Maometto e i fiori del Corano: Storie di saggezza e detti del Profeta
Di Hafez Haidar
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Anteprima del libro
Maometto e i fiori del Corano - Hafez Haidar
A Rosella, Andrea, Miriam
e all’amico Stefano Di Mauro.
Introduzione
Nel VI secolo d.C. l’Oriente, terra di Profeti e culla di eventi eccezionali, era travagliata dalle barbarie, dall’infanticidio, dalle guerre fratricide, dalle scorrerie tribali, dall’odio, dalle razzie dei nomadi e dall’ignoranza.
I notabili che detenevano il potere sfruttavano i poveri e gli schiavi, adoravano le statue e le forze soprannaturali.
Nel VII secolo visse un uomo che cambiò le sorti di quel mondo, trasformando le tribù beduine in una sola comunità, o Ummah, unita dalla fede e sottomessa a un solo Dio, sommo creatore dei mondi, del giorno e della notte.
Vogliamo entrare in quello scrigno magico sul quale il tempo ha depositato la polvere per scoprire i veri diamanti di quel pastore analfabeta al quale Dio ha rivelato il suo Verbo.
Scopriamo allora in tutto il loro fulgore racconti imperniati sull’amore, sulla figliolanza, sulla tolleranza, sulla pietà, sul perdono, sull’elemosina, sul matrimonio, sulla vicinanza e sul sacrificio fino all’estremo dono della vita.
Leggiamo massime che si intrecciano luna all’altra, simili a uno sciame di stelle che illumina il cammino dell’uomo assetato di luce e di verità.
Il nucleo narrativo si snoda attorno a Muslim,uomo eclettico e versatile, vero conoscitore della storia di Maometto (Muhammad), oltre che compilatore illustre degli hadìth (i suoi detti e le sue azioni). Nell’ora più calda del giorno questi narra le storie del Profeta dell’Islam alla folla che gremisce la grande moschea che sorgeva poco distante dalla tomba del Profeta. Affidiamoci allora alle sue coinvolgenti parole per conoscere meglio un uomo analfabeta che riuscì a imporsi come predicatore, legislatore, guerriero e stratega. Alla fine di questi racconti Maometto si rivela a noi come un personaggio profondo, vero conoscitore dei misteri dell’anima, uomo carismatico e caritatevole, Profeta umile e al contempo compassionevole.
Questo libro attinge dunque alla vera fonte dell’Islam, alla sunnah e agli hadìth di Maometto.
Questi due termini sono adoperati dai musulmani per indicare le linee essenziali della vita di Maometto (sunnah) e i suoi detti e le sue azioni (hadìth). Essi sono stati trasmessi oralmente, da persone degne di fede, di generazione in generazione, prima e durante l’espansione islamica in Oriente e in Occidente.
Dopo la scomparsa di Maometto, avvenuta nel 632 d.C., gli hadìth e la sunnah vennero raccolti da dotti compilatori che provvidero a dare notizie non soltanto sul Profeta dell’Islam, ma anche sull’originalità e la veridicità della documentazione.
Per i musulmani, la registrazione delle azioni e dei detti del Profeta ebbe una funzione molto più importante che soddisfare semplicemente la curiosità del pubblico interessato a conoscere certi aspetti della vita, le abitudini e le opere di Maometto. In realtà, la registrazione delle azioni e dei detti di Maometto tende essenzialmente a costruire l’esemplificazione del comportamento islamico e a rappresentare, nella loro attuazione pratica, i modelli di linea di condotta islamica, fornendo gli ammaestramenti e gli insegnamenti necessari per una corretta applicazione, islamicamente autentica, dei comandamenti coranici.
Gli hadìth aiutano i musulmani a capire il Corano e bisogna ricorrere a essi soprattutto quando diventa difficile capire il significato di un capitolo coranico (sura).
In effetti il Corano non dà spiegazioni sui modi e sui tempi della preghiera (salàt) oppure sull’elemosina (zakàt), anche se questi sono considerati due pilastri fondamentali per l’Islam.
In campo linguistico, l’importanza degli hadìth è fondamentale, secondaria solo al Corano, poiché essi diedero una spinta decisiva alla diffusione della storia e della lingua degli arabi, che peraltro arricchirono con nuovi termini.
Ora navighiamo una pagina dopo l’altra sulle dune accarezzate dal vento e rischiarate dal sole dopo una notte costellata e illuminata da mille bagliori. Accostiamoci con umiltà e venerazione al narratore che inizia.
Disse il Profeta: «Siate veritieri! La verità porta alle opere buone e le opere buone portano al Paradiso, mentre la falsità è corruzione e porta inevitabilmente all’Inferno!».
«Iddio non avrà misericordia per coloro che non hanno misericordia verso i loro simili!»
Benevolo lettore, dopo tante ricerche spese sui manoscritti e sui libri depositati nelle varie biblioteche e archivi del Libano e della Siria, consegno nelle tue mani i racconti di una miriade di autori, tra i quali ricordo i nomi di ibn Ishaq (m. 768), di ibn Hisham (834), di ibn Isma’il al-Bukhari (809-870) e di Muslim ibn al-Hajjaj (819-875), che hanno raffinato i diamanti di Maometto, come abili orefici del sapere. Ti affido questi racconti che costituiscono il sorriso dell’Islam.
Vita di Maometto
Per capire il ruolo determinante assunto da Maometto nella storia medievale, riportiamo la testimonianza di Gia’far ibn Abi Talib (615 d.C.), portavoce degli emigrati musulmani in Abissinia, resa dinanzi al re cristiano al-Negus, protettore dell’Islam:¹
Sire, eravamo il popolo della Giahiliyya (epoca preislamica) che adorava gli idoli al-Làt, al-Manàt e al-Uzzà, si nutriva di animali morti, praticava l’immoralità, abbandonava le proprie famiglie e violava i termini pattuiti della protezione reciproca, e il forte divorava il più debole. Tale fu la nostra condizione finché Allah non inviò un Profeta scelto fra di noi; sappiamo quale fosse la sua stirpe e riconosciamo la sua veracità, la sua fedeltà e la sua purezza.
Egli fu colui che ci chiamò a adorare Dio, perché credessimo in lui solo, ripudiando tutte le pietre e gli idoli che noi, e i nostri antenati prima di noi, adoravamo in sua vece.
Inoltre egli ci ordinò di essere veritieri nel parlare, di rendere agli altri ciò che è loro dovuto, di vivere con le nostre famiglie e di astenerci dal fare il male e dallo spargere sangue. Ci vietò di commettere fornificazione, di dare falsa testimonianza, di privare l’orfano del suo diritto legittimo e di sparlare delle donne caste. Ci ingiunse di adorare solo Allah, e nessun altro. Ci ordinò anche di osservare la preghiera, di pagare la zakàt (elemosina), di praticare il digiuno, di perdonare, di soccorrere il debole e di non pavoneggiarci.
Vediamo ora di conoscere la biografia di Maometto.
Maometto, figlio di Abdullah ben Abd al-Muttalib e di Aminah Bintu Wahab, nacque verso il 570 d.C., nell’anno dell’Elefante, alla Mecca, nella tribù di Quraish.
Il neonato rimase orfano di padre prima della nascita.
Secondo un’antica usanza dei Quraishiti, il lattante venne affidato a una giovane balia beduina di nome Halima, della tribù dei Banu (figli) Sa’d, e così Maometto visse i suoi primi quattro anni nel deserto.
Nell’anno 576 la madre perse la vita a causa delle febbri contratte durante un viaggio e il bambino andò a vivere con l’anziano nonno Abd al-Muttalib, che era uno dei guardiani della sacra Ka’ba.²
Quando il vegliardo morì, due anni dopo, l’orfanello venne accolto nella dimora dello zio Abu Tàlib, uomo probo e onesto che aveva una famiglia numerosa.
Il piccolo Maometto si rese subito utile andando a pascolare le capre e gli agnelli e, quando divenne più grandicello, cominciò ad aiutare lo zio paterno nella sua umile bottega.
Lo zelo e la scrupolosità nell’assolvere gli incarichi commerciali che gli venivano affidati dallo zio, spinsero quest’ultimo a portarlo con sé in una carovana diretta a Damasco (582).
Il giovanetto aveva dodici anni quando intraprese il viaggio con lo zio verso la capitale della Siria bizantina.
Nelle vicinanze di Bosra i monaci di un piccolo convento offrirono ospitalità ai carovanieri, e Maometto conobbe così il priore del convento, di nome Bahira: questo fu il suo primo incontro con la religione cristiana.
Bahira, dopo aver interrogato a lungo il giovane, gli annunciò che era il Profeta atteso nelle Sacre Scritture.
Durante l’adolescenza, trascorsa tra pastorizia e commercio, Maometto acquisì gradualmente la capacità di conoscere gli uomini e le storie dell’Antico e del Nuovo Testamento. Nell’ambiente meccano venne dato al giovane il titolo di ‘al-Amìn’, cioè «il fedele» (605).
Proprio per queste doti eccezionali, la ricca vedova di un agiato mercante, Khadigia, attirata dall’abilità e dall’onestà mercantile del giovane, allora venticinquenne, decise di affidargli la sua carovana diretta verso Damasco (595).
Inoltre Khadigia, che aveva quarant’anni, si innamorò del giovane che aveva assolto la sua missione e aveva ottenuto un cospicuo guadagno.
Nel medesimo anno, Maometto la sposò e dal loro felice matrimonio nacquero sette figli, tre maschi e quattro femmine.
I maschi, Qasim, Tayyib e Taher, morirono in tenera età, mentre rimasero in vita le quattro figlie, Ruqayyah, Zaynab, Umm Khulthùm e Fatima.
In quel periodo fece frequenti ritiri nel deserto e sulle montagne, durante i quali si sottopose a lunghi digiuni.
Maometto non conobbe l’idolatria, la violenza, l’inganno, caratteristici dei signori dei Quraish, e appena giunse ai quarant’anni incominciò a isolarsi sempre più frequentemente sul monte Hira in una grotta (Maghara) per riflettere e meditare sull’Universo e sul rapporto tra Dio e l’uomo.
Si rivolgeva all’Onnipotente per avere un segno celeste, un’indicazione della via retta da seguire per salvare il suo popolo dall’idolatria e dal peccato.
In una sublime notte del sacro mese di Ramadan, detta la Notte del destino (Laylatu al-Qadr, 610), Maometto vide apparire l’arcangelo Gabriele che era sceso nella grotta per rivelargli la prima sura del Corano³ ordinandogli di leggere ad alta voce, anche se era analfabeta:
In nome di Dio, il Compassionevole, il Misericordioso.
Leggi! In nome del tuo Signore che ha creato, ha creato l’uomo da un grumo di sangue!
Leggi! Ché il tuo Signore è il Generosissimo,
Colui che ha insegnato mediante il calamo, che ha insegnato all’uomo quello che non sapeva. Invece no! Invero l’uomo si ribella, appena ritiene di bastare a se stesso.
In verità il ritorno è verso il tuo Signore…
E quando Maometto chiese all’Eccelso: «Che cos’è la Notte del destino?».
Dio gli rispose:
«In verità lo rivelammo nella Notte del destino.» Cos’è mai la Notte del destino?
La Notte del destino è più bella di mille mesi.
Vi scendono gli angeli e lo Spirito, con il permesso di Dio, a fissare ogni cosa.
Notte di pace fino allo spuntar dell’aurora.
Dopo aver ricevuto l’investitura profetica, Maometto ne rimase