

    Il pretore Arnett, nell’Antologia di Spoon River (magnifica la traduzione di Fernanda Pivano), dopo la caduta e la rottura del suo raccoglitore mormora: «No, non sono fogli, non vedi dunque che sono giorni e giorni, i giorni e i giorni di settant’anni? E perché mi torturi coi fogli e coi piccoli appunti?» Per me, invece, i piccoli appunti sono stati d’aiuto.

    Due parole per spiegare il titolo. Continuo a pensare che la nostra esistenza si consumi, in buona parte, in fatiche inutili; e come le Danaidi erano condannate a riempire una botte senza fondo, così Sisifo, costretto a rotolare il masso, ne è il classico esempio.

    G.B.


    [1] La botte delle Danaidi, Aracne, Roma 2013.

    I. Colette

    Ho sottolineato nella prefazione l’importanza dell’amicizia. Ebbene, un gentile amico, francese come lo era mia moglie, mi ha dato l’ispirazione per questo capitolo dedicato alla compagna della mia vita, Colette Joret-Bohé (1936-2012).

    L’Ambasciatore Raymond Césaire, con il quale abbiamo condiviso la responsabilità delle rispettive missioni diplomatiche in Bolivia a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, ha reso omaggio alla memoria della sua consorte Claudie Césaire (1932-2018) con un toccante discorso, pronunciato al suo funerale. Col suo permesso lo riproduco qui di seguito, facendolo seguire da ciò che io avrei voluto pronunciare per salutare Colette, e che adesso espongo con qualche anno di ritardo.

    Claudie

    Cédant à l’amicale pression de mon entourage, je ne te ferai pas un discours, mais te dirai simplement «Merci»

    Merci de nous avoir permis, à l’image de la maitresse femme qu’était ta mère, «Maman-zette», dont tu avais hérité certains traits de ca ractère et dont le souvenir est présent dans la mémoire de beaucoup, de nous avoir permis de fonder un foyer, aimé et aimant, mèlant la culture berrichonne à celle des Pyrénées.

    Merci, après tes brillantes études à Poitiers, ta bourse Fulbrigt et ton enseignement à l’Université de Lafayette, de m’avoir fait partager ton goùt pour l’Ethiopie-dont tu collectionnais les Croix coptes - et l’Afrique que tu connaissais mieux que moi. Introduit comme d’autres collègues dans le cercle recherché des interprètes de conférence, j’y ai trouvé l’amour et nous en avons toujours gardè l’amitié. Nous avons débuté dans la carrière diplomatique il y a cinquante ans à Lagos, pendant la guerre du Biafra. JeanMarc et Bénédicte sont nès à Cotonou pendant cette période agitée.

    Merci de la découverte que nous avons faite ensemble de l’Amérique latine à Santiago du Chili sous le régime d’Allende avant son désastre. Là naquit au lendemain d’un 14 juillet, notre troisième enfant, Bertrand, et se nouèrent notamment avec la famille Moral, constituée un peu comme la nòtre, des liens affectifs qui ont perduré jusqu’ici.

    Merci de cette période de sept années passée à Paris où, toi travaìllant tout en élevant les enfants, nous avons vécu les joies des voyages officiels, mais aussi les affres des dictatures de l’Amérique latine.

    Merci de l’aide à la réussite de notre première Ambassade à La Paz. Lors du coup d’Etat de 1980, la Résidence s’ouvrit grace à toi sans réticences pendant des mois à des dizaines de réfugiés qui ont partagé notre vie de famille et qui sont devenus au fil du temps des amis fidèles.

    Merci de ton ròle joué au Pérou avec des amis résidant pour certains toujours là-bas, auprès des quartiers les plus pauvres et à la tète de l’association des Dames diplomatiques.

    Merci pour ta participation pendant cinq ans aux travaux et missions de lutte contre la drogue.

    Merci surtout pour ce dernier poste diplomatique à Brazaville où après la visite officielle de Jacques Chirac en 1996 nous nous sommes retrouvés en pleine guerre civile en 1997. Seule Ambassade restée ouverte tu assurais, sous les tirs, l’intendance d’une centaine de personnes, ainsi que le lien avec les communautés religieuses et leur approvisionnement. Ton retour a la Case de Gaulle en pirogue depuis Kinshasa pour le l4juillet 1997 est resté dans les annales.

    Merci enfin, d’avoir continué, pendant vingt ans, à poursuivre tes oeuvres caritatives en Afrique et en Amérique latine, à étre toujours aussi active dans les institutions comme l’Académie des sciences d’outre-m’er et les associations. Nous avons participé à leurs travaux et leurs voyages, en continuant à voir nos amis de toujours, nous associant à leurs joies et leurs deuils.

    Au terme de cinquante ans d’amour, tu auras donné à nos enfants et petits enfants, comme à ceux qui sont ici réunis ou t’ont connue, l’exemple de ta générosité et de ton courage. Merci !./ .

    Colette

    Grazie per avermi accettato al tuo fianco nonostante il mio precedente matrimonio e per avermi aiutato a ritrovare la fiducia nella vita.

    Grazie per aver riempito di speranza e di entusiasmo il mio lavoro a Orano, in Algeria, dove ci siamo conosciuti.

    Grazie per il tuo sostegno ed incoraggiamento nelle sedi di Bagdad e di Berna, non facili per la gravosità dei compiti da affrontare.

    Grazie per l’intelligente collaborazione nel mondo diplomatico di Città del Messico, dove eravamo non più in due ma in tre (nel frattempo era nato nostro figlio Eric); e grazie per avermi aiutato a rappresentare degnamente l’Italia a New Orleans.

    Grazie per come hai svolto le funzioni di Ambasciatrice a La Paz, Bolivia, presiedendo anche la Asociacion de Damas Diplomaticas. In una foto con la Presidente della Repubblica Lidia Gueiler sembri una regina che saluta un Capo dello Stato. I numerosi colpi di Stato non ti spaventarono, neppure quando gli aerei di Natusch Busch mitragliavano le strade, e mi aiutasti a mettere in salvo i connazionali coinvolti nei moti rivoluzionari.

    Grazie per avermi seguito a Berlino nonostante nostro figlio si trovasse per studio negli Stati Uniti, e per aver accolto insieme a me le innumerevoli personalità in visita nella metropoli tedesca, sia prima che dopo la caduta del Muro.

    Grazie , infine, per i cinque anni trascorsi insieme nella nostra ultima Ambasciata in Yangon, Myanmar (ex Rangoon, Birmania). La benevolenza, la compassione, la tolleranza dei buddisti si riflettevano in te, che hai sempre praticato queste virtù. Abbiamo amato quel Paese, e il nostro amore è stato ricambiato, lasciandoci dei dolci ricordi.

    II. Algeri

    Accingendomi a mettere penna su carta (come si usava dire prima dell’era digitale) mi ero ripromesso di non considerare il periodo anteriore alla mia entrata in carriera. Ma penso qui di fare un’eccezione, e di parlare della mia partecipazione al 1° Congresso Internazionale degli Studenti di Scienze Politiche, che si tenne ad Algeri dal 26 febbraio al 2 marzo 1956. L’eccezione mi sembra giustificata dal fatto che in quel Congresso feci le prime prove di diplomazia multilaterale; al termine dei lavori delle commissioni fui eletto alla presidenza dell’assemblea generale, e non fu facile guidarla verso l’approvazione delle risoluzioni finali.

    Erano presenti le delegazioni del Belgio, Finlandia, Francia, Repubblica Federale di Germania, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e

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