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Una finestra sul noir
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Una finestra sul noir
E-book405 pagine5 ore

Una finestra sul noir

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Quarantasei autori italiani di noir – che sono, sono stati o presto saranno pubblicati dalla Fratelli Frilli Editori – hanno voluto ricordare, in quaranta racconti, il loro editore: Marco. In questa antologia le “penne” sono diverse, ma uguali nel manifestare rispetto e, soprattutto, affetto verso un uomo che, per la fortuna dei lettori, a un certo punto della sua vita ha voluto tentare l’avventura decidendo, in un’Italia che legge poco, di pubblicare libri. In queste pagine gli “investigatori seriali” dei romanzi giallo pantone lo incontrano, coinvolgendolo in inchieste o confidandosi con lui perché effettivamente così succedeva: chiacchierare con Marco era utilissimo – un abbozzo di trama, personaggi accennati, una città come sfondo – e i suoi consigli aiutavano a definire quanto ancora nebuloso, cosa andava e cosa no. Racconti si diceva, microstorie giallo-noir efficacemente tratteggiate in chiaroscuro a metà strada tra fantasia e realismo. “Cerchi chiusi” ma non tanto da non poter essere attraversati con fare deciso da chi sente sue le trame che percorre: Marco, che evidentemente vive, tenendo i suoi autori – e non solo – come prigionieri di un incantesimo. Non per nulla su questa antologia suo figlio Carlo ha detto: “… Per me sarà come incontrarlo ancora...”. Il quarantesimo racconto – selezionato da una giuria di esperti presieduta dallo scrittore Valerio Varesi (autore anche della prefazione) e composta da Patrizia Debicke, Manuel Figliolini, Cecilia Lavopa e Cristina Marra – è il vincitore del premio letterario gestito dall’Associazione Culturale Amici di Radio Savona Sound a Lui dedicato.

Gli autori
Adriana Albini, A. Alioto e R. Repaci, Rocco Ballacchino, Ivano Barbiero, Alessandro Bastasi, R. Besola, A. Ferrari e F. Gallone, Fabrizio Borgio, Daniele Cambiaso, Roberto Carboni, Diego Collaveri, Dario Crapanzano, Armando d’Amaro, Matteo Di Giulio, Massimo Fagnoni, Ippolito Edmondo Ferrario, Roberto Gandus, Fiorenza Giorgi e Irene Schiavetta, Daniele Grillo e Valeria Valentini, Domenico Ippolito, Achille Maccapani, Vincenzo Maimone, Gino Marchitelli, Maria Masella, Marvin Menini, Alberto Minnella, Roberto Mistretta, Bruno Morchio Ugo Moriano, Roberto Negro, A. Novelli e G. Zarini, Paola Mizar Paini, Alessio Piras, Alessandro Reali, Nicoletta Retteghieri, Massimo Tallone, Simone Togneri, Alberto Tondella, Maria Teresa Valle, Laura Veroni, Maria Bellucci.
LinguaItaliano
Data di uscita23 ott 2017
ISBN9788869432323
Una finestra sul noir

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    Anteprima del libro

    Una finestra sul noir - aa. vv.

    Adriana Albini

    Come un’orchidea

    Dalla finestra, oltre il cortile adibito a parcheggio, Barbara poteva osservare il flusso di macchine e camion sulla tangenziale. Veloce o fermo il traffico scandiva le ore delle giornata. Anni prima, da un analogo vetro trasparente, oltre la scrivania, vedeva il mare. Anni prima, una vita prima. Sul ripiano sotto la cornice grigia dei cristalli, erano appilati libri e riviste. In un piccolo spazio vuoto tra le carte, si stagliava lo stelo altero e solitario. Non aveva mai capito le orchidee. Fiori eleganti e orgogliosi della loro fredda sensualità. Così lei e la pianta si guardavano senza comunicare. Appeso allo stelo la donna aveva lasciato il cartellino delle istruzioni con cui era arrivata un mattino di febbraio. Poca luce, poca acqua e si prega di non mangiarla. Questa nota la faceva sorridere. Si domandava quanto sarebbe sopravvissuta lì sul piano di legno, dietro la persiana semiabbassata. Magari poteva assaggiarne un petalo prima che morisse. Non era portata per i fiori. Neanche per i cioccolatini. Era più portata per le poesie, ma non aveva ancora incontrato un uomo che gliene dedicasse. Il bigliettino era stato laconico. Come il suo latore.

    Barbara si ritrovava, durante i momenti di pausa tra un impegno e l’altro della giornata, a guardare di sottecchi la pianta. Chissà cosa significava. Era il simbolo di un amore finito, mai iniziato, durato poco più di una sera. Non si era aspettata molto, e quel che c’era, era stato ancora meno.

    Non le dispiaceva finire con un’orchidea, un ottimo viatico per un addio. Lui, lo conosceva da anni, quando era già una celebrità, e lei una studentessa. Ora di anni Barbara ne aveva di più, ma non si sentiva molto diversa. Solo un po’ segnata dalla vita, dai racconti che scriveva di notte e dalle battaglie coi dati, sempre notturne e silenziose.

    Era stata un’esperienza strana. Non aveva mai conosciuto un uomo così distante. Pensava esistessero solo nei film o nei libri. Era un fenomeno curioso misto a un’impresa disperata. Quando si erano incontrati le aveva dato appena un bacio a fior di labbra, per stabilire quel minimo di intimità, poi l’aveva amata senza quasi guardarla, sentendola con le mani e con il corpo, ma non con il cuore o la mente. In questa battaglia tra i sentimenti – di lei – la ragione e i sensi – di lui – Barbara era uscita sconfitta.

    Avevano cenato assieme, lui immerso nei suoi pensieri, a parlare di lavoro, di politica, dei suoi successi o dei prossimi traguardi. Barbara aveva ascoltato, non aveva parlato della sua vita, dei suoi sogni, aveva cercato una traccia di fiamma, di tenerezza, di non si sa che sul suo volto, e poi aveva abbassato lo sguardo sulle proprie mani, il braccialetto, le posate.

    Dopo l’amore, lui aveva sentito il bisogno di scappare, di rientrare in fretta, si era ricordato di tutte le cose importanti che doveva fare, si era dimenticato di congedarsi con una carezza o un bacio sulla guancia.

    Quando era arrivata l’orchidea, dapprima lei e la pianta si erano scambiate uno sguardo di reciproco e sospettoso interesse. Poi un collega aveva pensato di dirle: Ma non lo sai che è un simbolo sessuale?. Barbara non aveva pensato a questo risvolto allusivo quando l’aveva ricevuta, ne aveva solo ammirato la bellezza e la superbia, ma dopo quella frase il fiore le era sembrato ancora più insolente e arrogante, così lo aveva relegato alle sue spalle, a guardarsi la tangenziale.

    C’era qualcosa tra di loro ma lui l’aveva liquidata con due frasi annoiate e un fare affrettato e nervoso.

    Stava per uscire quando le annunciarono dalla portineria la visita. Era il suo editore, Marco Frilli, che viveva a Genova, ma un paio di volte era andato a farsi delle analisi nei vicini laboratori milanesi.

    Marco, sei arrivato senza dirmi nulla, e io stavo andandomene, non credo che al punto prelievi ci sia ancora qualcuno.

    Marco era sul vano della porta, senza bisogno che lo accompagnassero si era ricordato della posizione del suo ufficio.

    Niente prelievo. Sono venuto di corsa per un fatto di cui devo parlarti di persona.

    Non ti è piaciuto il mio ultimo romanzo? Beh, bastava che me lo scrivessi.

    Guarda, la interruppe, si tratta di un fatto stranissimo. Stamattina nel mio studio di Genova, alla Fratelli Frilli Editori, un corriere ha consegnato un pacco. C’era una copia del tuo romanzo, con alcune pagine strappate, una macchia di sangue sotto il titolo, e un petalo di orchidea.

    Poi mentre mi parlava vide la pianta. Ci avvicinammo assieme. Un petalo era effettivamente stato strappato, eppure non me n’ero accorta.

    Ho pensato che dovesse essere accaduto qualcosa di strano, non mi sembrava il caso di parlarne per telefono.

    Proprio niente, pensò lei, salvo che ho passato una strana sera malinconica ed erotica sepolta da frasi e racconti inutili. O forse…non del tutto vuoti e inutili…un momento di ansia, lui che farfugliava qualcosa, un’ombra dal vetro del ristorante.

    Guardò il biglietto, non diceva solo poca acqua, poca luce… scritto in piccolo c’era qualcos’altro.

    Marco hai portato il pacco col mio libro che ti è arrivato stamattina?.

    Certo.

    La guardava coi suoi occhi grandi e comprensivi, il respiro che sapeva di sigaretta, quando era nel suo ufficio di Genova, in casa editrice, ne fumava una dietro l’altra, pacchetto dopo pacchetto. Ma lì sapeva che non aveva il permesso.

    Volevo dire che non puoi usare per il tuo personaggio il nome del commissario De Vincenzi.

    Non ti piace?.

    No, è che è già stato usato, sarebbe un plagio, era il protagonista dei gialli di De Angelis, uno scrittore nato nel 1888.

    A va beh, Marco, cambiamo nome al commissario, ma che c’entra con la copia insanguinata del manoscritto del mio romanzo?.

    Mentre viaggiavo in macchina per venire a parlarti ho sentito alla radio che un fattorino di un corriere è stato assassinato, e temo che sia quello che ha recapitato il pacco.

    Scusa non capisco.

    Barbara, sta succedendo qualcosa più grande della tua fantasia.

    La testa prese a girarle. Si ricordò che De Angelis era il cognome della moglie dello scrittore con cui era uscita, era una personalità famosa anche lei. Si rammentò anche che aveva dato al celebre autore una bozza del libro da leggere, per avere i suoi commenti. Un modo come un altro di fare amicizia.

    Dunque, forse qualcosa collegava il tutto, il romanzo, il fiore.

    Il telefono squillò, strano era il fisso, di solito la chiamavano sul cellulare. La segreteria le annunciava che il famoso scrittore con cui collaborava era stato ucciso da poco. Accese la televisione che aveva in studio e comparve il servizio sull’omicidio. Era lui. Un amore durato davvero poco.

    Marco?, prese la mano dell’editore e la strinse. Conosciamo quell’uomo…, poi cambiò discorso. Ma perché secondo te le pagine del manoscritto sono state strappate?.

    Qualcuno voleva riscrivere qualche brano per te.

    Mi sai dire che libri firmava De Angelis?.

    "Il più famoso è Il mistero delle tre orchidee".

    Ah ecco.

    Guardò per l’ennesima volta il biglietto sull’orchidea – poca acqua, poca luce – e, scritta in piccolo, la firma: De Angelis. Dunque il fiore era stata lei, la moglie, a mandarlo?

    Senti Marco, mi sta venendo ansia. Usciamo, andiamo a prenderci un aperitivo, mi dai consigli sul romanzo e puoi anche fumarti una sigaretta, che se no vai in apnea.

    Scesero le scale fino all’uscita.

    Restava, come spartiacque, la bianca orchidea, inconsapevole e aggressiva, un simbolo sessuale, di un sesso eretistico e privo di dolcezza, estremamente solitaria, testimone di un fatto apparentemente insignificante che invece diventava una storia drammatica.

    La verde creatura passerà il weekend da sola, si disse Barbara, a contemplare le poche auto che sfiorano il suolo. Forse deperirà come l’amore vano, finito e ucciso di cui è il perfetto simbolo e morirà come il mio incontro di una notte.

    A meno che, a forza di guardare la tangenziale, storcendo la corolla per allungarsi ancora un po’, ma senza profumare la stanza di sé, fiore candido, perfetto ma così incredibilmente algido, la pianta non sarebbe morta di freddo e abbandono.

    Come aveva rischiato di fare lei. Invece un caldo abbraccio l’aveva consegnata a sangue, crimine e mistero. Forse per poco.

    Chiuse la porta lasciandosi dietro la pianta.

    Mentre usciva, camminando qualche passo dietro Marco, che la guardava con apprensione, un camion sbandò travolgendola.

    Marco, come sempre attento e circospetto, era riuscito a scostarsi in tempo e, mentre il veicolo si dileguava senza accennare a rallentare lesse la scritta pubblicitaria. De Angelis – Floricultura – Specialisti in Orchidee.

    Si domandò, mentre la soccorreva, se Barbara sarebbe sopravvissuta.

    La donna, ferita e quasi esanime, sentendosi sollevare dalle braccia amiche, ebbe un ultimo pensiero: lunedì avrebbe regalato l’orchidea alla sua assistente che sicuramente ne avrebbe avuto miglior cura di lei.

    Alessandra Alioto e Rosalba Repaci

    Le parole non hanno prezzo

    Mi sono distratto un attimo e ho perso di vista la mia fidanzata. La cerco tra la folla che, con incedere tranquillo, si aggira tra le corsie della Fiera Primavera di Genova, ruotando il capo da destra a sinistra, da una bancarella all’altra, come se stesse seguendo un incontro di tennis. Fa caldo e, per la cronaca, io sopporto poco questi luoghi stipati di gente, dove vendono proprio tutto, dal cibo all’ultimo modello di automobile, passando dagli infissi e arrivando alla scelta di un arredamento completo, merce proposta con enfasi da bravi imbonitori che promettono sconti fiera eccezionali. Il mio excursus visivo inciampa in una grande macchia color giallo pantone che, a guardar bene, non può essere che la bancarella dell’editore genovese Fratelli Frilli, con il suo gatto nero sopra una pila sghemba di libri ad attirare lettori di noir. Ed ecco lì Costanza, accanto al banco. Gesticola, agitando le sue braccia magre, mentre chiacchiera con un signore non più giovanissimo che, però, si ricorda ancora molto bene come far ridere le donne: lei, infatti, esplode in una sonora risata che riesco a sentire dai venti passi che mi separano da loro; reclina il capo e si tocca i lunghi capelli scuri, con quel gesto seduttivo che mi è arrivato dritto al cuore il giorno del nostro primo incontro. Mi avvicino a Costanza, cogliendola di sorpresa e mi intrometto sfacciatamente: Vedo che vi state divertendo, posso ridere anche io o sono di troppo?.

    Oh Massimo, eccoti qui. Ti presento il mio editore preferito: Marco Frilli. Sono una divoratrice dei suoi noir da sempre, ma soltanto oggi, ho avuto il piacere di conoscerlo di persona.

    In un gesto di possesso, stringo Costanza a me, mentre porgo la mano al signor Frilli.

    Piacere, Massimo De Scalzi.

    Piacere mio. Complimenti, la sua signora è davvero una donna spiritosa e soprattutto una lettrice di buon gusto. Anche lei è un lettore di noir?.

    Costanza mi precede e puntualizza: No, Massimo legge solo libri di fantascienza.

    Peccato, i noir potrebbero piacerle; avrei giusto due o tre titoli da consigliarle, ribatte, indicandomi una pila di libri alla sua destra.

    La ringrazio, ma i crimini di fantasia li lascio a voi, io ho già il mio gran daffare nel combatterli ogni giorno, sono un maresciallo dei Carabinieri.

    Costanza sorride e guardando Marco aggiunge: Eh sì, Massimo è il mio supereroe preferito.

    Il suo nome è De Scalzi, giusto? Maresciallo, potrebbe diventare un personaggio seriale di uno dei miei autori. Se vuole, ne possiamo parlare con qualcuno di loro.

    Si figuri, non cerco davvero notorietà.

    Marco Frilli fa l’occhiolino a Costanza, di fronte a me, senza neppure nascondersi e aggiunge: Signora cara, come ha visto, io ci ho provato a farlo diventare Frilliano....

    Non riesco a trattenermi, a esimermi dal ribattergli: "Mi sa che a lei piace molto provarci con le belle donne".

    L’editore ride di gusto e, stando allo scherzo, dice: Malgrado l’età, non sono ancora da buttar via e poi, come si può resistere al fascino di un tale esemplare di lettrice?.

    Sono un uomo fortunato, rispondo sorridendo.

    Costanza, ignara di questo scambio di battute, è impegnata a cercare i noir, che vuole acquistare. Ha portato con sé un foglietto con un lungo elenco di titoli e, man mano che ne trova uno, lo cancella dalla lista, con aria soddisfatta. Guardando la quantità di libri che ha già scelto, ho capito che la mia fidanzata si è completamente dimenticata che, per amor suo, ho rimesso la seconda sella alla mia moto Guzzi Le Mans 850, ma per nessun motivo al mondo, rovinerei, con un bauletto, la sua linea sinuosa come i fianchi di una donna.

    Marco intanto, indaffarato a servire altri clienti, sta scherzando e chiacchierando amabilmente con loro.

    Con la coda dell’occhio scorgo un ragazzo giovane, alto, magro, con gli auricolari a entrambe le orecchie, intento a passare velocemente in rassegna i titoli sulle copertine gialle dei libri esposti. Mi sento quasi ipnotizzato da lui, senza capirne il motivo, quando, all’improvviso, la scena si movimenta: il ragazzo, in modo davvero fulmineo, agguanta tre libri, si gira e si allontana velocemente. Marco non si accorge di nulla, chinato per prendere un sacchetto da sotto il banco. Parto all’inseguimento del ladro di libri, rischiando di far cadere la mia Costanza, che con agilità felina, riconquista subito l’equilibrio. Lascio Marco attonito a guardare un sottufficiale dell’Arma, già cinquantenne, misurarsi con un imberbe in forma, senza saperne il motivo. Dribblare le persone che affollano la Fiera non è impresa da poco. Spero che il mio ginocchio sinistro non decida di cedere proprio ora… Ancora un piccolo sforzo e riesco a raggiungere il ragazzo in fuga. La fortuna è dalla mia parte: la corsa del ladro ha una brusca interruzione quando lo zaino del fuggitivo, urtando un espositore verticale di caschi da moto, ne fa rotolare alcuni che, provvidenzialmente, si posizionano davanti ai suoi piedi, facendolo cadere a terra.

    Mi blocco. Mi chino su di lui, con le mani appoggiate sulle ginocchia per riprendermi, ansimando come un mantice.

    Mannaggia a te e ai libri noir… proprio in questa fiera dovevi venire a rubare? Mi costringi a lavorare anche nel mio tempo libero. Sei una gran rottura di cristalli, tirati su e vieni con me. Sono un maresciallo dei Carabinieri.

    Il ragazzo ubbidisce, raccoglie i libri da terra e me li porge, senza alzare lo sguardo, il capo chino a nascondere lacrime, forse di vergogna.

    La bancarella Frilli è per fortuna meno affollata di prima. Appena ci avviciniamo a Marco, le lacrime trattenute rigano le guance del giovane a bagnargli il mento. L’editore lo osserva per pochi minuti in silenzio, con uno sguardo profondo e gentile di chi non giudica, ma vuole sapere, per comprendere.

    Come ti chiami?, gli chiede in tono tranquillo.

    Il ragazzo alza appena lo sguardo per rispondere: Manuel.

    Mi servono le tue generalità complete, anzi, dammi un documento, intervengo io, seccamente.

    Il ragazzo prende il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans, tira fuori la carta d’identità e me la porge. I polsini del suo giubbotto sono logori e le sue scarpe da ginnastica non sono in condizioni migliori.

    Hai appena compiuto diciott’anni, bel modo di festeggiare la maggiore età. Cosa ti è venuto in mente? Guarda in che casino ti sei cacciato.

    Per me è stata la prima volta… lo giuro. Ho visto tutti questi libri e ho pensato che stanotte mi avrebbero potuto aiutare.

    Marco Frilli mi batte sul tempo e gli chiede: Aiutare a fare che?.

    A stare sveglio per controllare mia sorella Micol.

    E perché questa tua sorella Micol avrebbe bisogno di essere controllata?, gli chiedo spazientito.

    Manuel si guarda in giro, imbarazzato. Marco Frilli lo invita dietro al bancone, gli avvicina uno sgabello e si accomoda accanto a lui.

    Mia sorella ha ventidue anni e si fa di eroina da due. Non possiamo lasciarla sola, mio padre ed io facciamo i turni per non perderla mai di vista. Lei ce la sta mettendo tutta, ma è difficile vincere contro questa merda. La controlliamo, sia di giorno che di notte, per evitare una ricaduta. L’unico modo per riuscire a non addormentarmi è leggere. A me piace moltissimo, ma non ci possiamo permettere un libro per ogni mio turno e non mi piace rileggere le storie due volte….

    Ma invece di rubarli, non potresti frequentare una biblioteca e prenderne in prestito tutti quelli che vuoi?, lo interrompo io.

    Oggi è domenica, sono chiuse.

    Mentre Manuel racconta la sua storia, Marco Frilli giocherella con la fede nuziale, assorto nei suoi pensieri: l’editore ha reagito al furto con pacatezza, senza manifestare alcun segno di disappunto.

    Sistemiamo questa faccenda, chiamo in Caserma per farti venire a prendere, informo il ragazzo e poi, voltandomi verso Marco Frilli, continuo: Mi spiace doverle dare la seccatura di venire in ufficio a firmare la denuncia di furto, ma è necessario.

    L’editore indugia qualche attimo prima di rispondere: Perché? Secondo lei, maresciallo De Scalzi, perché io dovrei denunciare questo ragazzo per il furto di tre libri, aggiungendo altri pensieri alla sua famiglia, già abbastanza sfortunata?.

    Perché non ha rispettato la legge, signor Frilli, mi sembra evidente.

    A me no. Di evidente in questa storia c’è soltanto un ragazzo che ama leggere a tal punto da trovare il coraggio di rubare.

    Sì, è vero, ma rimane comunque un ladro.

    Marco si alza dallo sgabello, si avvicina a me, si toglie gli occhiali e li pulisce con movimenti lenti e circolari. Con tono serio ribatte: Non sono del tutto d’accordo, maresciallo. Come le opere d’arte, anche i libri sono portatori sani di cultura. Certo, noi editori, come i librai, dobbiamo pur campare, ma se ci pensa, le storie trovano il loro posto, non solo nelle menti del lettore, ma fanno conoscere personaggi che possono diventare cittadini onorari di questo nostro mondo, come se fossero persone reali e, per questo, i libri avrebbero il diritto di essere alla portata di tutti quelli che amano leggere.

    Non aggiunge altro. Prende le tre prove del reato, quelle storie di cui lui ha tanto rispetto e le porge a Manuel: Tieni, vai di corsa da tua sorella. Spero che questi libri ti aiutino a stare sveglio.

    Il ragazzo esita ad allungare la mano per prendere il sacchetto che Frilli gli sta porgendo, guardandoci alternativamente con sguardo stupito. Poi lo afferra e balbetta un grazie.

    Sorride all’editore e si allontana. Ha compreso che non mi sarei opposto alla decisione di lasciarlo libero.

    Impressionato dall’agire nobile e generoso di Marco, per commentare il suo gesto, non trovo altra risposta degna: Chapeau, signor Frilli.

    Rocco Ballacchino

    L’editore sbagliato

    Quadrini entrò improvvisamente nell’ufficio del commissario Crema e iniziò a parlare senza nemmeno salutarlo. Grazie alla loro amicizia storica poteva permettersi un livello di confidenza che il suo superiore non concedeva a nessuno dei sottoposti.

    Che succede?.

    C’è un signore che chiede di lei, viene da Genova.

    Addirittura. Non poteva chiedere un appuntamento?.

    È partito stamattina presto. È un editore. Deve trattarsi di qualcosa di importante.

    Ok, fallo entrare e resta anche tu. Chissà cosa vuole.

    L’ispettore Quadrini impiegò un paio di minuti per ritornare al cospetto del collega, questa volta in compagnia dell’uomo che arrivava dalla Liguria.

    Mi dica pure, esordì il commissario.

    Buongiorno, è un piacere conoscerla. Ho sentito parlare di lei e Mario Bernardini, il critico, sempre attraverso i giornali. Mi chiamo Marco Frilli, sono un editore ligure come le avrà anticipato l’ispettore.

    Conosco la vostra collana. Belle storie anche se un po’ inverosimili, soprattutto in alcuni passaggi. Sa io le parlo come poliziotto in carne e ossa. Non sono mica un personaggio.

    Ognuno fa il proprio mestiere, commissario, replicò Marco, sorridendo lievemente.

    Ha ragione, immagino però che non sia qui solo per fare pubblicità alla sua casa editrice.

    No, certo. Sono partito stamattina dopo che ho fatto una scoperta importante.

    In merito a cosa?.

    All’assassino del cavatappi.

    Quella risposta fece sussultare il commissario sulla sedia. Da giorni lavoravano, senza raggiungere alcun risultato, al caso del serial killer che uccideva le sue vittime utilizzando quell’aggeggio come arma. Sceglieva i suoi bersagli le tra le persone di una certa età perché la loro resistenza sarebbe stata assai blanda.

    Era stata la scientifica, dopo giorni di rilevazioni, a segnalare che l’omicida utilizzava quell’insolito strumento per finire le sue vittime dopo averle, probabilmente, tramortite.

    L’ascolto.

    Ci penso da ieri, da quando ho letto sul giornale un articolo su quel cazzo di killer, scusate..., l’editore s’interruppe dopo che gli scappò quella parolaccia.

    Prosegua pure, non si formalizzi. Deve sentire cosa ci diciamo noi due quando non siamo in veste ufficiale, intervenne Quadrini, un artista del linguaggio colorito.

    Prosegua pure, lo incitò anche Crema.

    C’era qualcosa che non mi quadrava in quella storia e stanotte, verso le tre, mi è venuto in mente il perché. Mi sono alzato, vestito, ho avvertito mia moglie e sono corso in casa editrice.

    E poi?.

    Deve sapere che ci arrivano decine di mail e manoscritti al giorno di aspiranti scrittori e noi cerchiamo di leggere tutto o quasi. Mi sono perciò messo alla ricerca di un testo che avevo letto un paio di anni fa. Una storiaccia....

    In che senso?, lo interrogò Quadrini.

    Nel senso che era scritta da cani e non pubblicabile. L’autore era uno di quelli convinti di possedere un grande talento letterario solo perché in grado di mettere in fila quattro parole.

    Non capisco cosa c’entri con il nostro caso, disse Crema, perplesso.

    Se non mi avesse interrotto ci sarei arrivato. Finalmente il commissario aveva trovato qualcuno che gli teneva testa e che proseguì: Le stavo dicendo che il libro faceva schifo, ma la storia raccontata ha delle analogie inquietanti con quanto accaduto in questi giorni. Anche lì l’assassino utilizza un cavatappi per massacrare le sue vittime, anche lì le vittime sono persone anziane, anche lì vengono uccise di sera in luoghi appartati....

    Interessante, commentò Quadrini.

    L’assassino, tra l’altro, è mancino. Vi risulta?, domandò Marco.

    I due poliziotti si scambiarono uno sguardo stracolmo di stupore. Anche quella circostanza coincideva.

    Chi le ha inviato quel manoscritto?, domandò il commissario.

    Si chiama Luigi Mistretta e, caso vuole, è di Torino. La storia è ambientata proprio qui.

    Posso sapere quanti delitti ci sono in quel libro?, lo braccò il poliziotto.

    Marco recuperò da una valigetta il manoscritto e lo posò sulla scrivania.

    Sono quattro, ne manca ancora uno rispetto alla realtà.

    I luoghi coincidono?.

    Sì, sono gli stessi. Non riuscivo a crederci.

    Il commissario provò una diffusa sensazione di piacere. Soltanto la vista della dottoressa Bonamico, il suo magistrato del cuore, in tailleur gli procurava un’emozione del genere.

    Dove avverrà, almeno sulla carta, il prossimo omicidio?.

    Nei pressi della Basilica di Superga. Porterà la sua vittima con una scusa lassù di sera tardi e poi la colpirà. Nel libro la uccide nella stradina che attornia la chiesa.

    È sicuro?, s’inserì Quadrini.

    Sono un editore serio, io. Leggo trame gialle da una vita e ho la vista allenata.

    Quindi circuisce le sue vittime prima di ucciderle?, domandò il commissario. Anche quello era un aspetto non chiaro nell’indagine che stava seguendo.

    Le carica in macchina con una scusa e poi si apparta con loro per ucciderle. Accade così nel libro. Scegliesse almeno delle gnocche....

    Con quella battuta Marco strappò un sorriso ai poliziotti che faticarono a mantenere un atteggiamento professionale.

    Adesso, stabiliti i modi, bisognerebbe capire i tempi dell’assassino. Nel libro quanto trascorre tra il terzo e il quarto omicidio, signor Frilli?.

    Un paio di giorni, non di più.

    Quindi potrebbe accadere già stasera, Sergio. L’ispettore Quadrini indicò un calendario, appeso al muro, su cui avevano segnato una ics nei giorni che l’assassino aveva scelto per colpire.

    Possibile. Un’ultima curiosità, Marco, il commissario era passato a un tono più confidenziale nei confronti di quell’uomo verso il quale provava un’istintiva simpatia.

    In fondo in fondo campavano tutti e due grazie al crimine.

    Mi dica, commissario.

    Come finisce la storia?.

    L’editore afferrò il manoscritto e lo porse al poliziotto.

    Non posso toglierle il piacere di leggere il finale da solo. Ricordo che anni fa un autore raccontò come finiva il suo giallo durante una presentazione e per poco non l’ammazzavo. Con quello che le ho raccontato siamo arrivati a pagina 205. Le restano solo dieci pagine.

    Ok, vuole proprio tenermi sulle spine, replicò Crema lasciandosi scappare un mezzo sorriso.

    Altrimenti non farei l’editore di noir, ma di menate strappalacrime.

    Marco si alzò, strinse la mano al commissario e si diresse verso l’uscita. Sergio girò intorno alla scrivania e lo raggiunse.

    La ringrazio, signor Frilli, per la sua preziosa collaborazione.

    Di nulla.

    Sa che le dico, quest’estate ho in programma un tour della Liguria con la mia famiglia; magari passo da Genova a trovarla in casa editrice.

    Certo, qualcuno troverà di sicuro, ma non so se ci sarò io.

    Va in pensione?, domandò, incautamente, il commissario.

    No, parto per un lungo viaggio. L’azienda di famiglia ormai è in ottime mani e poi ci sono i ricordi che lasci. Alla fine conta soprattutto quello.

    Crema non riuscì a dire nulla. Le parole rimasero in bilico sulla sua lingua per poi rituffarsi in gola.

    Gli strinse nuovamente la mano come se non l’avesse fatto solo qualche minuto prima.

    Quadrini colse un cenno del capo del suo superiore e accompagnò l’uomo, la cui testimonianza era stata così preziosa, sino alla sua automobile.

    Quella sera stessa i due poliziotti si appostarono, per diverse ore, nei pressi dello spiazzo antistante la Basilica di Superga.

    Fu un’attesa estenuante che terminò solo nell’istante in cui intravidero la 500 di Luigi Mistretta giungere nel parcheggio poco distante dall’imponente chiesa.

    Lo stavano aspettando…

    Il mostro scese in compagnia della sua vittima e, con un cenno del capo, la invitò a seguirlo.

    Chissà con quale diabolica scusa l’aveva convinta ad accettare l’invito a salire sulla sua vettura. Rileggendo qualche pagina di quel giallo l’avrebbero scoperto.

    I poliziotti, tenendosi a debita distanza, seguirono la strana coppia che imboccò un vialetto buio e accidentato.

    Accadde tutto velocemente.

    Mistretta si guardò intorno e, un attimo dopo, colpì con un manrovescio la donna, tramortendola.

    Estrasse il cavatappi, ma non fece in tempo a utilizzarlo.

    I poliziotti gli furono addosso e lo bloccarono.

    Nemmeno un minuto dopo il killer si ritrovò, pancia a terra, con le mani bloccate dalle manette.

    Crema si sedette sulla schiena dell’uomo mentre Quadrini soccorreva l’ultima potenziale vittima del seriale.

    Come avete fatto a trovarmi, bastardi? domandò Luigi, schiumando di rabbia.

    Lei ha commesso un solo errore. È lo sbaglio più comune tra coloro che sognano di pubblicare un libro.

    Che cazzo dici? Quale sarebbe quest’errore?, ringhiò Mistretta.

    Sergio attese un paio di secondi prima di parlare perché voleva trovare la frase giusta da propinare alla sua preda.

    Poi sentenziò: Ha semplicemente sbagliato editore, tutto qui....

    Ivano Barbiero

    I tre girasoli

    Le donne nomadi sentono il vento. È quella, per loro, l’ora di partire. Altri viaggi invece sono indefiniti. Qualcuno ti chiama, non c’è bisogno di sapere chi è. Devi andare e basta, perché il tuo destino passa da lì: Marco Frilli aveva ricevuto la sua chiamata ed era partito a notte fonda, da solo. Pensando al manoscritto, ricevuto un anno prima, e alle insolite circostanze in cui ne era venuto in possesso. Una persona che si era qualificata come ex religioso lo aveva spedito alla Mondadori, dove lui muoveva ancora i primi passi, giurando che tutto quello che aveva scritto era reale e che da lì a un paio di settimane si sarebbe fatto vivo per fornire ulteriori dettagli. Nel caso che la storia fosse stata ritenuta interessante e degna di pubblicazione. Stranamente questa persona non si era più fatta viva. E il manoscritto era rimasto sulla sua scrivania, anche perché mancava l’indirizzo per rispedirlo al mittente, insieme ad altri che saltuariamente gli sottoponevano da quel gran lettore che era.

    Nemmeno lui sapeva ancora spiegarsi che cosa lo avesse colpito di quell’insolito recapito letterario. Forse i tre girasoli, i suoi fiori preferiti, disegnati a penna su un cartoncino incollato alla copertina. O la trama del manoscritto che sino alla fine lasciava in

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