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Dall'abuso alla libertà
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E-book297 pagine3 ore

Dall'abuso alla libertà

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Info su questo ebook

Il libro si basa su una serie di testimonianze di persone che hanno sofferto a causa di derive settarie all’interno di uno dei tre movimenti esaminati.

Il libro si basa su una serie di testimonianze di persone che, avendo sofferto a causa di derive settarie all’interno di uno dei tre movimenti esaminati, raccontano la prova da loro vissuta. Le testimonianze in questione sono oggetto di analisi e riflessione da parte di specialisti – un giudice ecclesiastico, un teologo, un giurista, uno psicologo… – che apportano il loro contributo, supportato dalle loro conoscenze approfondite e dall’esperienza che hanno maturato in uno specifico campo.

Le testimonianze in questione sono oggetto di analisi e riflessione da parte di specialisti.

ESTRATTO

I pazienti «as if» funzionano per mimetismo, riflettendo la personalità di coloro con i quali entrano in contatto, in un registro bidimensionale e senza una maggiore profondità emotiva. Nelle loro relazioni con i gruppi, saltano da un gruppo all'altro e sono estremamente suggestionabili (Ross, 1967). E a livello di simbolizzazione e di creatività, «le loro creazioni, se si osservano da vicino, sono una ripetizione spasmodica – per quanto allenata – senza alcun segno di originalità» (Deutsch, p. 303). Allo stesso tempo, sono pazienti la cui aggressività «è dissimulata dalla passività, conferendo un'aria di bontà negativa, una mezza gentilezza che può rapidamente trasformarsi nel suo contrario» (p. 305). Per via del mimetismo già descritto da Deutsch, questo tipo di identificazione sfiora l'imitazione (Gaddini, 1978), motivo per cui i due concetti sono stati legati tra loro da diversi autori sotto la nozione di identità adesiva di Bick (1968). Secondo Esther Bick – psicanalista britannica che si è dedicata in modo particolare allo studio dei primi rapporti madre-neonato, sviluppando un metodo di osservazione dei neonati che porta il suo nome –, deficit precoci nelle prime relazioni (come il modello del primo contenitore-pelle) possono indurre il neonato a impiegare attivamente la propria muscolatura e tutto il corpo per ottenere una sensazione di sicurezza di fronte all'ansia di disintegrazione, cosa che instaura una difesa precoce descritta come «una formazione difettosa della seconda pelle». I neonati «si aggrappano» così alla superficie degli oggetti (voce, luce, sapore, ritmo, contatto) per arrivare in questo modo a una certa sensazione di sicurezza, continuità ed esistenza. Si tratta di una modalità arcaica di relazione nella quale predomina la vicinanza fisica come modo per raggiungere una coerenza nel self.

AUTORE

Vincent Hanssens è un belga e uno psicosociologo. È stato Vice-Rettore dell'Università Cattolica di Lovanio. Impegnato nel dialogo interculturale e Inter-universitario, è co-autore, con Marcel bolle de Bal, de El Credente e el miscredente pubblicato nelle edizioni Mols.
LinguaItaliano
EditoreMols
Data di uscita25 mag 2018
ISBN9782874022418
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    Anteprima del libro

    Dall'abuso alla libertà - Vincent Hanssens

    tutto.

    Capitolo 1

    L’elaborazione del Progetto. Storia del Libro

    Renata Patti.

    Ha aderito al movimento dei Focolari all’età di 10 anni e vi è rimasta per oltre 40 anni.

    Segretaria presso le istituzioni europee per 22 anni.

    Studentessa libera presso l’Istituto di Studi Teologici (I.E.T.) di Bruxelles, Belgio Attualmente risiede in Italia.

    Gli autori che si sono espressi nel presente libro a più mani, oltre a rispecchiare età, culture e lingue diverse, operano in discipline altrettanto diverse. Per quanto mi riguarda, oltre ad aver svolto il lavoro di realizzazione del libro, mi sono occupata di prendere i primi contatti con le vittime e mantenerli in seguito, in quanto sono stata testimone, ma anche vittima io stessa, di certi abusi.

    L’Istituto di Studi Teologici

    Ho ufficialmente abbandonato il Movimento dei Focolari il 13 aprile 2008, per gravi motivi che ho esposto in altra sede². Da settembre 2008 ho deciso di iscrivermi – come «studentessa libera» – a dei corsi presso l’I.E.T. (Istituto di Studi Teologici dei Gesuiti di Bruxelles). È stata la porta che mi avrebbe aperto il cammino verso la mia Verità.

    «Buongiorno signora, ha scelto di seguire molti corsi, è sicura di farcela a gestire tutto?» Con queste parole il preside dell’istituto mi aveva rivolto una domanda pertinente. Nella mia incoscienza avevo forse sopravvalutato le mie forze?

    Ma potevo contare sulla sua saggezza, sulla sua esperienza professionale e religiosa; inoltre, non mi ha mai tarpato le ali. Quando, qualche settimana più tardi, sono andata da lui a scusarmi per le mie assenze al suo corso di antropologia, dovute alla stanchezza, la sua risposta è stata: «Non si è lamentato nessuno… lei è libera ed è sempre la benvenuta».

    Mi sembrava un sogno! Era davvero possibile godere di tanta libertà? Scoprivo materie che mi erano nuove, sperimentavo la pedagogia piena di delicatezza di questi Gesuiti e poco a poco incominciavo a «fiorire».

    In quello stesso periodo sono andata a consultare il mio medico di base. Dopo avermi accolto con la sua solita cordialità, al termine della visita mi ha detto: «Ho ricevuto la sua lettera di dimissioni dal Movimento dei Focolari. Sa che nel libro Orgoglio e pregiudizio in Vaticano di Olivier Le Gendre si parla proprio di questo movimento?» Ho preso nota dei riferimenti e, uscita dall’ambulatorio, sono andata in libreria, ho acquistato il libro e mi sono subito iscritta alla conferenza che l’autore avrebbe fatto per presentarlo.

    Olivier Le Gendre

    Il capitolo intitolato Giovedì, casa di famiglia – Missione negli Stati Uniti mi ha colpito in modo particolare.

    In queste pagine, il Cardinale di Olivier Le Gendre afferma:

    «Alcuni di questi movimenti esigono molto dai loro membri: obbedienza, disponibilità, esclusività, contributo finanziario importante, grande rispetto nei riguardi dei fondatori e dei responsabili. Di fronte a questo genere di pretese, si possono avere due impressioni.

    La prima è di meraviglia per la generosità che anima quei cristiani: vogliono vivere una fede impegnata e per farlo non risparmiano le loro energie. La seconda induce a domandarsi se quelle pretese non si spingano un po’ troppo lontano, se non giovino esclusivamente ai dirigenti dei movimenti stessi, se non siano presentate con troppa insistenza, se non siano imposte attraverso pressioni mentali anomale ed eccessive.» […]

    «Quattro movimenti importanti sono stati fatti oggetto di accuse di settarismo: i Focolari, il Cammino Neocatecumenale, l’Opus Dei, i Legionari di Cristo. È pericoloso coprire tali accuse con una cappa di silenzio, sarebbe più opportuno indagare e giungere a conclusioni chiare. »

    Perché non lo si fa?

    Ci abbiamo provato in molti, mi creda. Abbiamo raccomandato di vigilare. Ne abbiamo parlato al papa e naturalmente al cardinal Sodano. Siamo intervenuti presso il Consiglio per i Laici, da cui la maggior parte di questi movimenti dipende.

    Quando dice «noi», a chi si riferisce?

    In primo luogo a me stesso, non voglio nascondermi dietro altre persone. Poi a vescovi residenziali come Carlo Maria Martini prima che lasciasse la diocesi di Milano. O come Danneels, del Belgio. E un numero non trascurabile di vescovi francesi. E degli americani, che hanno anche escluso alcuni di questi gruppi dalle loro diocesi.

    E perché il vostro intervento non ha avuto alcun esito?

    –In effetti non c’è stato alcun esito ufficiale. Tuttavia, alcune azioni sono state portate avanti fino in fondo, e ci sono stati anche richiami ufficiosi.»³

    Nell’ottobre 2010, Olivier Le Gendre animava una sessione presso il Centro Ignaziano La Pairelle, a Wépion (Belgio). Mi sono iscritta e ho chiesto di incontrarlo prima di persona. L’incontro è avvenuto inizialmente tramite posta elettronica, per poi passare a un contatto diretto e aperto da parte sua e si è prolungato; in un’indimenticabile ora di dialogo «in verità». Ricordo una frase che mi ha detto in conclusione: «L’albero si riconoscerà dai suoi frutti».

    Nella sessione del fine settimana mi sono ritrovata di fronte a una libertà evangelica mai sperimentata: era il mio primo ritiro al di fuori dell’ambito del Focolare ed era tutto diverso.

    Nel riaccompagnare Olivier Le Gendre alla stazione di Namur, gli ho detto: «Ma Lei si rende conto di ciò che fa nella Chiesa e per la Chiesa?» Ridendo, ha risposto: «No, non lo so… perché? Faccio qualcosa? E anche se così fosse, preferisco non pensarci!»

    Per me è stata una scoperta enorme! Un uomo, un autore che scriveva per denunciare la Verità, e lo faceva con quella profonda umiltà che avevo avuto modo di apprezzare durante tutto il fine settimana.

    La sessione mi aveva restituito il messaggio di Gesù in tutta la sua purezza, senza inutili commenti! Quando Olivier parlava, era per dire l’indispensabile. Alla riunione finale nella cappella, quando ognuno doveva scegliere una frase del Vangelo, lui ha scelto «Prendete il largo e gettate le reti». È proprio ciò che ha realizzato nei suoi scritti come anche nella sua vita.

    Olivier era al corrente del mio passato e dopo l’incontro del mese di ottobre 2010 mi ha consacrato vari appuntamenti telefonici. Momenti privilegiati di discernimento, di verità, di gioia. Gli parlavo anche delle nuove strade che i suoi libri mi inducevano a percorrere.

    Frequentando tali corsi, ho conosciuto Pascal Hubert e Monique Tiberghien; quest’ultima mi ha fatto scoprire qualche lettura che arriverà a rischiarare il mio cammino al momento giusto⁴. Queste due amicizie si consolideranno e sosterranno la mia solitudine.

    Il cardinale Carlo Maria Martini

    Durante le festività del Natale 2010 ho inviato al cardinale Carlo Maria Martini a Gallarate (VA) il libro di Olivier Confession d’un Cardinal in versione italiana Orgoglio e pregiudizio in Vaticano, accompagnata da una lettera in cui spiegavo la mia uscita dal Focolare per motivi che ritenevo gravissimi.

    Il cardinal Martini mi ha risposto il 10 gennaio 2011: «Scriverò a Olivier Le Gendre per congratularmi con lui». Siccome la sua lettera mi sembrava importante anche per Olivier, gliel’ho tradotta in francese. Olivier mi ha ringraziato in questi termini: «Queste parole (del Cardinale) mi danno una gioia che non potete misurare!»

    Ho deciso allora di rileggere alcuni passaggi dell’opera di Olivier, che il Cardinale mi aveva scritto essere «molto seria, ben documentata, equilibrata». Infatti ero ancora oppressa da un peso indescrivibile, continuavo a urlare a Dio in silenzio: tutto questo non è possibile, devo essere impazzita. Dopo 40 anni di cecità, fare una simile scoperta, è immenso!

    Qualche tempo dopo, volendo interrogare un’alta autorità ecclesiastica, mi chiedevo a chi rivolgermi. Di getto dal cuore la risposta: il cardinale Carlo Maria Martini.

    La sua risposta è anch’essa immediata: due settimane dopo mi fissa un appuntamento.

    Il 7 gennaio 2012, alle ore 17:00, il Cardinale mi riceve per la prima volta a Gallarate (VA). La sua accoglienza è paterna e quei 50 minuti indimenticabili!

    Il sabato seguente riferisco questo colloquio a Olivier Le Gendre per telefono Bruxelles-Parigi: mi ascolta, ripete per sottolineare, mi interroga discretamente e io gli dico: «Questo passaggio non l’ho capito». E lui mi risponde: «Non lo capisco nemmeno io».

    Mi incoraggia: «Fagli sapere che hai ancora qualche altra domanda; vedrai cosa ti risponderà il suo assistente don Damiano Modena». Una breve e-mail con la quale il Cardinale risponde: «Sì, per un saluto»; e il secondo incontro è fissato per l’11 marzo 2012.

    «Un saluto» che durerà ancora una volta 50 minuti. Nel capitolo 6 ritornerò su questi due incontri.

    In seguito avremo ancora altri brevi ma intensi contatti tramite e-mail o SMS grazie al suo assistente.

    Il 30 agosto, mentre mi trovo a Bruxelles con i miei genitori originari di Milano, siamo messi in allarme sulla salute del Cardinale da un articolo del Corriere della Sera. Manifesto la mia presenza con un messaggio, senza però ricevere notizie. Allora, il 31 agosto 2012, di pomeriggio, alle ore 16:20, mi permetto di inviare un SMS a don Damiano, assicurandogli la nostra vicinanza nella preghiera.

    Risposta immediata: «È morto un’ora fa.»

    Le sue parole mi s’imprimono nell’anima.

    Gli SMS di don Damiano terminavano sempre con «…», tre puntini di sospensione. Questa volta in quei puntini c’è la fine di una vita, ma la realtà di una comunione che continua ancora e sempre con padre Carlo Maria Martini.

    Non piango subito; in seguito sì, senza trattenermi. Ma quel giorno nella mia anima c’è una presenza diversa, così reale, senza limiti di tempo e di spazio: una presenza che ha «sapore» di Cielo.

    Non mi ci è voluto molto tempo per riassumere quanto gli avevo promesso il 7 gennaio e l’11 marzo, ma ci vorrà del coraggio per andare avanti senza l’aiuto della sua parola, del suo coraggio e soprattutto della sua calma. Avremo soltanto il suo silenzio, nel quale dovremmo sempre ascoltare attentamente LA Parola: «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Salmo 119, 105).

    Nel suo libro Il Vescovo⁵, tradotto dall’editore Lessius con il titolo L’Évêque au jour le jour⁶, nel capitolo dedicato al rapporto con i religiosi, il Cardinale scrive:

    «... i religiosi sono più obbedienti, mentre i movimenti sfuggono a un rapporto speciale col vescovo. I movimenti, a cui accenno qui brevemente, sono per lo più un falso nome che viene dato a gruppi organizzati sotto un’autorità molto esigente e quasi dispotica. Sarebbe lungo trattare qui una materia che si è molto sviluppata negli anni Ottanta e Novanta, ma certamente toccherà al vescovo farsi un’idea di come funzionino i singoli gruppi che lui si trova davanti per poterli inserire nel piano pastorale della diocesi

    Questo messaggio è fondamentale e ripreso anche nell’eccellente lavoro di Teologia Pastorale: Le sètte «sorelle»⁷.

    Martini aveva capito che i Focolari, al pari di molti altri movimenti e nuove comunità, hanno una struttura rigida, stretta, «un po’ come l’Opus Dei», mi aveva detto, e di certo ne sapeva molto di più di quanto non mi abbia rivelato.

    Gli incontri con il cardinal Martini sono stati per me lo «sguardo di Gesù»! In un SMS del maggio 2012, dopo aver letto alcuni documenti che gli avevo inviato, mi ha confermato che ero in una «fede incarnata» … e quella volta è stato davvero troppo! Ho risposto immediatamente a don Damiano: «Può dire a Sua Eminenza che è lui il vero testimone e maestro della Fede incarnata».

    È grazie alla presenza paterna di questo «Grande Uomo» che ho osato intraprendere il mio cammino. Aveva detto un giorno: «Bisogna che preghiamo per Renata.» Durante i miei quattro anni di studi liberi presso l’I.E.T. dei Gesuiti di Bruxelles, avevo nascosto quasi completamente il mio passato nel Movimento dei Focolari. Dopo aver incontrato il Cardinale, ho trovato il coraggio di entrare in contatto con qualche professore, spinta anche dal suicidio di Marisa Baù, focolarina interna di 48 anni⁸.

    Custodisco accuratamente alcune pagine scritte in italiano in cui racconto gli incontri a Gallarate con il Cardinale. Don Damiano Modena, che lo ha accompagnato negli ultimi tre anni fino al suo ultimo respiro⁹, aveva ricevuto queste pagine e mi aveva scritto: «È un resoconto molto dettagliato, bisogna conservarlo».

    RivEspérance

    Il 3 novembre 2012 mi trovo in Belgio, persa tra le migliaia di partecipanti al raduno RivEspérance 2012 nella città di Namur: ascoltiamo, preghiamo, ci scambiamo domande e cerchiamo risposte. Tutto è semplice, tutto è vario: i colori dei vestiti, le famiglie, i giochi dei bambini, i canti degli adolescenti, le monache e i monaci giovani, meno giovani e anche i più anziani, di congregazioni diverse, e poi ancora sacerdoti, vescovi, un cardinale mescolato alla folla, teologi, laici impegnati, professori che insegnano e testimoni, molti testimoni… in una parola: il popolo di Dio di una Chiesa in cammino, che esprime tutta la sua giovinezza.

    Cerco di adattarmi a un mondo diverso da quello dei Focolari, ma non è cosa semplice. Perché?

    Dove mi trovo? Che ne è stato delle mie domande? Dopo un forum così intenso non so più «che pesci pigliare». In che modo la ricerca dei teologi potrebbe rivelare al mondo un problema ecclesiale così grave? La mia «piccola statura» mi impedisce – è evidente – di annunciare tutto ciò da sola per amore della Verità.

    È stato Olivier ad aprire questo convegno, e lo ha fatto con così tanti messaggi di speranza. Dopo Orgoglio e pregiudizio in Vaticano, ha scritto anche L’Espérance du Cardinal. Al telefono il mio sembra un grido: «Allora c’è una Speranza?»

    «Sì», mi risponde come un fratello maggiore nella Fede che rassicura la sorella più giovane travolta dal dolore.

    Il raduno di RivEspérance è una bella occasione per rivedere i miei amici più cari. Ritrovo Olivier Le Gendre, gli presento il professor Vincent Hanssens dell’Università Cattolica di Lovanio e Monique Tiberghien, sua moglie, che mi aiutano entrambi a far luce sulle iniziative concrete da intraprendere, in particolare per il progetto di questo libro.

    Grande gioia d’incontrarsi, di conoscersi più da vicino. Tra la folla di 1200 persone si distingue un piccolo gruppo di alcuni che riflettono, ora, insieme a me: non sono più sola. Cerchiamo di andare avanti con il nostro progetto.

    Questo fine settimana di RivEspérance, così ricco e profondo, vissuto «nella Chiesa», mi ha dato un nuovo slancio vitale. Mi rendo conto di quanto i raduni annuali del Movimento dei Focolari (le Mariapoli) non mi avessero dato una vera vita. Qui non si impone l’uniformità! È un raduno con partecipanti di ogni tipo che camminano in comunione nella loro diversità e i Maestri/Testimoni sono accuratamente scelti a partire da una panoplia di realtà ecclesiali.

    Come non ricordarmi le parole dell’apostolo Paolo: «Io sono di Paolo! Io invece sono di Apollo! Io invece di Cefa! E io di Cristo! È forse diviso il Cristo?» (Corinzi I, 12-13).

    Qui ognuno vive in libertà la Speranza, senza rinchiuderla in strutture costrittive, sempre mantenendo al centro l’unico Fondatore della Chiesa: Gesù Cristo.

    Costruzione del libro a più mani

    Sì, fin qui tutto bene, MA la Chiesa istituzionale continua a farci aspettare, come sempre.

    Sorgono allora domande più profonde:

    Ho ancora voglia di far parte di questa Chiesa che non muove un passo?

    Per far emergere la Verità, non sarebbe meglio dare tutto in pasto ai «mangiapreti»?

    A volte la mia convinzione è chiara e la urlo a suor Vitalina Floris, un’eremita della mia città: «Il sesto potere» (i mezzi di comunicazione) sarebbe la strada migliore, la più rapida e illuminante per tutti, e ovviamente la più facile anche per me. Il mio grido d’angoscia deve bucare i timpani di suor Vitalina, ma sento che a quel punto lei passa la «parola» silenziosamente, nella sua preghiera solitaria, a Colui che è davvero Onnipotente. E dopo essermi sfogata a piacimento in quello spazio di pazienza infinita e di saggezza vivente che lei sa utilizzare così bene a mo’ di risposta, ritorno verso Martini, spontaneamente: padre Carlo Maria Martini mi aveva parlato al cuore e non aveva parlato di facilità, ma di «Fede incarnata».

    Non posso certo tradire la mia promessa!

    I miei amici mi circondano di consigli, si rendono presenti, propongono delle soluzioni. Bisognerebbe – mi dicono – che qualche vescovo sia pienamente consapevole della questione per mettere in guardia il Pontificio Consiglio per i Laici, dal quale dipende anche il Movimento dei Focolari.

    Olivier Le Gendre ci segue con attenzione e vuole essere tenuto al corrente del progetto di questo «libro a più mani» di cui avevo parlato al cardinal Martini. Gli rispondo che nel libro vi saranno testimonianze di vittime di abusi morali/psicologici, di vari movimenti, Opus Dei, Focolari, Legionari di Cristo, Comunione e Liberazione, Cammino Neocatecumenale, che il «suo» Cardinale denuncia come «movimenti a deriva settaria» in Orgoglio e pregiudizio in Vaticano e L’Espérance du Cardinal.

    Sono sempre sostenuta dai suoi consigli riflettuti e ponderati. È lo stesso Olivier Le Gendre che mi fa scoprire la realtà di altri movimenti ecclesiali e nuove comunità che, in modi diversi, presentavano problematiche di derive settarie simili a quelle dei Focolari. Anche questo non doveva più restare nascosto.

    Olivier mi dice: «Se per te è troppo pesante da portare, aspetta ad impegnarti, limitati ad ascoltare e a leggere quanto scrivono, poi vedrai cosa fare…». Ho seguito il suo consiglio ed era giusto. Ho solo la mia vita per testimoniare, come del resto tutti gli altri testimoni.

    Ma dopo la grave accusa di padre Jean Marie Hennaux SJ nei confronti della fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich¹⁰, e dopo i miei colloqui con il cardinal Martini, cominciavo a vederci più chiaro; per sola grazia di Dio, conservo la Fede e sono in grado di ripetere con monsignor Bregantini¹¹: «Non possiamo tacere»¹². Accetto di firmare le mie «memorie» senza ricorrere ad uno pseudonimo.

    Come agire adesso per andare avanti nella Chiesa e «fare la Verità»? Chi potrebbe essere il miglior interlocutore?

    Mi sento meno sola e sto incontrando sempre più persone già sensibili al pericolo di queste derive e pronte a lottare per svelare gli abusi di certi movimenti.

    Le persone a me più vicine e che s’impegnano insieme a me dando prova di un’amicizia profonda sono senza dubbio Vincent e Monique.

    In quel momento si unisce a noi anche Peter Annegarn, presidente del Consiglio Interdiocesano dei Laici, membro del Forum Europeo dei Laici nonché presidente della Caritas Belgio/Lussemburgo e, ovviamente, Olivier Le Gendre: è soprattutto a lui che devo la scoperta della deriva settaria del Movimento dei Focolari nel 2007. Sarà il suo ultimo sostegno perché è molto malato.

    Mi sono preziosi anche i consigli che ricevo da altre persone: vescovi, sacerdoti, religiosi. Inoltre, nei miei piccoli spostamenti, instauro legami con esperti e con qualche vittima.

    Grazie al libro di Jean Giono intitolato L’uomo che piantava gli alberi¹³, scopro un metodo per diffondere il messaggio. Io non pianto alberi, ma bisogna che «pianti» libri, molti libri, per far parlare gli autori, che sono in grado di farlo con competenza e autorità.

    Quanto a me, nel corso dell’estate 2009, mi erano bastati 15 giorni per scrivere 180 pagine in italiano: le mie memorie. Le parole uscivano tutte «alla rinfusa». Ogni giorno inviavo le mie pagine alla mia cara suor Vitalina Floris, l’eremita, che aveva tanto ascoltato e accompagnato la vita quotidiana di persone distrutte da queste derive, da non poter tacere a sua volta. Mi scriveva: «Continua, continua… ma dopo tutto non hai bisogno del mio incoraggiamento: sei partita bene.» Pregava per me e per tutte le vittime di questo dramma collettivo. Bisognerebbe denunciare – diceva – non sei la sola! Ci sono così tante persone che soffrono enormemente!

    Ora scelgo di raccontare i fatti con precisione, «in ogni occasione opportuna e non opportuna» (2Tm 4, 2), e di tacere sulla spiegazione del «perché», lasciandola alla parola competente di esperti di diverse discipline.

    In effetti, quante persone soffrivano in queste strutture! Dovevo dirlo, ma la voce di un’ex focolarina come me poteva essere etichettata come quella di una malata e nessuno

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