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Quattro bambini sperduti e altre storie
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E-book122 pagine1 ora

Quattro bambini sperduti e altre storie

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Info su questo ebook

Richi, Tina, Iris e Nichi si sono persi in un bosco tra i monti e una frana ha interrotto strade e sentieri. I soccorritori a valle sono bloccati dal maltempo. I piccoli dovranno usare tutto il loro ingegno e il loro coraggio per trovare la via della salvezza.
Per il commissario tecnico del Kithera, una piccola isola del Mediterraneo, è l’occasione della vita per ottenere un grande risultato nel campionato europeo di calcio per nazioni. La squadra non è il massimo ma lui usa metodi non convenzionali, conosce diversi trucchi ed è un fine psicologo.
Rinunciare alla scalata del Cervino, preparata da lungo tempo, può essere molto difficile, anche se è la cosa più sensata da fare quando tutto sembra andare per il verso sbagliato. Continuare rischiando la pelle o tornare indietro sopportando un'amara delusione?
Il presidente Montoya si è risvegliato in un palazzo deserto. Che cosa succede? Dove sono finiti tutti i suoi dipendenti? E perché la capitale è completamente vuota dei suoi abitanti?
Quattro racconti per quattro situazioni da affrontare con coraggio e intelligenza.
LinguaItaliano
Data di uscita19 set 2016
ISBN9788822846457
Quattro bambini sperduti e altre storie

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    Anteprima del libro

    Quattro bambini sperduti e altre storie - Giorgio Ressel

    75

    Quattro bambini sperduti

    I bambini dormivano così di gusto che Claudia e Luciana non ebbero cuore di svegliarli per portarli in paese con loro a fare la spesa. Erano le otto di una mattina umida e piovigginosa, e stimarono che con la macchina sarebbero riuscite ad andare, fare i loro acquisti e tornare in un’ora o poco più. Alle nove avrebbero trovato i bambini ancora profondamente addormentati.

    Talvolta una singola decisione sbagliata può innescare una lunga serie di conseguenze spiacevoli, se non drammatiche nei casi più sfortunati. Le due giovani donne non potevano immaginare quali effetti avrebbe avuto la scelta di lasciare a casa i bambini.

    Il motorino di avviamento della vecchia giardinetta girava a fatica e la forte umidità presente nell’aria non lo aiutava nel suo compito. Era estate ma i tanti giorni di pioggia avevano abbassato drasticamente la temperatura, specialmente lì sul laghetto a 1600 metri di quota. Claudia era alla guida e Luciana al suo fianco osservò, dopo diversi tentativi falliti, che era ora di cambiare la batteria.

    Finalmente il quattro cilindri si avviò, anche se piuttosto incerto e zoppicante. Claudia manovrò con energia la leva del cambio finché, con qualche protesta degli ingranaggi e un rumore sordo, si innestò la prima. Luciana amava guidare e lo stile poco ortodosso della sorella la infastidiva, ma l’auto era di Claudia ed era l’unica disponibile al momento. A fatica Luciana si trattenne dal protestare per come la sorella trattava cambio e frizione, cosa che avrebbe provocato per reazione osservazioni poco lusinghiere sul suo modo di vestire, poco femminile per i gusti di Claudia.

    In quei giorni, anche a causa del maltempo e quindi di contatti troppo stretti nello spazio limitato dello chalet, i rapporti tra le due sorelle erano alquanto tesi. Avevano caratteri molto diversi: Luciana, magra e piccola di statura, era un tipo nervoso che andava sempre di corsa; Claudia, più alta e più robusta, era l’incarnazione della calma e dell’imperturbabilità. Delle due, Claudia sembrava essere la più anziana, ma in verità era Luciana la primogenita.

    Una robusta accelerata e la macchina, dopo aver risalito una breve rampa, si allontanò nella nebbiolina lungo la strada sterrata che conduceva al paese di San Lorenzo.

    In un quarto d’ora la giardinetta raggiunse le prime case e poco dopo si fermò nel piccolo piazzale di fianco alla bottega che vendeva un po’ di tutto, dagli alimentari ai giornali agli articoli di abbigliamento, e fungeva anche da drogheria e tabaccheria.

    Le due donne entrarono  nell’emporio. Luciana tirò fuori il foglietto con la lista degli articoli che avevano preparato la sera prima, e cominciarono il loro giro tra gli scaffali colmi delle merci più disparate e disposte alquanto alla rinfusa.

    Per i clienti trovare qualcosa in quell'emporio era un po' come partecipare a una caccia al tesoro. Il padrone invece non aveva problemi del genere perché ricordava esattamente dove aveva piazzato qualunque articolo, anche il più minuscolo e il meno richiesto.

    Nello stesso momento, a poca distanza dalla casa per le vacanze affittata da Claudia e Luciana, un torrente che si era ingrossato per tutta la notte cominciò a uscire dal suo letto e disperse le sue acque fangose lungo la montagna. Queste scivolarono in mille rivoli sempre più in giù, trascinando via la terra, i sassi e le foglie. In certi punti i rivoli si riunirono in torrentelli e acquisirono maggior forza strappando altro materiale dalla parete rocciosa.

    Scavarono una trincea sempre più profonda intorno a un masso di un centinaio di chili che quando perse tutti gli ancoraggi di sassi e radici, si staccò dalla posizione che aveva occupato forse per decine di migliaia di anni e precipitò sradicando e trascinando con sé tutti gli alberelli che si trovavano sul suo percorso e che aggregarono nella loro caduta altra terra e altri sassi. In breve si formò una grossa frana che scese lungo il fianco della montagna fino a piombare sulla strada sterrata.

    Si trattava di poco meno di un centinaio di metri cubi di materiale: abbastanza per impedire completamente il passaggio dei veicoli e tenere impegnato un bulldozer e dei camion per diversi giorni.

    Lo spostamento e la compressione dell’aria provocati dalla frana produssero un rombo cupo che echeggiò nella valle per parecchi secondi. Nello chalet di legno e pietre grigie fece vibrare i vetri delle finestre e Tina fu la prima a svegliarsi. Aveva cinque anni e molta paura dei temporali. E quello sembrava proprio il rumore di un tuono. Insieme con Iris, che era sua sorella e aveva sei anni, e Richi che aveva quasi sette anni, dormivano nel grande lettone matrimoniale. Nichi, il più piccolo, dormiva in un lettino con le sponde sollevabili. Aveva quattro anni e un sonno turbolento.

    Tina scosse Richi dicendogli che aveva paura del temporale. Lui, mezzo addormentato, borbottò che non c’era motivo di aver paura, si girò dall’altra parte e riprese a dormire. Ma Tina non era per niente rassicurata, scivolò giù dal letto e nella penombra della stanza andò alla porta, che era chiusa come al solito, l’aprì e si diresse verso l’altra stanza da letto, dove dormivano Claudia e Luciana.

    Spinse la porta che era solo accostata ed entrò. Dagli scuri filtrava abbastanza luce per vedere che non c’era nessuno. Allora provò in cucina e poi nella piccola stanza da bagno. Niente.

    C’era ancora una stanza che fungeva da salotto e sala da pranzo. Vuota anche quella. Tina cominciò a preoccuparsi e, quando trovò vuoto anche il ripostiglio, cominciò a chiamare mamma e zia con voce sempre più forte e allarmata. Nessuno rispose e allora tornò nella sua stanza e scosse di nuovo Richi, ma stavolta con assai più energia.

    Si svegliarono anche Iris e Nichi, che subito percepirono una certa tensione nell’aria e si mostrarono allegramente eccitati, domandando cosa stesse succedendo. Richi non era un bambino che si impressionasse facilmente, ma il fatto che non ci fosse nessuno in casa gli sembrò piuttosto strano.

    «Hai guardato fuori?» domandò a Tina. «Forse sono in giardino o nell’orto.»

    Tina scosse la testa, poi gli prese la mano e tirò con forza per far uscire Richi da sotto le coperte. Lui uscì malvolentieri dal calduccio del letto, cercò le sue pedule e le indossò. Provò ad allacciare le stringhe ma non era ancora abbastanza pratico nel fare il nodo come gli aveva insegnato la mamma e dopo un po’ ci rinunciò. Fece mettere le pedule anche a Tina che amava girare scalza per la casa, ma fuori c’erano terra, sassi e fango.

    Poi Richi andò a vedere l’orologio a muro in cucina. La lancetta corta era poco oltre l’otto, quella lunga non sapeva bene come interpretarla, ma la mamma gli aveva detto che non era tanto importante.

    Tina, che aveva finito di mettersi le pedule, lo raggiunse e insieme uscirono sullo spiazzo davanti a casa. Piovigginava. Chiamando mamma e zia, fecero il giro dello chalet e quando arrivarono sul retro Tina osservò che non c’era più la macchina.

    «Forse sono andate in paese. Ma torneranno presto. Sennò ci portavano con loro» rispose Richi.

    Tina sembrava molto spaventata e Richi pensò che stesse per mettersi a piangere. Sapeva che lei lo faceva facilmente. Poi sentirono la voce di Iris che si era fermata sulla soglia dell’ingresso principale e li chiamava con forza.

    «Torniamo dentro» disse Richi. «Qui prendiamo freddo e ci bagniamo tutti.»

    Tina gli prese la mano e lo seguì in casa.

    La frana, oltre a bloccare l’unica strada che dal paese di San Lorenzo conduceva al lago, aveva anche formato una specie di diga a valle del lago stesso, col risultato di bloccarne l’emissario. Il deflusso dell’acqua era stato quasi del tutto impedito e il livello del laghetto aveva cominciato a crescere. Richi aveva subito notato che l’acqua era più alta del solito, anzi non l’aveva mai vista tanto alta, dato che era arrivata a lambire le tavole di legno del piccolo molo che si trovava pochi metri sotto lo chalet.

    Richi, che era anche un grande appassionato di film e telefilm, adesso non faceva che ripensare a quello che aveva visto un paio di mesi prima.

    Era la storia di un bambino di nome Mike che si allontana da casa col suo cane Dickey. Arrivato al fiume decide di fare il bagno, raggiunge a nuoto un isolotto che si trova a una decina di metri dalla riva e si addormenta sulla spiaggetta. Lo risveglia un temporale che si scatena con una forte pioggia, il livello del fiume è molto aumentato e l’acqua è diventata scura, veloce e turbolenta.

    Tornare indietro è diventato impossibile e il ragazzino si rifugia sotto un albero, non sapendo che le punte dei rami attirano i fulmini. Infatti dopo un po’ un grosso platano, a una decina di metri di distanza da dove lui si trova, viene colpito da un fulmine e comincia a bruciare. Per fortuna la pioggia spegne presto l’incendio, ma la situazione è molto preoccupante perché l’acqua continua a salire e anche Dickey è assai spaventato.

    Il bambino chiama aiuto con tutta la forza dei suoi polmoni, ma sa che la sua casa è troppo lontana, e in più c’è il rombo del fiume che scorre sempre più impetuoso e sovrasta la sua voce. Quando ha quasi perso le speranze, sente finalmente la familiare voce del padre che lo sta chiamando. L’uomo compare sull’altra riva e grida a Mike che tornerà tra un po’ con una corda.

    Ricompare dopo una decina di minuti con una corda da montagna lunga e robusta, ne fissa un capo al tronco di un albero e lancia il resto a Mike. Dopo diversi tentativi falliti, il piccolo riesce ad afferrare il capo della corda, allora il padre

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