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Non ho mai smesso di farlo
Non ho mai smesso di farlo
Non ho mai smesso di farlo
E-book166 pagine1 ora

Non ho mai smesso di farlo

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Info su questo ebook

Nel pieno di una crisi esistenziale e svuotato da intense esperienze sentimentali, Luca scopre di avere un male incurabile. Una nuova vita avrà inizio quando gli sarà chiesto di donare il suo midollo a una ragazza gravemente malata di leucemia. Il ritorno nella sua Salerno sarà l'occasione per riconsiderare tutta la sua esistenza e per abbandonarsi ad una tormentata relazione con una donna matura e già segnata dalla vita. Con uno stile immediato e asciutto, Non ho mai smesso di farlo fotografa l'inquietudine della generazione dei trentenni, in bilico tra la spensierata e innocente gioventù perduta e lo smarrimento delle speranze e delle aspirazioni.
LinguaItaliano
Data di uscita14 giu 2016
ISBN9788892612969
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    Anteprima del libro

    Non ho mai smesso di farlo - Gaetano Lorito

    farlo

    Ga e t a n o

    L o r i t o

    No n Ho Ma i

    S me s s o d i

    F a r l o

    www.gaetanolorito.it

    Ga e t a n o L o r i t o

    Non ho mai smesso di farlo

    Og g i

    I s p i r a t o a d u n a s t o r i a v e r a .

    A Ma r i a

    No n h a a l c u n e f f e t t o

    o b b l i g a r e u n a p e r s o n a a d

    i mp e d i r g l i u n t r a d i me n t o

    c o me

    n o n

    f u n z i o n a

    o b b l i g a r e u n a p e r s o n a a d

    a ma r t i .

    L ' u n i c a

    s o l u z i o n e

    e f f i c a c e

    e '

    l a s c i a r l a

    l i b e r a

    d i

    d e c i d e r e ..

    2008

    "Le persone che si amano in modo totale e

    sincero sono le più felici del mondo. Magari hanno

    poco, magari non hanno nulla, ma sono persone

    felici."

    non ho mai smesso di farlo

    |9

    1

    Mi alzo, sento freddo, ho freddo ai piedi, ho freddo alla nu-

    ca, ho freddo di lei.

    Mi guardo un attimo allo specchio: sono cambiato. Sono

    cre-sciuto. Mamma quanto.

    Mi vesto svogliatamente, senza badare al mio semplice

    look americano che ormai mi ha trasmesso soltanto

    semplicità. Quella genuina, quella che ti penetra nelle vene e

    ti affoga! Forse ti avvelena!

    Odio questo mondo! Odio tutto ciò che mi fa male. Odio le

    persone che mi dicono che non la rivedrò mai più! Odio tutto

    quello che potrebbe essere considerato vita. Pura, casta e

    sem-plice, profumata come una rosa. Non ci credo alle favole,

    non credo che lei un giorno poi, prima o poi mi chiamerà.

    Adesso però questo fottuto posto sta per finire in un vortice di

    ricordi che dimenticherò presto. Me lo sento. Ho paura di me,

    del buio, della vita che mi aspetta fuori, ho paura di ritornarci.

    Ma do-vrò tenere duro. Ce la farò. Ne sono convinto, posso

    farcela. Fidati. Questo sento dentro di me.

    Apro la porta di quella casa ormai vecchia e vuota come un

    panno da buttare, guardo quelle mura decorate da scrit-te

    stupide ma intense, che ti penetrano nello sguardo e te lo

    lasciano limpido, fresco, forse ti regalano una sensazione

    unica. Non lo so. Scendo le scale, ho l’ansia che mi assilla, lo

    ammetto, lo giuro, non voglio andarmene ancora così. Mi fa

    male! Male da morire. Mi fa male senza di lei. Non ce la faccio

    più. Non resisto. Sono passati tanti anni. Ma mentre mi

    diverto a vagare tra i miei dubbi e le mie paure mi casca

    davanti Judy. E poi ancora dietro di lei, Mary. Cosa le dico

    adesso!!!

    «Luca, you are sure of wanting some to you to go». ?

    10| gaetano lorito

    «Sì, Judy. Non posso restare. Ho ancora tanto da fare. Ma

    ti scriverò presto. Ci sentiremo tutti i giorni per e-mail. Te lo

    prometto!».

    Judy mi guarda come sempre, con i suoi occhi tondi e con

    il suo viso dolce, non ha capito nulla di quello che le ho rispo-

    sto. Con lei ci sono andato solo e sempre a letto. Ha un fisico

    da Dio! Un culo che fa venire le vertigini. Due tette che dan-

    no alla testa come un bicchiere di whisky. I suoi capelli sono

    un misto tra un colore come il giallo e il rosso. Ha sempre un

    sorriso stampato sulle labbra e le piace pattinare. Sì, proprio

    così. Mi ha insegnato a pattinare, sulla spiaggia, per strada,

    sulla pista. Dappertutto. Passerebbe i suoi giorni pattinando.

    Ma è anche la redattrice di un giornale di alta moda. Ha una

    testa che fa paura. Ma non è la donna della mia vita.

    Dopo aver capito che la mia traduzione in inglese non

    avreb-be mai portato ad una conclusione con Judy si è fatta

    avanti Mary.

    «Luca, you will lack to me».

    « Oh, yes, come here, also you».

    Ho abbracciato Mary come non facevo da una vita. Ed ho

    capito in quell’istante che le persone sono meravigliose, per

    non dire fantastiche.

    Amo le donne. Amo tutto ciò che possono fare. Amo il loro

    stile, la loro vita, le loro idee. Il loro modo di pensare, agire.

    Io le donne le amo più di me stesso!

    Mary. Mi ha stretto, come si stringono le corde di una na-

    ve, mi ha stretto come faceva mia nonna. Che emozione. Ab-

    bracciare i suoi capelli scuri e sentire il peso delle sue braccia

    morbide attorno al mio collo, sprofondare in due arance rosse

    e toste come le sue tette. Un bacio come quello che solo una

    mamma sa fare. Mary, attrice, amica, amante, bella, attraen-

    te, un po’ stronza, ma in fondo sempre una grande donna.

    Caspita, quando devi lasciare un posto, quando devi partire e

    sai che non tornerai più, le cose, le persone, le sensazioni non

    riescono proprio a staccarsi dalla tua mente e lasciarti tutto d’un

    fiato senza averne il tempo di capirle: è dura. Quanto!

    non ho mai smesso di farlo

    |11

    Mi sento quasi come un bicchiere mezzo pieno, avrei biso-

    gno di qualche altro giorno per poterlo riempire, ma il destino

    ha previsto un altro percorso, un altro viaggio, quello di ritor-

    no per cercare di capire, per ritrovare me stesso, per ritrova-

    re quella strada da cui mi sono perso tanti anni prima.

    Voglio vivere. Questo è quello che ho pensato quando so-

    no partito. Quando ho preso l’aereo. Volevo dare un taglio

    net-to alla mia vita. Perché nessuno, perché io non dovessi

    ver-gognarmene, perché nessuno cercasse un perché. La tua

    vita è semplicemente buffa perché hai capito forse, in

    anticipo, che per cambiare le carte in gioco devi

    semplicemente allontanar-ti dalle tue abitudini. Devi essere

    consapevole delle tue azioni e far finta di aver sempre cercato

    il meglio per te e per gli al-tri. In fondo è soltanto un passo

    più lungo delle tue gambe, un bicchiere vuoto che dovrai

    riempire con l’acqua delle tue vene e smaltire, giorno dopo

    giorno, ogni sconfitta, ogni porta chiu-sa in faccia e cancellare

    ogni punto fermo, ogni stupida spe-ranza che hai vissuto.

    Mi avevano assegnato il posto a sedere accanto al finestri-

    no, mentre viaggiavo guardavo e dipingevo ogni nuvola, con

    un tono sottile ed una tela ad olio. Non potevo parlare con i

    passeggeri seduti accanto a me, erano troppo stanchi e forse

    tesi. Mancavano ancora quattro ore alla mia destinazione.

    Ave-vo bisogno di riflettere, di dimenticare.

    Dentro di me ascoltavo la musica che la vita ti trasmette,

    come se fosse una radio appena accesa che cerca di farti com-

    pagnia. Nuotavo tra le onde del passato. Sapevo di esagerare,

    ma dovevo lasciarmi prendere dal vento gelido dei miei pen-

    sieri. Ed ogni cosa mi riportava a vivere. La vita è tutto. Co-

    me l’amore. Come l’essere amati. Come quando si nasce e si

    vede per la prima volta il sole. Stupendo!

    Mi sono addormentato tra le coperte dei miei sogni strani,

    forse troppo fantastici. Poi, improvvisamente, sento una mano

    poggiarsi sul mio braccio. Mi accorgo che una freccia calda sfio-ra

    il mio corpo. Apro leggermente gli occhi e vedo davanti a

    12| gaetano lorito

    me una favola dai capelli lunghi, neri e lisci, occhi grandi e

    ver-di, viso disegnato con orgoglio, labbra carnose ed un

    balcone tra i bottoni della sua camicia bianca che spicca sotto

    la sua giacca verde.

    «Signore, preferisce il caffè o del tè?». Mi chiede aprendo

    un sorriso.

    La guardo per un istante, poi mi accorgo che con lei forse di-

    menticherei il mio passato e tornerei ad essere un uomo felice.

    «Caffè», le rispondo senza pensarci su.

    Volo sopra le parole che sento mormorare alle mie spalle.

    Penso a mia madre. Penso a mio padre che ormai non c’è più,

    penso a quando lui aveva 20 anni, fatti di progetti e sogni, chissà

    cosa pensava dentro di sé. Penso ai miei 30 anni, pen-so alle mie

    passeggiate in bici da ragazzino, penso ai miei vec-chi amici, ad

    ognuno di loro, alle loro famiglie, alle loro case, penso ai miei

    quattro soldi in tasca, penso al mio domani e non so se sarò

    sempre così, ma un’unica certezza è che ho neces-sità di

    trovarmi un lavoro e di trovare una nuova strada da per-correre

    per essere e diventare grande dentro di me.

    La signora seduta accanto a me, improvvisamente, mi

    strin-ge la mano senza chiedermi nulla, senza fiatare, ed io la

    guar-do stupito, ma non so perché le consento di tenermi la

    mia mano. Mi accorgo che stiamo atterrando. La signora mi

    guar-da con un volto addolorato, mi sembra quasi scossa ma,

    pen-sandoci bene, assomiglia un po’ ad una persona che ho

    cono-sciuto anni addietro, ha gli stessi lineamenti di Morbida,

    la mia vecchia compagna di Milano, che oggi, per l’esattezza

    dovreb-be avere circa 45 anni. Peccato che non sia lei. La sua

    pelle scura. Il suo sguardo aperto come un varco nel

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