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We First - Il mondo che... non vorrei
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We First - Il mondo che... non vorrei
E-book279 pagine3 ore

We First - Il mondo che... non vorrei

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Info su questo ebook

Arriverà il giorno in cui nessun bambino sentirà più il bisogno di esprimere un desiderio?

Nonna

Rachel, nell'anno 2088, porta a spasso nel tempo suo nipote Ricky,

ripercorrendo le tappe che avevano portato alla costruzione del mondo We

First, un mondo perfetto, in grado di soddisfare i bisogni di tutti.

Ricky

in questo viaggio scoprirà che, dietro quelle apparenze, si nascondono

decenni di lotte, persecuzioni e sofferenze da parte di coloro che non

erano caduti nell'inganno ed avevano provato ad andare contro corrente: i

Mind & Soul.

Dalla Provenza a Cuba, da Roma alla terra dei

Faraoni, un viaggio mistico tra sogni e incubi, tra realtà e fantasia, i

cui confini solo il singolo lettore potrà disegnare.
LinguaItaliano
Data di uscita17 feb 2021
ISBN9791220323246
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    Anteprima del libro

    We First - Il mondo che... non vorrei - Giuseppe Desiderato

    indispensabile

    PARTE I (2088)

    WE FIRST E OUTSIDE

    TRAGUARDO RAGGIUNTO

    Anno 2088

    «Amici, è il vostro Comandante Trampson che vi parla!

    Ho bisogno della vostra massima attenzione, devo comunicarvi una notizia sensazionale!

    Come sapete, nel corso degli anni la nostra civiltà We First ha affrontato innumerevoli sfide: ha sconfitto le malattie, la fame, ha cancellato le emozioni negative, ha eliminato dalle nostre vite ogni tipo di pericolo, ha dato alle persone la possibilità di incontrarsi virtualmente senza limiti ed ha messo a loro disposizione qualsiasi tipo di bene o servizio!

    L’obiettivo supremo del We First Governament è sempre stato uno solo: il vostro benessere.

    Mancava un’ultima prova da superare: la madre di tutte le sfide, quella che solo poco tempo fa sembrava pura utopia.

    Oggi è stata superata!

    In tutte le We-First School del mondo si è conclusa la consueta prova annuale, dal titolo: Esprimi un desiderio, riservata agli alunni dai sei ai tredici anni di età.

    Ebbene, per la prima volta nella storia, tutti i nostri bambini hanno consegnato il compito in bianco!

    Capite la portata di questo straordinario risultato? Un trionfo per la nostra civiltà!

    I piccoli We First hanno tutto ciò che desiderano. E dato che i bambini hanno un animo puro, le loro risposte non lasciano spazio a sospetti di nessuna natura: sono sincere, per definizione!

    Per noi, tutori della nostra civiltà, questo significa avere assolto al nostro compito!

    Da oggi i nostri figli cresceranno non soltanto al riparo da qualsiasi pericolo, ma anche pienamente soddisfatti in tutte le loro aspettative!

    Cosa possiamo volere di più?

    Per questo, dichiaro ufficialmente aperti i festeggiamenti per una intera settimana in tutto il nostro mondo da est a ovest, da nord a sud!»

    Il nuovo mondo We-First, creato quasi trent’anni prima, era composto da tre grandi blocchi che occupavano circa un quarto della superficie terrestre: il Blocco Mediterraneo (Europa, parte della Turchia e Africa Mediterranea) il Blocco Columbus (Stati Uniti e Canada meridionale) ed infine il blocco Sol Levante (Giappone, parte della Cina, India e Oceania).

    Alla formazione dei tre blocchi si era arrivati per gradi. Con enormi spargimenti di sangue.

    SVEVA, MAX E RICKY

    Max, terminato il discorso di Trampson, deposita il cybercasco sul tavolo, e si siede accanto a suo figlio Ricky di 13 anni. Coglie un’ombra negli occhi del piccolo:

    «Ehi Ricky, è proprio vero? Hai consegnato anche tu in bianco?»

    «Papà, io veramente… avrei voluto scrivere una cosa, ma…»

    «Aspetta, lasciami indovinare: la signora Merkelmayer ti ha fulminato quando stavi per digitare, non è così?»

    Il piccolo si volta verso il padre con espressione eloquente.

    «Quale desiderio avresti voluto esprimere, piccolo?»

    «Giocare a giochi non virtual per più di cinque minuti al giorno!»

    Il padre gli sorride: «Ci avrei scommesso!»

    «Papà ma io avrei chiesto solo pochi minuti in più, lo giuro!»

    «Conosci le regole Ricky, su questo non transigono e lo sai benissimo.»

    «Ma io mi annoio con i giochi virtuali tutto il giorno! Ci dicono che lo fanno per proteggerci, per evitare di farci male, ma io non capisco…»

    «Vieni qua.» Max si avvicina al figlio: «I giochi reali sono stati vietati qualche anno prima che tu nascessi. Oggi è consentito giocare solo qualche minuto, perché molto tempo fa successe un fatto orrendo»

    «Davvero? Non me ne avevi mai parlato!»

    «Lo so, tesoro, perché eri troppo piccolo, ma adesso credo tu sia pronto.»

    «Sono pronto? E per cosa?»

    «Per conoscere la verità… o per lo meno iniziare a capire.»

    «Capire cosa? Papà così mi stai spaventando! A scuola ci dicono che noi bambini non dobbiamo avere paura di nulla perché nel mondo è tutto sotto controllo!»

    «Infatti, non devi avere paura Ricky, ci sono qua io. Penso che però tu debba iniziare a conoscere il motivo per cui nel nostro mondo ai bambini non è permesso il gioco mediante contatto fisico: molti anni fa, in occasione dei giochi olimpici tra i tre blocchi scoppiò una rissa furibonda, prima in campo e poi fuori dal campo. Non era una novità che accadessero disordini; le Guardie dei Blocchi, infatti, distribuivano all’ingresso le pillole calmanti per evitare il peggio, ma quel giorno… quel giorno nulla li fermò»

    «Chi?»

    «Tutti.»

    «Tutti?»

    «Sì, Ricky, fu un massacro.»

    «Che vuol dire?

    Max prende dolcemente tra le sue mani la testa del figlio e la gira a sé: «Tesoro…morirono migliaia e migliaia di persone»

    In quel momento entra nella stanza la madre di Ricky, Sveva: «Buongiorno uomini!»

    I due si girano verso di lei con evidente imbarazzo.

    «Ho interrotto qualcosa di importante? Ero venuta per chiedere a Ricky come avrebbe voluto festeggiare la settimana che ci concede il Comandante Trampson!»

    «Stavamo parlando giusto di questo» Le risponde Max «O meglio… dì pure a tua madre di cosa stavamo parlando Ricky»

    «Papà mi ha appena detto che prima che io nascessi sono morte tantissime persone ai giochi olimpici tra i blocchi! Non erano virtuali, giocavano davvero!»

    «Max! È ancora troppo presto! Cosa ti è saltato in mente??»

    «No Sveva, credo sia arrivato il momento: Ricky non avrebbe voluto consegnare in bianco il tema Esprimi un desiderio; come desiderio avrebbe voluto scrivere Giocare di più ai giochi non virtual»

    «Ma tu non l’hai fatto vero?» Sveva si rivolge a suo figlio con aria spaventata.

    «No mamma, stai tranquilla, conosco le regole, ne abbiamo parlato tante di quelle volte!»

    «Bravo ragazzo mio. Posso unirmi a voi?»

    «Sì, mamma, però vorrei prendere la pillola verde: mi sento un po’ agitato e ho paura che con quello che mi direte mi agiterò ancora di più!»

    «Proviamo a fare senza pillola, ok?» Risponde il padre «Sei qua con noi, stiamo solo parlando, se poi non te la senti di proseguire prendiamo la pillola oppure ne riparliamo un’altra volta ok?»

    «Ok, ci provo»

    «Ti stavo raccontando di quel giorno orrendo, molti anni fa. Scoppiò prima una rissa in campo, ma intervennero prontamente le guardie per distribuire pillole viola a tutti i giocatori…»

    «Le pillole contro la rabbia? Esistevano già allora?»

    «Esatto, esistevano già, ma purtroppo, in quella occasione, non servirono a nulla: scoppiò il finimondo, la rabbia e la follia prese il sopravvento… fu una vera e propria carneficina Ricky.»

    «Ma come è possibile che le persone si siano uccise per i giochi? Non capisco, a scuola è sempre tutto tranquillo… anche nei cinque minuti in cui ci fanno giocare, ok, qualche spinta ce la diamo, ma poi interviene subito la tutor con un’altra pillola viola e ritorna la calma!»

    «Hai ragione tesoro, sembra solo pura follia» Interviene la madre «Ma i giochi furono solo un pretesto. Il mondo in quegli anni era una pentola in ebollizione, i tre Blocchi non avevano ancora raggiunto l’accordo di pace totale.

    A quel tempo i Leader dei Blocchi avevano firmato solo un accordo per contrastare le minacce provenienti dall’Outside World, ma per il resto, erano in forte competizione tra loro. Avevano ancora la convinzione che un blocco potesse prevalere sugli altri per avere il predominio assoluto.»

    «Non capisco… nel mondo è sempre tutto sotto controllo! Andiamo a scuola, possiamo chattare e giocare ai Virtual Games con qualsiasi bambino del Blocco, stiamo in famiglia per consumare il pasto quotidiano e poi dormiamo le nostre sedici ore facendo i viaggi interstellari, che ci danno la carica per affrontare la giornata successiva! Così dice la tutor! E così è la nostra vita, quindi non capisco cosa significa voler comandare… non mi sembra ci sia nulla da comandare!»

    «Hai perfettamente ragione Ricky, tu sei nato e cresciuto nel mondo We First e tutto sembra perfetto, così come lo descrivi! Ma la verità è un’altra e da oggi in poi è giusto che tu cominci a conoscerla.»

    «Amore» Interviene la madre «Tu fai parte di una famiglia particolare… ricordi cosa ci siamo sempre detti con papà?»

    «Certo mamma, noi siamo i Mind & Soul! È il nostro segreto! Ed io non l’ho mai detto a nessuno!»

    «E cosa fa un Mind & Soul?»

    «Pensa con la sua testa e ascolta la sua anima!

    Ma queste cose le so! Le abbiamo ripetute milioni di volte e so che non ne devo mai parlare con nessuno, nemmeno con i miei amici, ma cosa c’entra questo con il tema e con i morti che ci sono stati tanti anni fa? Mi avete veramente confuso…»

    «Oggi per te sarà l’inizio di una nuova vita Ricky» Max lo stringe a sé. «Una vita forse meno sicura di questa che hai adesso, ma che per noi Mind & Soul è l’unica degna di essere vissuta, sono ormai troppi anni che ce ne stiamo in letargo!»

    «Domani iniziano i festeggiamenti e ci è consentito spostarci.» Interviene Sveva «Quindi andremo tutti da nonna Rachel!»

    «Sì! nonna Rachel, fantastico! Mi racconta sempre tante storie incredibili! Le sue favole mi sono sempre piaciute molto di più di quelle che ci raccontano a scuola!»

    «Questa volta però non ti racconterà una favola… questa volta ti racconterà tutta la verità. Sin dall’inizio.»

    WE FIRST WORLD

    In occasione dei festeggiamenti concessi dal Comandante del We First Governament, così come in qualsiasi giorno festivo, alla popolazione era consentito spostarsi fisicamente da un luogo all’altro.

    Nei giorni lavorativi, invece, era permesso recarsi esclusivamente nel luogo fisico previsto per il lavoro (al cittadino lavoratore) per la scuola (al cittadino studente) o per la vita di comunità (al cittadino non più in età lavorativa). Questo garantiva la sicurezza di tutti.

    L’ordine prima di ogni cosa era uno degli slogan We First.

    Sul rispetto delle regole vigeva una totale intransigenza. Era previsto un sistema sanzionatorio così duro, da rappresentare un perfetto deterrente per chiunque avesse intenzione di sgarrare. Tutto funzionava a meraviglia.

    Circa il 70% della popolazione attiva maschile lavorava nel campo della sicurezza, in qualità di Cyber Guardiano o come studioso di nuovi sistemi di Sicurezza e Controllo. L’altra parte si occupava di reperimento e distribuzione risorse.

    Le donne invece erano impegnate in campo sanitario e si dedicavano all’Istruzione, pilastro fondamentale del We First Governament: i bambini dovevano amalgamarsi sin dalla tenera età ai sistemi ed alle regole del We First World ed i modi gentili tipici della figura femminile, dopo anni e anni di studi e ricerche, si erano dimostrati i più efficaci per raggiungere tale scopo.

    Gli alunni così crescevano come soldati, senza bisogno di alcun addestramento militare. Le loro menti venivano plasmate a tal punto da essere incapaci di generare processi critici che potessero mettere in discussione il funzionamento del sistema. D’altra parte, ogni loro bisogno di bambino veniva soddisfatto e con il passare degli anni avevano accesso ad ogni tipo di bene o servizio di cui avessero desiderio di disporre.

    Le risorse erano infatti più che sufficienti a garantire la prosperità degli abitanti del We First World. La crescita demografica era monitorata costantemente: ad una donna veniva consentito di procreare due figli al massimo, oltre i quali subiva la ordinaria procedura di sterilizzazione. Nessuno opponeva alcuna resistenza, in quanto era una regola necessaria a tenere in vita quel mondo.

    Beni e servizi venivano prodotti all’interno dei tre blocchi utilizzando in buona parte le materie prime provenienti dall’Outside World.

    I rapporti con l’Outside World costituivano la parte nevralgica del sistema e la pacificazione dei Blocchi era avvenuta proprio per poterli gestire al meglio. Era indispensabile ambire alla perfezione: una falla nel contatto con l’esterno poteva far saltare in aria tutto il meccanismo. Per questo le ambizioni di supremazia di ciascun blocco avevano ceduto il posto alla consapevolezza che l’unica via percorribile fosse la totale collaborazione.

    Unico nemico era dunque l’Outside World.

    I tre blocchi erano dotati di barriere invalicabili. Era necessario avere il Chip W.F. per poter vivere all’interno del blocco. Il Chip W.F. veniva inserito sottopelle, dietro la nuca, sin dalla nascita.

    Al di fuori del blocco si estendeva una Neutral Zone. Se qualcuno, dall’esterno, avesse superato la Neutral Zone in assenza del Chip, sarebbe rimasto carbonizzato.

    OUTSIDE WORLD

    Nell’Outside World la vita scorreva come se il tempo si fosse fermato un secolo prima. Tecnologia e scienza erano forzatamente bloccate. Il mondo We First monitorava tutto dall’esterno, con i suoi droni che rilevavano la presenza di tecnologia, suddivisa in vari livelli. Se la rilevazione avesse individuato una tecnologia superiore al livello consentito, il drone avrebbe distrutto il congegno sospetto.

    Questo sistema era ormai funzionante da quasi trent’anni.

    Gli abitanti dell’Outside World erano stati costretti ad accettare il nuovo modo di vivere, dato che non avevano alcuna possibilità di contrastarlo.

    Al mondo We First, d’altra parte, era indispensabile l’esistenza di un Outside World produttivo, necessario al reperimento delle risorse naturali, per questo non era stato annientato.

    Dopo l’unificazione dei blocchi, si era giunti ad una situazione di equilibrio; in precedenza, invece, il pianeta era stato ad un passo dalla autodistruzione.

    NONNA RACHEL

    Sveva, Max e Ricky, giunti a destinazione, scendono dal transfer MED-49.

    La casa di nonna Rachel è a pochi passi di distanza. Si trovano ad Antibes, nella vecchia Provenza, dove la nonna sta trascorrendo la vecchiaia in solitudine, ormai da anni. All’inizio l’aria di mare, il microclima provenzale, i profumi, la vegetazione erano stati un toccasana per Rachel dopo una vita intera spesa combattendo per i suoi ideali.

    Adesso però, ultraottantenne - era nata nella vecchia Italia, nell’anno 2006 - costretta a vivere lontano dalla famiglia, nonostante la tecnologia la rendesse completamente autonoma per le esigenze della vita quotidiana, sentiva l’energia vitale ridotta ad un piccolo soffio. A questo si doveva aggiungere poi l’insofferenza ad accettare tutte le regole introdotte nel nuovo mondo, sulla possibilità di uscire in modi, luoghi e tempi stabiliti.

    Era giunto il momento fatidico di passare il testimone, come previsto dalle poche famiglie Mind & Soul rimaste.

    La consuetudine prevedeva il racconto dell’esperienza di vita vissuta da parte del più anziano al più piccolo della famiglia. Il racconto doveva avvenire a voce, occhi negli occhi, senza la presenza di alcun testimone.

    La radice ed il germoglio dell’albero genealogico entravano così in contatto e, proprio come avviene in natura, il germoglio avrebbe potuto cibarsi della linfa della radice.

    Per questo era stato soprannominato il banchetto della saggezza e rappresentava la garanzia di continuità dei valori, per cui avevano da sempre combattuto queste famiglie.

    Capire il passato per affrontare il futuro, un detto valido da secoli ma, mai come in quell’ultimo lustro, andato in disuso, con il rischio di mettere a repentaglio l’intero destino dell’umanità.

    Nonna Rachel si affaccia alla porta dopo aver azionato il comando di apertura direttamente dalla sedia mobile. I suoi occhi divengono immediatamente lucidi ed un soffio di vento tiepido le scompiglia i pochi capelli argento sopravvissuti ad una vita così intensa.

    Davanti a sé ha suo figlio Max e la sua famiglia. È giunto il momento: i ricordi affiorano nella sua mente in modo quasi violento. Si vede bambina, nella casa dei suoi genitori, circondata dagli affetti più cari. Vede i colori, sente le voci di sua madre, di suo padre, di suo fratello, delle sue amiche. Ha addirittura l’impressione che quel soffio di vento le stia portando anche i profumi della sua gioventù.

    Sta aprendo il suo cuore, per questo spalanca le braccia alzandole al cielo:

    «Max! Sveva! Ricky! Eccoli i miei tesori!»

    «Mamma!» Max si inginocchia a fianco della carrozzina per regalare l’abbraccio più forte che potesse sopportare il fragile corpo di sua madre. «Sei veramente in ottima forma! Un po’ spettinata…» Le dice accompagnando una ciocca di capelli dietro l’orecchio «Ma quella di sempre!»

    «Caro il mio Max, finché avrò vita, la mia anima rimarrà intatta! E voi piuttosto? Sveva, Ricky, avvicinatevi!»

    Sveva si accovaccia dal lato della sedia non occupato da Max e le dà un bacio dolce sulla guancia. Ricky rimane invece davanti, impacciato.

    «Ricky, come sei cresciuto…» Allunga la mano verso il ragazzo invitandolo ad un contatto, poi strizzando l’occhio continua: «Non ho detto una cosa granché originale vero? Le nonne dicono sempre ai nipoti che sono cresciuti! Ma tu sai perché?»

    Ricky la guarda, inespressivo. Nonna Rachel prosegue: «Per orgoglio! Veder crescere un nipote non significa soltanto vederlo occupare più spazio in altezza ed in larghezza… per noi vecchi la crescita vera significa evoluzione, vuol dire vedere il seme che abbiamo prima piantato e poi seguito con cura, produrre i frutti che noi, durante il nostro ciclo di vita non siamo riusciti a produrre…» Abbassa lo sguardo ed un’ombra cala sul suo volto.

    «Mammina, non correre troppo adesso… che ne dici se entriamo e ci mettiamo più comodi?» Le dice Max prendendole la mano.

    «Hai ragione Max, il mio cuore quando batte forte prende il sopravvento, ormai sono rare le occasioni in cui accelera e non sono più abituata a controllarlo.» Aziona la retromarcia della sedia mobile e fa strada ai tre: «Seguitemi!».

    Entrano nella casa. In Provenza, come in tutte le zone costiere del mediterraneo settentrionale la popolazione viveva nell’Habitat Med-12.

    I territori nei tre blocchi erano stati classificati per zone climatico/territoriali e per ciascuna di esse i tecnici specializzati avevano studiato la tipologia di abitazione più consona. Venivano presi in considerazione tutti i parametri: altitudine, latitudine, venti, esposizione al sole, distanza da mari e montagne e così via. La soluzione abitativa prescelta dal sistema era inconfutabilmente la migliore.

    Il panorama che si presentava davanti agli occhi del visitatore era omogeneo per colori e forme. Anche alla vegetazione era stato dato un ordine, affinché l’occhio potesse rilassarsi osservando le file di pini, cipressi, abeti, siepi, piante e fiori di ogni tipo che contornavano

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