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Orme e foglie
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E-book171 pagine2 ore

Orme e foglie

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Le pagine che seguiranno raccontano la vera storia di “Seguace di Cristo”, componente del popolo plebeo dei “Mosca”, razza guerriera distintasi per aver dato i natali a numerosi cavalieri. Per motivi legati al mio mestiere, io mi ero ritrovato a passare da quelle zone, alcuni anni fa. Un giorno avevo conosciuto proprio lui, il protagonista in assoluto di questo scritto. Subito, tra noi due, nasceva una profonda amicizia. Tanto che, nella più totale confidenza, apriva il suo cuore a me, rivelandomi che aveva delle storie da raccontarmi. Un passato che avrebbe poi voluto fissare nel tempo, in qualche modo, così da farlo conoscere ai membri del suo popolo. Purtroppo lui non sapeva né leggere né scrivere e quindi aveva visto in me quella possibilità tanto aspettata, quell’uomo istruito che, per caso, si era ritrovato a passare dal suo villaggio. Gli chiedevo, allora, di iniziare a raccontarmi qualcosa della sua vita, tanto per capire di cosa si trattasse, se valeva veramente la pena di dedicargli il mio tempo, standolo ad ascoltare per giornate intere. “Seguace di Cristo” si metteva a raccontare, solamente alcuni episodi di quegli avvenimenti, ma dopo poco parlare, lo interrompevo subito. Senza spiegare nulla, gli dicevo solamente che accettavo la sua volontà. Mi doveva solo dare del tempo per recuperare della carta Ci saremmo incontrati al mattino seguente, per iniziare a registrare sulle pagine la sua voce. Così stabilito noi facevamo. Le bianche pagine iniziavano a riempirsi.
Giunto alla soglia dei suoi primi quarant’anni, “Seguace di Cristo”, si era ritrovato a pensare a com’era stata la sua vita fino a quel momento e facendo una profonda riflessione poteva affermare, con certezza, di considerarla una vera battaglia. Così aveva avvertito il forte desiderio di bloccare nel tempo alcuni accadimenti, che aveva dovuto affrontare. Questi avevano cambiato il corso della sua vita, alcuni lasciando per sempre orme impresse come cicatrici dentro di lui.
La sua vita aveva delle storie da raccontare, vicende non banali e non importava se, all’inizio, mi sembra tutto così difficile. Lui credeva in loro ed io dovevo trovare il coraggio di mettermi in gioco per aiutarlo.
E allora ecco come gli accadimenti del passato si sono impressi nella sua mente, come le orme lasciate dagli animali sul terreno, poi…

Cristiano Benci, ribattezzato “ Cri Cri” nasce il 28-luglio-1975 a Grosseto. Vive in una villetta sita nella campagna maremmana, nel comune di Campagnatico. Si è diplomato geometra durante l’anno scolastico1995/1996, presso l’istituto tecnico per geometri “Alessandro Manetti” di Grosseto.  Arruolato nel 12° scaglione dell’anno 1996 ha svolto il servizio militare presso il 2° CE.RI.MOT di Lenta, un centro di rifornimento e motorizzazione, sperso tra i boschi e le risaie del Vercellese. Durante la sessione 2000 ha superato l’esame per l’abilitazione di geometra. Ha due figlie, Anastasia e Melissa, la prima nata nel 2000 e la seconda nata nel 2012.
 
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita30 mar 2020
ISBN9788835397694
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    Orme e foglie - Cristiano Benci

    battagliero".

    Commento di apertura

    Le pagine che seguiranno raccontano la vera storia di Seguace di Cristo, componente del popolo plebeo dei Mosca, razza guerriera distintasi per aver dato i natali a numerosi cavalieri. Per motivi legati al mio mestiere, io mi ero ritrovato a passare da quelle zone, alcuni anni fa. Un giorno avevo conosciuto proprio lui, il protagonista in assoluto di questo scritto. Subito, tra noi due, nasceva una profonda amicizia. Tanto che, nella più totale confidenza, apriva il suo cuore a me, rivelandomi che aveva delle storie da raccontarmi. Un passato che avrebbe poi voluto fissare nel tempo, in qualche modo, così da farlo conoscere ai membri del suo popolo. Purtroppo lui non sapeva né leggere né scrivere e quindi aveva visto in me quella possibilità tanto aspettata, quell’uomo istruito che, per caso, si era ritrovato a passare dal suo villaggio. Gli chiedevo, allora, di iniziare a raccontarmi qualcosa della sua vita, tanto per capire di cosa si trattasse, se valeva veramente la pena di dedicargli il mio tempo, standolo ad ascoltare per giornate intere. Seguace di Cristo si metteva a raccontare, solamente alcuni episodi di quegli avvenimenti, ma dopo poco parlare, lo interrompevo subito. Senza spiegare nulla, gli dicevo solamente che accettavo la sua volontà. Mi doveva solo dare del tempo per recuperare della carta Ci saremmo incontrati al mattino seguente, per iniziare a registrare sulle pagine la sua voce. Così stabilito noi facevamo. Le bianche pagine iniziavano a riempirsi.

    Giunto alla soglia dei suoi primi quarant’anni, Seguace di Cristo, si era ritrovato a pensare a com’era stata la sua vita fino a quel momento e facendo una profonda riflessione poteva affermare, con certezza, di considerarla una vera battaglia. Così aveva avvertito il forte desiderio di bloccare nel tempo alcuni accadimenti, che aveva dovuto affrontare. Questi avevano cambiato il corso della sua vita, alcuni lasciando per sempre orme impresse come cicatrici dentro di lui.

    La sua vita aveva delle storie da raccontare, vicende non banali e non importava se, all’inizio, mi sembra tutto così difficile. Lui credeva in loro ed io dovevo trovare il coraggio di mettermi in gioco per aiutarlo.

    E allora ecco come gli accadimenti del passato si sono impressi nella sua mente, come le orme lasciate dagli animali sul terreno, poi…

    L'inizio del cammino

    Età di mezzo, villaggio agricolo di Terra sopra il fiume.

    Erano trascorsi quattro secoli e un quarto dall’inizio del primo millennio. Era l’anno Santo del Rinnovamento delle coscienze e della Riconciliazione collettiva. Purtroppo una guerra finiva, un’altra iniziava. Tutti conflitti sporchi e crudeli, combattuti senza un perché… Questo lui pensava.

    Durante il periodo del solleone nasceva Seguace di Cristo, rivelato poi unico figlio per i suoi capi famiglia. Era nato nel segno del potere. Le sue migliori doti erano la volontà e la determinazione. Come il suo segno zodiacale si riteneva un cacciatore del sesso femminile. Si sentiva molto attratto dalla conquista, che fosse essa rivolta alla sua lei, o riguardasse altro tipo di preda in battaglia. Si sentiva orgoglioso e coraggioso. Tutte doti che lo aiuteranno, nella sua vita terrena, a comportarsi come un capo, trasformandosi in un vero leader autoritario nelle sue lotte contro gli altri. Questo suo somigliare caratterialmente al re della savana, lo portava a sognare di andare, almeno per una volta nella vita, nel continente nero per ritrovarsi al tramonto a rifocillarsi insieme al popolo locale.

    Ora smettiamo di sognare e facciamo ritorno alla realtà.

    Suo padre, Sasso Squadrato Secondo, aveva contribuito alla costruzione della strada carrareccia, che portava al suo villaggio. Portava un nome importante, ricco di storia. Era il nome che Gesù aveva dato al primo pontefice della storia, dicendogli che sulla pietra avrebbe edificato la sua Chiesa. Proprio come la pietra era forte e resistente. Aveva tante idee per la testa, era abile nelle attività manuali, gli piaceva stare all’aria aperta e, come a suo figlio, fare lunghe passeggiate.

    Sua madre Creatura, invece, era la massaia del casato. Era una lavoratrice instancabile, molto dinamica e creativa, soprattutto nel preparare le vivande ed era sempre pronta a collaborare per aiutare tutti. Per questo le capitava, infatti, di essere coinvolta in diverse attività contemporaneamente… Sembrava essere una costante della sua vita! Era una persona trasparente come l’acqua, mostrando il suo essere interiore, svelando sempre cosa pensava e sentiva. Soprattutto con la sua praticità e la tanta volontà era sempre in grado di compiere qualsiasi attività, anche faticosa, che di solito la maggior parte degli altri individui si rifiutavano di eseguire.

    Tornando al protagonista, nelle sue vene scorreva il sangue di grandi cavalieri. Il nome del suo casato aveva un ceppo particolarmente importante in quella magica terra immersa nel periodo medievale, di cui aveva riscontri storici documentati risalenti all’anno 1178.

    Lui credeva molto in quel periodo storico in cui viveva. Fin da piccolo era sempre stato attratto da quell’affascinante e intrigante mondo medievale, fin dai tempi della sua educazione, con i suoi castelli nascosti nella nebbia e avvolti da leggende, miti e misteri. Tutte atmosfere ricche di fascino, tipiche dell’età di mezzo. Con i suoi protagonisti, come i falconieri e i loro rapaci. L’esibizione in volo di questi ultimi e le mostre delle armi come la spada, l’arco e la balestra, delle quali era molto attratto. Riteneva, infatti, che la caccia, così come la praticasse il suo popolo, fosse corretta nei confronti degli animali. Questo pensiero perché, se anche dette armi non facevano trambusto e quindi non davano la possibilità agli altri animali di scappare, era anche vero, però, che queste avevano a disposizione una sola freccia alla volta.

    Viveva in una dimora fatta di sassi, paglia e argilla posta in campagna, disposta su due livelli con numerosi spazi sia interni che esterni. Era in ordine, guarnita con cura, pulita e luminosa. Da qui lui traeva beneficio da un notevole spettacolo panoramico e, la sera, da un incantevole tramonto. Si trovava in una piccola frazione situata nella parte meridionale del territorio comunale, confinata dal fiume principale e da un imprevedibile e impetuoso torrente. Prendeva il nome dalle piccole fortificazioni che si trovavano lungo il percorso principale, costruite per la difesa dei viandanti nel periodo romano. Queste costruzioni erano la testimonianza di un antico passato, così come lo erano alcuni borghi agricoli, allo stesso modo di quello in cui viveva, costruito in posizione collinare dominante.

    L’economia del luogo si basava esclusivamente sul settore agricolo con presenza di pascoli, distese di grano, viti e oliveti. Qualche anno indietro, il luogo acquistava grande interesse storico perché erano stati ritrovati i resti fossili di alcuni mammiferi marini erbivori, vissuti nella zona circa quattro milioni e mezzo di anni prima. Nel periodo pliocenico, infatti, gli attuali affioramenti sabbiosi costituivano il fondale del mar tirreno. Poi lassù, dal punto più alto dell’intero territorio, si ergeva, a dominio della valle del fiume, maestoso il complesso fortificato della rocca principale. Una torre di guardia, trasformata in seguito nel campanile della chiesa. Furono realizzate tra il XII e il XIII secolo per delimitare il borgo del comune medioevale, nato come possesso di un’abbazia vicina, poi passava sotto il dominio del potente casato di quel periodo. L’uccisione del signore proprietario decideva il passaggio del castello sotto un potere maggiore. Dopo alcune vicende entrava a far parte dei beni signorili di Terra Antica. Ecco… Questo era il luogo dove risiedeva Seguace di Cristo. Ci viveva da quando aveva sei anni. Prima abitava in un villaggio più grande, poi però i suoi capi famiglia, non riuscendo a inserirsi in quella vita fatta di saccheggi e prepotenze, decisero di emigrare in altro luogo. A oggi, a distanza di diversi anni, poteva affermare che quella si è rilevata la scelta giusta Gli piaceva vivere immerso nella natura, in un luogo che si distingueva per la scarsità di presenza umana. Non riusciva neppure ad immaginarsi come sarebbe stata la sua vita nel grande villaggio, circondato da molte dimore e da tanta confusione. Individui dello stesso borgo, ma che magari neppure avrebbe conosciuto, negandosi la possibilità di comprendere un posto da apprezzare per la pace, l’isolamento e la natura ancora incontaminata.

    Lui amava la natura e questa amava lui… Lo chiamava! Nelle sere d’estate, grazie al canto di un simpatico animaletto, l’invocazione si diffondeva ovunque, in un coro unanime… CRI, CRI… CRI, CRI… CRI, CRI… si sentiva il Cristo di quel posto.

    Non è una tana per volpi

    All’ingresso dell’aia si ergevano maestosi verso il cielo due cipressi. Erano le sue colonne d’ercole, alti il doppio del tetto della dimora. Rappresentavano per lui due giganti che se ne stavano lì immobili da molti anni, con il solo compito di proteggere il suo casato. Per lui raffiguravano due titani che diffondevano senso di protezione e di pace. Per il vecchio possessore della piccola tenuta, invece, che li trapiantava circa settanta anni prima, quando ancora erano solamente due piccole piantine, rappresentavano un qualcosa di ben più profondo. Qualcosa che scaturiva dalla fine di un periodo storico triste e pauroso, portatore di morte. Quei due ramoscelli rappresentavano la rinascita della vita. La crescita di esseri viventi, liberi di innalzarsi verso il cielo senza aver paura di essere distrutti. Distrutti da globi infuocati. Già perché anche in questo luogo, in un tempo passato, ma non troppo lontano, piovevano i globi infuocati. Lo ricorda bene sua nonna " Testimone della Fede" che all’epoca era una ragazzina. La sua mente era offuscata dal tempo, come la macchia era nascosta dalla nebbia. Come questa si diradava e scompariva col sorgere del sole, lasciando apparire il verde rigoglioso, anche la mente di " Testimone della Fede , stimolata da alcune sue domande, si faceva intravedere dietro il velo della vecchiaia. Regalandogli, allora, alcuni frammenti di ricordi. Una rievocazione storica che coinvolgeva la terra dove viveva, ricostruendogli momenti di vita quotidiana, passati nei rifugi anticavalleria. Gli stava trasmettendo, attraverso la sua memoria, momenti di quelle tragiche giornate. Ricordi di sofferenza e morte. Era il periodo della battaglia, dove i civili erano le vittime degli scontri, veri e propri bersagli da distruggere, come se fossero postazioni strategiche. Al tempo Testimone della Fede viveva in uno dei villaggi agricoli presenti in zona. Il luogo era bersaglio di diverse incursioni che avvennero in giorni successivi. L’esercito nemico giungeva sui terreni coltivati, provenienti dal lontano nord, dopo essere passati prima dal principale centro abitato di Terra sotto il Mare . Qui erano annunciati dalle campane di segnalazione di pericolo, ma nel villaggio agricolo, queste non esistevano. Sopravviveva però, fortunatamente, ancora una coscienza umana tra i fanatici che abitavano la zona, considerati comunque ancora amici da parte del resto della popolazione, nonostante la differente classe sociale. Questi, consapevoli che le minacce degli avversari erano da prendere sul serio, all’avvicinarsi dei cavalli, assumendosi le proprie responsabilità, invitavano la popolazione ad abbandonare il villaggio. Salvarsi disperdendosi nelle campagne, consapevoli però che non sarebbe stata una scampagnata. La caccia era aperta! Non era la classica caccia praticata allo scopo di catturare gli animali selvatici per rifornirsi di cibo. Oppure procacciarsi il nutrimento necessario al sostentamento, come praticava la volpe. Questa avanzava silenziosa nella macchia, restava immobile, poi un balzo improvviso e la vittima era assalita e mangiata. La volpe era vorace, insaziabile, crudele. Era odiata dal contadino, ma il suo comportamento era imposto dalla sopravvivenza, sua e dei suoi cuccioli. Quella, invece, era una vera e propria caccia all’uomo… Praticata dall’essere umano! I nemici cacciavano per reprimere la libertà, la dignità. Sopprimere i diritti umani e affermare le barbarie, considerando gli oppressi una razza inferiore. Testimone della Fede come molti altri scelse la libertà. Voleva restare viva, era ancora giovane. Quando il primo fronte nemico arrivava si trovava, solamente, a saccheggiare un villaggio fantasma, tutti erano scappati nella campagna e sulle colline. Proprio su una di queste colline era scappata Testimone della Fede ", insieme ad altri individui. Trovarono riparo all’interno di un rifugio, costruito nella macchia per proteggersi dai globi infuocati.

    Il percorso per arrivarci, però, era completamente allo scoperto e nel tentativo di raggiungerlo mettevano in pericolo la loro stessa vita. Questa gente tuttavia aveva qualcosa dentro che le portava a disobbedire, a non piegarsi, a non collaborare con i feroci rivali. Il rifugio altro non era che

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