Russia e Italia nella diplomazia della belle époque
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Anteprima del libro
Russia e Italia nella diplomazia della belle époque - Giulia Bianchi
GIULIA BIANCHI
RUSSIA E ITALIA NELLA DIPLOMAZIA DELLA BELLE ÉPOQUE
COORDINAMENTO DELLA SEZIONE «BIBLIOTECA DELLA
RIVISTA DI STUDI POLITICI INTERNAZIONALI
» - NUOVA SERIE
Maria Grazia Melchionni (Sapienza Università di Roma)
COMITATO SCIENTIFICO DELLA SEZIONE «BIBLIOTECA DELLA
RIVISTA DI STUDI POLITICI INTERNAZIONALI
» - NUOVA SERIE
Stefano Baldi (Ambasciatore d’Italia) – Francesco Bonini (Libera Università Maria Santissima Assunta) – Giorgio Bosco (Ministro plenipotenziario) – Cinzia Buccianti (Università degli studi di Siena) – Claudio Cecchi (Sapienza Università di Roma) – Giuseppe Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto (Libera Università Maria Santissima Assunta) – AntonGiulio de’ Robertis (Università degli studi di Bari) – Andrea Francioni (Università degli studi di Siena) – Wolf Gruner (Università di Rostock) – Giampaolo Malgeri (Libera Università Maria Santissima Assunta) – Fabrizio Marongiu Buonaiuti (Università degli studi di Macerata) – Luca Micheletta (Sapienza Università di Roma) – Marco Mugnaini (Università degli studi di Pavia) – Paolo Soave (Università degli studi di Bologna) – Fiorenza Taricone (Università degli studi di Cassino) – Tatiana Zonova (Università MGMO, Mosca)
Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura
ed Universale
sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.
Realizzato con il contributo del Dipartimento di Scienze Politiche
dell’Università Sapienza di Roma.
Copyright © 2022 by Edizioni Studium - Roma
ISSN della collana Cultura 2612-2774
ISBN Edizione cartacea 978-88-382-5162-7
ISBN Edizione digitale 978-88-382-5195-5
www.edizionistudium.it
ISBN: 9788838251955
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Indice dei contenuti
PRESENTAZIONE DELLA SEZIONE «BIBLIOTECA DELLA RIVISTA DI STUDI POLITICI INTERNAZIONALI
»
SIGLE E ABBREVIAZIONI
Sigle
Abbreviazioni
INTRODUZIONE
I. L’ACCORDO DI RACCONIGI E LE SUE IMPLICAZIONI
1. Italia e Russia nel sistema di alleanze europee
2. L’avvicinamento italo-russo all’inizio del nuovo secolo
3. Izvol’skij, l’Italia e la lega balcanica
4. La prima crisi albanese
5. Un sincero e provato amico dell’Italia
. L’arrivo di Sazonov al ministero degli Esteri
II. LA RUSSIA E LA GUERRA ITALO-TURCA (1911-1912)
1. Racconigi alla prova: la diplomazia russa e l’intervento a Tripoli
2. Il negoziato con la Turchia e il consolidamento dell’accordo di Racconigi
3. Un arbitro interessato. La Russia tra Roma e Costantinopoli
4. Il fallimento del negoziato sugli Stretti
5. La mediazione di Sazonov a favore dell’Italia
III. LA RUSSIA E L’ANNESSIONE ITALIANA DELLA LIBIA
1. Balcani e Stretti
2. L’occupazione italiana del Dodecaneso. Pietroburgo tra Roma e Parigi
3. Indagini russe sulla Triplice alleanza
4. Il riconoscimento russo dell’annessione della Libia
IV. L’ACCORDO DI RACCONIGI E LE GUERRE BALCANICHE: PRIMA PARTE
1. La questione del porto serbo in Adriatico
2. Il cambio di strategia di San Giuliano
3. La crisi di Scutari
4. Scutari montenegrina
: Italia e Russia al bivio
V. L’ACCORDO DI RACCONIGI E LE GUERRE BALCANICHE: SECONDA PARTE
1. Tra sospetti e favori: gli Stretti, l’Asia minore e il confine albanese meridionale
2. Il problema di Adrianopoli
3. La creazione dell’Albania
4. La contesa bulgaro-romena e la pace di Bucarest: una mediazione mancata
VI. I PROBLEMI BALCANICI ALLA VIGILIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
1. La crisi austro-serba dell’ottobre 1913: vecchi schemi e nuovi chiarimenti
2. Il viaggio di Kokovcov in Italia e il suo incontro con San Giuliano
3. La difficile gestione degli affari albanesi
4. Nuove discussioni sulle relazioni italo-russe: troppi fiori
?
5. Italia e Russia alla prova dei fatti di Durazzo
VII. LO SCOPPIO DEL CONFLITTO
1. La crisi di luglio
2. L’attività diplomatica italo-russa all’indomani dell’ultimatum austriaco alla Serbia
3. Gli ultimi tentativi di salvare la pace
4. Epilogo
CONCLUSIONI
FONTI E BIBLIOGRAFIA
FONTI DOCUMENTALI ARCHIVISTICHE
FONTI DOCUMENTALI EDITE
MEMORIE E DIARI
MONOGRAFIE
CURATELE
ARTICOLI E SAGGI
INDICE DEI NOMI
Biblioteca della «Rivista di Studi Politici Internazionali»
Serie prima
Serie seconda
Serie terza
Fuori serie
Nuova serie
CULTURA STUDIUM
Ringraziamenti
CULTURA
Studium
271.
Biblioteca della «Rivista di Studi Politici Internazionali»
Nuova serie / 12
Giulia Bianchi
Russia e Italia nella diplomazia della Belle Époque
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PRESENTAZIONE DELLA SEZIONE «BIBLIOTECA DELLA RIVISTA DI STUDI POLITICI INTERNAZIONALI
»
Gli studi politici internazionali per il loro carattere interdisciplinare e transnazionale e gli sudi diplomatici per la loro specificità tecnica reclamano uno spazio proprio nel quadro editoriale generale, particolarmente in fasi d’inquietante fermento della vita internazionale come quella degli anni Trenta del secolo scorso e come anche quella attuale.
L’embrione della «Biblioteca della Rivista di Studi Politici Internazionali
» furono i «Quaderni dello Studio fiorentino di politica estera», che iniziarono a essere pubblicati a Firenze dal Regio Istituto Superiore di Scienze sociali e politiche ‘Cesare Alfieri’ nel 1936. Essi divennero «Quaderni della Rivista di Studi Politici Internazionali
» quando lo Studio fiorentino di politica estera cessò la sua attività, nel 1942, e fu Giuseppe Vedovato, divenuto direttore unico della Rivista nel 1947, che impresse alla collana la denominazione di «Biblioteca della Rivista di Studi Politici Internazionali
».
Come la Rivista, fondata nel 1934 nello stesso ambito dello Studio fiorentino di politica estera, la collana editoriale era strumentale al riverbero della formazione offerta dalla Scuola di perfezionamento in Studi Politici Internazionali post lauream istituita dal ‘Cesare Alfieri’ alla fine degli anni Venti.
Una formazione interdisciplinare, tesa ad approfondire la conoscenza dei problemi internazionali – politici, economici, finanziari, monetari e riguardanti la materia delicatissima dei trattati internazionali – che interessavano maggiormente la vita del Paese e le dinamiche internazionali, e inclusiva anche della storia e della cultura delle società straniere, così come della storia delle idee e dei fenomeni sociali di portata transnazionale.
L’attenzione era, quindi, rivolta ai current affairs, e l’esigenza dell’approfondimento introduceva negli studi disciplinari una prospettiva storicistica che introduceva a cogliere il senso dell’avvenire, conformemente al progetto formativo della Scuola, concepito per i futuri policymakers e diplomatici.
Nella fase attuale della vita internazionale, particolarmente tormentata per non dire rivoluzionaria nella ricerca infinita di un nuovo ordine mondiale, nella quale agiscono anche soggetti non tradizionali e forze extra-umane come le pandemie e i cambiamenti climatici che si muovono con effetti profondi sulle società, gli studi politici internazionali sono sollecitati a ritornare alla ribalta e la Rivista è chiamata a fare la sua parte rilanciando lo spazio di conoscenza e di dialogo rappresentato dalla Biblioteca con i suoi caratteri identitari.
Con la particolarità che nella Biblioteca, come nella «Rivista di Studi politici Internazionali», ricerca accademica e testimonianze di practitioners si coniugano e si confrontano nell’analisi di una contemporaneità particolarmente complessa, di fronte alla quale nessuna interpretazione può considerarsi esclusiva né esaustiva.
Dal 2019 i volumi della «Biblioteca della Rivista di Studi Politici Internazionali
» sono pubblicati dalle Edizioni Studium, che nel tempo hanno data vita a collane reputate e con le quali già esiste da anni un felice rapporto editoriale riguardante la Rivista.
Nella collana di Studium ‘Cultura’ la «Biblioteca della Rivista di Studi Politici Internazionali
» figura come sezione autonoma, con la sua denominazione storica e il logo della RSPI.
La direzione della Biblioteca è la stessa della Rivista e opera affiancata da un Consiglio scientifico internazionale, composto da accademici e da diplomatici responsabili del peer reviewing, e con la collaborazione del responsabile editoriale delle Edizioni Studium, Dott. Simone Bocchetta.
SIGLE E ABBREVIAZIONI
Sigle
AP CD : Atti Parlamentari della Camera dei Deputati
ASMAE : Archivio storico-diplomatico del Ministero degli Affari Esteri
AVPRI : Archiv Vnešnej Politiki Rossijskoj Imperii – Archivio di politica estera dell’Impero russo
BD : British Documents on the Origins of the War
DDF : Documents Diplomatiques Français
DDI : Documenti Diplomatici Italiani
GARF : Gosudarstvennyj Archiv Rossijskoj Federacii – Archivio di Stato della Federazione russa
GUGSH : Glavnoe upravlenie General’novo štaba – Comando generale dello Stato Maggiore
MID : Ministerstvo inostrannych del - Ministero degli Affari Esteri
MOEI : Meždunarodnye otnošenija v epokhu imperializma – Le relazioni internazionali all’epoca dell’imperialismo
RGVIA : Rossijskij Gosudarstvennyj Voenno-Istoricˇeskij Archiv – Archivio statale storico-militare russo
RTA (ASMAE) : Raccolta di telegrammi in arrivo
RTP (ASMAE) : Raccolta di telegrammi in partenza
Abbreviazioni
b. busta
D./DD. documento/documenti
d. delo
f. fondo
fasc. fascicolo
ff. fascicoli
l., ll. foglio, fogli
o. opis’ (inventario)
otv. red. direttore responsabile
pod. red. a cura di
s.d. senza data
s.n. senza numero
ss. seguenti
t. telegramma
INTRODUZIONE
La storia dei rapporti italo-russi dai suoi albori fino ad oggi è stata caratterizzata da una sorta di doppio binario. Da un lato vi è una solida tradizione di legami culturali, ricca di incontri, fascinazioni e scambi di influenze in campo artistico e letterario; dall’altro vi sono rapporti politici meno intensi, altalenanti, spesso difficoltosi, che hanno visto Italia e Russia compiere scelte diverse e prendere parte a schieramenti opposti.
Sin dalla metà del Quattrocento si ha notizia di contatti tra il Granducato di Mosca e quelli che erano allora gli Stati italiani. Maestri di svariate arti e mestieri provenienti dai principali centri della penisola prestarono infatti i loro servizi alla corte moscovita, collaborando allo sviluppo architettonico civile e militare dell’impero che si andava allora costruendo [1] . Durante l’età petrina e per tutto il Settecento e l’Ottocento la penisola italiana si confermò una delle principali mete dei viaggiatori russi. Mentre giovani nobili, artisti e letterati si recavano nelle città italiane per vivere un’esperienza ritenuta imprescindibile per la propria formazione culturale, Pietro I e Caterina II inviavano diplomatici e funzionari di corte a Roma e a Firenze, così come a Napoli e a Venezia [2] , dove avrebbero appreso il morskoe delo, il mestiere della marineria, della navigazione e della costruzione navale, fondamentale per un impero continentale che ambiva a divenire una potenza marittima a tutti gli effetti. Nel 1714, al varo di un vascello a Riga, Pietro I aveva non a caso invitato a superare l’insipienza che impediva «di andare oltre la Polonia» e ad assimilare e abbracciare invece quel «movimento delle scienze» che avevano avuto origine nella Grecia antica e che, «passate per l’Italia», si erano diffuse «in tutte le terre d’Europa» [3] attraverso il Mediterraneo – un mare che rappresentava non solo il crocevia del commercio mondiale, ma anche il centro della vitalità politica e culturale dell’Occidente europeo. L’Italia, immersa nelle calde e luminose acque mediterranee, appariva allora erede e custode del mondo greco-latino, di quella civiltà di cui anche la Russia avrebbe dovuto fare parte [4] .
Nel corso dei secoli i legami culturali tra Italia e Russia erano andati sempre più consolidandosi. Mentre architetti e scultori italiani contribuivano ad edificare e adornare Pietroburgo, la capitale dell’impero [5] , nei palcoscenici russi si mettevano in scena il teatro, il canto e la danza di tradizione italiana [6] . Artisti delle accademie russe giunti nella penisola per perfezionarsi sceglievano di rimanere «nella patria dell’arte», riproducendone le bellezze paesaggistiche, i capolavori artistici e architettonici, la vita quotidiana [7] ; scrittori, poeti e giornalisti si facevano ispirare dalle suggestioni di una terra ricca di storia e di cultura, dalle immagini di un’Italia prekrasnaja, bellissima nella sua geografia variegata e variopinta [8] , seguiti, ai primi moti rivoluzionari, da esuli politici che, sfuggiti alla repressione zarista, trovarono nell’Italia liberale la comprensione di socialisti, repubblicani e radicali e la tolleranza delle stesse autorità governative [9] .
All’inizio del nuovo secolo la colonia russa in Italia era dunque nutrita, presente nei diversi territori della penisola, partecipe e integrata in tutti gli strati della società [10] . Diversi, invece, erano i rapporti sul piano politico. L’Italia e la Russia erano infatti paesi lontani, privi di frontiere comuni, separati da una distanza che non aveva creato occasioni per lo sviluppo di contatti stabili, né tra i governi né tra i rispettivi circoli di commercianti e imprenditori [11] . La lontananza geografica e politica tra Italia e Russia favorì piuttosto tante incomprensioni quante fascinazioni, veicolate dalla diplomazia dei due paesi, i cui ambasciatori nelle proprie valutazioni furono spesso guidati da miti e pregiudizi [12] . La differenza costitutiva tra i due paesi si palesò del resto sin dal problematico riconoscimento dell’Unità d’Italia, vista con sospetto dalla classe dirigente di un impero autocratico e multietnico quale era quello zarista [13] , restio a sanzionare la costituzione di un nuovo stato sorto appellandosi al principio di nazionalità, sulle cui capacità di sopravvivenza si nutrivano dubbi e che, con le sue insoddisfatte rivendicazioni territoriali, prometteva ulteriori sconvolgimenti dell’ordine politico-territoriale stabilito dal Concerto d’Europa [14] . A lungo in Russia perdurò l’immagine dell’Italia come di un paese debole, inaffidabile e insicuro, che si limitava a «balbettare la parte di satellite» [15] , prima della Francia, poi delle due potenze germaniche. Si tratta di giudizi ricorrenti nei documenti diplomatici zaristi, giunti invariati sino alla soglia della prima guerra mondiale e confermati all’atto di negoziare l’entrata dell’Italia nel conflitto, per essere poi ereditati dai bolscevichi che quella stessa documentazione lessero e divulgarono.
Al netto di queste premesse, «povera di trattati», la storia delle relazioni italo-russe si presenta come una storia di confronti, contatti e interazioni [16] che, ruotando intorno al comune interesse nello spazio dei Balcani, non si tradussero tuttavia in una vera e propria intesa. Se la lontananza geografica e la diversità costituzionale non ha impedito il nascere di alleanze durature nella storia, come fu quella franco-russa, a spiegare la mancata realizzazione di un’intesa effettiva tra Italia e Russia è piuttosto la sostanziale divergenza dei rispettivi obiettivi nell’Adriatico, verso cui entrambe erano protese, l’una perché potenza mediterranea finitima della penisola balcanica, l’altra perché aspirante tale.
Questo volume ripercorre dunque il lento e difficile avvicinamento tra Italia e Russia nel convulso periodo che separa la crisi apertasi in Europa con l’annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell’impero austro-ungarico dallo scoppio della prima guerra mondiale. Riflessi nelle disposizioni dell’accordo di Racconigi, primo accordo politico bilaterale raggiunto dai due paesi, non a caso concluso proprio all’indomani della crisi bosniaca, i rapporti di diplomatici e ministri degli Esteri raccontano l’oscillazione di Roma e Pietroburgo tra un’amicizia gradita, che offriva ad entrambe utili scambi di favori e allineamenti tattici contingenti, e interessi superiori, non sacrificabili ad alcun compromesso, nei Balcani e, quindi, nel Mediterraneo. La documentazione russa su cui poggia questa ricerca, messa a confronto con quella italiana, mostra infatti come il panslavismo russo, nella sua accezione strettamente politico-diplomatica, e la politica adriatica dell’Italia si interessassero a vicenda, costituendo il nucleo delle relazioni italo-russe e, al tempo stesso, la ragione della loro fragilità.
G.B.
[1] G. Berti, Russia e Stati italiani nel Risorgimento, Einaudi, Torino 1959; I.G. Životoskaja, Ozobennosti formirovanija obraza Italii v Rossii: Istorija i sovremennost’ in «Aktual’nye problemy Evropy», XXII, 2016, n. 2, pp. 106-135: 107-110; F. Rossi, Il contributo degli architetti italiani alla nuova architettura russa (XV–XVI secolo): concezioni dell’antico, tradizione moscovita e stilemi rinascimentali, in «Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz», LX, 2018, n. 1, pp. 200-219.
[2] I.G. Životoskaja, Ozobennosti formirovanija obraza Italii v Rossii , cit., p. 110.
[3] V. Strada, Razionalità e storia. La cultura russa al confine di due secoli in Id., EuroRussia. Letteratura e cultura da Pietro il Grande alla Rivoluzione , Laterza, Roma-Bari 2005, p. 37.
[4] Cfr. A. Tamborra, Pietro il Grande e l’ingresso della Russia nella vita e nella politica europea , in «Cultura e scuola», II, 1962, n. 5, pp. 112-116.
[5] E. Lo Gatto, Artisti italiani in Russia , La libreria dello Stato, Roma 1933-1943; Id., Il mito di Pietroburgo. Storia, leggenda, poesia , Feltrinelli, Milano 1960; V. Strada, Pietroburgo capitale europea in Id., EuroRussia, cit., pp. 49-59. Cfr. Pietroburgo capitale della cultura russa , a cura di A. D’Amelia, Europa Orientalis, Salerno 2004.
[6] I.G. Životoskaja, Ozobennosti formirovanija obraza Italii v Rossii , cit., pp. 111-112.
[7] A. D’Amelia, Artisti russi in Italia all’inizio del Novecento tra Esposizione internazionale e avanguardia , in «Europa Orientalis», XXVIII, 2009, pp. 13-64: 14-20.
[8] A titolo di esempio si veda P.P. Muratov, Obrazy Italii , 3 voll., Iz.vo Z.I. Gržbina, Berlin 1911-1913, 1924, oggi tradotto in italiano: Id. Immagini dell’Italia a cura di R. Giuliani, Adelphi, Milano 2019; i volumi della collana I russi in Italia, a cura di A. Kara-Murza, Sandro Teti, Roma 2005; Viaggiatori russi a Milano: Jakovlev, Muratov, Vajl’. Tre sguardi sulla città , a cura di P. Deotto in «Storia in Lombardia», XXXI, 2013, n. 1, pp. 5-18; O. Lebedeva- A. Januškevicˇ, Obrazy Neapolja v russkoj slovesnosti XVIII-pervoj poloviny XIX vekov , Europa Orientalis, Salerno 2014; R. Giuliani, La meravigliosa Roma di Gogol’: la città, gli artisti, la vita culturale nella prima metà dell’Ottocento , Studium, Roma 2002; Il gladiatore e la rusalka. Roma nella poesia russa dell’800 a cura di P. Buoncristiano-R. Giuliani, Roma, Lithos 2015; Dalla Russia in Italia. Intellettuali e artisti a Roma (XVIII e XIX secolo) a cura di S. Androsov et. al., Europa Orientalis, Salerno 2015.
[9] A. Tamborra, Esuli russi dal 1905 al 1917 , Laterza, Roma-Bari 1977; A. Accattoli, Rivoluzionari, intellettuali, spie: i russi nei documenti del Ministero degli Esteri italiano , Europa Orientalis, Salerno 2013; Emigrazione russa in Italia: periodici, editoria, archivi (1900-1940) a cura di S. Garzonio-B. Sulpasso, Europa Orientalis, Salerno 2015.
[10] Sulla presenza russa in Italia e italiana in Russia si rimanda agli studi e alle rassegne bibliografiche e archivistiche contenute nella serie Archivio russo-italiano , ad oggi composta da dodici volumi, e ai materiali contenuti nel sito del progetto PRIN " Russi in Italia " ( http://www.russinitalia.it/index.php ) coordinato da Antonella D’Amelia, Elda Garetto, Stefano Garzonio e Daniela Rizzi. Per una raccolta storico-biografica di insieme, Russkoe prisutstvie v Italii v pervoj polovine XX veka. Encikolpedija a cura di A. D’Amelia-D. Rizzi, Rosspen, Moskva 2019.
[11] L’unico accordo commerciale risaliva al 1863 e sarebbe stato rinnovato solo nel 1907. Cfr. G. Petracchi, Da San Pietroburgo a Mosca. La diplomazia italiana in Russia , Bonacci, Roma 1993, p. 7; G. Donnini, L’accordo italo-russo di Racconigi , Giuffrè, Milano 1983, pp. 10-11, 25-27.
[12] G. Petracchi, Da San Pietroburgo a Mosca , cit., pp. 8-9.
[13] In proposito, A. Kappeler, La Russia. Storia di un impero multietnico , Edizioni Lavoro, Roma 2001.
[14] F. Valsecchi, L’Italia del Risorgimento e l’Europa delle nazionalità: l’unificazione italiana nella politica europea , Giuffrè, Milano 1978; O.V. Serova, Gorc ˇ akov, Kavour i ob’edinenje Italii , Nauka, Moskva 1997; S. Stallone, Ministro a Pietroburgo. Diplomatici e diplomazia italiana in Russia (1861-1870) , Aracne, Roma 2006; F. Randazzo, Nascita di una diplomazia. Russi e italiani nel sistema delle relazioni internazionali (1878-1914 ) in Id., Russia. Momenti di storia nazionale, XIX-XX secolo , Nuova Cultura, Roma 2013, pp. 65-84.
[15] Così si espresse il ministro degli Esteri Aleksandr Michajlovicˇ Gorcˇakov con il ministro italiano Gioacchino Pepoli. Cfr. Pepoli a Visconti Venosta, 30 aprile 1863 in DDI, serie I, volume III, D. 558. Cfr. anche G. Petracchi, Da San Pietroburgo a Mosca , cit., p. 37.
[16] Ibid. , p. 10.
I. L’ACCORDO DI RACCONIGI E LE SUE IMPLICAZIONI
1. Italia e Russia nel sistema di alleanze europee
La Russia, un impero in espansione sulla soglia di due continenti, in ragione della sua presenza nello spazio politico, geografico e culturale europeo partecipò sotto molteplici aspetti alle vicende dello stato italiano [1] . Influenzata dall’ideologia panslavista e animata da un’«ansia di vie marittime» [2] , la sua classe dirigente era infatti determinata ad assicurare alla Russia uno status di grande potenza a tutti gli effetti, guadagnando all’impero una posizione politico-territoriale certa e indipendente nei punti di accesso al Mediterraneo, attraverso il controllo degli Stretti turchi e la penetrazione nell’Europa danubiano-balcanica. In questo suo obiettivo secolare, oltre a scontrarsi con la presenza ottomana e asburgica, la Russia finì per incontrare le direttrici della politica estera dell’Italia liberale, la quale, decisa a consolidare il suo ruolo nel consesso delle potenze europee dopo l’Unità, cercava a sua volta di realizzare i propri interessi di stato nazionale indipendente. Si trattava non solo di completare il processo di unificazione, chiudendo la questione irredentista tramite l’annessione dei territori popolati da italiani in possesso dell’impero asburgico [3] , ma anche di affermare e vedere riconosciuta la propria presenza in un settore fondamentale per la sicura esistenza e la vitalità politica ed economica del regno – i Balcani e, con essi, il Mediterraneo.
Non è un caso, del resto, che l’Italia e la Russia siano state le potenze più insoddisfatte dall’esito del congresso di Berlino, che nel 1878 aveva messo fine alla guerra russo-turca scoppiata a seguito delle rivolte nelle regioni ottomane di Bosnia ed Erzegovina. Come è noto, il congresso aveva sovvertito l’opera diplomatica con cui la Russia, vincitrice della guerra contro l’impero ottomano, aveva inteso riorganizzare l’assetto politico-territoriale della regione danubiano-balcanica a proprio vantaggio, facendo leva sul sentimento di solidarietà e comunanza che, sul piano etnico e culturale, legava il popolo russo a quello delle altre nazionalità slavo-ortodosse dei Balcani [4] . I preliminari di pace di Santo Stefano che la Russia aveva imposto al Sultano prevedevano infatti l’elevazione di Serbia e Montenegro a stati indipendenti e territorialmente ingranditi sulla costa adriatica, nonché la creazione di una Grande Bulgaria
che, estesa dal Danubio all’Egeo, avrebbe garantito alla Russia un’influenza decisiva nella penisola balcanica e in tutti i restanti punti di accesso al Mediterraneo. Il trattato di Berlino, imposto alla Russia dalle altre grandi potenze europee, invece, oltre ad annullare gran parte delle attribuzioni territoriali prospettate da Pietroburgo a vantaggio di Serbia, Montenegro e Bulgaria, confermò il principio di chiusura degli Stretti turchi al passaggio di navi militari straniere, già sancito dai trattati di Parigi e Londra del 1855 e del 1871, lasciando al Sultano la facoltà di aprirli alle sole potenze alleate e amiche qualora lo avesse ritenuto necessario [5] .
Nonostante questa indesiderata svolta degli eventi, a Berlino la Russia era riuscita quantomeno ad ottenere l’indipendenza della Serbia e del Montenegro, ossia di due importanti avamposti dell’impero russo nell’Occidente europeo. Il Montenegro, proteso verso i porti di Cattaro e Antivari, sarebbe stato un alleato prezioso al fine di esercitare la propria influenza in una regione in cui, priva di proprie basi navali, la Russia si trovava a fronteggiare la predominante presenza asburgica [6] . L’annessione di Antivari e del suo litorale al nuovo stato indipendente, tuttavia, era avvenuta a condizioni che vanificavano i vantaggi attesi: secondo le disposizioni dell’articolo 29 del trattato di Berlino, infatti, il Montenegro non avrebbe potuto disporre di navigli e di fortificazioni militari, il porto di Antivari e le sue acque territoriali rimanevano chiusi, mentre il controllo della polizia marittima e sanitaria era attribuito all’Austria-Ungheria, con la quale il Montenegro avrebbe dovuto preventivamente concordare anche la costruzione di strade e ferrovie sul proprio territorio. Similmente, la provincia di Bosnia ed Erzegovina, anch’essa in parte affacciata sull’Adriatico, che la Russia aveva inteso assegnare alla Serbia, non solo venne restituita alla sovranità ottomana ma fu posta per la durata di trent’anni sotto l’amministrazione dell’Austria-Ungheria, che vi avrebbe mantenuto una propria guarnigione militare, ottenendo anche il controllo delle vie commerciali e militari nel sangiaccato di Novi Bazar, un territorio incuneato tra Serbia e Montenegro.
I vantaggi acquisiti dall’impero asburgico nei territori balcanico-adriatici, conseguiti in cambio di altrettanti benefici concessi a Francia e Gran Bretagna nel Mediterraneo, avevano danneggiato la politica italiana non meno che quella russa. L’Italia si ritrovava infatti stretta tra la Francia, sempre più competitiva nel settore mediterraneo e politicamente ostile a seguito del mancato sostegno italiano nella guerra persa contro la Prussia nel 1870-71, e la storica rivalità con l’Austria-Ungheria che, dopo la guerra del 1866 [7] , si era confermata un avversario contro cui era impossibile confrontarsi militarmente. In questo quadro, la Triplice alleanza costituita con Austria-Ungheria e Germania nel 1882 fu lo strumento con cui l’Italia si propose di garantire la propria sicurezza da uno scontro con la Francia e, al contempo, di completare la propria unificazione nazionale acquisendo le terre irredente per via pacifica, tramite un accordo diplomatico con Vienna. A questo, in ottica italiana, serviva infatti la clausola annessa al trattato con il primo rinnovo del 1887 e poi integrata nell’articolo VII del trattato rinnovato nel 1891, in base alla quale in caso di inorientamento
dell’Austria-Ungheria, ossia di sue eventuali occupazioni, temporanee o permanenti, nelle regioni dei Balcani o delle coste e isole ottomane nell’Adriatico e nell’Egeo, l’Italia avrebbe avuto il diritto ad un compenso rispetto ai vantaggi che l’alleata avrebbe realizzato [8] .
Per parte sua anche la Russia, occupata in una campagna di conquiste ad Oriente a spese dell’impero cinese, era impossibilitata a sostenere uno scontro militare con l’Austria-Ungheria, ancor più da quando era venuto meno il sistema di assicurazioni e controassicurazioni tra Pietroburgo, Vienna e Berlino, costruito dietro la regia del cancelliere tedesco Otto von Bismarck [9] . Per porre rimedio al proprio isolamento dinanzi al blocco austro-tedesco, la Russia aveva stretto un’alleanza militare con la Francia, perfezionata tra il 1892 e il 1894 [10] , provvedendo altresì ad impegnare l’impero asburgico ad una politica di intese dirette riguardo ai Balcani. Nel 1897, infatti, alla ripresa di agitazioni da parte delle popolazioni cristiane nella regione macedone e a Creta, tramite uno scambio di note segreto Vienna e Pietroburgo concordarono che, in caso di mutamenti nello statu quo politico-territoriale dell’impero ottomano, avrebbero favorito la spartizione dei territori ottomani tra gli stati balcanici e la creazione di uno stato albanese indipendente [11] .
Informata, benché sommariamente, dell’intesa raggiunta dall’alleata con la Russia, tra il 1897 e il 1901 l’Italia provvide a sua volta ad impegnare l’Austria-Ungheria ad un analogo accordo a favore dell’autonomia dei vilayet albanesi dell’impero ottomano [12] , mentre non riuscì il tentativo di vincolare il governo di Vienna ad una politica concordata per l’intera penisola balcanica, come proposto dal ministro degli Esteri Giulio Prinetti al momento di negoziare il rinnovo della Triplice nel 1902 [13] .
Dinanzi al rifiuto dell’Austria-Ungheria, Prinetti si rivolse alla Russia, con l’intento di ottenere il suo benevolo assenso a che l’Italia partecipasse alla gestione degli affari balcanici in una posizione di parità con i due imperi [14] . L’ambizioso progetto del ministro italiano era però destinato a fallire di fronte all’opposta e compatta politica di Vienna e Pietroburgo. Malgrado le speranze italiane, infatti, nel 1903 con la convenzione di Mürzsteg Austria-Ungheria e Russia concordarono in sede separata un programma di riforme per le province macedoni dell’impero ottomano, riservandosi un diritto di ingerenza esclusivo, basato proprio sulla loro posizione privilegiata nei Balcani [15] . Non solo, ma, preoccupata di non compromettere il duopolio austro-russo, la Russia si mostrò disposta a fare anche importanti concessioni all’Austria-Ungheria nei confronti dell’Italia. Prova ne è l’accordo segreto con cui nell’ottobre del 1904 Russia e Austria-Ungheria si impegnarono per tutta la durata dell’intesa del 1897 ad osservare una neutralità «leale ed assoluta» qualora una delle due si fosse trovata in guerra contro una terza potenza che cercasse di attentare alla sua sicurezza o allo statu quo [16] . Con tutta evidenza, infatti, la promessa neutralità russa si sarebbe applicata al caso di un conflitto italo-austriaco, che, come a Pietroburgo sapevano bene, era allora considerato una possibilità tutt’altro che remota.
[1] Per un inquadramento della storia della Russia nel periodo in oggetto, tra i molti, A. Masoero, Linee di frattura nell’Impero zarista. Uno sguardo d’insieme, in «Storica», XVII, 2011, n. 50, pp. 7-66; G. Cigliano, La Russia contemporanea. Un profilo storico, Carocci, Roma 2013. Cfr. anche i classici H. Seton-Watson, Storia dell’impero russo (1801-1917), Einaudi, Torino 1971; N.V. Riasanovsky, Storia della Russia, Bompiani, Milano 2015 ¹⁵; N. Werth, Storia della Russia nel Novecento. Dall’Impero russo alla Comunità degli Stati Indipendenti 1900-1999, il Mulino, Bologna 2000 ⁴; H. Rogger, La Russia pre-rivoluzionaria, il Mulino, Bologna 1992.
[2] L’efficace espressione è di F. Cataluccio, Balcani e Stretti nella politica russa (1700-1909) , Società Editrice Universitaria, Firenze 1950, p. 9.
[3] Sul problema irredentista e i rapporti italo-austriaci, A. Sandonà, L’irredentismo nelle lotte politiche e nelle contese diplomatiche italo-austriache: 1866-1882 , Zanichelli, Bologna 1932. In particolare sulla questione istriano-dalmata e adriatica si vedano, oltre agli studi di A. Tamaro, Italiani e slavi nell’Adriatico , Atenaeum, Roma 1915; Id., La Vénétie julienne et la Dalmatie. Histoire de la nation italienne sur ses frontières orientales , Imprimerie du Senat-Società Nazionale Dante Alighieri, Roma 1918-1919; Id., Storia di Trieste , Alberto Stock, Roma 1924; L. Monzali, Italiani di Dalmazia: dal Risorgimento alla Grande Guerra , Le Lettere, Firenze 2004; Id., Gli italiani di Dalmazia e le relazioni italo-jugoslave nel