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Introduzione allo studio di Luigi Corvaglia da Melissano
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E-book182 pagine2 ore

Introduzione allo studio di Luigi Corvaglia da Melissano

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Introduzione allo studio di Luigi Corvaglia da Melissano”, di Cosimo Scarcella

In questo saggio, unico e aggiornato, Cosimo Scarcella, professore, studioso e profondo conoscitore dell’opera di Luigi Corvaglia, analizza il suo percorso attraverso le opere dello scrittore e filosofo, originario di Melissano, e autore di studi, saggi, romanzi (Finibusterre), commedie. “L’umanesimo laico e mazziniano del dopoguerra, quale il Corvaglia a se stesso presentò, se da una parte lo riporta ai lontani anni liceali e universitari in Galatina e a Pisa, dall’altra suggella natura e sostanza dei suoi studi come predilezioni e carattere dell’uomo. L’unità è qui. La lezione sua più valida è qui. Il fraintendimento nasce nel distinguere l’opera scritta dall’azione pratica, gli scritti letterari e filosofici dal pensiero politico e civile. Gli uni e gli altri hanno invece la stessa matrice. Gli uni e gli altri nascono in un unico atto di meditazione e ricerca”. (Aldo Vallone, Profilo di Luigi Corvagli attraverso scritti inediti, in “La Zagaglia”, XIII, b. 50, 1971.

Cosimo Scarcella (Melissano, 1944). Filosofo. Tra le sue pubblicazioni: Il pensiero di Jacques Maritain (Manduria, 1978); Fede e impegno politico in Péguy e Maritain (Lecce, 1977); Condorçet. Dottrine politiche e sociali (Lecce, 1980); Piero Martinetti 1872-1943 (Milano, 1990); Machiavelli, Tacito, Grozio: un nesso “ideale” tra libertinismo e previchismo (Torino, 1990); Amos Comenio, La via della luce (Pisa, 1992); Giovanni Keplero, L’armonia del mondo (Pisa, 1994); Impresa e cultura, ovvero profitto e morale (Lecce, 1997); Gaspare Scioppio, L’angelo della pace (Pisa, 2005). Ha curato i volumi collettanei: Strategie economiche e dimensioni etiche per uno sviluppo più umano (Lecce, 1997); La coesistenza fra le culture presenti nella civiltà mediterranea (Lecce, 1998); La Convenzione Europea di Bioetica. Qualità e sacralità della vita (Lecce, 1999). Con Musicaos Editore ha pubblicato la riedizione del testo di Luigi Corvaglia, “La poetica di Giulio Cesare Scaligero nella sua genesi e nel suo sviluppo”
 
LinguaItaliano
Data di uscita4 feb 2019
ISBN9788894966237
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    Introduzione allo studio di Luigi Corvaglia da Melissano - Cosimo Scarcella

    Table of Contents

    Cosimo Scarcella - Introduzione allo studio di Luigi Corvaglia da Melissano

    Nota al testo

    I - LUIGI CORVAGLIA E LA SUA ETÀ

    1. Luigi Corvaglia. Un Solitario in cerca dell’Infinito

    2.Luigi Corvaglia e la situazione dell’Italia. Dallo smarrimento postbellico alla nascita della Repubblica

    II - RICERCHE FILOSOFICHE DI LUIGI CORVAGLIA

    III - LE COMMEDIE

    1. Contenuti e Forme

    2. Contenuto delle Commedie

    LA CASA DI SENECA. Commedia in 3 atti, dedicata A mio padre.

    Fratelli Carra Editori, Matino, 1926.

    RONDINI, Commedia in 3 atti, dedicata Al mio povero innocente / Nôva fuggevole visione / di un Infinito / che avvampa e dilegua / in vicenda amara / di Avventi senza Natale, Fratelli Carra Editori, Matino, 1928.

    TANTALO. Commedia romantica in 3 atti, dedicata A mia madre. Fratelli Carra Editori, Matino, 1929. È preceduta dalla Introduzione semiseria dialogata per il lettore. Accordi e preludi di una orchestra di matti.

    S. TERESA E ALDONZO. Commedia in 4 atti, dedicata Alla mia donna. Cappelli Editore, Bologna, 1931. È preceduta dalla Introduzione. Viaggio in Ispagna.

    IV - FINIBUSTERRE

    1. Dagli Ulivetani a Finibusterre

    2. Temi e Figure

    V - QUADERNI MAZZINIANI

    L’avventura politica di Corvaglia tra idealità e realtà

    Cosimo Scarcella - Introduzione allo studio di Luigi Corvaglia da Melissano

    Introduzione allo studio di Luigi Corvaglia da Melissano, di Cosimo Scarcella

    Musicaos Editore, 2019

    Isbn 9788894966237

    Nota al testo

    L’idea della stesura di questa Introduzione allo studio di Luigi Corvaglia è stata originata dall’inaugurazione del Biennio di studio dell’opera del filosofo, che l’Amministrazione Comunale di Melissano, nel novembre dello scorso anno, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte dell’illustre concittadino, ha voluto dedicare allo studio e alla divulgazione dell’opera corvagliana, coinvolgendo nel progetto l’Amministrazione Provinciale di Lecce e l’Università del Salento, che hanno accolto l’invito con interesse.

    È veramente degna d’ammirazione l’Amministrazione Comunale per aver deliberato – in tempi non certo di facile gestione – l’impresa culturale di riscoprire e diffondere l’opera d’un suo concittadino letterato e filosofo, testimone esemplare di libertà di pensiero e d’irreprensibile moralità (e, quindi, di perenne attualità), ma lasciato inspiegabilmente sepolto nel silenzio per mezzo secolo. E meritano pure non minore stima gli altri Enti, che ne hanno condiviso il progetto, il quale, però, sarebbe rimasto nel mondo astratto delle vaghe aspirazioni, senza la sensibilità e la magnanimità dello sponsor, anch’egli melissanese, che ha reso possibile, tra l’altro, la stampa e la pubblicazione di questo volume, che ambisce soltanto a introdurre i lettori e gli studiosi nel ricco e fertile campo culturale di Luigi Corvaglia.

    Il volume si articola in cinque capitoli, in ciascuno dei quali viene presentato – in maniera consona alla natura d’un’Introduzione – un aspetto particolare dell’intera opera del Corvaglia, rispettando sempre sia la cronologia d’ogni scritto sia l’ordine delle tematiche trattate. Sono stati individuati, pertanto, quattro ambiti d’indagine: le ricerche filosofiche, le opere di teatro, il romanzo e gli scritti politici. Ciascuno di questi ambiti, però, non costituisce un compartimento stagno indipendente, in quanto in ciascuna opera, di qualunque genere, sono chiaramente ravvisabili l’ispirazione creativa unica e l’unica visione dell’uomo e del mondo, secondo cui l’Autore salentino tutto interpreta, muove e realizza.

    Proprio per evidenziare quest’aspetto s’è premesso il primo capitolo Luigi Corvaglia e la sua età, in cui si delineano i caratteri esteriori e i convincimenti interiori dello studioso melissanese, improntati costantemente della concretezza degli eventi storici di quegli anni. I due conflitti mondiali con le conseguenti crisi morale e politica postbelliche, lo smarrimento della coscienza di valori morali e sociali fondamentali, il misconoscimento o, peggio, l’oscuramento di tradizioni popolari, rivendicate quali custodi preziose di virtù umane e civiche, la nascita problematica dell’Italia Repubblicana, il dilagare indiscriminato d’individualismi e, all’opposto, di classismi: sono tutti eventi, a cui Corvaglia non solo non resta estraneo o indifferente, ma a cui partecipa attivamente, operando con interventi puntuali, che la sua fede politica e la sua coerenza morale gli dettavano.

    Nel secondo e terzo capitolo vengono presentate le ricerche su Giulio Cesare Vanini e le quattro Commedie, scritte contemporaneamente nel quinquennio 1925–1930 (gli scritti su Vanini, pubblicati nel ’33, erano ultimati già nel ’30). Nonostante possano apparire diverse come genere e come stile, in realtà esse muovono da un’unica esigenza e tendono verso un’unica direzione: ricercare tenacemente le radici – le più profonde e le più documentate possibile – su cui s’è sviluppato il modello culturale dominante nei suoi anni e, ove necessario, accusarne oggettivi tradimenti e pericolosi travisamenti. Particolare importanza assumono L’introduzione semiseria (premessa alla commedia Tantalo del 1929) e Viaggio in Ispagna (premesso alla commedia S. Teresa e Aldonzo del 1931), in quanto costituiscono e restano gli unici e pingui documenti (per ora a noi noti) sulla concezione corvagliana di cultura in genere e di letteratura in particolare. Il quarto capitolo è dedicato al romanzo Finibusterre, il capolavoro letterario, in cui confluiscono – ora in silente armonia ora in sofferta lacerazione, ora in pacata accettazione ora in violenta negazione – tutte le esperienze umane e artistiche di Corvaglia, convinto e tenace filosofo dell’Infinitudine e dell’Umanità universali, credute e vissute – almeno nel tempo finito della storia individuale e collettiva – come l’unica Realtà vera, anche se nella dimensione della speranza e della fede della ragione. Siamo lontani, pertanto, dalla religiosa Provvidenza del Manzoni e dall’irrazionale casualità del Verga; così come s’è del tutto all’opposto sia del Superomismo del D’Annunzio che del dubbio e della maschera del Pirandello. Per Corvaglia la storia è il tessuto ordito quotidianamente dalle scelte e dalle azioni umane, sostanziate del passato e alimentate dal presente, ma costantemente protese verso l’alto e il futuro: è dovere dell’uomo, pertanto, parteggiare o per l’umano o per l’antiumano; e non ci sono né vinti né vincitori, ma uomini operatori di uguaglianze o seminatori d’ingiustizie. Sono queste le sole forze del dramma umano; e il romanzo è un mirabile affresco di tanti e diversi caratteri di uomo, anelanti, ognuno nella propria situazione esistenziale, soltanto a salvaguardare la propria e l’altrui umanità.

    Nel quinto e ultimo capitolo si delineano la fede e l’impegno politico di Luigi Corvaglia, attraverso i quattro Quaderni Mazziniani scritti e pubblicati nel 1944. Alcune affermazioni sono datate e, quindi, rimangono valide solo come pura testimonianza; ma altre prese di posizione su molte problematiche socio–economiche restano più che mai attuali e rivelano nel melissanese passione politica sincera, rivelatrice di raro senso della realtà e di provata esperienza di vita vissuta. Corvaglia, infatti, attualizza per i suoi tempi il verbo di Giuseppe Mazzini; insiste su alcuni punti sanciti nell’aureo libretto I doveri dell’uomo: opera che fu già guida morale di grandi statisti (quali W. T. Wilson e George Lloyd George) e d’importanti leaders post–coloniali (quali Gandhi, Golda Meir, David Ben Gurion, Pandit Jawaharlal Nehru e Sun Yat–Sen). Corvaglia ne condivide e ne divulga il messaggio centrale, cioè il dovere che ogni uomo ha verso tutti gli altri, premessa e condizione per ottenere e fruire diritti reali. Ispirandosi proprio a questa scomoda idea mazziniana, cui egli si conformò costantemente, il filosofo melissanese fa suo e divulga l’avvertimento del Mahatma Gandhi: L’uomo si distrugge con la politica senza principi, con la ricchezza senza lavoro, con l’intelligenza senza sapienza, con gli affari senza morale, con la scienza senza umanità, con la religione senza la fede, con l’amore senza il sacrificio di sé.

    Si congeda questo lavoro, esprimendo gratitudine verso coloro che ne hanno favorito la pubblicazione e con l’auspicio che torni di utilità per tutti, specialmente per i giovani.

    C. S.

    Foto panorama di Melissano (Foto Archivio Velotti)

    Sono stato sotto le armi dal 1913 al 1918. Laureato in legge a Pisa nel 1914, tornai a laurearmi in filosofia a Torino nel 1921. Alcuni tentativi di esercizio professionale da avvocato fallirono. E me ne venni qui (a Melissano) a rodermi con i libri, esausto della guerra, e così ho vissuto solo, chiuso e anche sospettato perché io sono contro nessuno, cioè filosofo, e veggo molto dall’alto le cose del mondo. Passami la parola grossa: sub specie aeternitatis (Lettera di Corvaglia a G. Gabrieli, datata Capodanno 1932).

    Foto Casina (Foto Giacomo Giannelli)

    La Casina. In questa villetta, allora nella campagna alla periferia di Melissano, Corvaglia concepì e scrisse il suo capolavoro Finibusterre. Ecco che fo: cerco di esprimere, non la intuizione immediata della vita in cui mi sono abbandonato (...), ma la intuizione della bellezza che mi fluisce dentro a fiotti (Lettera di Corvaglia ad A. Pastore, datata 8.2.1930). Sono andato errando dall’una all’altra disciplina, senza trovare un sasso su cui fermare la mia anima erratica (...). Io mi son rimasto con tutta la mia sopravvivenza di sentimenti primordiali che la ragione devastatrice non ha potuto estinguere. Questo mi fa vivo: il senso di questa scissione, un tragico attracco, sparuto che mi esilara fino alle allucinazioni livide dell’arte (Lettera di Corvaglia a G. Gabrieli, datata Capodanno 1932).

    I - LUIGI CORVAGLIA E LA SUA ETÀ

    1. Luigi Corvaglia. Un Solitario in cerca dell’Infinito

    "Maestro – scrive Luigi Corvaglia nel 1936 a Benedetto Croce – sono un solitario, a cui, in questi anni di smarrimento, la sua parola è valsa di conforto e di conferma. Per dirLe la mia gratitudine, Le dedico un romanzo, un libro non gaio, nel quale il dramma è quello stesso di restar uomini. Concetto e pratica di libertà spirituale ne sono l’anima, sebbene spesso finiscano per dissolversi in scepsi; ma la volontà di questa metodologia assume forme di contrasti così vive, da renderne possibile la figurazione in fantasmi" 1 . La passione per la ricerca e lo studio, assecondata in piena libertà, è il carattere dominante del letterato di Melissano, e ne segnerà l’intera vicenda umana e culturale. Suo impegno costante, infatti, fu investigare la storia dell’evoluzione dell’uomo, al fine di scoprire le cause, che nel tempo hanno offuscato alcune verità e creato molte ingiustizie sociali e asservimenti morali, ch’egli vuole smascherare e combattere, perché sono la radice della rovina della dignità dell’umanità. Perseguì questi suoi obiettivi con gli scritti e con l’azione, sebbene non sempre capito dal popolo, ch’egli – ubbidendo a un dovere richiestogli dal suo credo mazziniano – voleva tenacemente educare al riscatto sociale, economico e morale. Ma il contesto non era probabilmente ancora pronto. E per questo nella sua Melissano fu spesso malvisto dai contadini, che lo fraintendevano, e sempre avversato dai signori o padroni, che ai suoi tempi contavano e – interessati non allo sviluppo del paese e della sua comunità, ma soprattutto (se non esclusivamente) al proprio interesse – guardavano con timore all’opera innovatrice di Corvaglia. Ma egli, benché i tempi per gli individui e per la collettività fossero scardinati 2 , procedeva solitario, ma in assoluta fermezza e libertà di pensiero e di azione. Da filosofo, Corvaglia andava alla ricerca teoretica e pratica d’un punto saldo di conferma nel tumulto d’una frenetica scepsi, che gli sballottolava l’animo da certezze sicure a dubbi sconcertanti e gli ghermiva la speranza e la fiducia; lotta aspra, quindi, tra verità e dubbi, tra certezze e insicurezze. Lo agitava la scontentezza per l’approdo raggiunto, subito rimpiazzata, comunque, dall’improvviso entusiasmo per una nuova meta intravista; rifiutava nettamente ogni forma di compromesso e aspirava a raggiungere l’intuizione della Totalità Infinita, fortemente creduta e vagheggiata. Sono andato errando dall’una all’altra disciplina – confida all’amico Giuseppe Gabrieli 3 – senza trovare un sasso su cui fermare la mia anima erratica (...). Io mi sono rimasto con tutta la sopravvivenza di sentimenti primordiali, che la ragione devastatrice non ha potuto estinguere. Questo mi fa vivo: il senso di questa scissione, un tragico stracco, sparuto, che mi esilara fino alle allucinazioni livide dell’arte. E viene subito in mente il travaglio interiore che strazia quotidianamente l’anima di don Paolo Santacroce, il sacerdote della chiesa di Santa Maria di Leuca, drammaticamente dibattuto fra la dottrina razionale e dogmatica, che deve credere e predicare come prete e il sentimento primordiale intriso di schietta umanità, che a Paolo–uomo rimprovera, urlando nella sua profonda intimità, quell’assurdità esistenziale che deve sopportare, cioè, rinnegare davanti al mondo l’Infinito, che la sua anima, invece, intuisce e vive come l’unico solido sasso su cui fermare l’anima erratica. Con convinta condivisione Corvaglia scandaglia l’animo di don Paolo, perché è riproduzione del proprio animo, alla ricerca dolorosa d’una verità meno instabile: Gli venivano scrupoli – annota – sulla interpretazione che nella predica di quel giorno aveva data alla realtà: il ‘Divino’ non è fuori di noi, aveva detto, ma dentro (...). L’essere divino universale circola in sostanza comune ove la piccola vita di ciascuno si fa immortale nella vita di tutti. Noi trascorriamo come gocce nel fiume silenzioso dell’umanità 4 . L’Umanità e l’Infinto, in cui soltanto l’individuo si realizza e in cui tutto assume significato: cioè, contenuto sensato della sua religione laica, che disdegna ritualità esteriori e appariscenti (forse perché non del tutto sincere e talora solo surrogati per calmare una coscienza non del tutto retta); una religiosità che è adesione interiore ai doveri verso il Tutto e coerenza di vita al servizio dell’Umanità. "Non sono io – urla Tito della Casa di Seneca agli ospiti che sogliono stare a vivacchiare nella sua abitazione – che nego Dio. Io sento di custodirlo in me, in forma meno gretta e personale di quella che va in moda: effigie per monete false. Dio è svuotato ormai. Ne rimane il fantoccio 5 . Non come la religione di don Barnaba di Rondini, che nella sua azione pastorale non ha alcuna remora a usare qualche trucco diabolico o di servirsi di sante menzogne, ma come la religiosità" degli antenati, che hanno lasciato ai posteri una ricca eredità spirituale, testimone del loro sentimento naturale di sacro, espresso anche in opere di sorprendente bellezza. Come la Cattedrale di Burgos da lui visitata durante il

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