Extra e Terrestre
Di Andrea Ricci
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Anteprima del libro
Extra e Terrestre - Andrea Ricci
Andrea Ricci
Extra e Terrestre
impaginazione e grafica:
studio Tramaglio
www.tramaglio.it
isbn: 978-88-7853-834-4
isbnebook: 978-88-7853-680-7
Sette Città
Via Mazzini 87 01100 Viterbo
t. 0761 303020 f. 0761 1760202
info@settecitta.eu www.settecitta.eu
ISBN: 9788878536807
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
https://writeapp.io
Indice dei contenuti
Ringraziamenti
«E così quella è la terra?».
«Sì figliolo, il terzo pianeta dal sole».
«È così bella, così azzurra».
Non riuscivo a tenermi lontano dal finestrino della mia navicella. Mani e naso schiacciati al doppio vetro che mi proteggeva dal di fuori, mentre mio padre guardava dritto davanti a sé. Io non avevo per nulla paura di tutto quel nero che avevo dall’altra parte del finestrino. Ormai i miei occhi erano stati rapiti da quell’azzurro così puro e morbido, quel punto che pian piano si allargava e rubava la scena a tutto quello che lo circondava. Avevo voglia di tuffarmici sopra e di anticipare la navicella. Ogni tanto, papà rideva delle mie continue domande ed ogni tanto perdeva la pazienza, ma senza mai darlo a vedere.
«Se ti faccio troppe domande e ti rompo, dimmelo».
Scuoteva sempre la testa e continuava a sorridere.
«Quanto sono simili a noi?».
«Così simili che ti stupirai tu stesso».
«Caspita!».
Sgranai gli occhi, cercando di immaginarmeli. Mi perdevo a bocca aperta nella mia immaginazione, con gli occhi che puntavano in alto verso destra.
È questa la faccia di chi immagina!
Mi ripeteva sempre lo zio.
«Quanto manca ancora?».
Non passavano due minuti siderei senza che facessi questa domanda in mezzo alle altre mille domande e non c’era mani una volta che papà non rispondesse.
«Se due minuti siderei fa mancavano 45 minuti siderei, ora ne mancheranno 43…».
Continuavo a guardare fuori e solo quando appoggiai anche il petto al finestrino mi resi conto di quanto il cuore si muovesse veloce dentro me: bum-bum-bum-bum. Mi portai una mano sul petto per godere di quel movimento, era così forte che lo sentivo fino alla gola. Solo un’altra volta mi batté più veloce, la volta in cui la mia compagna di giochi sfiorò le mie labbra. Le guance mi s’incendiarono e gli occhi credevo che sarebbero schizzati via nella galassia da un momento all’altro. Mi pulii subito più e più volte con la manica della maglia e dissi a tutti che mi aveva fatto schifo
, poi scappai via con gli occhi chiusi per paura di perderli. In realtà non fuggii dalla vergogna, ma per andarmi a godere quel battito impazzito che si schiantava sul mio petto. Mi rannicchiai su me stesso ed accostai l’orecchio il più vicino possibile al cuore.
Questa volta non dovevo scappare o fingere per paura di essere deriso, quindi non persi tempo ed adagiai il palmo della mia mano in mezzo al petto. Fu l’unico momento in cui non tormentai papà con mille domande. C’era solo un piccolo e lieve sottofondo che solo io potevo percepire: bum-bum-bum-bum.
«Non vedo l’ora di poter usare la " gomma-adatta-voce" dello zio Arzillo».
«Non devi essere impaziente. Ricordati: dobbiamo solo controllare, osservare e poi tornare».
«Ma io…».
«Niente ma
Futaro».
Mi staccai dal finestrino e dal mio cuore, ripromettendomi che me ne sarei stato in silenzio con lo sguardo imbronciato. Ma due minuti siderei sono così lunghi…
«Ora, quanto manca?».
La discesa fu eccitante, veloce e dolorosa. Sarebbe stato certamente meglio essersi tuffati. Papà non la smetteva di spingere bottoni, alzare e abbassare leve. Provava anche a farmi stare buono, fin quando non mi vide passargli davanti.
«Futaro! La cintura anti-urti per la discesa!!».
Me ne dimenticavo sempre, non lo facevo di proposito. Rimanevo così tanto tempo a guardare fuori che quando era ora di allacciarsela era sempre troppo tardi. Adoravo