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L'Impero Del Malware
L'Impero Del Malware
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E-book130 pagine1 ora

L'Impero Del Malware

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Info su questo ebook

«Un malware ha spento tre centrali ucraine» «Il Malware che si finge

Chrome e sbanca l'Italia» «250 alberghi colpiti da un malware nel

sistema dei pagamenti» «Smart TV minacciate dal malware» «Malware nei

bancomat: arresti in tutta Europa». Questi sono i titoli di alcuni siti

di informazione degli ultimi mesi. Ancora una volta, da una parte il

panico, il FUD (abbreviazione anglosassone di "Paura, Incertezza e

Dubbio") seminati a piene mani da chi ha una precisa agenda da

adempiere, e dall'altra la realtà di una minaccia che non è piú un fatto

che riguarda solo i geek e i nerd ma che oramai riguarda

tutti, nell'epoca in cui computer e reti informatiche sono diventati

parte integrante del "sistema nervoso" della nostra società.

Con questo libro iniziamo un percorso dentro una realtà che non possiamo

evitare, a partire dalle origini del fenomeno nei primordi dell'era

informatica fino ai nostri giorni.
LinguaItaliano
Data di uscita25 gen 2016
ISBN9788898924950
L'Impero Del Malware

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    L'Impero Del Malware - Alberto Berretti

    Alberto Berretti

    L'impero del Malware

    Le armi del cybercrime

    L’IMPERO DEL MALWARE

    Alberto Berretti

    Collana Transiti

    a cura di

    Vittorio Zambardino

    ISBN 9788898924950

    copyright © 2016 Antonio Tombolini Editore

    digital rights reserved

    Via Villa Costantina, 61,

    60025 Loreto Ancona

    Italy

    email: info@antoniotombolini.com.

    www.antoniotombolini.com

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    Twitter

    Immagine di copertina a cura di Marta D’Asaro

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice

    Prefazione

    Introduzione

    Capitolo 1- La vita di tutti i giorni

    1.1 Una crisi di fiducia

    1.2 Le infrastrutture critiche: tutte le reti da cui dipendiamo

    1.3 Virtuale e reale, una falsa alternativa

    Capitolo 2 - La preistoria

    2.1 In principio era l’hacker

    2.2 Un precursore importante: Il Morris’ Worm

    2.3 La fine di un’epoca

    Capitolo 3 - Hardware, software e crimeware

    3.1 Il 2.0 della criminalità: Crimeware as a Service

    3.2 Command & control

    3.3 Malware Toolkits

    3.4 Un esercito di bot

    3.5 Seguire il denaro?

    3.6 E il Deep Web?

    Capitolo 4 - L’impero del male

    4.1 Le origini e l’evoluzione della Russian Business Network

    4.2 La struttura di una holding criminale

    4.3 Il terziario avanzato del mondo criminale

    4.4 La fine della Russian Business Network

    4.5 L’eredità della Russian Business Network

    Capitolo 5 - Che fare?

    5.1 Il perimetro si sbriciola

    5.2 Gli strumenti per la difesa in profondità

    5.3 Il fattore umano

    Bibliografia

    Note

    Ringraziamenti

    "Paranoia strikes deep/ Into your life it will creep/ It starts when you’re always afraid – Stephen Stills, For What It’s Worth".

    Prefazione

    Con L’Impero del Malware di Alberto Berretti prende il via la collana Transiti. Il libro che avete sotto gli occhi – eh no, fra le mani non si può dire, a meno che non lo stampiate on demand – è apparentemente un saggio tecnico, di quelli che un libraio metterebbe sui suoi scaffali accanto ai manuali di informatica. E sarebbe un errore, un vecchio errore, che scambia una nuova cultura per uno specialismo noto (e noioso).

    Transiti nasce da un’esigenza che con un po’ di enfasi si potrebbe definire nazionale. L’esigenza di popolare di parole e concetti la terra di nessuno che separa tutto il paese, anche gli anche innovatori, da un approccio informato e consapevole alla trasformazione digitale.

    Si tratta di dare significato a parole che lo spin dei media deforma in segnali di terrore e disinformazione per riportarle ai concetti, alla cultura scientifica e ai contenuti che li generano. Si tratta di descrivere come quella trasformazione stia avanzando e quali nodi produce in ogni campo – nei linguaggi come nella giurisprudenza, nell’economia come nella politica o negli stili di vita. Il digitale è nato già da qualche decennio, ma a volte, a guardare giornali e leggere opinioni, appare ancora come una pestilenza della quale si attende la fine trattenendo il fiato. Ma esorcizzarlo, criminalizzarlo, deformarne gli effetti irreversibili non ha alcun senso, se non quello dell’accecamento. Non ci meritiamo un paese nel quale si discute ancora di cultura classica versus scientifica o peggio si identifica il processo che ha cambiato il mondo negli ultimi trent'anni come la tecnica, e questo proprio mentre il digitale si fa umanità e cultura. Semplicemente, non possiamo rimanere così fuori dalla realtà.

    Transiti con i suoi interventi cercherà di contribuire a un avvicinamento che è sempre piú necessario per tentare di capire un presente complesso.

    Vittorio Zambardino

    Introduzione

    «Lo spazio dell’informazione apre ampie occasioni di asimmetria per ridurre il potenziale del nemico. Nel Nord Africa abbiamo constatato l’efficacia delle tecnologie delle reti informatiche per influenzare le strutture statali e la popolazione. È necessario rendere più efficaci le attività nello spazio dell’informazione.» Chi parla è Valery Gerasimov, Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate Russe (figura dunque tutt’altro che di secondo piano), in un articolo pubblicato – in russo – in una rivista relativamente oscura, il Military-Industrial Kurier, il 27 febbraio del 2013 [1].

    Viviamo in un’epoca di guerre non dichiarate, di conflitti fra entità che non sono Stati, in cui il confine fra l’operazione di polizia internazionale e la guerra vera e propria diventa evanescente. Un’epoca in cui sempre piú spesso solo una delle parti in causa è vincolata dalle leggi internazionali che governano i conflitti armati (l’entità statale) mentre le entità non statali combattenti ne sono – ovviamente – esenti. Guerre asimmetriche, come dice Gerasimov. Guerre speciali, come dice lo storico e ex analista dell’NSA John Schindler [2]. Guerre nonlineari, come le chiama Mark Galeotti, studioso del mondo criminale russo della New York University che nel suo blog In Moscow’s Shadows ha tradotto l’articolo di Gerasimov.

    Scrivo nei giorni immediatamente prima, durante e dopo i drammatici fatti di Parigi del novembre 2015. Schegge impazzite del conflitto siriano, una specie di bellum omnium contra omnes in cui nessuno sembra capire chi sta con chi per quale ragione, minacciano di colpirci sempre e dovunque.

    In questo contesto, lo spazio dell’informazione, come ha ben capito Gerasimov, diventa un dominio fondamentale da controllare, dominare e piegare alle proprie necessità per contrastare un nemico  asimmetricamente piú potente sul piano della forza militare di tipo tradizionale. E l’informazione, in questo XXI secolo, è informazione prodotta, trasmessa e consumata in forma digitale su reti informatiche. Reti informatiche intese come infrastrutture fisiche di trasporto dei dati, la ferraglia sulla quale viaggiano i nostri messaggi, le cose che leggiamo o vediamo, cosí come i dati essenziali che servono a far funzionare una società evoluta, ma anche come reti di persone che interagiscono e si aggregano intorno a forme di comunicazione online: Facebook, Twitter, Youtube diventano nuovi campi di battaglia per la guerra nonlineare, strumenti di informazione, controinformazione, disinformazione, hacktivism, propaganda.

    Questa guerra nello spazio dell’informazione ha delle armi. Armi che permettono a chi le usa di bloccare siti web, di leggere informazione che avrebbe dovuto restare riservata, armi che possono arrivare a sabotare impianti industriali. Armi invisibili, il cui utilizzo è spesso non tracciabile e non riconducibile a un attore preciso, armi su cui è dunque estremamente difficile se non impossibile imporre forme di controllo internazionale.

    Queste armi sono una evoluzione delle burle, delle innocenti goliardate create da menti geniali, protagoniste della rivoluzione dell’informatica oramai piú di quaranta anni fa. Queste burle sono diventate poi strumenti in mano alla criminalità organizzata, e intorno a loro è nato quello che possiamo chiamare il terziario avanzato del mondo criminale. Queste burle sono diventate il nuovo tipo di arma del XXI secolo.

    Con questo libro iniziamo dunque un viaggio in questo percorso che va dai primordi, dagli scherzi piú o meno innocenti, alla creazione di software utilizzato per nuocere, il cosiddetto malware, da parte della criminalità organizzata. Nel prossimo vedremo come il malware è diventato una vera e propria arma che può essere utilizzata in un conflitto militare, nel contesto asimmetrico, nonlineare della guerra moderna.

    Capitolo 1

    La vita di tutti i giorni

    Guardiamoci intorno. No, non guardiamo al computer. Guardiamo a esempio la televisione: il mio ultimo televisore è pubblicizzato come dotato di un potente processore dual-core. Sebbene tenga ancora da conto una pila di centinaia di dischi di vinile, ascolto la musica mandandola in streaming da Internet allo stereo. L’allarme anti-intrusione per la casa è basato su raffinate tecnologie digitali che permettono di distinguere le vibrazioni di un frullino o di una mazza da quelle di un animale che urta una finestra. Tecnologie digitali controllano la nostra auto. Tecnologie digitali governano il funzionamento delle mille reti di cui la vita di una città, di un paese è fatta.

    Il prossimo futuro (già presente laddove queste tecnologie spesso originano e prosperano prima che da noi in Europa – no, non negli Stati Uniti: in Estremo Oriente) ci parla di un mondo digitalizzato e interconnesso oltre la nostra immaginazione, a volte con alcune peculiarità forse tipicamente orientali come il WC bluetooth, che si interfaccia allo smartphone per tenere un diario delle nostre funzioni intestinali e ottimizzare il consumo di acqua. Schede elettroniche a basso e bassissimo costo (dall’Arduino al Raspberry Pi) nonché la disponibilità di sensori di ogni genere a prezzi stracciati permettono anche a giovani squattrinati e inventivi di creare prototipi di nuovi oggetti digitali, limitati solo dalla loro fantasia: i makers sono

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