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Emotivazioni
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E-book178 pagine1 ora

Emotivazioni

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Si impara a stare soli. Si impara a stare senza occhi altrui da cui farsi guidare e ammirare. Si impara a vivere senza qualcuno che ti ricordi quotidianamente che sei bella e interessante e speciale e inarrestabile. Si impara a credere che se non c'è una fonte esterna a riempirti di belle parole, queste perdono di significato o perlomeno smettono di starti bene addosso. Così, quando la persona che ami se ne va, non ti senti più bella, e affascinante, e speciale e inarrestabile. Si diventa Una. Una che cammina in mezzo alla ressa. Una utile a riempire i tempi morti, in luoghi delle relazioni umane ferme in un punto e mai destinate a procedere. Una. Una di cui dimentichi il nome e i connotati. Una. Una interessante ma mai troppo. Una. Sadzylla, in questo libro, ci parla dell'amore in tutte le su sfaccettature, e lo fa con lo stile che le appartiene e che la rende inimitabile. E così fra queste righe ci si ritrova a ridere, a piangere, a commuoversi, perché tutte le emozioni che ci troviamo dentro sono state di tutti noi, almeno una volta nella vita.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2020
ISBN9791220202572
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    Anteprima del libro

    Emotivazioni - Sadzylla

    cose.

    Memorie di un gigante triste Tu

    La nostra non è una storia d’amore. È una storia di affetto, sesso e tenerezza. Io l’amore non so inquadrarlo. So dire cosa manca e cosa avanza, ma non so definirlo. Forse c’era amore nel modo in cui mi baciavi le ginocchia mentre mi pizzicavi tra il pollice e l’indice le cosce. C’era sicuramente odio nel modo in cui, sbattendo i libri sul tavolo della cucina, urlavi «Io così non ce la faccio più». Sono sorti alla mia vista distratta troppi dettagli che non ho saputo studiare. Sono stata meschina a ignorare il tuo bisogno di libertà. Ho avuto le mie colpe e non so ancora fare un bilancio coerente. Ci sono giorni in cui è solo colpa tua. Ci sono giorni in cui è solo colpa mia.

    Siamo stati bene per un po’. Provo a rinnegarlo per spirito di sopravvivenza. Siamo stati bene per un po’. Per alcune persone un po’ sono anni. Per altri sono giorni. Per noi è stato il tempo sufficiente a esaurirci. Rimanere asserragliata in casa con te mi sembrava lo spettacolo più avvincente che la vita avesse da offrirmi. Ma quel rifiuto del mondo esterno non era mai stato un mio desiderio. Nella nostra spinta vitale verso mondi che ancora non conoscevamo sapemmo riconoscerci simili una sera in quel bar sotto casa tua. Tutta la mia dedizione e la mia curiosità verso l’ignoto hanno saputo lentamente invertire rotta quando per volere di forze che prescindono da noi finimmo seduti uno accanto all’altro. Tremavi per il freddo di un novembre impietoso e per errore ogni brivido portava la tua gamba destra a scontrarsi con la mia sinistra. Non mi colpirono le tue parole, non i tuoi ideali, non i tuoi gusti o i tuoi progetti di vita. Non ti avrei riconosciuto in una stanza affollata. Ma poi la pelle decide da sé dove desidera schiantarsi. Abbiamo iniziato così a far familiarizzare le nostre reciproche ossa. Era quasi bello travestirsi da simili, fingere di poterci guarire e capire. Nella nostra mancanza di comunicazione stava invece il segreto di due corpi che hanno come linguaggio comune la sola saliva. Mi faceva stare bene dire che tra noi era solo un’attrazione immotivata. Due ventenni del nuovo millennio incapaci di radicarsi in nessun luogo che godevano di una compagnia provvisoria. Era intimità con la data di scadenza. Anche quando stavamo accovacciati sul letto a confrontare i nostri progetti di vita così diversi. Anche quando lasciavi scritto su vecchi scontrini appoggiati sul comodino «Torno subito» se uscivi di casa senza incontrarmi sull’uscio. Anche quando ti addormentavi su di me mentre ti accarezzavo le mani. Anche la gelosia. Anche il sudore. Anche il silenzio. Siamo stati bene per un po’. E mi sento in colpa se per qualche tempo ho provato a ritenerti responsabile per tutte le storture che si sono palesate nella mia vita dopo il tuo dissolvimento. Ma non era vero tutto. È vero questo: ci sono i tuoi occhi nella mia ansia, in molte delle mie paure presenti, nei limiti da cui mi faccio cullare. Ma quando mi hai conosciuto io già nuotavo in acque nere. Già avevo timore di abbassare la guardia, ma finivo sempre per cedere la presa sopra mani poco indulgenti. Già inventavo l’amore dentro persone incapaci di personificarlo. Già mi accontentavo del nulla credendomi immeritevole del tutto. Quando sei uscito dalla mia vita ero quasi felice di tornare ad essere un individuo autonomo. Ero libera di scegliere dove uscire la sera. Ero libera di dormire al centro del letto. Ero libera di desiderare altre mani su di me. Ma era una libertà illusoria. L’aria diventava ogni giorno più fredda. Iniziava a scomparire il tuo profumo dalla mia stanza. Ogni minimo evento si ricollegava a te. Avrei voluto chiamarti per raccontarti che ho trovato un nuovo posto in cui il gelato al pistacchio è buono per davvero. Magari anche per dirti che ho tagliato i capelli. E magari per chiederti come stai. Era meglio lasciar perdere.

    Sono andata avanti trascinandomi nel mondo con una stanchezza addosso che nemmeno ricordo. Ho perso occasioni. Ho ignorato sguardi. Ho lasciato andare ogni briciolo della mia spensieratezza. Se mi avessero detto allora che un giorno quel dolore sordo si sarebbe acquietato definitivamente, non ci avrei creduto. È stato più facile per me abbandonarmi e cadere in quel vortice di nostalgia. Sono stati giorni spesi a edulcorare ricordi spesso banali e infelici. Non era niente di speciale per il mondo. Era qualcosa di speciale per me, per il mio passato e per il mio bisogno di riempire, riempire, riempire. Non avevo bisogno più di te. L’ho capito quasi subito. Avevo bisogno di tornare a essere la me che ero stata capace di essere accanto a te. O sotto di te.

    Io meno te

    Ho re–imparato controvoglia a vivere in solitudine. Le lezioni dalle 9 alle 13. La biblioteca dalle 16 alle 20. La palestra tre volte alla settimana. Il vino solo il venerdì. La pizza solo il sabato. Il mio recupero emotivo sono stati mesi schematici. Incontri programmati. Infiniti film. Decine di libri. La valeriana in tasca. L’ossessione per il corpo. Tagli di capelli sbagliati. Tatuaggi per riprendere il controllo sulla mia pelle. La paura di incrociarti con un’altra me. Uno specchio crudele. Il conto delle calorie. Il panico. Il buio. Scavare il tunnel alla ricerca della luce. Spiraglio per spiraglio. Finché: eccola. Minuscola. Si allarga giorno dopo giorno. Anche quando in certi giorni appare più livida. Ho potuto solo arrendermi al suo avanzare.

    Si impara a stare soli. Si impara a stare senza occhi altrui da cui farsi guidare e ammirare. Si impara a vivere senza qualcuno che ti ricordi quotidianamente che sei bella e interessante e speciale e inarrestabile. Si impara a credere che se non c’è una fonte esterna a riempirti di belle parole, queste perdono di significato o perlomeno smettono di starti bene addosso. Così senza te non sono più stata bella, affascinante, speciale e inarrestabile. Sono diventata una. Una che cammina in mezzo alla ressa. Una. Una utile a riempire i tempi morti, in luoghi delle relazioni umane ferme in un punto e mai destinate a procedere. Una. Una di cui dimentichi il nome e i connotati. Una. Una interessante ma mai troppo. Una.

    Ho perso uno a uno tutti i tratti che mi rendevano me. Ho perso per un senso di vendetta celata nei tuoi confronti tutti i tratti che ti hanno attirato a me. Non ero niente di speciale, me lo ricordo bene, perché se penso alla tua voce è questa la frase che ti

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