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Viterbo in Noir: Antologia di racconti gialli-noir
Viterbo in Noir: Antologia di racconti gialli-noir
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E-book218 pagine3 ore

Viterbo in Noir: Antologia di racconti gialli-noir

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Info su questo ebook

Il volume, curato da Federica Marchetti, riunisce un gruppo di scrittori già amici del Gatto Nero[1] che nel 2010 partecipano in 33 alla rassegna Viterbo in Giallo (in 8 appuntamenti, distribuiti da marzo a ottobre). Nel 2011 si ritrovano in 16 per l’omonima antologia pubblicata dalle edizioni Il Foglio e presentata nella seconda edizione della rassegna. Mai persi di vita e rincontratisi in diverse occasioni (Giallolatino, Tolfa Gialli & Noir, Sovana in Arte), nel 2018 gli “amici in giallo” si riuniscono in 13 per realizzare un nuovo volume di delitti e misteri sempre ambientati a Viterbo e dintorni. Questa volta è d’obbligo che almeno uno dei personaggi (vittima, assassino, investigatore, informatore, testimone, cameo, narratore o altro) sia uno di loro. Sfidando le leggi del mercato editoriale, la crisi economica e la reticenza dei lettori, l’avventura in giallo con gli amici scrittori riprende, dunque, a 8 anni di distanza dall’ultimo lavoro collettivo con la promessa di non far più trascorrere così tanto tempo gli uni lontani dagli altri. Viterbo Noir è dedicato agli amici Massimo Mongai (1950-2016) e Patrizia Pesaresi (1952-2018), scrittori brillanti e sagaci che hanno preso parte alla rassegna Viterbo in Giallo e che ci hanno prematuramente lasciati.

Autori

Maurizio Blini
Gian Luca Campagna
Andrea Franco
Enrico Luceri
Federica Marchetti
Nicola Marchetti
Marco Minicangeli
Fabio Monteduro
Mario Quattrucci
Gino Saladini
Sandro Spanu
Francesca Ventura
Nicola Verde


[1] “Il Gatto Nero” a cura di Federica Marchetti: dal 2000 fanzine sul giallo, dal 2006 sito internet www.ilgattonero.it.
LinguaItaliano
Data di uscita24 apr 2019
ISBN9788869433511
Viterbo in Noir: Antologia di racconti gialli-noir

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    Anteprima del libro

    Viterbo in Noir - A.A. V.V.

    PREFAZIONE

    Il volume riunisce un gruppo di scrittori già amici del Gatto Nero che nel 2010 partecipano in 33 alla rassegna Viterbo in Giallo (in 8 appuntamenti, distribuiti da marzo a ottobre). Nel 2011 si ritrovano in 16 per l’omonima antologia pubblicata dalle edizioni Il Foglio e presentata nella seconda edizione della rassegna. Mai persi di vista e rincontratisi in diverse occasioni (Giallolatino, Tolfa Gialli & Noir, Sovana in Arte), nel 2018 gli amici in giallo si riuniscono in 13 per realizzare un nuovo volume di delitti e misteri sempre ambientati a Viterbo e dintorni. Questa volta è d’obbligo che almeno uno dei personaggi (vittima, assassino, investigatore, informatore, testimone, cameo, narratore o altro) sia uno di loro. Sfidando le leggi del mercato editoriale, la crisi economica e la reticenza dei lettori, l’avventura in giallo con gli amici scrittori riprende, dunque, a otto anni di distanza dall’ultimo lavoro collettivo con la promessa di non far più trascorrere così tanto tempo gli uni lontani dagli altri.

    Il volume è dedicato a Massimo Mongai (1950-2016) e a Patrizia Pesaresi (1952-2018), scrittori brillanti e sagaci che hanno preso parte alla rassegna Viterbo in Giallo e che ci hanno prematuramente lasciati.

    La curatrice

    Federica Marchetti

    Maurizio Blini

    SEGRETI DI FAMIGLIA

    Federica è seduta sul bordo del letto. Osserva in silenzio un punto preciso sul pavimento. Una piccola e stravagante macchia scura, una tra le tante che la vecchia graniglia deve aver evidenziato nel tempo.

    Il capo poggiato sulle sue mani, abbandonato. Come se questo pesasse oltremodo.

    È affranta, desolata, sola.

    Si guarda intorno con occhi spenti come per cercare qualcosa ma poi torna ad abbandonarsi nella posizione originaria e forse più rassicurante. In testa mille pensieri che corrono veloci. E poi ricordi, tanti ricordi, che sembrano ora precipitare improvvisamente dal cielo, come sassi. E che sanno ferire, fare male.

    Si accende un’altra sigaretta e ne aspira con rabbia il fumo amico. Tossisce, sbuffa e poi nuovamente lo sguardo è attratto dal nulla.

    Federica è confusa. Si gratta nervosamente la testa per poi tornare a osservare mobili, quadri e scatoloni a terra.

    L’alloggio di sua sorella a Milano è un vero casino e lei non sa proprio da che parte iniziare.

    Si alza quasi a fatica, come se dovesse lottare contro una diversa gravità, poi si avvicina al muro a osservare meglio una fotografia. Rimane in silenzio per qualche istante, inclina il capo e uno strano sorriso s’impadronisce di lei. In fondo guardare una sorella gemella è un po’ come osservarsi allo specchio, pensa.

    Già, Laura, questa sconosciuta.

    Muove il capo in una sorta di dissenso e poi cerca il suo volto nel passato, tra ricordi e rimorsi.

    Di norma i gemelli sono simili in tutto, spesso identici. Beh, questa volta invece, l’eccezione aveva confermato la regola, perché Laura era stata decisamente diversa da lei. E in tutto.

    Imprinting, apprendimento culturale, esperienze comuni? Tutte stronzate.

    Laura già da piccola aveva una visione del mondo lontana anni luce da quella di Federica e del resto della famiglia. L’omologazione le era sempre risultata insopportabile. E infine se n’era andata di casa giovanissima. Voleva fare l’artista, già.

    Federica ricorda bene i continui ed estenuanti litigi in famiglia. Con suo padre, soprattutto, poverino, che proprio ce l’aveva messa tutta la pazienza, quel sant’uomo.

    Ma lei era così. Diversa, alternativa. Forse un po’ strana.

    Continuava a ripetere a tutti che Viterbo era una città di merda, un paese in cui non succedeva nulla e in cui non sarebbe mai successo nulla. Che la vera vita era nelle grandi città, piene di stimoli, gente interessante, opportunità, musica, arte e cultura.

    Aveva iniziato a studiare il basso elettrico insieme a due suoi amici dai capelli rasta e che probabilmente si drogavano pure. Poi si era messa insieme a un batterista di Tuscania. Ma era durata poco. Lui forse era troppo normale per lei, anche se aveva un anello al naso.

    Federica si alza e vaga quasi senza senso in quelle due camere in zona Bicocca. Le braccia conserte come a proteggersi da un fantasma.

    Era questa la Milano che volevi bella mia? sussurra a mezza voce.

    Si guarda intorno frastornata. Non sa da quale parte cominciare.

    Beh, se voleva una vita sopra le righe l’aveva infine avuta, pensa mangiandosi le unghie. Che cazzo! Tutti l’avevano redarguita, avvisata, consigliata, forse anche minacciata. Fino a quello schiaffo.

    Federica si irrigidisce all’improvviso e il suo volto si trasforma in una maschera dell’assurdo.

    Uno schiaffo. Un maledettissimo e stupido gesto che aveva alzato, e per sempre, un muro invalicabile tra loro. Si era trattato di un attimo, una reazione istintiva forse. Chissà. Però lo schiaffo era partito, forte, deciso e impertinente. Verso il suo viso.

    Federica si accarezza dolcemente la guancia offesa socchiudendo gli occhi. Come in un gesto infantile. Quel maledetto istante riemerge ora prepotente dai suoi ricordi. Quanti anni erano passati? Una ventina forse? Si chiede cercando nella sua memoria quel fotogramma sbiadito. L’epilogo dell’ennesima discussione, l’ultima.

    Con quel gesto arrogante, prepotente, provocatorio, Laura aveva infatti stabilito che si era concluso e definitivamente ogni tipo di comunicazione con sua sorella.

    Se n’era poi andata svelta, con qualche straccio infilato in uno zaino e il suo basso elettrico rinchiuso in una custodia rigida e scura come una bara. Nessuno l’aveva più sentita. Laura era come morta anzitempo. Per tutti.

    Una volta, ricorda, quando la gente del quartiere La Quercia chiedeva di lei, papà e mamma provavano vergogna. E allora si erano inventati la storia che Laura si era trasferita in Germania e che aveva tre figli. Che era felice e che si occupava di musica. Una menzogna innocente in fondo. La reazione normale di persone all’antica e per bene, che di quella vicenda ne stavano facendo una malattia.

    Federica è scossa da quei pensieri che riaffiorano insistenti dal passato.

    E lei? Come aveva infine reagito a quella provocazione dello schiaffo? Duramente. Era stato il suo orgoglio ferito a decidere per un basta. Definitivo e tombale.

    Poi il tempo era passato e le vite di tutti erano trascorse senza grandi emozioni, lente e inesorabili, come fiumi che si abbandonano al mare.

    Federica si era innamorata, sposata e poi separata, come tanti altri, mentre i suoi genitori erano invece morti anzitempo, nel giro di pochi anni, interrogandosi continuamente su dove avessero sbagliato.

    Di Laura, la corsara, come tutti la chiamavano un tempo, non era dato sapere. Scomparsa chissà dove, probabilmente a vivere di cultura, arte e amore.

    Nel frattempo Federica aveva rilevato la scuola guida di famiglia, continuando a scrivere, perché questa era la sua vera passione, la letteratura. Si cibava quotidianamente di libri gialli, noir, horror, che riusciva a scovare persino nei più reconditi mercatini dell’usato. La sua abitazione ne era zeppa.

    Ma la vita prima o poi chiede il conto da pagare, sempre, e gli imprevisti possono capitare quando meno te li aspetti, proprio come al gioco del Monopoli. Dopo tutto quel tempo infatti, era stata proprio la polizia a rintracciarla e a comunicarle che sua sorella non c’era più.

    Laura se n’era andata in un tragico incidente stradale. Nella sua Milano, la città dei suoi sogni. E lei era l’unica parente.

    Quel giorno pioveva forte. Federica si ricorda di aver aperto l’uscio e di aver dovuto affrontare l’imponderabile. Una notizia che non avrebbe mai voluto sentire e che avrebbe riaperto antiche ferite mai del tutto rimarginate. Il destino, l’ironia della sorte.

    Si stropiccia le mani dopo uno scossone. Basta pensieri. Deve muoversi e smetterla di torturarsi con i sensi di colpa. Deve liberare l’appartamento e piuttosto in fretta.

    Si accende nervosa una sigaretta, poi comincia a svuotare i cassetti in sacchetti di plastica. Nel rovistare l’appartamento si sente quasi una ladra. Cosa c’entra lei in tutta quella storia? Eppure quella è casa di sua sorella, sangue del suo sangue.

    Il suo viso è una maschera di espressioni strane in continuo mutamento. Pensieri strampalati continuano a rincorrersi vagabondi, inciampandosi e confondendosi con i ricordi dell’infanzia.

    Federica stacca dal muro la fotografia della sorella. La fissa ancora come se questa potesse darle altre risposte. Laura restituisce lo sguardo con un sorriso beffardo.

    Tutto qui sorellina? esclama lei con piglio severo. Un alloggio di merda in una periferia di merda. Complimenti!.

    La sua voce si spezza in un pianto. Lascia scivolare la cornice in una borsa e si accende un’altra sigaretta. Con la voce rotta da singhiozzi insiste.

    Per poi morire miseramente in un ridicolo incidente stradale? Con la bicicletta sotto un tram? Brava signorina so tutto io! La corsara alternativa.

    Federica non sembra accorgersi del monologo isterico che la coinvolge. Continua a parlare e ad accusare la sorella come se questa fosse proprio lì ad ascoltarla.

    Morire e scoprire di essere sola, priva di affetti, come una vagabonda. Ma era questa or dunque l’emancipazione che desideravi e per cui hai troncato ogni rapporto con la tua vita precedente, con i tuoi affetti veri, stronza? Guarda cos’hai combinato, guardati!.

    Federica è nervosa. Apre la finestra e osserva la città con occhi stanchi. Deve calmarsi. Si volta e osserva nuovamente il disordine davanti a lei. Riparte con decisione. Cerca di accelerare il macabro spoglio di quel miserabile alloggetto di periferia. Cose da tenere, poche, cose da buttare, tante.

    Svuota i cassetti di un comò colmi di tutto, bollette, sigarette e accendini, medicinali di ogni natura, carte da gioco e monetine. Poi libera una piccola libreria.

    Federica ama profondamente i libri e allora inclina il capo curiosa per leggerne i dorsi storcendo però subito il naso. Ascetismo, buddismo, taoismo e tutti argomenti che non l’attraggono affatto. Poi il suo sguardo si inchioda su uno strano dorso di colore marrone. Non è un libro. Lo prende e lo apre. Un diario.

    Si sente attratta da quel volume come se questo fosse magico. Si siede nel cucinino e comincia a sfogliarlo. Con calma e curiosità. Le parole sono importanti, Federica lo sa.

    Il tempo passa e le sue espressioni mutano velocemente quanto le sue emozioni. Passa dai sorrisi ai pianti in poco tempo, quando scopre che sua sorella nel diario si confidava segretamente proprio con lei, come con un amico immaginario. E le raccontava tutto. Ma proprio tutto.

    Federica la riscopre nel dolore, dopo un’eternità.

    Una donna matura e per certi versi tosta, proprio come lei. Racconta delle sue esperienze, di uomini, di donne, di musica e droga. Poi racconta di essere rimasta incinta ma di aver abortito nel momento in cui aveva scoperto chi fosse veramente il padre.

    Federica si interroga curiosa accendendosi nervosa una nuova sigaretta.

    La risposta, una terribile risposta non tarda ad arrivare. Poche pagine dopo.

    Sua sorella scrive di averlo ucciso e poi tagliato a pezzi.

    Federica è sconvolta. Stringe a sé il diario con forza, incredula e spaventata al contempo. Cosa diavolo ha scritto Laura la corsara in quel diario? Non crede ai suoi occhi.

    Prova una sensazione strana, come un senso di nausea con brividi. Una strana pelle d’oca l’assale irriverente. È paura. Panico.

    Chiude il diario come se questo dovesse esplodere a momenti e poi se lo infila veloce nella borsa. Sbriga in fretta e furia tutto il resto e poi abbandona l’alloggio. Ora non può permettersi il lusso di esaminarlo. Deve rimanere lucida e dare un ordine preciso alle cose. Prima il funerale e tutte le sue tristi incombenze, poi a casa, a Viterbo, il prima possibile. Solo allora potrà rileggere e cercare di capire il perché quelle parole l’hanno turbata così tanto. Solo con la necessaria serenità potrà affrontare questa nuova prova e scoprire cosa si nasconde dentro a quel maledetto diario dedicato proprio a lei.

    In strada si sbarazza velocemente di un paio di sacchi neri dell’immondizia.

    Le priorità sono priorità, certo, tuttavia, non riesce a pensare ad altro. Un chiodo fisso sembra perforarle l’anima. E poi quel tormento che l’assilla tra curiosità e paura.

    Federica sale in auto, mette in moto e si allontana.

    Ora il funerale, si ripete più volte. E poi via di qui, veloce come il vento.

    E fanculo Milano!

    Alcuni giorni dopo

    Federica è a letto. Gli occhi sbarrati verso il soffitto e uno strano senso di inquietudine. Il diario chiuso, letto e riletto mille volte, stretto tra le mani come una reliquia.

    Pensa a quelle parole che hanno trafitto le sue carni come frecce avvelenate, alle molteplici morti descritte in ogni minimo dettaglio, a quella vita dissoluta passata quasi al confine tra realtà e fantasia e a quel terribile e misterioso lato oscuro di sua sorella, vissuto e raccontato in continue e aberranti cronache di morte.

    Dio santo, ma quanti ne aveva uccisi? In quale assurdo mostro si era trasformata? E perché?

    Federica non si dà pace e cerca nei meandri della sua mente giustificazioni che possano alleviarne il dolore.

    Forse era malata, non poteva essere altrimenti. Oppure la droga. Oppure ancora, tutto poteva essere solo frutto della fantasia. Una sorta di pseudo romanzo, perché no? Le morti agghiaccianti e gli strani rituali uniti alla macabra fantasia potevano non essere vere. Racconti, storie, pensieri. Forse paranoie. Tutto sembrava così incredibile ma terribilmente reale.

    L’idea che Federica si era costruita su sua sorella era stata tragicamente stravolta. Che dire però, in fondo, era passata un’intera vita.

    Federica pensa a lei ora come a un soggetto misterioso, enigmatico e pauroso. Un mostro, una pazza, una tossica?

    In simili circostanze è alquanto difficile mantenere un equilibrio. Le ipotesi più bizzarre si affacciano insidiose. Realtà o fantasia?

    Potrebbe parlarne con Nicola, il suo amico poliziotto, quello che lavora in Questura. Ma cosa raccontargli poi? No, si vergognerebbe come una ladra e poi lui non capirebbe affatto.

    Un nuovo conflitto interiore la travolge. Da una parte il bisogno di confidarsi con qualcuno per poter alleviare quell’orribile peso che le grava addosso, poter comprendere meglio il tutto attraverso una diversa lettura dei fatti, avere una maggiore lucidità. D’all’altra, l’esigenza di tutelare quelli che restano pur sempre segreti di famiglia e che non devono assolutamente coinvolgere estranei. Che fare?

    Federica torna sul diario e ne riprende la lettura. Per l’ennesima volta, con calma, pazienza e fiducia.

    Prova a cercare nei meandri più nascosti e bui tra righe e parole, le risposte che cerca. Ma nulla. Assolutamente nulla. Nessun altro significato può modificare quel contenuto.

    Si alza dal letto e si infila nella doccia. Rimane ferma a pensare sotto quell’acqua che picchia forte sul suo corpo, benedetta e maledetta al contempo.

    Una prova, sì, questa è una prova da superare.

    Cerca di elaborare con intelligenza, di andare oltre ai fatti circostanziali, alle ipotesi più assurde. Cerca di assimilare quelle parole come se fossero sue. Cerca di sintonizzarsi mentalmente attraverso l’empatia che solo i gemelli posso avere.

    Laura, sangue del suo sangue, non può essersi allontanata così da lei. Un legame così forte non può essere spezzato solo da esperienze e scelte diverse, da visioni del mondo differenti. Il sangue è sangue, così come due binari non possono separarsi mai.

    Federica si prepara del caffè. Poi si appoggia alla credenza dove ha posato una fotografia della sorella. La osserva seria.

    Empatia. Chiude gli occhi e riesce a percepire forti le vibrazioni che la uniscono comunque a Laura. Il sangue è sangue e i gemelli sono come binari, si ripete mentalmente. Concepiti per stare insieme.

    Qualcosa sta cambiando in lei. Se ne accorge. Prova sensazioni strane e una sorta di energia nuova la avvolge. La accoglie dentro di sé, come una consapevolezza mai del tutto sopita. Sa di dover leggere gli avvenimenti con occhi nuovi,

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