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L'attività plastica dei malati mentali
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L'attività plastica dei malati mentali
E-book601 pagine6 ore

L'attività plastica dei malati mentali

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Info su questo ebook

Tra il 1919 al 1921 il filosofo e psichiatra Hans Prinzhorn si impegnò in una raccolta enorme di produzioni grafo-plastiche e scultoree di malati mentali, provenienti da diversi Istituti psichiatrici europei, tra cui l'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Torino, diretta dal Prof. Carrara. Circa 5000 lavori di 450 pazienti furono catalogati e analizzati con metodo, accompagnati, laddove possibile, dalla storia clinica individuale.

Si trattava di disegni a matita, a pastello, a carboncino, tracciati su carta, vecchi fogli di giornali, riviste etc. ma anche piccole sculture realizzate con la mollica di pane o in legno, ricavato a volte da vecchi mobili. Erano tutte opere di persone istituzionalizzate ed essenzialmente inesperte, cioè senza abilità precedentemente acquisite nel disegno, nella pittura o nella scultura e che, spontaneamente, senza alcuna pressione esterna, iniziarono a disegnare, dipingere o scolpire, seguendo un loro bisogno personale.

In base alla nomenclatura diagnostica del tempo, il 75% dei pazienti aveva ricevuto una diagnosi di schizofrenia. Il restante 25% era rappresentato da ebefrenici, catatonici, paranoidi, imbecilli, idioti, etc.
LinguaItaliano
Data di uscita23 dic 2022
ISBN9791222039961
L'attività plastica dei malati mentali

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    Anteprima del libro

    L'attività plastica dei malati mentali - Hans Prinzhorn

    Indice

    PREFAZIONE DEL TRADUTTORE

    PREFAZIONE

    A. INTRODUZIONE

    I.

    II.

    III.

    IV.

    V.

    B. PARTE TEORICA I FONDAMENTI PSICOLOGICI DELLA GESTALTUNG

    I. IL SIGNIFICATO METAFISICO DELLA GESTALTUNG

    ll. BISOGNO D'ESPRESSlONE E SCHEMATISMO DELLE TENDENZE Dl GESTALTUNG

    III. LA PULSIONE AL GIOCO (SPINTA D'ATTIVITA')

    IV. LA PULSIONE AD ORNARE (ARRICCHIMENTO DELL'AMBIENTE)

    V. LA TENDENZA ALL'ORDINE (RITMO E REGOLA)

    VI. LA TENDENZA A RIPRODURRE (PULSIONE D'IMITAZIONE)

    VII. IL BISOGNO DI SIMBOLI (SIGNIFICAZIONE)

    VIII. IMMAGINE VISUALE E GESTALTUNG

    C. OPERE

    I. AVVERTENZE PRELIMINARI DI CARATTERE PSICHIATRICO

    II. SCARABOCCHI DISORDINATI NON FIGURATIVI

    III. DISEGNI LUDICI CON PREDOMINANZA DELLA TENDENZA A ORDINARE (ORNAMENTO E DECORAZIONE)

    IV. DISEGNI LUDICI CON PREDOMINANZA DELLA TENDENZA A RIPRODURRE

    V. IMMAGINARIO VISUALE

    VI. ESPRESSIVITA' ACCRESCIUTA E SIMBOLISMO

    VII. DIECI VITE DI CREATORI SCHIZOFRENICI

    1. Karl Brendel

    2. August Klotz

    3. Peter Moog

    4. August Neter

    5. Johann Knüpfer

    6. Viktor Orth

    7. Hermann Beil

    8. Heinrich Welz

    9. Joseph Sell

    10. Franz Pohl

    D. RISULTATI E PROBLEMI

    I. SINTESI DELLE DIVERSE OSSERVAZIONI FATTE SULLE OPERE

    1. Caratteristiche degli scarabocchi e dei disegni più elementari

    2. Caratteristiche della Gestaltung di opere più complesse

    3. Il fondamento psichico del Bisogno d'Espressione

    II. DOMINI DI COMPARAZIONE

    III. SPECIFICITA' DELLA GESTALTUNG SCHIZOFRENICA

    IV. GESTALTUNG SCHIZOFRENICA E ARTE

    V. LA VISIONE DEL MONDO SCHIZOFRENICA E IL NOSTRO TEMPO

    VI. RIEPILOGO

    Note

    PREFAZIONE DEL TRADUTTORE

    Der Tod ist für sich, er hat nicht die Fahrt wie der Geist J. Knüpfer

    La morte è qualcosa a parte, non segue lo stesso corso dello spirito

    Tra il 1919 al 1921 il filosofo e psichiatra Hans Prinzhorn (1866-1933) si impegnò in una raccolta enorme di produzioni grafo-plastiche e scultoree di malati mentali, provenienti da diversi Istituti psichiatrici europei, tra cui l'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Torino, diretta dal Prof. Carrara. Circa 5000 lavori di 450 pazienti furono catalogati e analizzati con metodo, accompagnati, laddove possibile, dalla storia clinica individuale.

    Si trattava di disegni a matita, a pastello, a carboncino, tracciati su carta, vecchi fogli di giornali, riviste etc. ma anche piccole sculture realizzate con la mollica di pane o in legno, ricavato a volte da vecchi mobili. Erano tutte opere di persone istituzionalizzate ed essenzialmente inesperte, cioè senza abilità precedentemente acquisite nel disegno, nella pittura o nella scultura e che, spontaneamente, senza alcuna pressione esterna, iniziarono a disegnare, dipingere o scolpire, seguendo un loro bisogno personale.

    In base alla nomenclatura diagnostica del tempo, il 75% dei pazienti aveva ricevuto una diagnosi di schizofrenia. Il restante 25% era rappresentato da ebefrenici, catatonici, paranoidi, imbecilli, idioti, etc.*

    Il termine schizofrenia era stato introdotto da Bleuler pochi anni prima (1911) per indicare un gruppo di psicosi caratterizzato dal processo di disgregazione della personalità, con gravi disturbi della struttura del pensiero, della dimensione affettiva e del rapporto io-mondo esterno. Sostituiva il termine kraepeliano di dementia praecox, basato sul criterio nosografico della malattia che, insorgendo in età giovanile, si risolveva in demenza. Questo passaggio è particolarmente importante per Prinzhorn poiché, senza inoltrarci nel terreno prettamente clinico, segna un punto di svolta nell'approccio alla malattia stessa, non più ineluttabilmente lasciata al suo decorso, ma attivamente affrontata dal medico nella prospettiva della ricerca di una cura. La demenza schizofrenica descritta da Kraepelin rimanda ad una prognosi, quella del deterioramento psichico irreversibile, che non dà speranza. Con Bleuler e poi Freud e Jung, e con Jaspers**, il dogma dell'irreversibilità della schizofrenia viene combattuto e respinto. L'opera prinzhorniana si inserisce proprio in questa visione della malattia mentale, dove l'individuo, pur nella sofferenza, trova una capacità espressiva universalmente comprensibile.

    Nel 1922 il lavoro di raccolta portato avanti nell'Istituto di Heidelberg si concretizza anche con la pubblicazione del libro Bildnerei der Geisteskranken (L'attività plastica dei malati mentali).

    Richiamando il contributo intellettuale di Bleuler, Klages, dello stesso Kraepelin, della psicoanalisi e della psicologia della Gestalt e, ancora, di Krözscht, Krueger Lévy-Bruhl, Prinzhorn va oltre la psichiatria o l'estetica, superando il tradizionale e sterile binomio genio-follia di lombrosiana matrice.

    Nuovi sono i termini Gestaltung e Bildnerei.

    Sinteticamente, Bildnerei*** indica tutta la produzione plastica, non solo disegni, quadri, ma anche sculture. Il termine Gestaltung**** (configurazione), insieme alle cinque tendenze (gioco, ornamento, riproduzione, ordine, simbolismo) dà una buona visione generale nell'analisi delle opere.

    Un altro elemento fondamentale dell'opera di Prinzhorn è la centralità del rapporto medico-paziente, l'instancabile volontà da parte del medico di tirare fuori dalla devastazione della malattia, un nucleo autentico, integro, incorruttibile. Si coglie nelle parole di Prinzhorn il grande rispetto per l'individuo che ha di fronte, la sensibilità nel non mettere in discussione la sua dignità e il senso di grande conforto che il medico stesso ha nel vedere la vitale espressività dell'altro, l'unica possibile in un mondo interiore appunto devastato.

    L'Istituto psichiatrico di Heidelberg e gli altri ospedali europei a cui Prinzhorn fa riferimento, sono centri di cura all’avanguardia e, per diversi aspetti, controcorrente. Negli stessi anni, in USA stanno nascendo diverse strutture di ricerca eugenetica, allo scopo di eliminare il peso sull’assistenza sanitaria pubblica di individui disabili (mentali e fisici), la cui collocazione in una società produttiva risulta difficile. In Germania il 14 luglio 1933 entra in vigore la legge sulla sterilizzazione, che coinvolge circa 370 000 persone tra schizofrenici, epilettici, alcoolisti, etc. Il sistema sanitario tedesco, con il tribunale istituito, è efficientissimo e fa affidamento su psichiatri di fama internazionale, come Ernst Ruedin, allievo di Kraepelin, del noto istituto Burgholzi.

    A partire dal 1939, con il programma T4, vengono eliminati circa 70 000 persone con disturbi mentali ma anche con menomazioni fisiche, in diversi centri di eutanasia della Germania.

    Prinzhorn, dunque, vive uno spaccato di realtà storica che si indirizza verso gli orrori dell'ideologia nazista e presto tutto il suo lavoro verrà etichettato come Arte Degenerata. Degenerato è colui che devìa, si allontana e si corrompe, e come tale va perseguitato, rinchiuso e annientato, nell'anima o anche nel corpo.

    La collezione e questo libro sono la testimonianza di un uomo, filosofo e medico, che ha saputo comprendere il bisogno espressivo dell'altro, sofferente ma anche ironico, scherzoso, dissacratorio e a volte mistico.

    Per la traduzione si sono consultati, oltre il testo originale, Expression de la folie (trad. A. Brousse e M. Weber), Gallimard 1984; Artistry of the mentally ill (trad. E. von Brockdorff), Springer 1972.

    Cristiana Di Carlo

    PREFAZIONE

    Nessuno più di noi stessi può avere una maggior consapevolezza dei difetti di questo lavoro, ed è per tale ragione che vogliamo iniziare con un'autocritica. Dal punto di vista del metodo, ci sono due soluzioni omogenee riguardo il nostro argomento: la prima implica la descrizione scientifica del catalogo delle opere plastiche, unita ad un'esposizione clinica e psicopatologica dei casi; la seconda rimanda ad uno studio, su basi esclusivamente metafisiche, del processo di Gestaltung plastica. Le opere singole, esposte da un punto di vista psicologico, e le loro condizioni di originalità, intese come varietà dell'estraniazione umana nel quadro generale dell'essere, saranno ordinate in base al concetto di impulso originario di Gestaltung, dietro cui si cela, in qualità di fondamento istintuale, il bisogno d'espressione. ln breve, questo nostro studio si porrebbe interamente al di là della psichiatria e dell'estetica e apparterrebbe all'ambito delle forme dell'essere, colte secondo un punto di vista fenomenologico. Relativamente alle suddette soluzioni, non siamo in grado di realizzare un lavoro completo ed approfondito ed anzi corriamo continuamente il rischio di incorrere nella frammentarietà. La semplice pubblicazione del materiale, la tendenza narrativa nel dipingere i dettagli, le questioni di principio, sono tutti ostacoli che potrebbero esser facilmente superati, se fosse disponibile un metodo sicuro. Ma i problemi di un settore-limite nuovo o che, per lo meno, non è mai stato seriamente studiato, sfidano qualsiasi metodo proprio di una disciplina. Con la convinzione che uno studio esemplare di questo campo non è alla nostra portata e che la collezione e la descrizione del materiale non hanno un valore intellettuale intrinseco, non rimane che una possibilità: quella di disfarsi di tutti i giudizi metafisici mediocri, fondati sulla tradizione di un ristretto ambiente culturale. Rinunciando a difendere un punto di vista qualunque, ci si priva certo dei plausi di questa o quella fazione e si suscita le più vivaci critiche. Ma, siccome non è nostra intenzione né dimostrare né insegnare qualcosa, vogliamo sforzarci di essere obiettivi e di lasciar trasparire chiaramente un metodo e una visione globale del mondo, per permettere così a chiunque di cogliere schiettamente la nostra personale equazione. Pertanto, così come si è evitato scrupolosamente di esprimere giudizi sulla base di norme comuni, allo stesso modo non potrà sfuggire al lettore che una passione spesso apparentemente anarchica per l'insignificante come per il considerevole, in nome del solo concetto di Gestaltung, rimanda nonostante tutto, ancora a norme da definire. Il più forte impulso di una ricerca tanto vasta proviene forse da una epoca che vuole nuovamente stabilire delle regole, preservandole, però, da ogni ristrettezza dogmatica nel momento in cui vengono applicate; è il caso delle nuove opere plastiche da noi proposte. Volendo puntualizzare meglio il fondamento del nostro criterio, rimandiamo all'interpretazione dell'arte di Tolstoj; si è in linea con essa se, dietro l'esteriorità del processo di Gestaltung valutabile esteticamente e culturalmente, ammettiamo l'esistenza di un unico processo nucleare, comune a tutti gli uomini. Nella sua essenza, esso sarebbe sempre lo stesso, nel più eccellente dei disegni di Rembrandt come nel misero scarabocchio di un paralitico: è l'espressione unica della psiche. Forse è indispensabile saper utilizzare alla perfezione tutti i mezzi culturali ed estetici d'accesso all'opera, per riuscire a disfarsi di ogni pregiudizio e concedersi senza riserve a produzioni che oppongono il loro valore a questa esteriorità. Poiché non si potrebbe trovare nulla di ipocrita o banale nella frase: qui non c'è alcuna differenza.

    Heidelberg, ottobre 1921.

    A. INTRODUZIONE

    I.

    In questi ultimi tempi il pubblico ha sentito parlare spesso di arte dei folli, arte dei malati mentali, arte patologica, arte e follia. A noi non piace affatto utilizzare queste espressioni. La parola arte, con la sua forte carica emozionale, include un giudizio di valore, che crea una distinzione tra oggetti di messa in forma figurata e altri molto simili, rigettati come non-arte. Dato che ora le opere di cui ci occupiamo e i problemi che presentano non sono misurati in base ad un giudizio di valore ma da un punto di vista psicologico, ci sembra pertinente mantenere la significativa, anche se non comune, espressione Attività plastica dei malati mentali¹, per un ambito pressoché sconosciuto al di fuori della psichiatria. In questa definizione sono incluse tutte le produzioni plastiche a due e tre dimensioni che i malati mentali creano nel senso artistico del termine.

    Tutto ciò che è stato finora pubblicato sui lavori dei malati mentali² era indirizzato solo agli psichiatri e si riferiva solo a un numero ristretto di casi, che uno psichiatra può vedere nel corso degli anni. Gli studi di Mohr,³ citati di frequente al di fuori della letteratura specialistica, danno specialmente una visione dei problemi generali. Purtroppo, non si è mai realizzata una grande collezione di opere che, minimizzando il pericolo di generalizzazioni - a partire da qualche caso isolato scoperto accidentalmente – avrebbe permesso di investigare su questioni interessanti della ricerca ad ampio spettro di materiali comparativi. Casi isolati sono probabilmente conosciuti in ogni vecchia casa di cura. Spesso sono stati l'occasione per fondare piccoli musei, o sono stati aggiunti a collezioni già esistenti che esibivano modelli fatti con molliche di pane, collage di carta, strumenti di evasione e calchi di parti abnormi del corpo, un po' nello stile delle stanze delle rarità. Alcuni vecchi psichiatri posseggono piccole collezioni private. Ciò sembra particolarmente diffuso in Francia. La più importante collezione è stata probabilmente quella di Lombroso⁴. Egli riporta circa 57 malati attivi dal punto di vista dell'attività plastica, tra cui alcuni senza dubbio artisti. Collezioni molto importanti sono state organizzate da Morgenthaler (77 casi) nella casa di cura Waldau, Berna, da Gadelius a Konradsberg presso Stoccolma e da Hislop a Londra, con il materiale a disposizione nei propri istituti.

    La collezione della clinica psichiatrica di Heidelberg realizza invece un desiderio spesso espresso dai nostri colleghi: abbiamo raccolto circa 5000 lavori di 450 casi provenienti da Germania, Austria, Svizzera, Italia e Olanda, e manteniamo relazioni con altri paesi, compresi quelli d'Oltremare. Non è esagerato quando affermiamo che questo materiale soddisfa ogni ragionevole richiesta e offre un elevato numero di oggetti per affrontare problematiche che possono sorgere a riguardo. Abbiamo intenzione di arricchire la collezione soprattutto a livello internazionale. A parte alcune eccezioni, tutti i colleghi con cui siamo stati in rapporto hanno fatto prevalere l'interesse comune all'orgoglio di proprietà – le eccezioni, nella loro ignoranza su ciò che possiedono, non riescono affatto ad accantonare tale orgoglio. I donatori hanno guadagnato la nostra gratitudine e quella di ogni visitatore e ricercatore. La catalogazione, che include particolari considerazioni sia formali che tematiche, è stata completata. Copia della storia di tutti i casi più importanti è a disposizione ai fini scientifici. Anche il materiale di comparazione correlato (le produzioni di bambini, di primitivi, di adulti sani etc.) cresce pian piano. La collezione può senza difficoltà divenire il punto di convergenza, il solido fondamento di studio di numerosi problemi psicopatologici, che per decenni hanno attirato l'interesse di psichiatri, psicologi, teorici d'arte, problemi che probabilmente con l'evoluzione del mondo contemporaneo si sono ancor più acutizzati⁵.

    Per ciò che riguarda la natura e l'origine del nostro materiale possiamo dire: primo punto, si tratta quasi esclusivamente di lavori di malati istituzionalizzati; dunque, di persone la cui malattia mentale non è messa in dubbio; secondo punto, i lavori sono spontanei e nascono da un bisogno personale senza alcuna spinta esterna; terzo punto, si tratta per la maggior parte di malati senza pratica nel disegno, nella pittura, etc., e dunque senza formazione al di là di quella scolastica. La collezione contiene essenzialmente opere create spontaneamente da questi malati mentali.

    II.

    Le opere si possono prendere in considerazione secondo punti di vista differenti. Quello psichiatrico, proprio del loro contesto, è il più immediato. È pertanto naturale che esso prevalga nei primi studi, come è altrettanto comprensibile che si tenti di individuare nelle opere dei diversi malati segni utilizzabili diagnosticamente. Ciò è possibile solo in maniera approssimativa e chi non è comunque in grado di arrivare ad una diagnosi senza tale ausilio, possedendolo non sarà certo facilitato. Inoltre, la percentuale di pazienti che disegnano è davvero minima. I testi più recenti di psichiatria⁶ cominciano a riportare brevi caratterizzazioni dei differenti tipi di grafismo. Si dà una giusta descrizione delle copie meccaniche e realistiche fatte da idioti ed epilettici, degli scarabocchi confusi, febbrili e senza senso dei maniaci, e delle maldestre distorsioni con tendenza all'osceno dei paralitici; infine, si evidenzia che gli schizofrenici sono di gran lunga i più produttivi. Il fantastico, l'assurdo, l'incoerenza, la stereotipia, l'iterazione etc., presenti nelle loro produzioni spingono a vedere in esse una fonte di conoscenza ancora inesplorata per la psichiatria. Le pubblicazioni disponibili mostrano che un esame superficiale delle opere, come anche del malato stesso, non conducono ad una comprensione esaustiva. Nei disegni si individuano alcuni sintomi tipici, così come sono descritti nei manuali, ad esempio le stereotipie in cui lo stesso motivo viene ripetuto più volte, o la contaminazione o fusione, quando a un corpo animale si pone una testa umana e viceversa. Si possono facilmente raccogliere molti elementi del genere che provano - e non inaspettatamente – che gli stessi sintomi sono presenti in varie aree dell'espressione. In clinica si dovrebbe investigare se i malati, che tendono ad essere produttivi, presentino altri tratti comuni e se la loro produttività dipenda da variazioni d'umore, o al contrario è la produttività stessa ad avere effetti sull'umore. Ogni osservazione clinica precisa dell'attività produttiva dei malati sarà estremamente preziosa. Purtroppo, poco si è fatto a riguardo, e un tale studio richiederebbe all'osservatore una grande pazienza ma ancor più prudenza e discernimento. Solo colui che è veramente esperto della materia in tutte le sue ramificazioni potrebbe essere capace di ciò.

    Tenendo conto del materiale a disposizione, uno studio psicopatologico comparato delle diverse opere connesse alla storia della malattia dell'autore sembra essere più promettente. Tuttavia, restano gli stessi dubbi: per ignoranza dell'essenza di Gestalten, le opere vengano inadeguatamente colte secondo uno schema rigido. Siamo dunque dell'opinione che persino il metodo psichiatrico e psicopatologico migliore non ci proteggerà da conclusioni senza senso su tale eterogeneo materiale.

    Tra i punti di vista diversi da quello psichiatrico, ve ne sono due che possono proteggerci da false conclusioni e che sono altrettanto rilevanti. Queste opere sono tentativi di Gestaltung, che le accomuna psicologicamente all' arte. Dovremmo pertanto avere qualche competenza nelle questioni teorico-artistiche, o meglio nella psicologia della Gestalt. Per di più, si è sempre sottolineato la somiglianza sorprendente di queste opere con quelle dei bambini e dei primitivi – dunque bisogna stabilire, da una parte, in cosa consiste tale somiglianza e la sua base psicologica e, dall'altra, individuare la differenza. Dobbiamo poi possedere sufficienti conoscenze di psicologia comparata o di etnopsicologia. Infine, si è enfatizzato il fatto che le opere dei nostri pazienti hanno un rapporto molto più stretto con l'arte recente che con altri domini di comparazione. È innegabile che queste analogie suscitano oggi più l'interesse del pubblico che quello degli scienziati. Pertanto, i nostri sforzi per impedire uno sfruttamento scandaloso hanno incontrato totale comprensione ovunque, tanto che anche lo scettico deve vederci la prova che il desiderio di sapere è profondamente radicato nelle forze vive del nostro tempo. Crediamo nell'importanza pratica che una presentazione dettagliata del nostro campo di ricerca possa avere, se si trova il giusto tono. E questa opinione è sostenuta non solo da buone ragioni ma appoggiata anche da chi ci è più vicino.

    Queste considerazioni avranno per lo meno chiarito che un'esposizione metodica e trasparente del nostro materiale incontra enormi difficoltà e presenta problemi assai complessi. Cercheremo invano un referente nelle scienze – tutte impongono strutture dogmatiche a nostro avviso troppo restrittive. E siamo colpiti dalle ultime opposizioni concettuali delle due discipline specifiche: né l'opposizione malattia-sanità né l'opposizione arte-non arte sono chiaramente distinguibili se non in termini dialettici. L'empirista onesto troverà di fronte a due poli opposti, con innumerevoli passaggi che può nettamente definire, non senza però sottostare alle convenzioni culturali dominanti, la cui ristrettezza gli è dolorosamente chiara.

    In un tale dilemma, abbiamo scelto come referente un concetto psicologico centrale, che è esso stesso vicino al nostro principale problema (Gestaltung artistica e sentimento del mondo del malato mentale), vale a dire la Gestaltung stessa. Esso dovrà essere teoreticamente interpretato in maniera ampia e necessaria. Questo libro, come dice il sottotitolo, intende solo esplorare un dominio-limite, vuole essere un contributo per una futura psicologia della Gestaltung. In tal senso vogliamo, da una parte, esporre il materiale della nostra collezione possibilmente nei suoi esempi di più alto valore, dall'altra, dare una visione d'insieme dei numerosi problemi, così da facilitare almeno l'orientamento per studi futuri. Fino a che punto le nostre conclusioni, tratte da dati sempre verificabili, possano aver dato la soluzione a certi problemi, dovrà essere confermato. Per quanto ci riguarda, siamo convinti che formulare questioni chiare e corrette sia spesso più prezioso di risposte corrette ma confuse. Dunque, preferiamo definire il problema piuttosto che arrivare a conclusioni definitive, premature per il tempo. Molto spesso è un sapere molto antico, perduto nella nostra epoca e di nuovo riscoperto, che può darci più soddisfazione di una nuova conoscenza, che non è mai libera dal sospetto dell'illusione.

    III.

    Il fatto che i malati mentali in generale disegnano, dipingono o scolpiscono opere stranamente affascinanti è conosciuto solo all'interno dei circoli psichiatrici e grazie essenzialmente a Lombroso, che menziona tali opere nei suoi scritti. Tuttavia, questo fatto si perde nello sforzo di dimostrare il lato patologico del genio. I suoi libri, efficaci e accessibili anche all'intelligenza più ottusa, hanno senza dubbio dato origine al diffondersi nel mondo intero della formula genio e follia. Ma ciò non ha fatto altro che rinforzare l'idea popolare che sfortunatamente i geni sono più o meno folli, anche se sono universalmente ammirati o sono autori di opere classiche; di conseguenza bisogna passar sopra le peculiarità patologiche, inevitabilmente connesse alle loro abilità. Che Lombroso si sia spesso sbagliato nel diagnosticare un'epilessia può interessare solo allo specialista. All'epoca l'epilessia affascinava - un po' come la schizofrenia oggi - anche per via delle ricerche portate avanti dallo stesso Lombroso. Qui ci limiteremo al fatto che il confine tra psichiatria e arte continua a subire l'influenza della formula genio e follia.

    È difficile stabilire se Lombroso abbia suscitato più consensi o più critiche. In ogni caso, dovremmo dare una valutazione delle reazioni. Effettivamente, il suo messaggio cade su un terreno fertile presso tutti coloro che vedono nell'arte un epifenomeno spiacevole dello sviluppo dell'umanità, dal povero, superstizioso e inabile primitivo, al ricco, potente e igienico uomo della modernità. Coloro che invece sottolineano i valori spirituali delle opere - configurate ad un livello così alto per cui i loro autori sono oltre la distinzione sanità e malattia - si sono vigorosamente opposti a generalizzazioni non propriamente innocue e prive di senso critico. E la loro avversione si è accentuata ancora di più di fronte al plauso del gruppo psicologico opposto.

    Allorché divenne alla moda scrivere, sotto forma di patografie, lai storia della malattia di personalità importanti, a supplemento delle loro biografie, l'avversione da parte dei circoli intellettuali per ogni confusione di prospettive psichiatriche e psicologiche si fece ancora più forte nei confronti della psichiatria in quanto tale. Se ne trovano numerose tracce nella letteratura. D'altronde la nostra professione non è certo esente da colpa. Se un uomo così intelligente come Moebius si è perso in facezie del tutto pretenziose, e non ha esitato a far iniziare i sintomi patologici nelle opere di Nietzsche laddove la sua comprensione vacillava, cosa ci si può attendere da gente di media intelligenza? Non è una sorpresa che in ogni sforzo di misurare grandi personalità secondo standard psichiatrici, è la misura stessa ad essere inadeguata. Le difficoltà enormi di ogni impresa del genere non sono dovute solo a mancanza di tatto ma rimandano alla lotta tra due intelligenze – non ci si può aspettare che l'intelligenza del critico esaminatore sia superiore a quella di chi è sotto esame.

    Lo studio psichiatrico di persone produttive ha valore oggettivo solo quando tali persone sono innegabilmente malate e le loro opere sono davvero controverse, anche per gli specialisti. In questo caso si può fornire la spiegazione psicologica auspicata, riconducendo ad elementi conosciuti in psichiatria ciò che sembrava incomprensibile. In opere divenute classiche, il cui autore senza alcun dubbio era malato mentale (ad esempio Hoelderlin), si possono trarre elementi di valore psicologico dall'esperienza psichiatrica. Ma quando uno psichiatra si arroga il diritto di spiegare un'opera controversa, avanzando il sospetto della malattia mentale di un autore di cui ignora tutto, allora agisce in modo stupido e superficiale, chiunque egli sia.

    Anche se i più recenti lavori nel campo patografico hanno attenuato gli aspetti penosi, sottolineando la parte teoretica della psicopatologia piuttosto che quella storica e biografica, l'uomo di cultura non si sentirà meno colpito nella sua sensibilità. Per lui perfino il grossolano fatto certo di una malattia mentale non sarà che un fattore tra gli altri, da valutare unicamente a partire dall'opera. Se l'opera è formata e vive, cosa importa se un pugno di psichiatri, culturalmente insignificanti, possa provare che l'autore, anche dopo la sua morte, sia etichettato con questa o quella diagnosi? E se l'opera non ha nessun valore e l'autore è sano, chi ci guadagna?

    L'uomo di cultura, malgrado l'estrema confusione e una sensibilità che si oppone all'opinione degli psichiatri, non cessa di pensare al problema, reso ancora più oscuro da Lombroso: quando gli antichi parlavano di una follia sacra, che si impossessa del poeta ispirato, e quando si abbandonavano a estasi e si inducevano transes e chiamavano santi i folli, tutte queste forme di follia devono aver condiviso qualcosa di profondo. Dovremmo altrimenti essere così presuntuosi da accusarli di ignorare una conoscenza essenziale, che chiede di essere approfondita con metodi esatti. Se numerose condizioni psichiche, che per secoli sono state accettate come fattori culturali di primo ordine, oggi sono considerate malate, allora deve esserci un errore a monte o, per lo meno, qualcosa di importante si è perso, non importa quanto rigoroso sia stato il metodo stesso. In effetti, queste inquietanti considerazioni e il generale interesse in questioni psicopatologiche hanno spostato la nostra attenzione verso un vecchio problema centrale: un'analisi psicologica accurata potrà provare che condizioni psichiche eccezionali – il processo di ispirazione di Gestaltung artistica da una parte, e il sentimento del malato mentale, dall'altra - siano realmente correlate?

    Formulato in modo così generale, il problema perde molto della sua intensità dolorosa, poiché è stato reso impersonale. E la questione psicologica riguardo i due stati psichici - una volta simili e oggi sono considerati come totalmente differenti - è l'ultima destinazione del nostro studio.

    IV.

    La nostra presentazione partirà dal materiale. Le opere plastiche non saranno misurate o giudicate secondo standard prefissati. Al contrario, cercheremo di comprenderle e, se possibile, analizzarle senza alcun pregiudizio. Per quanto ci sforzeremo di non essere prevenuti, non cediamo all'illusione che il nostro esame possa essere libero da ogni preconcetto. Inizieremo dunque ad illustrare in una breve sezione teorica i fondamenti psicologici per ogni osservazione delle opere plastiche. Come già indicato, il concetto di Gestaltung è per noi centrale, più che in qualsiasi discussione di estetica; e non per motivi psicologici bensì metafisici. Concepiamo infatti la vita come una gerarchia dei processi di Gestaltung e possiamo sperare di raggiungere un qualche fondamento solo riferendoci a tali processi. Quando parliamo di radici psicologiche della Gestaltung nell'uomo, individuiamo nel bisogno d'espressione il nucleo delle pulsioni di Gestaltung, che si nutrono di tutto lo psichismo. A partire da questo nucleo si sviluppano le differenti tendenze di Gestaltung che, per la varietà delle loro combinazioni, determinano il carattere dell'opera. Resta un assioma di base: ogni messa in forma (Gestalt) è movimento espressivo dell'autore, immediato e senza altro fine o istanza razionale. Sebbene ad oggi la teoria dei movimenti espressivi è stata sistematizzata solo in grafologia, i risultati qui ottenuti potranno essere usati per uno studio fecondo dell'attività plastica. Solo in tal modo sarebbe possibile riconoscere i disturbi mentali nelle opere. A riguardo il nostro contributo non è che un primo passo, poiché pochi sono gli studi disponibili. E c'è una spiegazione razionale. Sono richieste rare qualità intuitive, una grande esperienza e senso critico. Per di più tali ricerche oggi non sono quasi mai apprezzate, non potendo essere esattamente misurate.

    Una breve presentazione della teoria della Gestaltung viene aggiunta alla sezione "Immagine visuale e Gestaltung, ridotta anch'essa a nozioni essenziali. Speriamo che questi preliminari inclinino ad una maggiore credibilità o accettazione dei nostri sforzi di avvicinarci alle opere senza pregiudizio, senza domande formulate e soprattutto senza giudizio di valore. La nostra attitudine include sempre una componente fenomenologica nel senso largo del termine, senza dover seguire pertanto il rigoroso metodo husserliano. Dopo tutto, non stiamo cercando esplicazioni psicologiche ma il mostrarsi dell'essenza (Wesensschau).

    V.

    Non è necessario introdurre le due parti principali. Dalle nostre premesse segue chiaramente il fatto che dobbiamo esporre il materiale secondo il punto di vista di una psicologia della Gestaltung e dobbiamo iniziare prima di tutto da pezzi che possiamo cogliere nella loro essenza. Questi sono i più semplici, dove si incarnano poche tendenze, per così dire, ancora nude. Da qui passeremo a opere più complesse, sforzandoci sempre di discernere quali nuovi impulsi psichici si manifestano. Dopo aver riassunto, sulla base degli scarabocchi, i due principali orientamenti della Gestaltung plastica - tendenza all'ordine e tendenza a riprodurre - affronteremo, a livello di una più grande espressività, opere problematiche, altamente simboliche, di inquietante estraneità, diverse tra loro. La discussione del materiale culmina con le monografie di 10 maestri schizofrenici. Dunque, non si tratta più di opere anonime; le biografie dettagliate fanno chiarezza sul legame tra opere e autori ancora in vita.

    A questo punto si dispone di un materiale che tiene conto del punto di vista psichiatrico ed estetico. Precedute da una ricapitolazione, le considerazioni di base della terza parte utilizzano come mezzo di chiarificazione solo materiale di comparazione e si fondano esclusivamente su fatti conosciuti e verificabili.

    B. PARTE TEORICA

    I FONDAMENTI PSICOLOGICI DELLA GESTALTUNG

    I. IL SIGNIFICATO METAFISICO DELLA GESTALTUNG

    Dobbiamo confessare di aver dato per scontato, nella premessa, il fatto che sia noto a tutti il significato metafisico della Gestaltung plastica. In realtà, come dimostrano gli sforzi dell'estetica filosofica, esso non lo è affatto e rimanda piuttosto ad una contesa tra diverse concezioni del mondo. lndichiamo, pertanto, solo la direzione in cui crediamo di scorgerlo: non in un'imitazione della natura né in un'illusione né in un abbellimento della vita altrimenti insopportabile, e neanche nei possibili effetti educativi secondari. Ogni finalità, pur se legittima a livello di vita sociale, è estranea all'essenza della Gestaltung. Piuttosto noi ricaviamo il senso dell'oggetto messo in forma dalla Gestaltung stessa, nella cui vitale compiutezza ci sembra di poter cogliere la perfezione di un'opera. Ogni altra valutazione utilizza strumenti culturali tra i più articolati. È così che il concetto di arte si è svuotato di significato e non è quasi più utilizzabile nelle discussioni di principio a causa della sua ambigua carica affettiva. A nostro avviso, le caratteristiche principali dell'opera formata emergono dal processo di Gestaltung ricondotto ai suoi fattori essenziali, psicologicamente intesi come funzioni psichiche totalmente definibili. In questo processo, non soggetto a fattori individuali e ad istanze secondarie, pensiamo di scorgere anche il valore metafisico della Gestaltung, sovente occultato da una finalità esteriore sociale.

    È alla luce di questa idea fondamentale che, d'ora in avanti, si potrà riflettere sul dominio delle radici di Gestaltung generale e non ancora specifica, allo scopo di evidenziare in essa le tendenze operanti. L'importanza che accordiamo a ciascuna tendenza dipende da differenti fattori, tutti legati alla nostra concezione del mondo. Per di più, la loro specifica azione sarà diversa da un'opera all'altra. Ognuna può prevalere, ognuna sparire. Riteniamo, comunque, che le sei radici da descrivere debbano esser prese tutte in considerazione e che non si possa mai far scaturire la totalità da una singola pulsione.

    Si potrebbe obiettare che le considerazioni teoriche appena espresse graverebbero e arresterebbero il cammino di uno studio, in cui il materiale ha un peso determinante. ln realtà, esse sono decisive proprio per l'analisi di questo materiale e non sono affatto così comuni da potervi fare semplicemente riferimento. Mettendo in evidenza le tendenze che vogliamo definire e spiegando la loro organizzazione all'interno del normale processo di Gestaltung, ci diamo un mezzo di valutazione per le nostre opere. lnvece di esser guidati da una vaga impressione, possiamo ricondurre i tratti bizzarri alle tendenze di Gestaltung; invece, di un sintomo, possiamo semplicemente segnalare che ad essere disturbata è una funzione psichica ben precisa.

    II. BISOGNO D'ESPRESSlONE E SCHEMATISMO DELLE TENDENZE Dl GESTALTUNG

    Piderit, Darwin, Wundt e, più tardi, Croce e Kohnstamm hanno studiato il complesso campo dei movimenti espressivi e, nella psichiatria generale, da Kraepelin in poi si è soliti trattare i disturbi in essi presenti come un gruppo a sé stante. Ma è stato Klages il primo a fondare una teoria generale dell'espressione, a cui noi, nel presente lavoro, aderiamo nei punti essenziali⁷. Conformemente a tale teoria, i movimenti espressivi hanno la particolarità di incarnare lo psichico, al punto che esso ci viene dato in immediata partecipazione. Ogni scarica motoria può essere il veicolo di processi d'espressione, che non riguardano il solo movimento volontario ma anche il sistema vegetativo, come ad esempio l'altro riflesso dell'arrossire. Nel movimento volontario della mano, il gesto causato dalla gioia o dalla collera, come anche nel gesto sonoro della parola e della sua ripercussione nella scrittura e nell'opera plastica, avvertiamo lo psichico individuale semplicemente vivendolo, scartando così la via razionale delle associazioni.

    Se i movimenti espressivi giocano un loro ruolo in tutte le manifestazioni vitali - essi possono presentarsi, per dirla con Wundt, sotto l'aspetto di atti automatici, impulsivi o volontari, esiste allora un dominio molto più vasto che solo questi fatti espressivi possono abbracciare nella sua globalità: il regno della Gestaltung, in particolare della Gestaltung artistica. Mentre da un punto di vista razionale un oggetto può essere descritto nei suoi elementi materiali più importanti attraverso proprietà misurabili, questo approccio oggettivo fallisce non appena sono in gioco dei fatti espressivi. Anche se alcune sue componenti semplici sono individuabili con l'ausilio di strumenti - tipo la bilancia di Kraepelin per la pressione della scrittura – tuttavia, più il fenomeno espressivo è radicato nell'individuo, più è elevata la sua capacità di messa in forma, più non si è in grado di conoscerlo quantitativamente e concettualmente. Solo un pazzo può credere di poter determinare con la misurazione acustica di vibrazioni e timbri ciò che è essenziale alla tonalità di un violinista o, allo stesso modo, di definire il contenuto espressivo dei cupi colori dei quadri di Rembrandt con il controllo sulla scala dei colori.

    Noi respingiamo dunque la sfera dei fatti misurabili, opponendola a quella dei fatti espressivi, dove lo psichico appare immediatamente, senza la mediazione di un apparato intellettuale. In quanto tali, essi sono sottoposti essenzialmente ad un'unica finalità: concretizzare lo psichico e abbattere così la barriera tra io e l'altro. ll valore proprio di ogni movimento è manifestamente legato all'autonomia e alla perfezione del suo compimento. E questo compimento implica, da un lato che il movimento stesso sia saturo dello psichico di cui è espressione, e dall'altro che la sua forma sia, per quanto possibile, la più nitida. La tendenza a raggiungere la perfezione della forma da parte di ogni Gestaltung espressiva cosciente, comprende questi due elementi. Troviamo loro tracce già nelle condizioni più elementari: nel bambino che, nel corso del suo gioco, inventa una danza divertente o abbozza sul tavolo uno scarabocchio, che il familiare attento sa interpretare nel suo valore espressivo⁸; nel primitivo che, nella maschera da danza, esprime il suo sentimento del mondo, ricco di rappresentazioni magiche e demoniache; e, non diversamente, nei molteplici processi in cui lo psichico viene messo in forma. Se non vogliamo limitarci ad uno studio descrittivo delle visibili manifestazioni di questo processo ma penetrare psicologicamente in esso, dobbiamo allora dare un nome all'impulso, per non dire alla forza, che vi si manifesta. Parliamo perciò di una tendenza, di una spinta, di un bisogno d'espressione dello psichico e designiamo con tali termini i processi vitali pulsionali, che non sono sottoposti ad alcuna finalità esterna ma sono rivolti solo

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