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Tutta la vita davanti. II edizione
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E-book177 pagine2 ore

Tutta la vita davanti. II edizione

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Info su questo ebook

Un tuffo negli anni Novanta. Un miscuglio di pathos e ironia. Un libro che ti resta nel cuore.

Dall'autrice Rizzoli Daisy Raisi, una storia di forti emozioni che ti toccherà l'anima.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2018
ISBN9788827848166
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    Anteprima del libro

    Tutta la vita davanti. II edizione - Daisy Raisi

    633/1941.

    Prologo

    Firenze, marzo 1971

    «Sicura di aver preso tutto, amore?»

    Giorgio si aggira per casa controllando gli ultimi dettagli prima di abbandonare l’appartamento per una vacanza che li porterà lontano consentendo a lei di ricongiungersi ai suoi cari.

    Nora non sta nella pelle: è emozionata come una bambina alle prese con un pacco regalo da scartare.

    Gli occhi le brillano per la gioia. La lontananza dal suo Paese la rattrista. Giorgio lavora tutto il giorno e lei, nonostante la piccola, si sente sola. Avverte nostalgia della sua terra. Non che non ami la bella Firenze, città ricca d’arte e di storia, ma l’Irlanda è lontana, insieme alle sue amicizie e alle sue abitudini.

    Si avviano verso la porta di casa. Lui le sfiora le labbra con un tenero bacio.

    Sono sposati da poco più di un anno. Un incontro orchestrato dal destino.

    Si sono conosciuti, a Roma, per il banale errore di un receptionist che ha assegnato a entrambi la stessa stanza d’albergo in un hotel del centro. Lei, turista straniera smaniosa di visitare la Città Eterna; lui, in viaggio di lavoro nella Capitale. Sintonia immediata e tanta voglia di stare insieme si sono tradotte nel giro di alcuni mesi nel trasferimento di lei in Italia e nel loro matrimonio.

    Eppure Kinsale, nella Contea di Cork, a Nora manca, insieme alle lunghe passeggiate nella natura e ai paesaggi mozzafiato. Ha un animo romantico, si perde spesso nelle sue fantasie. Lei e Giorgio si completano. Lui, molto più concreto, preciso, pragmatico ha bisogno dei suoi voli di fantasia come dell’aria che respira. Si amano per quello che sono, come dovrebbe accadere in ogni storia che si rispetti. Si sostengono nelle reciproche aspirazioni.

    Nora ama dipingere. Ha buon gusto e senso del colore. Senza di lei la vita di Giorgio sarebbe molto meno vivace.

    Condividono la medesima passione per le canzoni di Gilbert O’ Sallivan che Nora ascolta mentre dipinge, soprattutto Alone Again, con la sua melodia dolce e carezzevole.

    Il taxi li attende in strada pronto a condurli alla stazione per intraprendere quel lungo viaggio. Hanno un solo desiderio: trascorrere un po’ di tempo insieme. La piccola Sofia, in loro assenza, sarà in mani sicure. La nonna paterna l’accudirà con affettuosa sollecitudine.

    Nel tratto di strada che li conduce a Kinsale, ridono spensierati. Nora canticchia una delle sue canzoni preferite, Clair di Gilbert O’ Sullivan, mentre Giorgio le fa eco accompagnando la sua personale versione del brano musicale con una serie di facce buffe.

    "(…) Clair,

    The moment I met you, I swear (…)"

    Nora gli domanda quando troveranno un po’ di tempo per ristrutturare il salone della loro nuova casa.

    Lui le sorride sornione e, prendendola per mano, le risponde: «Abbiamo tutta la vita davanti, amore.»

    La giovane donna appoggia la testa sulla spalla del marito lasciandosi cullare dalla sensazione di dolce sicurezza che la pervade quando è al suo fianco.

    Dall’autoradio si diffonde la sognante melodia di Let it be dei Beatles.

    "There will be an answer

    let it be".

    Ed è sulla scia di questo ritornello che un camion proveniente dal senso opposto di marcia invade la loro corsia sbandando violentemente.

    L’impatto è fortissimo. Brandelli di vita volteggiano nell’aria accompagnati da un silenzio cupo e da un odore acre, di asfalto e di morte.

    Alla stessa ora, dello stesso giorno di cinque anni dopo una bambina dai capelli corvini gioca in silenzio nella sua cameretta attendendo il ritorno della madre.

    Le ha promesso che sarebbe rincasata alle sette: sono le otto di sera, ma di lei nemmeno l’ombra.

    L’orologio segna le nove e trenta quando Adria, la baby-sitter, non vedendole varcare la soglia, rimbocca le coperte alla piccola Martina con la promessa di leggerle una fiaba. Martina sospira rassegnata.

    Incurante delle proteste della baby-sitter, scende dal letto e si dirige verso la finestra alzandosi sulle punte dei piedini per guardare fuori.

    Un uomo e due bimbi si accingono a entrare nel palazzo di fronte. Per il resto la strada è deserta.

    Sua madre rientrerà come sempre molto tardi, troppo per trovarla ancora sveglia.

    Ogni notte, da molti mesi a quella parte, ormai, la piccola sfida se stessa per tenere gli occhi aperti il più a lungo possibile, ma il sonno è sempre più veloce di lei e la porta via con sé.

    Capitolo 1

    Firenze, marzo 1994

    Sofia si guarda intorno spalancando i suoi grandi occhi chiari.

    La radiosveglia sul comodino segna le 17.

    Si sente ancora intorpidita.

    Le sue reazioni sono lente, i movimenti rallentati.

    Questa volta l’influenza l’ha messa k.o. La prima dopo anni.

    Si è manifestata con sintomi preoccupanti per intensità: temperatura altissima, raffreddore, brividi, mal di testa, dolori alle ossa.

    Lo specchio posto davanti al suo letto dalla  testiera capitonné le rimanda un’immagina così buffa da strapparle, suo malgrado, un sorriso.

    Pigiamone con orsetti sorridenti, ciabatte rosa cipria, vestaglia in pile, capelli raccolti in una coda. Naso rosso come un peperone, occhi lucidi.

    Versa in quello stato già da qualche giorno e la sua amica di sempre la tempesta di telefonate per aggiornarsi sulle sue condizioni di salute.

    «È solo un’influenza e tu ne stai facendo una tragedia. Non ti sembra d’esagerare, Martina?»

    «Sei sicura di averle tutte le medicine o devo passare in farmacia?»

    «Non ce n’è bisogno. Non mi  serve niente. Te l’ho detto. Non  devi preoccuparti.»

    Martina è simpaticissima e volitiva. Un vero terremoto d’amica, incontenibile nei suoi slanci di generosità ma anche tremendamente apprensiva.

    Entrambe figlie uniche, sono cresciute insieme come sorelle.

    Non ci sono segreti fra di loro. E ciò che più conta si compensano. Seriosa e riflessiva Sofia, scatenata e vulcanica Martina.

    La loro amicizia è cominciata sui banchi di scuola, quando entrambe avevano solo otto anni e la madre di Martina si trasferì a Firenze portandola con sé.

    La bambina non ebbe alcun problema di ambientazione, facilitata in questo dal suo carattere socievole ed estroverso.

    Fu subito attratta da Sofia che se ne stava spesso in disparte, anche durante l’intervallo, parlava poco, ma se c’era da aiutare qualcuno non si tirava mai indietro. Era costituzionalmente altruista. Anche per questo a Martina aveva dato molto fastidio saperla oggetto dei dispetti del bullo della classe, Franco, egocentrico e dispettoso. Non la sopportava perché lei era la preferita della maestra e se ne approfittava perché non reagiva alle provocazioni.

    Un giorno Martina decise che la misura era colma.

    Lo raggiunse ai giardinetti dove Franco scorazzava con la sua bicicletta da cross, vero spauracchio dei gatti delle vicinanze, avvezzi a scomparire nascondendosi nei posti più improbabili non appena lo avvistavano.

    Martina indossava una salopette di jeans che, sommata ai suoi capelli corti, alla maschietta, la faceva assomigliare più a un bambino che a una bimba.

    A differenza dell’amica, non aveva un carattere remissivo: era ribelle e tendeva a farsi giustizia da sola.

    Quel giorno, però, al Giardino di Boboli, non volle regolare i conti per sé. Quel giorno era intenzionata a vendicare le angherie alle quali Franco sottoponeva quotidianamente Sofia.

    Scese dalla bici e gli si fece incontro con aria disinvolta.

    Dentro di sé pregustava il sapore della vendetta.

    Lui fu meravigliato di vederla lì.

    «Ciao, Preci, che ci fai qui, a quest’ora? In genere arrivi più tardi.»

    «Hai detto bene, in genere, ma oggi faccio eccezione. Scendi dalla bici. Devo parlarti.»

    Il tono di Martina non ammetteva repliche.

    Franco fermò la bicicletta con il cavalletto e le si avvicinò infilando le mani in tasca, l’atteggiamento strafottente di chi si sente sempre dalla parte della ragione.

    Il suo tono di voce risuonò nell’aria sicuro fino all’arroganza: «Allora?»

    «Allora cosa?»

    «Grulla, non m’hai appena detto che devi parlarmi?»

    «Grullo ci sarai tu, piscialetto!»

    Dalle parole passarono subito ai fatti.

    Il bambino la spintonò senza tanti preamboli.

    Martina fece altrettanto atterrandolo.

    Franco, disteso a terra, l’afferrò per una caviglia, trascinandola a sua volta al suolo.

    Tempo pochi secondi, i due si ritrovarono aggrovigliati in un tutt’uno polveroso.

    Una signora, alzatasi da una panchina poco distante, si avvicinò per dividerli. Se le stavano dando di santa ragione.

    Franco, per la rabbia, nella confusione, addentò il suo braccio credendo che appartenesse alla compagna di classe.

    Martina divincolandosi scalciò come un’ossessa. «Vigliacco, Neri, sei un vigliacco. Te la prendi sempre con le femmine!»

    La donna si chinò su entrambi.

    «La volete smettere voi due o chiamo le guardie?»

    Alla parola guardie, il bambino si liberò, non senza sforzo, dalla presa decisa di Martina. Scattò in piedi e salì di corsa sulla sua bicicletta.

    La bambina gli urlò dietro: «Fifone! Hai paura che i tuoi scoprano che fai a botte con le femmine e ti tolgano la paghetta?»

    La signora assistette alla fuga di Franco che, in un battibaleno, sparì nel nulla.

    Poi si rivolse a Martina: «Bambino, ma che moda è questa di fare a botte?»

    «La mi scusi, ma io non sono mica un bambino. Il mio nome è Martina.»

    Fiorenza si portò le mani al viso giungendole all’altezza della bocca per la meraviglia.

    «Una bambina che fa a botte con i maschi? Ma il mondo s’è capovolto davvero!»

    La piccola scoppiò ridere.

    «Se i maschi son prepotenti… »

    La donna, incuriosita e divertita al tempo stesso, le domandò: «E che voleva quel bambino da te?»

    «Prende sempre in giro Sofia. Lei l’è troppo bona e non reagisce.»

    «Com’hai detto che ti chiami, piccina?»

    «Martina, signora. Mi chiamo Martina.»

    «E la tua amica Sofia come fa di cognome? »

    «Corsi. »

    «Ma l’è la mì nipote. E tu devi essere la Martina che nomina sempre. Siete compagne di classe.»

    «Sì, signora.»

    «E che c’ha da ridire con la mì nipote che l’è tanto bonina

    «Signora mia, non c’è un motivo. Quando uno l’è grullo l’è grullo

    La donna rise porgendole una mano.

    «Vieni con me, Martina, che ti offro un gelato. La prossima volta, però, evita di farci a botte con quel bimbo. Non è così che si risolvono le questioni. Va a finire che per fare giustizia, passi dalla parte del torto.»

    Martina ritirò istintivamente la mano da quella della signora guardandola in tralice.

    «Mi sta dicendo che devo assistere alle ingiustizie in silenzio? Ma allora sbaglia anche lei.»

    Fu in quel momento che Fiorenza ebbe la conferma di avere a che fare con un osso duro. La bimba era proprio un tipino tutto pepe.

    «Non sto dicendoti questo, Martina. Solo che non conviene alzare le mani, mai. Quel tuo amico…»

    La piccola l’interruppe prontamente puntualizzando: «Non è un mio amico. È un mio compagno di classe, purtroppo.»

    Le labbra di Fiorenza si schiusero a un sorriso.

    «Sì, purtroppo, certo… Insomma, quel tuo compagno di classe, a quanto ho capito, ha paura dei suoi genitori. Allora perché non lo minacci? Digli che, se non la smette di fare il prepotente, li informerai del suo comportamento.»

    Martina tacque per qualche istante, come a rifletterci su. Poi afferrò Fiorenza per la mano e, con aria sbarazzina, le chiese: «Allora? Questo gelato?»

    Capitolo 2

    Sono solo le nove del mattino, ma il campanello di casa Corsi, in genere così silenzioso, suona insistentemente. Sofia dando un’occhiata all’ora riportata sullo schermo del suo  computer si domanda chi possa essere. Controvoglia si dirige verso la porta d’ingresso, dopo essersi data una controllata sommaria allo specchio.

    L’influenza dei giorni precedenti ha lasciato un

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