Tua Caterina: Storie al di là del mare
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Anteprima del libro
Tua Caterina - Formosa Gabriele
Gabriele Formosa
TUA CATERINA
storie al di là del mare
romanzo
A Claudia, la libertà del mio mondo.
Dedicato a tutti quelli che vagano
in cerca della libertà dell’anima.
Sguardi accesi
La tv propone il solito terrore psicologico, quasi sofferente la spengo, apro la finestra, cielo grigio, nuvole pesanti come la mia testa. Ti ho sognato, contavo le tue ciglia e le ricontavo, ma ogni volta i conti non tornavano. Non so se è giusto, ma i sogni, quelli li conosci bene anche tu, non si possono controllare.
Ho bisogno dei miei giorni tristi, della mia tazza di tè senza zucchero, del mio disco preferito e del freddo dentro le ossa; non è stare male, è sentirsi viva.
Il tuo odore mi rimbalza dentro la testa e chiudendo gli occhi ti ho proprio accanto. Dormo con un estraneo dentro il letto e non me ne rendo quasi conto. Mi sento strana all’idea di rivederti, quasi non ci conosciamo e forse è magico proprio per questo.
Quarantadue anni, due figli, un maschio e una femmina, un marito perfetto e premuroso, un buon lavoro, nessun problema economico, nessun pensiero se non l’impressione che mi manchi qualcosa. Mi manca il battito del cuore, si proprio quello, mi manca quella scarica di adrenalina, quell’eccitazione folle, quella spensieratezza dei miei vent’anni, quella semplicità nell’innamorarmi di qualcuno.
Mi manca il vivere una storia d’amore nel senso puro del termine.
A casa mai una lite, maschere sorridenti annegate in alcolici dal gusto non proprio perfetto; la scuola e i compiti di Gianluca e Cristina, il calcetto infrasettimanale di Diego e i suoi colleghi per bene, i miei pensieri troppo spesso ostinati su cose inutili e incomprensibili, mi arrovello l’anima e il cuore con il suo solito giro del sangue, sempre lo stesso, sempre uguale come questa mia vita aggrappata a ricordi passati e forse mai vissuti fino in fondo.
Mi eccita l’idea della trasgressione, della rivalsa, del mio essere donna, madre, amante e moglie. Non ho paura!
Credo di sentirmi pronta per la prima volta nella mia vita a vivere, no nel modo giusto, no nel modo in cui mi è stato insegnato e nemmeno nel modo in cui me la si vorrebbe fare vivere; sono pronta a viverla a modo mio, sentendomi soddisfatta e serena, sentendomi triste, allegra, capovolta, energica, stanca, ironica, bella, sessualmente attiva, attenta, distratta e spensierata. Coinvolgimi nelle tue fantasie, nelle tue perversioni, guidami nel tuo mondo sconosciuto e incantato ai miei occhi, non svelarmi i tuoi pensieri o i tuoi progetti, non raccontarmi la tua vita, non dirmi nemmeno se hai una donna che ami o se ti piacciono i cani, non dirmi qual è il tuo dolce preferito o di che segno sei, non voglio sapere del tuo lavoro o dei tuoi sogni. Voglio partire da quel biglietto scritto male che mi hai dato su quella metro dopo due settimane che i nostri sguardi si incontravano ogni mattina alle 8.10 e ogni pomeriggio alle 16.45. Chissà quante volte abbiamo fatto lo stesso percorso e quante volte siamo stati seduti accanto, ma quella mattina di novembre la ricordo bene. La solita sveglia delle 6.30, la colazione di corsa, il bacio standard a mio marito e ai miei figli prima di lasciarli a scuola e poi subito in metro per il mio solito lavoro. Quel giorno salgo sul treno e mi accomodo tra la folla, stranamente riesco a trovare un posto e a sedermi, accavallo le gambe e vedo che la calza della gamba sinistra è smagliata. Cazzo!
penso tra me e me. Come una ladra rimetto le gambe a posto. Sono imbarazzatissima. Mi sembra che tutti stiano fissando la mia calza di nylon quindici denari; alzo lo sguardo e incontro il tuo che sorridendo hai già capito tutto. Non riesco a trattenere i miei occhi su di te e li riabbasso rapidamente.
Quel pomeriggio nel treno di ritorno sei salito la fermata dopo la mia, mi hai salutata dicendomi «buonasera» e ti sei accomodato ancora una volta di fronte a me.
Da quel giorno il nostro rituale fatto di sguardi tra la folla e imbarazzo è proseguito facendomi stare bene.
Eri la mia piacevole distrazione. Mi bastava vederti, osservarti e nella mia testa partivano fantasie e curiosità, dolcezze e superficialità. Ho pensato a quale potesse essere il tuo nome, il tuo profumo, il tuo lavoro e la tua vita, il tuo orientamento sessuale, la tua fede religiosa, la tua posizione preferita, il tuo vino o la tua birra e per ogni giorno quei venti minuti di metro sono diventati la svolta della mia giornata. Non ho mai avuto la voglia di chiederti nulla, né la voglia di osare, la mia fantasia aveva già fatto tutto. Ti ho dato un nome, una moglie, un cane, un lavoro perfetto e dei figli da amare. Ti ho visto sorseggiare del vino e fumare la tua sigaretta, ti ho visto piangere davanti un film e pregare prima di dormire, leggere un libro di Bukowski e ridere con una tua collega, ascoltare un disco dei Rem e poi uno di Lucio Dalla, ti ho visto innamorarti della tua vicina di casa e controllare il tuo orologio, ti ho visto stanco e infreddolito nella pioggia, ti ho visto fare l’amore con tua moglie, le hai detto ti amo
, l’hai abbracciata dopo l’orgasmo, ti ho visto padre premuroso, ti ho visto nuotare in piscina e fare la doccia, asciugarti distratto i capelli, cucinare, fare la lavatrice e stendere i panni, ti ho visto fuori e ti ho visto dentro e affascinata mi abbandonavo alle tue fantasie e alle mie irrisorie capacità di gestire questa mia vita. Ho quasi paura di conoscerti meglio, ho paura che le mie fantasie vengano smontate e riposte dentro lo scatolo delle cose banali, ho paura che quel cuore che batte si possa inceppare, ho paura che quella metro si trasformi in un covo di gente inutile, ho paura di ferirmi, ho paura delle scelte e delle crisi dell’esistenza.
Assecondami, fammi ridere, fammi credere di avere ragione, scopami, amami, fammi gridare e fammi piangere, fammi amare e fammi bere.
Tua Caterina.
Nessuna sorpresa
Oggi sono un po' preoccupata, ho paura, mi sento una ladra, stamattina mi sono svegliata molto presto, saranno state le 5.20, sentivo la necessità di abbandonare quel letto. Sono andata a fare