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Meghan Markle: Una Duchessa ribelle
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E-book234 pagine3 ore

Meghan Markle: Una Duchessa ribelle

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Info su questo ebook

Da quando è entrata nella vita del principe Harry, Meghan Markle è arrivata anche nelle nostre: con il suo sorriso irresistibile e la dinamica disinvoltura di un’americana a Londra ha acceso la curiosità dei cronisti di tutto il mondo. Ma chi è Meghan? Attrice affermata di origini afrocaucasiche, con un matrimonio alle spalle, una famiglia complicata e un’avviata attività di influencer, quando ha conosciuto Harry, di tre anni più giovane di lei, non era certo il prototipo della principessa britannica cresciuta a tè, scones e battute di caccia. Ma la regina Elisabetta sembrava aver capito subito che lei era quella giusta per il nipote – bello e scapestrato – anche per dare un volto fresco e glamour all’antica istituzione monarchica. Con tanti particolari inediti in Italia e i commenti in esclusiva di maestri di stile quali Diego Dalla Palma e Giusi Ferré e di un esperto di monarchia come Antonio Caprarica, qui è racchiusa tutta la storia della duchessa di Sussex, del suo consorte Harry e della loro unione. Un amore sbocciato in segreto durante una notte londinese, consolidato in un resort incantevole nella savana africana, poi sigillato da un Royal Wedding pieno di sorprese. E, ora, alle prese con la non facile quotidianità di una vita da principi e da neogenitori. Tra favola e realtà: sogni, magie, fuochi d’artificio e sorprese.
LinguaItaliano
EditoreDiarkos
Data di uscita10 lug 2019
ISBN9788832176407
Meghan Markle: Una Duchessa ribelle

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    Anteprima del libro

    Meghan Markle - Cristina Penco

    Introduzione

    «Anche le donne adulte sognano il principe e vivono nella fantasia delle fiabe come da bambine». Lo scriveva quattro anni fa, nel blog che allora gestiva, Meghan Markle, oggi duchessa di Sussex, consorte del principe Harry dal 19 maggio 2018 e madre del suo primogenito erede, Archie Harrison Mountbatten-Windsor.

    Allora faceva l’attrice, la Markle, ed era nota in Canada e negli Stati Uniti per la sua interpretazione nella serie televisiva Suits. Fa sorridere, adesso, l’idea che esprimesse tali pensieri riferendosi alle nozze reali di William e Kate, diventati poi suoi cognati, con lei protagonista di un matrimonio da favola, al fianco del principe cadetto Harry. Già, i casi della vita. Di circostanze particolari e storie curiose, del resto, è lastricato il percorso di colei che ha fatto capitolare il rampollo reale più ambito d’Europa. Ma chi è davvero quella Meghan che ha iniziato a incuriosirci un paio di anni fa, quando è arrivata agli Invictus Games di Toronto, fortemente voluti da suo marito, mano nella mano con lui? Con quali armi segrete ha fatto breccia nel cuore di un giovane uomo di sangue blu, fino a quel tempo considerato uno scavezzacollo, seppure di illustri natali? Parliamo di una donna che da piccola amava, sì, le storie incantate e le eroine dei cartoni animati, ma il cui modello era la guerriera She-Ra, mica Cenerentola: la principessa del potere che brandiva la spada con una gemma incastonata, non una Desperate Housewife ante litteram, tra cumuli di fuliggine da pulire dalla mattina alla sera e scarpette di cristallo seminate in giro.

    Di Meghan è già stato detto tutto e il suo contrario, come d’altro canto accade a chiunque finisca sotto i riflettori del mondo intero. Appena ha messo piede in Inghilterra, è stata salutata da più parti, anche improvvidamente, come potenziale erede di Princess Diana, queen in people’s hearts (Principessa Diana, regina nei cuori della gente). Salvo poi, a distanza di pochi mesi, essere dipinta come una megera pronta ad allungare delle mele avvelenate alla Corona: ostile alle regole di corte, pretenziosa nei confronti dello staff, fumantina e litigiosa. Se da un lato voci di Palazzo sostengono che avrebbe contribuito a un riavvicinamento tra Harry e il padre Carlo, dall’altro fonti vicine rivelano che avrebbe creato dissapori tra lui e l’inseparabile fratello William. Donna intraprendente e determinata, pronta a trasferirsi in un altro continente per obbedire alla sua passione, o cinica e fredda arrivista calcolatrice? Convinta femminista impegnata nel sociale o abile attrice che continua a recitare anche fuori dai set a stelle e strisce pur di accasarsi al meglio? Cigno bianco e cigno nero: due anime contrapposte che potrebbero convivere in lei, senza per forza elidersi a vicenda, e che seducono e respingono in un gioco di chiaroscuri, come avviene per la maggior parte dei personaggi divisivi. Quel che è certo è che è difficile attribuirle un’etichetta univoca.

    Fin da ragazzina, sui banchi di scuola, la Markle ha dovuto prendere le misure con quei test multiple choice a risposta chiusa che pretendevano di ridurre tutto, pure le sue origini miste – è nata da padre caucasico e da madre afroamericana – a un paio di caselle. Per lei, barrarne una significava per forza escludere l’altra. Finché, seguendo il consiglio del padre Thomas, Meghan ha trovato la terza via: ha aggiunto lei, al questionario di turno, un nuovo spazio che includesse entrambe le provenienze, un unico albero con radici che si dipartono in direzioni differenti, ma ugualmente necessarie a sorreggere la pianta e a caratterizzarla in mezzo alle altre. E poi venne il giorno. Quello in cui, per gli infiniti giri del grande Circle of Life che Sir Elton John ha cantato alle nozze della Markle con il principe Harry, la principessa non di nascita, ma d’elezione, è approdata nel suo nuovo reame. Ad attenderla non c’era il castello di Grayskull di She-Ra, l’eroina della sua infanzia, ma, ça va sans dire, quello di Windsor, il più antico e il più grande del mondo. Guglie gotiche e svettanti, lunghi corridoi con file interminabili di ritratti di antenati di alto lignaggio, vetrate intarsiate, lusso ovunque, ma sempre con quell’allure sobria e minimal tanto cara ai britannici: uno scrigno architettonico che conserva le tombe di antichi condottieri, in cui, per essere ammesse come aspiranti madame al fianco dei discendenti reali, occorrerebbe avere alcuni requisiti.

    «Vergine, aristocratica, protestante, anglosassone e bianca» ricorda il giornalista e scrittore Andrew Morton, passando in rassegna i principi cardine con cui fu scelta la vittima sacrificale Diana Spencer, che sembrava rispecchiare la perfetta fidanzata di un principe come Carlo. Sono passati oltre trent’anni, da allora, e anche la conservatrice e tradizionalista monarchia inglese, seppur con ogni probabilità obtorto collo, ha abbassato certe asticelle dorate, non fosse altro per aver visto gli effetti devastanti di alcune scelte sentimentali imposte dall’alto su quello stesso establishment che tentava di difendere in ogni modo. E poi, certo, i tempi sono cambiati e lo status di divorziati a Buckingham Palace è stato accettato da un pezzo, passato al vaglio e all’approvazione di Sua Maestà che deve dare il consenso alle unioni, ma anche alla fine delle stesse. «Proprio in un periodo in cui quella che è la più moderna delle istituzioni politiche, la democrazia, non fa altro che tirare su ponti levatoi e muri contro l’immigrato, il diverso, l’altro, la più medioevale delle istituzioni, la monarchia, spalanca le sue braccia alla discendente di schiavi africani» mi ha detto Antonio Caprarica, storico ex corrispondente da Londra per la Rai, quando l’ho intervistato mesi fa per l’uscita del suo libro, Royal Baby. E ha aggiunto: «Lo trovo un messaggio all’altezza dei tempi moderni, improntato al cosmopolitismo e al globalismo, degno della migliore Inghilterra, a dimostrazione della sapienza politica che continua a innervare la monarchia britannica», quella «soap opera storica dei Windsor, che va in onda da secoli».

    Già, perché sono stati sfondati i tetti di cristallo di istituzioni che sembravano granitiche e cristallizzate, sono crollati i muri emblemi di antichi regimi, ma la Corona londinese tiene ben stretto il suo scettro. Continua ad appassionare ed entusiasmare i britannici, l’85 per cento dei quali si dichiara favorevole ad essa, com’è risultato da un sondaggio Ipsos Global Advisor pubblicato da ElDiario.es, diversamente da quanto accade ai Borbone in Spagna, dove il 37 per cento sarebbe propenso ad abolirne il regno. Senza contare che, per gli inglesi, eventi come il Royal Wedding danno nuova linfa all’economia, muovendo ampi giri d’affari tra industria dei gadgets – alcuni, a dire il vero, dai gusti piuttosto discutibili, pure per chi apprezza un certo black humor – e turismo. Anche al di qua della Manica la grande epopea dei reali inglesi incuriosisce e fa discutere, basti vedere il successo di serie tv come The Crown e Victoria.

    Ovvio, la polvere dorata della monarchia, con lo scintillio dei gioielli, le Rolls Royce, il rito del tè, i sontuosi tendaggi e i preziosi tappeti, i marmi e gli ori di Buckingham Palace, affascina e abbaglia, ma forse c’è qualcosa di più oltre al richiamo della tradizione e al glamour retrò. Come ha spiegato a «Io Donna» Daisy Goodwin, creatrice e produttrice della serie Victoria e autrice dell’omonimo bestseller, letteratura e fiction dedicate a una figura come quella «dimostrano come persone così apparentemente distanti da noi abbiano in realtà le nostre stesse ansie». Non esistono corone e uniformi gallonate, lussi e privilegi, party e feste nell’alta società e nel jet set internazionale, tour di rappresentanza e vacanze in resort paradisiaci che siano in grado di proteggere qualcuno – nemmeno un reale – dalle sofferenze della vita: né dalla tragedia di un lutto prematuro, come quello affrontato da William e Harry quando hanno perso la madre, Diana, né dalle pene sentimentali, così ingiuste e allo stesso tempo così democratiche, che come una livella di decurtisiana memoria mettono tutti sullo stesso piano. Insomma, anche i reali piangono.

    E quante lacrime amare! Ai microfoni della Bbc, Harry, promotore della normalità dei Royal e della loro vicinanza ai sudditi, ha commentato il primo incontro galeotto con la sua dolce metà affermando: «La congiuntura astrale era favorevole». Meghan non ha sbattuto i tacchi delle scarpette rosse stile Dorothy nel Mago di Oz, non ha strofinato nessuna lampada di Aladino e non s’è rivolta ad alcuna Strega del Mare per far cadere il principe in qualche sortilegio per farlo innamorare. Le loro strade parallele si sono incrociate in un punto propizio per entrambi, in un momento di maturazione personale e consapevolezza del proprio ruolo pubblico, che ha permesso il fortunato incastro. È indubbio che i due abbiano molto in comune, al di là delle diverse provenienze geografiche e sociali, a partire dall’amore per la natura e per gli animali, l’empatia nei confronti degli altri, quell’impegno umanitario che, come vedrete, in tempi e luoghi diversi, ha una stessa matrice materna: sia Lady Diana sia Doria Ragland, la mamma della Markle, ebbero cura di educare i loro bambini mostrando anche quel pezzo di realtà lontana dalla gabbia d’oro di Buckingham Palace e dalle ville lussuose di Beverly Hills.

    Due cuori e un castello, dunque (nel loro caso, più precisamente, un Royal Cottage: quello di Frogmore, nella contea di Windsor, fresco di una ristrutturazione da cinque milioni e mezzo di euro, inclusi i rafforzati servizi di sicurezza), allietati dall’arrivo della cicogna con un Baby Sussex dal nastro blu.

    Ma sull’epilogo del vissero felici e contenti nemmeno per dei duchi v’è certezza, sentimentalismi a parte. Sottostare ai rigidi diktat della Corona inglese non è certo una passeggiata in un campo fiorito per la Markle, che si è sempre distinta fin dai banchi di scuola per la sua indole libera e ribelle. Tant’è che, in soli sei mesi dal Royal Wedding, si sarebbe scatenato un fuggi-fuggi generale di inappuntabili assistenti personali (Melissa Touabti, Edward Lane Fox, Amy Pickerill e Samantha Cohen, una che è soprannominata The Panther e che è stata al fianco della regina per sedici anni), oltre alla guardia del corpo della duchessa, una poliziotta di Scotland Yard che ha chiesto di essere destinata ad altri incarichi per ragioni personali. I possibili motivi di tali defezioni? «La Markle si sveglia alle cinque ogni mattina e inonda di mail il suo staff» ha spiegato il giornale «The Mail on Sunday», citando una fonte anonima. La moglie del principe si alza all’alba e poco dopo inizia a scrivere ai dipendenti consigli e idee su come modellare il suo ruolo a corte, andando avanti per sei o sette volte nell’arco delle ventiquattr’ore: decisamente troppo anche per i più stacanovisti.

    E lei, la duchessa, resisterà all’ostilità di corte, soprattutto da parte dell’ala più conservatrice, ai divieti, alla continua pressione mediatica? Ancora Antonio Caprarica mi ha illuminata in proposito:

    Nella soap opera storica e vera dei Windsor, le virtù recitative di Meghan dovranno risplendere. Sono abbastanza ottimista sul futuro del matrimonio di lei e Harry, per un motivo molto semplice. Ormai le spose reali sono tutte quante delle borghesi. La ragione è presto detta: nessuna ragazza proveniente dalle file dell’alta aristocrazia o da un’antica casa principesca, di illustri natali e di grandi ricchezze, è disposta a infilarsi nella gabbia dorata rappresentata dalla monarchia. È qualcosa che, invece, va benissimo alle borghesi, che trovano nel Royal Wedding più che un ascensore sociale, un razzo o missile sociale, che le catapulta al vertice della società. Capiscono che, quando ricevono una proposta di matrimonio da un principe, più che altro per loro è una grande offerta di lavoro e, come sono state abituate a fare a livello professionale, l’accettano con grande interesse e ci si buttano a capofitto con altrettanto entusiasmo.

    Beneficenza, attivismo e impegno umanitario potrebbero essere un terreno da coltivare sempre di più, anche come oasi felice per esprimere sé stessa nonostante Buckingham Palace e quel che ne consegue. Sarebbero pur sempre modi virtuosi per scacciare noia e depressione, ancor più inevitabili per chi viene dallo sfavillante e frenetico mondo di Hollywood. È ancora vivo il ricordo di un’altra attrice americana poi trasformatasi in principessa triste: Grace Kelly, che nel 1956 convolò a nozze reali col principe Ranieri di Monaco. Distanti i due periodi storici, però. Differenti le due donne, ma, soprattutto, diversa la loro situazione, a partire dallo status dei mariti.

    Tornando ai giorni nostri e alla famiglia reale inglese, in linea di successione al trono Harry viene dopo i nipoti George, Charlotte e Louis, figli del fratello maggiore William e di Kate, e immediatamente prima del suo Archie: questo ha sempre consentito – e continuerà a dare a lui e a Meghan – maggiore libertà di azione, che ben si addice a due personaggi come loro, allergici alle convenzioni. Basti vedere le scelte al loro Royal Wedding, all’insegna della modernità e dell’innovazione. Da parte di lei, in particolare, hanno colpito due gesti su tutti: l’ingresso in chiesa da sola, sorridente e fiera, e la volontà di non recitare la tradizionale formula dell’obbedienza al marito. Quando era piccolo, Harry aveva promesso a mamma Diana, su esortazione di quest’ultima, che da grande si sarebbe sposato per amore. «Fate quello che vi suggerisce il cuore» si era raccomandata Lady D., rivolgendosi ai due figli, secondo quanto raccontato dallo chef reale Darren McGrady, che cucinò per i principi a Kensington Palace quando i due fratelli erano piccoli, durante la presentazione del suo libro culinario The Royal Chef at Home: Easy Seasonal Entertaining, a Toronto, nel novembre 2017. A vederlo così emozionato e commosso, mentre attendeva all’altare l’arrivo della sua sposa, come una ventata di freschezza d’oltreoceano in mezzo ai riti secolari di un’antica dinastia come quella da cui proviene, Harry dava proprio l’idea di aver mantenuto l’impegno morale preso, lanciandosi in una storia in cui c’è ampio spazio anche per poesia e romanticismo, esaltati da bouquet di peonie, safari in Sudafrica, abbracci nelle notti stellate sotto l’Equatore, diamanti del Botswana.

    E adesso? Vedremo se e come i nostri beniamini onoreranno quel «potere salvifico dell’amore» ricordato con fervore infuocato dal reverendo Michael Curry nel rito nuziale a Windsor, citando Martin Luther King. E in che modo i due saranno capaci di «rendere questo vecchio mondo un mondo nuovo», anche nelle vesti di genitori. Nel frattempo, non ci resta che alzare i bicchieri e far tintinnare i cristalli insieme a loro. Al ricevimento nuziale dei duchi di Sussex è stato offerto un cocktail creato ad hoc per la coppia, When Harry met Meghan, Harry ti presento Meghan, (un po’ come il film cult Harry ti presento Sally), a base di rum e ginger. Noi, idealmente, ve ne serviamo un altro, a nostra volta e alla nostra maniera, ispirato a quel mix frizzante e dal carattere intenso. «Cheers!».

    capitolo

    1

    «Harry, ti presento Archie»

    «It’s a Boy!»

    «Ho i due ragazzi più belli del mondo». Potrebbe suonare come una battuta di una commedia rosa a stelle e strisce, vero? In effetti, a pronunciarla, in una sala di un palazzo da favola, è stata un’ex promessa delle serie tv d’oltreoceano, oggi duchessa di una contea inglese. E lo ha fatto due giorni dopo la nascita dell’atteso Baby Sussex, mostrato pubblicamente in una presentazione degna di un film.

    Archie Harrison Mountbatten-Windsor (fusione del casato della regina Elisabetta II, Windsor, con quello del principe Filippo, in versione anglicizzata rispetto all’originale tedesco, Battenberg), primogenito di Harry e Meghan, è venuto alla luce alle 5,26 di lunedì 6 maggio 2019. Toro ascendente Toro, 3 chili e 200 grammi al suo primo vagito. Avvolto nella candida copertina di lana merino di G.H. Hurt & Son, nella quale, da oltre settant’anni, vengono fasciati i neonati reali, con una cuffietta en pendant in testa, il Royal Baby è stato presentato ufficialmente alle telecamere della Bbc nel suo terzo giorno di vita, presso la regale St. George’s Hall del castello di Windsor. Il piccolo – ottavo pronipote di Sua Maestà, settimo in linea di successione – era in braccio al padre. La madre lo ha sfiorato per tutto il tempo, con fare rassicurante. Ecco uno dei punti di rottura rispetto alla tradizione: con la principessa di Galles Diana e con Kate Middleton, moglie del principe William, duchessa di Cambridge, il pubblico era stato abituato a vedere l’infante di alto lignaggio cullato dalle madri che, in entrambi i casi, hanno posato per gli scatti di rito sui gradini della Lindo Wing del St. Mary Hospital di Londra.

    Nella sala principesca del maniero di campagna, invece, era Harry, in giacca e cravatta, a tenere stretto a sé il suo Baby Boy, e quasi non smetteva di ammirarlo, definendolo «un fagottino di gioia». Ha sottolineato Meghan, radiosa, in abito bianco: «Ha un temperamento dolcissimo. È davvero molto calmo. Un vero sogno». Sempre in vena di scherzare, quel buontempone del marito ha aggiunto: «Non so da chi abbia preso». E sono scoppiati entrambi a ridere.

    L’esperta di body language Judi James ha spiegato al «Daily Mail»: «Harry sembrerebbe aver preso sul serio i suoi compiti e, guardando il bambino amorevolmente, aveva i tratti del viso molto rilassati». Ha specificato: «È sembrato più capace e sicuro di sé rispetto agli altri papà della casa reale al primo figlio. Le sue braccia e le sue mani non erano tese». E Meghan? «Ha persino ricompensato Harry con una carezza alla schiena mentre si allontanavano dalle telecamere. Un comportamento amorevole, un gesto unificante, ma anche gratificante per Harry». Eppure, secondo la James, il comportamento della Markle avrebbe lasciato trasparire qualche lieve ansia, passandosi le dita tra i capelli e mostrando tratti del viso non propriamente rilassati. Sfiorando, invece, la testolina di Archie, la duchessa «pare aver voluto dare seguito alla comunicazione stabilita col bambino in gravidanza, quando si toccava continuamente il pancione», ha detto ancora l’esperta, sottolineando che, mentre i genitori guardavano amorevolmente il loro neonato, mostravano profondo amore anche tra loro due. «I loro sguardi orgogliosi suggerivano che vivranno una genitorialità equamente condivisa in futuro» ha concluso.

    Pochi giorni dopo, in occasione della sua prima uscita ufficiale da neopapà, Harry si è recato all’Aja, in Olanda, per la presentazione degli Invictus Games 2020, la competizione sportiva internazionale per veterani di guerra con danni permanenti, da lui stesso fondata nel 2014. Tra strette di mano agli ex soldati, tiri con l’arco e passeggiate, il duca di Sussex, raggiante, ha anche ricevuto dalle mani della regina Margriet dei Paesi Bassi un dono per il figlio appena nato: una tutina con il logo dell’evento. Il principe, da par suo, indossava una giacca con l’inequivocabile scritta daddy. Durante un giro in bici con un ex soldato, Dennis van der Stroom, Harry si sarebbe confidato con quest’ultimo ricordando la compianta madre Diana. Diventare padre gli avrebbe fatto sentire ancora di più la mancanza di Lady D., morta nel

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