Sopravvissuto
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Anteprima del libro
Sopravvissuto - Enrico Codella
INDICE
Un terribile risveglio…
Ritorno all’Università…
La rivelazione
The End…?
SOPRAVVISSUTO
Copertina di Matteo Dal Passo
Revisionato e corretto da Stefano Contini
Youcanprint Self-Publishing
Titolo | Sopravvissuto
Autore | Enrico Codella
ISBN | 9788892665675
Prima edizione digitale: 2017
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
info@youcanprint.it
www.youcanprint.it
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Alle persone che credono in me
Un terribile risveglio…
Un grande boato. Non ricordo altro di quel giorno in cui la mia vita cambiò, per sempre. Sono trascorsi diversi mesi ormai, ma sembrano passati anni. Se ho fatto bene i calcoli, oggi è il 10 settembre 2019 e il mondo di prima non esiste più. Ho 27 anni, mi chiamo Carlo e sono sopravvissuto, per ora, a qualcosa di terribile. Dopo tutto questo tempo non sono neanche tanto sicuro di cosa sia successo. Non sono più sicuro di nulla. Non so per quanto tempo rimasi privo di sensi. Di quel momento ricordo il silenzio. Ai nostri giorni molti non ne conoscevano neanche più il significato.
Quel giorno il silenzio era il padrone incontrastato delle strade. Ogni tanto si sentiva qualcosa che assomigliava a delle urla, niente di rassicurante. Avrei voluto sentire la voce di un’altra persona, una voce amica, ma le linee telefoniche erano saltate. Ero isolato dal resto del mondo, lo erano tutti. Ero solo. Spero che qualcuno ritrovi questo diario così che possa capire cosa sia accaduto. Vi voglio raccontare la mia storia e quella dei miei compagni di viaggio in questa folle avventura. Riposino tutti in pace.
Qualcosa ha colpito Milano, non so perché, non so come, almeno non lo so con certezza. I soccorsi non sono mai arrivati, siamo stati isolati, come se fossimo in quarantena. Il rischio di venir fin qui a salvarci è forse troppo elevato, siamo sacrificabili perché loro, come me, hanno visto gli effetti che provoca il virus. Non so neanche come ti colpisca, ho solo visto di cosa è capace. Non avrei mai immaginato che ciò che avevo visto in film o letto in libri potesse diventare realtà.
La finestra a doppi vetri mi separava dalla realtà di quel giorno, una nebbia sottile avvolgeva l’intera città che, dal settimo piano del mio palazzo, contemplavo in un silenzio assordante. Improvvisamente vidi una persona correre alla disperata, cadere e accasciarsi al suolo. Si contorceva talmente tanto da sembrare posseduta, poi smise di muoversi e un fiume di sangue cominciò a scorrere verso il tombino più vicino. Qualcosa mi fermò dall’uscire sul balcone, forse la paura. Questa decisione mi salvò la vita. L’aria era contaminata. L’operazione non era difficile, chiunque si fosse trovato in strada in quel momento sarebbe morto. Chiusi tutte le tapparelle fino all’ultima fessura, mi barricai in casa, al buio. Un blackout irreversibile che dura ancora da quel giorno. Poi cercai di raccogliere più acqua possibile: riempii vasi, bottiglie e vasca da bagno. Avevo paura che l’acqua si contaminasse. Non avevo ancora pensato alla fine che avevano fatto i miei genitori e i miei amici, meglio non pensarci. Accettai presto il fatto che potessero essere tutti morti. Sul telefono era sparito il segnale e la batteria si stava esaurendo, questa sembrava l’unica cosa che non era cambiata nel mondo in cui mi ero risvegliato.
I giorni passavano tutti uguali tra loro e avevo il terrore di vedere cosa stesse accadendo all’esterno. Pensai solo a me stesso e non mi vergogno di dirlo. Forse avrei potuto salvare qualcuno, il condominio tremava scosso dalle persone che lo abitavano, ma volevo sopravvivere e stare fermo al buio era il miglior modo per rimanere in vita. Mi abituai all’oscurità dopo un giorno.
Del cibo non mi potevo lamentare, sarei potuto andare avanti mesi razionandolo attentamente. Allo stesso tempo cominciai a pensare che dovevo trovare un modo per uscire, ma chi aveva una maschera con il filtro dell’aria o cose simili? Era solo un sogno irrazionale.
Dopo una settimana decisi di capire che cosa stesse accadendo attorno a me. Non sicuro di cosa avrei trovato davanti ai miei occhi, alzai la serranda. Mi misi a ridere perché era notte, non vedevo nulla, solo una città buia. La risata terminò in un pianto in cui sfogai tutta la paura che fino a quel momento avevo cercato di nascondere a me stesso. A dire il vero non ero sicuro che avessi ancora una città davanti ai miei occhi, ci poteva essere qualunque cosa. Non avevo mai visto Milano spenta. Cercai la luna nel cielo, ma non la trovai. Dormii spalle alla finestra fino alla luce dell’alba. Avere una vista chiara era difficile, tutti quei giorni senza la luce del sole non sono stati uno scherzo. Ma pian piano che riacquistavo la vista, cominciavo a distinguere qualcosa. La strada era piena di cadaveri, come se si fosse combattuta una di quelle battaglie che nell’800 lasciava sul campo centinaia di morti. Ma nessuna baionetta o cannone ne era la causa. Qualcosa d’invisibile, ma non per questo innocuo, era il colpevole. Guardai lo skyline senza pensare a niente, o meglio, pensavo a tante cose, ma così tante che non comprendevo il flusso dei miei pensieri. Mi svegliò dal dormiveglia il canto di un uccellino. All’inizio non ci pensai, poi capii. Se lui vive, l’aria è pulita, almeno era quello che speravo. Allora presi coraggio e andai sul balcone. Il primo respiro fu il più bello, come quando si emerge dall’acqua per prendere fiato. Ero vivo, mi rallegrai giusto per i pochi secondi che precedettero la vista del cane dei mie vicini, ormai in putrefazione sul balcone attiguo. Non era possibile