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Accesso negato: Il cyberspace è il nuovo campo di battaglia e gli hacker sono i suoi eroi
Accesso negato: Il cyberspace è il nuovo campo di battaglia e gli hacker sono i suoi eroi
Accesso negato: Il cyberspace è il nuovo campo di battaglia e gli hacker sono i suoi eroi
E-book213 pagine2 ore

Accesso negato: Il cyberspace è il nuovo campo di battaglia e gli hacker sono i suoi eroi

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Info su questo ebook

Niki ha la passione dei computer e una grande ammirazione per gli hacker, e vorrebbe tanto diventare uno di loro. Ma come fare? Per riuscirci avrebbe bisogno di consigli e aiuti che però non sa a chi chiedere. Internet, la rete delle reti, gli verrà in soccorso. Grazie a essa entrerà in contatto con dei veri hacker. Ma le cose non andranno affatto come lui si aspettava. Sarà coinvolto, volente o nolente, in una guerra cibernetica all'ultimo bit tra i Free Hacker e una losca e potentissima organizzazione - un impero industriale e finanziario - agli ordini di due gemelli cinesi. E a un certo punto entreranno in campo anche le armi vere, quelle tradizionali. La lotta sarà durissima e l'esito rimarrà incerto fino all'ultimo.
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2021
ISBN9791220266208
Accesso negato: Il cyberspace è il nuovo campo di battaglia e gli hacker sono i suoi eroi

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    Anteprima del libro

    Accesso negato - Giorgio Ressel

    tycoon

    0. Cypherpunk

    Nel 1999 ero un ragazzino con due grandi passioni. Una era per internet che cominciava appena a essere conosciuto dalla gente comune, anche se da parecchi anni era usato in ambito accademico e, in una versione un po' diversa, dai militari. L'altra mia passione era il cracking dei programmi commerciali, in parte per una questione di soldi ma soprattutto perché mi piaceva farlo: era una sfida intellettuale tra me e i programmatori, i tizi che avevano escogitato i metodi più ingegnosi che si possono immaginare per proteggere il loro software. Io volevo semplicemente vedere se ero più in gamba di loro.

    Tutto era cominciato quando avevo dieci anni ed ero riuscito a mettere le mani su un computer Commodore, un C64 che all'epoca era già ampiamente superato. Me lo aveva regalato un cugino più grande dopo che i suoi gli avevano comperato un favoloso Apple Powerbook (il primo vero portatile) che io mi mangiavo con gli occhi ogni volta che andavo a casa sua. Ricky aveva finalmente capitolato ai miei tormenti dopo un assedio durato alcuni mesi e io mi ero portato a casa la preda a lungo inseguita.

    Lo avevo piazzato in camera mia, sulla scrivania, ma subito dopo avevo dovuto affrontare un altro ostacolo: per poterci lavorare mi mancava un elemento essenziale, un televisore. Il C64 infatti andava collegato con cavo alla presa d'ingresso dell'antenna, dopodiché bisognava sintonizzarsi sul canale giusto e sullo schermo appariva il prompt dei comandi. Questo era un problema perché in casa c'era un solo televisore e si trovava in salotto. Per fare le mie prove dovetti quindi aspettare che l'apparecchio, un pesante scatolone con un tubo catodico da 24 pollici, fosse libero. E questo succedeva solo nel primo pomeriggio (di mattina ero a scuola). Le ore passavano presto e regolarmente succedeva che a un certo punto, proprio quando ero riuscito a combinare qualcosa d'interessante, dovevo staccare tutto e sgombrare il campo. La cosa andò avanti così per un po' di tempo finché i miei non ne poterono più e mi comprarono un TV portatile da 16 pollici. Per le mie esigenze era perfetto.

    All'epoca non avevo idea di come si scrivessero i comandi e i programmi e all'inizio mi limitai a copiare i semplici esempi che trovavo sul manuale. Poi, un po' alla volta, entrai nella logica della programmazione in Basic, un linguaggio facile creato apposta per i principianti, molto più semplice di quelli allora più in voga: il Fortran per la programmazione di tipo scientifico e il Cobol per quella di tipo amministrativo e commerciale. Ben presto mi resi conto dell'utilità di un apparecchio al quale non avevo dato grande importanza: un registratore audio a cassette, e precisamente il Datassette 1530. Infatti se non salvavo da qualche parte il programma che avevo scritto, tutto sarebbe andato perso spegnendo il computer e per eseguirlo di nuovo avrei dovuto riscrivere dall'inizio ogni singola lettera, ogni numero e ogni simbolo.

    Avrei potuto utilizzare anche un sistema a floppy disk, il Commodore 1541, ma costava cinque volte il Datassette, cioè ben oltre la mia disponibilità finanziaria dell'epoca, e perciò comprarlo era fuori questione. Lo so bene che adesso parlare di queste cose fa sorridere, ma a quel tempo era così e, nonostante tutto, era un enorme passo avanti per quelli che avevano voglia di trafficare con i computer senza spendere grosse cifre per acquistare apparecchiature professionali. Questo fu per me l'inizio.

    Col passare del tempo mi impratichii sempre più a programmare in Basic. A un certo punto decisi di fare un salto di qualità e di provare a imparare l'Assembly, il linguaggio di programmazione che più si avvicina al vero linguaggio-macchina, quello degli zero e degli uno. Ma non fu per niente facile.

    Mi interessai anche di molte altre cose legate al mondo dei computer, e tra queste c'era il Cypherpunk che non è il nome di un complesso musicale, ma un gruppo di persone convinte che per una società davvero libera sia fondamentale l'uso della crittografia nelle comunicazioni via internet e in generale di tutte le tecnologie che rafforzano la privacy.

    I Cypherpunk erano convinti che bisognasse difendersi dalle eccessive intromissioni nella vita privata della gente da parte del Grande Fratello (lo Stato) e dei suoi Fratellini (le multinazionali) che vogliono sapere tutto, assolutamente tutto, di noi cittadini qualunque. La scusa è sempre stata quella della sicurezza, ma secondo i Cypherpunk il vero scopo è il controllo da parte dello Stato e l'arricchimento con ogni mezzo delle multinazionali che non amano le società troppo democratiche.

    In principio non sapevo bene cosa pensare di questi Cypherpunk che mi davano l'impressione di gente piuttosto paranoica, ma presto mi resi conto che avevano ragione loro. Poi vennero Julian Assange con WikiLeaks (nel 2006) e Edward Snowden (nel 2013) con le sue rivelazioni sulla NSA ed Echelon, la sua struttura mondiale di spionaggio.

    Io invece fui coinvolto direttamente, anche se non per mia scelta, nelle molte e strane vicende che racconterò più avanti. Tra queste c'è la misteriosa crisi finanziaria del 2000: lo scoppio della bolla speculativa delle cosiddette dot-com, le società informatiche nate come funghi a cavallo del cambio di millennio che fallirono in pochi mesi. Gli economisti hanno fatto molte ipotesi a riguardo. Nessuna era esatta.

    Ben pochi conoscono la vera ragione di quel crollo. Io sono uno di quei pochi e ho deciso di rivelare cosa accadde all'epoca dietro le quinte e perché successe.

    Come avevo accennato all'inizio, questa storia cominciò nel 1999. Era l'inizio dell'estate e io ero in vacanza. A parte studiare per gli esami (ma non ne avevo granché voglia), non avevo niente da fare e potevo dedicarmi al mio hobby preferito: crackare i programmi che scaricavo da internet o che trovavo nelle riviste di computer in versione demo.

    1. Codice errato

    «You have entered a wrong code. Please, check and retry.»

    («Hai digitato un codice errato. Per favore, controlla e riprova.»)

    E così neanche questo andava bene. La mia lista di codici piratati da internet andava rapidamente esaurendosi. Lo cancellai con un tratto di pennarello rosso e passai al successivo. Erano quattro gruppi di cinque caratteri ciascuno, separati da dei trattini. Li battei con calma e ricontrollai tutto, casomai avessi premuto un tasto sbagliato. Ok, incrociai le dita e premetti . Merda! Si aprì di nuovo la solita finestra e ricomparve il solito stupido messaggio. Altro codice eliminato. Me ne restava ancora uno, l’ultimo. Lo digitai con maniacale attenzione. Ricontrollai, feci un gran sospiro, trattenni il fiato e appoggiai l'indice su con delicatezza, quasi avessi paura che la tastiera mi mordesse un dito o mi sparasse una scossa elettrica. Via!

    «This is your fifth wrong try. The policy of our company is fighting electronic piracy, so we disable your executable. To enter a new code you have to reinstall all the program. Sorry.»

    («Questo è il tuo quinto tentativo sbagliato. La politica della nostra società è quella di combattere la pirateria elettronica, perciò disabilitiamo il tuo eseguibile. Per digitare un nuovo codice devi reinstallare tutto il programma. Spiacenti.»)

    Perfetto! E così avevo bruciato anche l’ultimo reg code. E quel bastardo di programma mi obbligava a disinstallarlo e reinstallarlo da capo per poter riprovare. Loro combattevano la pirateria elettronica, eh? Bene, mi avevano lanciato una sfida vera e propria, e io non mi sarei tirato indietro.

    Che cosa non aveva funzionato in quei codici? Feci clic sull’ About… del menu Help e immediatamente si aprì la finestra con i dati del programma. Cercai il numero della versione: era la 2.7. Possibile che quei codici fossero di versioni precedenti? Feci doppio clic sul primo file zippato e si aprì la finestra che mostrava l’elenco del suo contenuto. Saltai il Fileid, che di solito conteneva solo descrizioni molto sommarie e stringate, e passai direttamente all’nfo. Doppio clic e, ubbidiente, il file di testo mostrò il suo contenuto. C’era il solito elenco di nicknames, i nomi di battaglia dei ragazzi che avevano realizzato il crack, lo avevano testato e lo avevano distribuito ai vari server. Frasi scherzose di saluto e offerte ai simpatizzanti di unirsi al loro gruppo: Do you want to join to our group? We need valid crackers, testers and couriers… (Vuoi unirti al nostro gruppo? Abbiamo bisogno di crackatori, collaudatori e corrieri...) eccetera eccetera. Ma dov’era l’informazione che cercavo? Eccola: v2.6! Era questo il motivo per cui il programmino keygen non aveva funzionato. Era stato realizzato per una versione precedente e i ragazzi della Infotronic avevano cambiato completamente sistema di codifica del registration code nella 2.7, la mia. Almeno adesso sapevo come e perché mi avevano fregato. Magra consolazione. Ma non avevo la minima intenzione di arrendermi.

    Il programma lo avevo scaricato il giorno prima dal sito ufficiale della Infotronic. Era un trial che non permetteva né di salvare i file creati, né di copiarli nella clipboard, né di fare delle stampe. Avrei voluto domandare ai capoccioni della Infotronic come pensavano che uno potesse valutare seriamente le caratteristiche del loro programma con tutte quelle funzioni disabilitate. Se proprio volevano distribuire un trial, allora era più onesto dargli un time lock, una data di scadenza. Lo provavi liberamente per un mese con tutte le funzioni attivate, e allo scadere del trentesimo giorno il programma si bloccava. A quel punto, se volevi continuare a usarlo, sborsavi i soldi della licenza (che non era poi neanche quella gran cifra) e hop! O magari, se non eri proprio un angioletto, ti procuravi il crack del time lock e ottenevi lo stesso risultato, ma gratis. Ma così… quel programma zoppo pareva una presa in giro vera e propria. E poi, obbligarmi a reinstallarlo dopo solo cinque tentativi…

    A questo punto che possibilità avevo? Se aspettavo uno o due mesi magari potevo pescare un bel crack nella rete. Ma non avevo nessuna voglia di aspettare tanto tempo. Avrei potuto pagarmi la licenza ed entrare in possesso di una copia legale. Ma avevo ancor meno voglia di dare i miei sudati risparmi alla Infotronic, visto il modo in cui si erano comportati. E in più era contro i miei principi: pagare lo hardware, ok; ma il software no. Non so perché, ma tirar fuori dei soldi per un programma è un qualcosa che… sì, qualcosa dentro di me si ribellava ferocemente a quest’idea.

    Era come se qualcuno mi avesse imposto di pagare per l’aria che respiravo: inconcepibile. Anche perché quei programmi non li usavo mica per lavoro! Non ci guadagnavo un centesimo. Volevo semplicemente vedere come funzionavano, che cosa ci si poteva fare, che risultati si potevano ottenere. Tutto qua: mi interessava solo di bazzicarci un po’. E quando me ne fossi stancato – il che poteva accadere anche dopo un paio di giorni appena – sarei passato a qualcos’altro: un sintetizzatore virtuale di musica, un programma di fotoritocco o di grafica vettoriale, un modellatore tridimensionale o del software per il montaggio video o per il restauro di vecchi LP, o un nuovo linguaggio per la costruzione di siti web… insomma qualcosa di completamente diverso.

    Eh sì, dovevo ammetterlo: mi interessavo di troppi argomenti. E così andava a finire che non approfondivo niente. Sapevo un po’ di tutto, ma niente veramente bene come mi sarebbe piaciuto. Ero volubile e superficiale (almeno per quel che riguardava il software), ma ero fatto così.

    Infotronic... Avevo un conto da regolare con quei ragazzi e non mi andava di aspettare un’eternità. Se avessi conosciuto qualche bravo smanettone, avrei potuto chiedergli se mi faceva il crack della 2.7. Ma purtroppo nessun cracker rientrava nella cerchia delle mie amicizie. Conoscevo un paio di tizi che si vantavano di esserlo, ma sapevo che erano tutte balle. Quelli non avevano mai crackato un programma in vita loro e probabilmente non sarebbero mai riusciti a farlo. Avevano solo imparato il gergo, lo slang dei cracker, che usavano con disinvoltura. Semplicemente, si erano procurati qualche programma sprotetto gironzolando per i siti warez, quelli che distribuivano software in versione completa, e li avevano passati in giro dicendo che il crack era opera loro.

    E se l’avessi chiesto a qualcuno dei ragazzi in gamba che incontravo in rete? Sì, avrei potuto. Un’email e via. Ma perché avrebbero dovuto accontentarmi? Non eravamo veramente amici, ci conoscevamo solo per aver chattato un po’, per aver scambiato qualche frase in IRQ. E poi… be’, la realtà era che non mi andava di chieder favori. Era una cosa che proprio mi dava fastidio.

    Allora, che altre possibilità avevo? Non me ne veniva in mente nessuna. A meno che… Qualche nozione di programmazione ce l’avevo. D’accordo, non a livello di linguaggio macchina, e neppure di assembly, ma potevo sempre imparare. Già, perché no? Perché non avrei potuto diventare io stesso un cracker? E magari distribuire in rete il frutto dei miei sforzi. Diavolo! L’idea mi entusiasmò immediatamente. Imparare a sproteggere i programmi voleva dire procurarmi tutto il software che volevo, praticamente gratis e senza dover elemosinare l’aiuto di nessuno.

    Ogni tanto ci avevo fatto un pensierino, ma avevo sempre scartato l’idea perché pensavo che imparare fosse troppo lungo e complicato. Ma era davvero tanto difficile diventare un bravo cracker? Non ci poteva essere qualche scorciatoia? Ovvio che non potevo andare in una libreria e chiedere: scusi, potrebbe consigliarmi qualche buon testo che insegni a crackare i programmi? Ma da qualche parte dei testi avrebbero pur dovuto esserci. La rete era grande, enorme... e se avessi provato a cercare lì? Frugare nei siti di cracker e hacker, ecco quello che dovevo fare.

    Se potevo trovare i crack già pronti per l’uso, perché non avrei potuto pescare qualche testo per i newbies, i beginners… insomma, per i novellini come me? Dei manualetti che insegnassero l’abc dell’arte di sproteggere i programmi. Sicuro, domani. Sì, l’indomani avrei cominciato la ricerca, anche perché adesso… ehi, ma erano quasi le tre di notte. Ecco perché sbadigliavo tanto. Era ora di spegnere e andare a nanna. Ma tanto ero in vacanza, no? E i miei erano in viaggio e non sarebbero ritornati prima di una settimana minimo. Potevo fare quello che volevo e adesso avevo voglia di dormire.

    Sospirai. Quella serata avrei dovuto passarla con Pam, e avrebbe dovuto essere una specie di riconciliazione. Invece… Eh sì, tra noi due le cose stavano andando sempre peggio e avevo la netta impressione che ormai mancava tanto così perché decidessimo di lasciarci definitivamente. Com’era cominciata stavolta? Ah sì, lei mi aveva proposto ancora una volta di andare in discoteca e io le avevo risposto ancora una volta che non ne avevo voglia. Lei aveva detto qualcosa tipo: «Perché diavolo non ti va la disco? Ci vanno tutti i nostri amici!»

    E io non ero riuscito a tenermi la lingua tra i denti: «I tuoi amici, vuoi dire. Comunque, non mi va perché c’è troppa gente e troppo rumore. E tutti quegli scalmanati fuori di testa che

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