Heartcrystal
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Anteprima del libro
Heartcrystal - Alessandra Toti
ROMANZO
RINGRAZIAMENTI
Dedico l'ultimo volume al mio grande amico, Federico Cella, al quale auguro tutto il bene del mondo e la buona fortuna per il suo favoloso lavoro nel mondo dei cristalli e le discipline olistiche
E poi un immenso grazie a te, Roberta Traverso, mia casa sorella diventata che mi sei sempre restata vicino, nonostante siano capitati momenti in cui mi sono resa davvero insopportabile.
Ed ovviamente, grazia a te, carissimo lettore, che hai seguito dall'inizio alla fine questa triologia che per me occupa un posto speciale nel cuore!
Non puoi salvarti
Quando hai incrociato certi occhi...
Non ti lasciano via di scampo!
Occhi che ti portano via
Che vedono oltre l'evidenza
Rubano il cuore, strappano la ragione...
E di certi occhi mi sono innamorata
Per quello sguardo ho scordato altri sguardi!
Occhi rari, unici, audaci
gli unici occhi che han guardato dentro me
Quello sguardo che non ha temuto le mie tenebre...
Occhi come cristalli,
Colmi di istantanee di luoghi lontani
E di loro ne son diventata vittima...
E quando li incroci non ti salvi più
Io non posso più salvarmi!
Bramo quegli occhi
Come bramo la luce...
1.
IGNORA LA GENTE
Tutti mi hanno conosciuto come Elf.
A Sailing e nel mondo ancora mi presento come tale, tranne che negli uffici amministrativi.
Lì sono segnato come Fredrick Cave.
Anche coloro che mi hanno letto la mia storia in precedenza sanno che il mio nome di battesimo è quello, oltre a Cardic, il proprietario del bar Chitra, accanto al mio negozio l'Antro dei cristalli; Winifred, la proprietaria della farmacia di fronte; Ambra, la mia ragazza, e le sue amiche, Vera e Corinna, senza contare i miei fratelli.
Sono cristallo-terapeuta, speleologo, esploratore, acchiappa-fantasmi, Lupo, un tutto fare, insomma, ma in parole povere sono una Soul-crystal, una razza di Lupi capaci di operare per il bene di tutti a stretto contatto con Madre Natura, attraverso i cristalli ed i minerali, agendo con il potere dell'energia universale, ascoltando gli alberi, i fiumi, le tempeste e tutto ciò che è legato alla Terra. Queste creature sono discendenti dal Lupo Sirio, la prima Soul-crystal che aveva cercato di ribellarsi al potere della sovrana, la Luna. Io sono il suo diretto discendente e sono riuscito a concludere quel che lui aveva iniziato, sconfiggendo ed intrappolando il volto oscuro della Luna in uno specchio di Ossidiana, ormai dormiente sul fondo del fiume Poison della mia città natale, Prisma.
Così facendo ho portato ad un'autentica rivoluzione nella specie: le Soul-crystal, eternamente vincolate alla Luna, ora erano Lupi dotati di grandi poteri ma liberi di vivere la loro vita come più desideravano.
Ovviamente il satellite ancora troneggiava nel cielo della notte e seguiva i suoi cicli naturali, ma la sua influenza veniva ormai soltanto dall'essenza del suo volto benevole, la faccia che l'intera umanità era abituata ad ammirare dagli albori della sua esistenza. Le Soul-crystal che vennero dopo Sirio nacquero contemporaneamente all'essere umano. Nascevano come uomini, poi la Natura faceva di loro creature speciali, scelti da una selezione casuale che dava loro un potere speciale.
Sembrava che la vita avesse preso una piega migliore ora, anche se preferivo non esultare mai troppo: l'imprevisto poteva nascondersi dietro ogni angolo, che fosse in città, in una miniera o all'interno di qualche casa stregata.
In ogni caso avevo deciso di aiutare Ambra a rifarsi, cominciando a lavorare sulle sue paure, che nonostante affrontasse la rendevano sempre troppo insicura ed incatenata ad una routine che non le faceva per nulla bene. Durante una delle mie esplorazioni, questa volta nelle campagne di Sailing, scoprii dell'esistenza di una vecchia teleferica, nascosta tra vigneti e campi di granoturco, da ricordare quegli ambigui film su extraterrestri nascosti tra le coltivazioni, pronti ad attaccare.
Ecco... agli alieni, tra parentesi, non credo!
Quando proposi ad Ambra di andare a visitare il luogo abbandonato parve titubante ma accettò, dichiarando che si fidava di me.
«Ed è qui che sbagli: fidarti di me» avevo ironizzato.
All'inizio mi contrariò, ma poi le imprecazioni salirono a raffica dalla sua mente e le gettò addosso a me, quando notò lo stato di degrado della fabbrica e gli angoli bui che caratterizzavano i corridoi.
«Giuro su qualsiasi divinità esistente, Fredrick che, fosse l'ultima cosa che faccio, io ti ucciderò» sbraitò facendo spaventare un piccione che volò sopra di lei. Urlò terrorizzata, coprendosi la testa con le braccia.
«Wow, calma, che hai da urlare così? Non ti sei ancora abituata, eh? E sì che ti ho portato in un manicomio a Prisma».
«Non che qui l'atmosfera sia più respirabile» si lamentò guardandosi attorno con circospezione. Scossi il capo studiandola in silenzio a braccia conserte. Cominciai a sentire delle voci che parlottavano, ma non erano i miei cristalli a farsi sentire e pochi istanti dopo due figure ectoplasmatiche si materializzarono lì.
«Tutti ad avere paura di noi che non facciamo nulla».
«No, siamo soltanto condannati a stare qui in eterno».
Mi rivolsi agli spettri dei due operai, affermando: «A me non fate paura, siete tutti molto simpatici».
Lo spettro barbuto alzò un sopracciglio. «Perchè sei una Soul-crystal» puntualizzò. «E noi temiamo la tua razza».
«Ma in generale tutti gli umani» specificò l'altro operaio.
«Mi dispiace, ragazzi, ma vedrete: giungerà anche per voi il tempo di trapassare, prima o poi spetta a tutti».
«Grazie della consolazione, Soul».
«Se t'interessa c'è una cava verso Nord».
Alzai un sopracciglio interessato da quella notizia.
«Lavoravamo lì, noi».
«Oh, tutto chiaro» conclusi.
«Hai ancora tanto da far comunella con gli spettri?» Squittì Ambra con le mani piantate sui fianchi ed il piede che picchiettava nervosamente sul terreno. Ammiccai ai due fantasmi, ed avvicinandomi a lei, le posi il braccio sulle spalle, trascinandola fuori con me.
«Siamo tutti amici» affermai uscendo alla luce.
Faceva ancora caldo, nonostante fosse settembre e l'estate si avviasse al termine, ma i campi erano ancora verdeggianti, solo in alcuni punti l'erba era essiccata al sole. L'atmosfera era luminosa, l'aria mossa dal calore e non tirava un filo di vento. Ambra si lamentava di questo.
«Quando torna l'inverno?» Piagnucolò.
«Resisti un paio di mesetti ancora» ridacchiai.
«T'invidio, tu che sopporti questo tempo».
Mi fermai, voltandomi verso di lei, feci un passo in avanti e ci trovammo così faccia a faccia. Ambra mi guardò ad occhi spalancati, senza dire nulla.
«Ognuno è a sé, stellina».
Rispose con un'alzata di spalle in segno di ovvietà. Riprendemmo il cammino fino a giungere al centro abitato, dove le alte pareti degli stabili creavano abbastanza ombra da darle sollievo. Trasse un sospiro di soddisfazione, fermandosi vicino ad una fontanella.
«Meno male che qui c'è un po' fresco» si chinò, bevve e mentre poi si puliva l'acqua con il dorso della mano, mi fissò osservare la piccola roccaforte di quel paese, circa sette chilometri da Sailing. Schiarì la voce per attirare la mia attenzione: «Sono stata un po' più brava del solito?».
«Certo, mia cara, e sei stata brava ad indossare la Tormalina in quel luogo» toccai la pietra che pendeva dal suo collo con uno strano istinto che seguitava a guizzarmi incontrollato nell'animo. «Questo cristallo è molto buono».
«L'ho acquistato da te» specificò Ambra, scossa da un improvviso brivido quando le sfiorai il petto. Le sorrisi astutamente e lei, con fare da rimprovero, cominciò ad arrossire. «Stai toccando la Tormalina o le mie tette?».
Ridacchiai assumendo quel tono provocante che sapevo a lei piaceva tanto. «Perchè? Non posso?».
Morse il labbro inferiore e chiuse gli occhi, voltando la testa in laterale. «Uhm, beh, sì, tu puoi».
L'istinto prese il sopravvento, allungai entrambe le mani al suo seno stringendo leggermente e massaggiando con movimenti circolari, godendo di quella sua morbidezza compatta. Lei ansimava appena, appena, un respiro concitato che teneva a freno faticosamente, sul suo viso un'espressione beata e colma di desiderio, le sue guance rosse dall'imbarazzo. Ovviamente non solo lei era eccitata da quella situazione, mentre sentivo sotto le mani i suoi seni inturgidirsi.
Spalancò gli occhi scossa. «Fredrick, ci vedono!».
Mi guardai attorno: effettivamente qualche persona passava di lì, altri parlavano tra loro, alcuni uomini, tra risa e bestemmie, giocavano a carte ad un bar lì vicino, ma nessuno faceva caso a noi, per quello non mi ero curato di trovarmi in mezzo al centro abitato. A dirla tutta non mi sarebbe interessato nemmeno se qualcuno fosse stato impegnato a guardarci, tanto che non tolsi le mani neppure quando affermai:
«Non stiamo facendo nulla di male».
«Sì... no, cioè, è vero... ma la gente giudica».
Cara Ambra, sempre turbata dal giudizio degli altri in qualsiasi ambito, tranne che nel canto. Da Soul-crystal mi sono prefissato l'obbiettivo di liberarti da certe paure e preoccupazioni, insegnandoti a vivere al massimo, immune dai giudizi, vivendo il presente e godendo a pieno di ogni istante, ogni occasione, imparando a fronteggiare la vita con la stessa grinta che hai quando canti.
«Impara ad ignorare la gente» tagliai corto prendendola per mano e trascinandola nel parco lì vicino, dove al centro sorgeva un'antica villa abbandonata e sprangata, sicuramente un posticino interessante da visitare la notte, bastava trovare l'ingresso, anche se di giorno non era proprio sicuro tentare di invaderla.
«Carina» commentò Ambra sedendosi con le gambe ciondolanti verso l'interno delle villetta, sul parapetto di pietra delle veranda dove io entrai, passando dall'arco centrale. Ambra osservava verso l'alto la struttura interna della veranda quando disse: «Pensa che nemmeno sapevo esistesse qui».
La guardai in silenzio, non so con che genere di occhi, poiché smise di parlare di colpo e rimase impietrita. Mi avvicinai e con un solo gesto le alzai la maglietta. Ambra sobbalzò ma non disse nulla, non polemizzò, non cercò nemmeno di sottrarsi a me che alzai anche il suo reggiseno ed iniziai a stuzzicarle i capezzoli con le mani, le dita, finendo ad utilizzare la bocca e la lingua. Ambra gemette e riprese ad ansimare, cercando di non alzare troppo la voce, appoggiando le mani sulle mie spalle, stando ad occhi chiusi.
Silenzio, voi! Pensai sentendo i cristalli che parlottavano a bassa voce tra loro, commentando quegli atti che stavo compiendo, guidato da quel mio istinto animale.
«Cosa ti prende...?» Gemette ancora lei.
La guardai e sussurrai contro le sue labbra: «Ho voglia...» la tirai già dal parapetto di pietra e la baciai, senza smettere di toccarla. Sentii che anche lei si lasciò andare ed abbandonò la sua solita timidezza, allungando una mano e toccando me in mezzo alle gambe. Biascicai: «Ho voglia di te».
«Anch'io ti voglio...» balbettò tra un bacio e l'altro.
La fissai nei due occhi blu e le accarezzai i capelli seguendo l'intero contorno della sua testa, dalla fronte alla nuca. Quasi stesse leggendo i miei pensieri contorti del momento, si abbassò sulle ginocchia mentre già stavo slacciando i pantaloni, ma proseguì e concluse quasi tutto lei. Il contatto tra la mia pelle e la sua bocca, quella calda e umida sensazione della sua saliva che avvolgeva il mio sesso, fu piacevolmente intensa, i brividi mi salirono lungo la spina dorsale e si diffusero per tutto il mio corpo, ovunque, manifestandosi anche vocalmente, attraverso i miei gemiti che faticavo a controllare, mentre guidavo la sua testa con una mano e con l'altra cercavo di soffocare un poco il volume della mia voce.
L'Esagramma aveva iniziato a brillare, senza più darmi problemi di bruciore, ma in ogni caso quelli erano i momenti in cui mi accadeva di avere quella sufficiente perdita di equilibrio, che non solo mandava in tilt i poteri che racchiudevo nell'anima, con i cristalli che si agitavano a parole, ma anche il mio aspetto fisico tendeva a mutare negli occhi, nei denti ed al culmine dell'orgasmo quello che mi sfuggì fu un vero e proprio ringhio che andò via, via allentandosi.
Scivolai fuori dalla sua bocca, mi ricomposi e facendo finta di nulla mi appoggiai al parapetto della veranda, osservando in silenzio le persone che passeggiavano e godevano della frescura del parco. Ambra si alzò vicino a me, posando la testa sulla mia spalla. Strano ma vero sembravamo imbarazzati entrambi, anche se pian piano iniziammo a ridere, cominciando da uno sghignazzare isterico a bassa voce, fino ad arrivare a vere e proprie risate di pancia che sembravano non avere fine.
Chiunque avrebbe invidiato la nostra complicità che si manifestava in qualsiasi contesto, senza preavviso.
«Hai già steso il programma per domenica?» Ambra prese posto sul divano del salotto ed afferrò il plico di schede con la descrizione di svariate pietre e cristalli, fossili e minerali.
«Sai che di solito improvviso».
«Per avere un'idea di cosa dire, però, ne avresti bisogno».
«Non ho nessun problema a ricordare» puntualizzai sedendomi sul divano accanto a lei, porgendole un bicchiere di limonata.
«Tu. Ma gli altri? Non hai ancora fotocopiato queste dispense».
«Rilassati, siamo solo a lunedì, la possibilità di adesione ha scadenza mercoledì, le fotocopio in base ai partecipanti».
Ambra sorseggiò la limonata fissandomi torva. Ricambiai l'atteggiamento bevendo a mia volta, lasciando che i nostri occhi si perdessero l'uno in quello dell'altra. Le serietà dei nostri sguardi si sciolse poco dopo. Ambra abbandonò sul tavolino basso del salotto il bicchiere e si mise a gambe incrociate sul divano, girata verso di me. Lasciai anch'io il mio bicchiere vicino al suo e mi ressi il volto con una mano, posando il braccio sullo schienale del sofà, osservandola con la testa inclinata ed il mio solito sorrisino malizioso.
«Potresti arrivare con l'acqua alla gola» mormorò iniziando a fissarsi le unghie, dopo un sacco di tempo che mi teneva testa. Ero fiero di questo suo piccolo passo avanti: aveva più coraggio a guardare negli occhi.
«Anche se succedesse, me la saprei sbrigare» massaggiai un suo ginocchio con l'altra mano. «Poi ci sei tu a sostenermi».
Sorrise: «Ci sono quasi più come allieva, visto che dei minerali so ben poco, a parte della Tormalina, che è una protezione ed una calamita per le manacce di un Lupo pestifero».
Risi e la trassi vicino a me, limitandomi a coccolarla un po'. Ambra si accucciò sul mio petto, circondandomi la vita con le braccia, lasciando che il silenzio ci avvolgesse, nemmeno la tv mi chiese di accendere.
Solo una cosa era diversa: per lei aleggiava il silenzio, ma io sentivo parlare i cristalli e non sembravano proprio tranquilli. Davano l'idea di sentire qualcosa che nemmeno loro, stranamente, sapevano che cosa fosse. Per primi non affermavano di stare in guardia, perchè non era nulla di pericoloso e dannoso, ma in ogni caso non dovevo mai perdere la prudenza.
Non mi sottovalutate... Pensai.
2.
UNA STRANA RAGAZZA
Il giorno seguente pioveva.
Capii dalla prima luce grigiastra del mattino, non appena mi svegliai, che l'estate era giunta al suo termine ufficiale, ormai: sicuramente la prima pioggia di settembre avrebbe portato la frescura che non avrebbe più concesso al caldo di tornare. Ed Ambra ne sarebbe stata entusiasta, conoscendola.
Mi alzai, sistemandomi in bagno e dedicandomi poi al solito momento di meditazione, che avevo ripreso a fare con regolarità ogni giorno prima di scendere in negozio. Entrai accolto dal luccichio delle gemme e le loro voci.
Buongiorno, Mentore! Dicevano.
«Salve a tutti, amici miei».
Osservai il negozio, sempre illuminato anche senza bisogno di luce artificiale, immune da polvere, con l'aria leggera e la sua atmosfera di consueto diversa da quella del giorno prima. Inspirai l'aria ed accennai un sorriso, frugando nei cassetti per prendere un bastoncino d'incenso.
Lasciai fosse il Caso a scegliere.
Ne strinsi uno tra l'indice ed il pollice e lo tolsi dal suo involucro plastificato, lo avvicinai al naso e cercai di individuare che essenza fosse: Lavanda, calmante di spirito e corpo, capace di alleviare lo stress e far rilassare a fondo.
Non lo trovai il più adatto per quel momento, ma con un'alzata di spalle lo posizionai nel suo bruciatore e gli diedi fuoco col l'accendino: se il Caso aveva scelto quello, sicuramente c'era un perchè, ma non spettava a me scoprirlo. Studiai il fumo che saliva leggero e diffondeva il profumo di Lavanda nell'ambiente, biancastro ma sfumato dal colore del fiore spirituale e delle numerose Ametiste. Mi lasciai trasportare per alcuni istanti dal profumo della spiritualità, con l'obbiettivo di iniziare al meglio la giornata
Sentii il campanellino della porta aprirsi ed a seguire un trambusto di passi sconnessi, accompagni da uno strillo ed un tonfo finale. Mi voltai trovando stesa a terra una ragazza e sparse attorno a lei numerose buste e lettere, rovesciatesi fuori dalla borsa che