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La psicoanalisi
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E-book304 pagine4 ore

La psicoanalisi

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Traduzioni di Celso Balducci e Aldo Durante

In questo volume la teoria della psicoanalisi viene esaminata, come concezione e come pratica terapeutica, nei suoi diversi aspetti. Il metodo analitico vi è delineato sin dalle prime formulazioni ed è seguito nel suo sviluppo, attraverso le scoperte e le sistemazioni successive che Freud veniva elaborando sulla base dell’esperienza terapeutica e del rapporto con i malati. «La psicoanalisi è una combinazione degna di rilievo, in quanto non solo comprende un metodo di indagine delle nevrosi, ma anche un metodo di cura fondato sull’eziologia in tal modo scoperta. […] Non è figlia della speculazione,
ma è il risultato dell’esperienza» (Sigmund Freud).

«Nel periodo in cui il bambino è dominato dal complesso nucleare, non ancora rimosso, comincia a svilupparsi una parte notevole della sua attività psichica, che è messa al servizio degli interessi sessuali.»


Sigmund Freud
padre della psicoanalisi, nacque a Freiberg, in Moravia, nel 1856. Autore di opere di capitale importanza (tra le quali citeremo soltanto L’interpretazione dei sogni, Tre saggi sulla sessualità, Totem e tabù, Psicopatologia della vita quotidiana, Al di là del principio del piacere), insegnò all’università di Vienna dal 1920 fino al 1938, quando fu costretto dai nazisti ad abbandonare l’Austria. Morì l’anno seguente a Londra, dove si era rifugiato insieme con la famiglia. Di Freud la Newton Compton ha pubblicato molti saggi in volumi singoli e la raccolta Opere 1886/1921.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854124622
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    La psicoanalisi - Sigmund Freud

    IL METODO PSICOANALITICO DI FREUD

    (1904)

    Titolo originale: Die Freud'sche psychoanalytische Methode

    Pubblicato per la prima volta in Die psychischen Zwangserscheinungen di L. Löwenfeld,

    Bergmann, Wiesbaden, 1904

    Lo speciale metodo psicoterapico praticato da Freud col nome di «psicoanalisi» è un'estensione di ciò che andava sotto il nome di metodo «catartico», che egli, in collaborazione con Josef Breuer, trattò in Studi sull'isteria (1895). Tale terapia catartica era una scoperta di Breuer, che l'aveva applicata per la prima volta una decina di anni prima nel riuscito trattamento di una paziente isterica, trattamento durante il quale egli era arrivato ad ottenere una certa comprensione della patogenesi dei sintomi di costei. Freud, in seguito a un suggerimento personale di Breuer, riprese il metodo e lo provò su un gran numero di pazienti.

    Il metodo di cura catartico presupponeva che il paziente potesse essere ipnotizzato e si fondava sull'ampliamento della coscienza che si ha sotto ipnosi. Il suo scopo era l'eliminazione dei sintomi patologici, cosa che esso otteneva facendo in modo che il paziente ritornasse allo stato psichico nel quale i sintomi si erano manifestati per la prima volta. Quando si riusciva a farlo, nella mente del paziente riemergevano ricordi, pensieri e impulsi che, in precedenza, erano usciti dalla sua coscienza, e non appena egli li aveva riferiti al medico, in concomitanza con l'intensa espressione di emozioni relative, il sintomo era superato e il suo riapparire scongiurato. Questa esperienza, regolarmente ripetibile, significava, secondo gli autori del lavoro, che il sintomo prende il posto di processi rimossi che non sono arrivati alla coscienza, ossia rappresenta una trasformazione («conversione») di tali processi. Essi spiegavano l'efficacia terapeutica del loro trattamento come dovuta alla scarica di ciò che, precedentemente, era, e questo è vero, uno stato affettivo «strangolato» legato ad attività mentali represse («abreazione»). Ma, in pratica, questa semplice e schematica linea di condotta terapeutica quasi sempre veniva complicata dal fatto che, nella maggioranza dei casi, nella formazione dei sintomi entrava in gioco una serie di impressioni — non facili a ricostruirsi — e non già una singola impressione («traumatica»)

    La caratteristica principale del metodo catartico, che lo contraddistingue da tutti gli altri metodi impiegati in psicoterapia, sta nel fatto che la sua efficacia terapeutica non dipende da una suggestione da parte del medico, comportante un divieto. Piuttosto ci si attende che i sintomi debbano scomparire automaticamente non appena il procedimento, basato su determinate ipotesi riguardanti il meccanismo psichico, sia riuscito a deviare il corso dei processi psichici che aveva trovato uno sbocco nella formazione di sintomi.

    Le modifiche apportate da Freud al metodo catartico di Breuer furono inizialmente cambiamenti di tecnica i quali, però, portarono a ulteriori scoperte rendendo alla fine necessaria l'adozione di un modo di concepire il procedimento terapeutico diverso, per quanto non contraddittorio.

    Già il metodo catartico aveva rinunciato alla suggestione. Freud fece un altro passo innanzi lasciando da parte anche l'ipnosi. Attualmente egli tratta i pazienti nel seguente modo. Senza esercitare influenze di alcun altro genere, li invita a stendersi su un divano in posizione confortevole, mentre egli stesso prende posto su una sedia dietro di loro, al di fuori del loro campo visivo. Non chiede loro neppure di chiudere gli occhi ed evita di toccarli in qualsiasi modo, come pure evita qualunque altro procedimento che possa richiamare alla mente l'ipnosi. Quindi la seduta procede a somiglianza di una conversazione tra due persone ugualmente deste, ad una delle quali, però, sia evitata qualunque tensione muscolare e qualunque impressione sensoriale che potrebbe distoglierne l'attenzione dall'attività mentale.

    Come è noto a tutti noi, che un soggetto possa ο non possa venire ipnotizzato dipende dalla volontà del soggetto stesso, e inoltre moltissimi nevrotici non possono essere ipnotizzati a qualunque mezzo si ricorra, dal che consegue che con l'abbandono dell'ipnosi il metodo è diventato applicabile a un numero illimitato ai pazienti. D'altro canto, ora veniva a mancare quell'ampliamento della coscienza che aveva fornito al medico proprio quel materiale psichico, fatto di ricordi e immagini, grazie al quale si realizza la trasformazione dei sintomi e la liberazione delle emozioni. Quindi ogni effetto terapeutico sarebbe stato impossibile, salvo a trovare un sostituto dell'elemento mancante.

    Freud ha trovato questo sostituto — e un sostituto completamente soddisfacente — nelle «associazioni» dei suoi pazienti, ossia in quei pensieri involontari (che il più delle volte sono considerati elementi perturbatori e, di conseguenza, sono respinti) che, tanto di frequente, vengono a interrompere la continuità di una narrazione articolata.

    Allo scopo di captare queste idee egli chiede ai pazienti di lasciarsi andare, nel parlare, procedendo come in una conversazione in cui si salta di palo in frasca, a casaccio. Prima di chiedere loro un dettagliato resoconto della storia della malattia, egli insiste sul fatto che dovranno includere in essa tutto quel che passerà loro per la testa, persino quando lo ritengano privo di importanza ο di interesse ο senza senso. Soprattutto insiste nel raccomandare loro di non omettere alcun pensiero, ο idea, dalla loro storia, per imbarazzante ο angoscioso che possa essere. Nel raccogliere questa massa di idee, che altrimenti sarebbero state trascurate, Freud fece quelle osservazioni che in seguito sarebbero diventate il fattore determinante di tutta la sua teoria. Nella memoria del paziente, persino mentre racconta il suo caso, appaiono delle lacune: sono andati dimenticati degli avvenimenti reali, l'ordine cronologico è confuso, oppure i nessi causali sono interrotti, con risultati incomprensibili. Non vi è storia di nevrotico esente da amnesie di questo ο quel genere. Se si sollecita il paziente a colmare queste lacune della memoria mediante un'applicazione più intensa dell'attenzione, ci si avvede che tutte le idee che gli vengono in mente sono respinte con ogni possibile e immaginabile espediente critico, sinché, quando finalmente riemerge l'effettivo ricordo, egli prova un vero disagio. In base a questa esperienza Freud deduce che quelle amnesie sono il risultato di un processo da lui chiamato rimozione, motivato, secondo lui, da sensazioni spiacevoli. Secondo Freud, le energie psichiche che hanno determinato tale rimozione sono individuabili nella resistenza che si oppone al ricupero di particolari ricordi.

    Il fattore resistenza è diventato uno dei punti chiave della sua teoria. Egli interpreta le idee che di solito vengono respinte con scuse di ogni sorta, quali quelle testé ricordate, come derivati dei fenomeni psichici rimossi — pensieri e impulsi — deformati per opera della resistenza che si oppone alla loro rievocazione.

    Quanto maggiore è la resistenza, tanto maggiore è la distorsione. L'importanza di questi pensieri involontari, ai fini della terapia, sta nel loro rapporto col materiale psichico rimosso. Se si dispone di una metodica che permetta di arrivare al materiale rimosso partendo dalle associazioni e al materiale deformato partendo dalle distorsioni, allora ciò che della vita psichica era inizialmente inconscio può essere reso accessibile alla coscienza persino senza l'ipnosi.

    Su queste premesse Freud ha messo a punto un sistema di interpretazione che consiste nell'impresa di estrarre il metallo puro dei pensieri rimossi dal filone delle idee involontarie. Questo lavoro di interpretazione non viene applicato soltanto alle idee del paziente, bensì anche ai suoi sogni — che schiudono la via più diretta alla conoscenza dell'inconscio —, alle sue azioni involontarie, a quelle prive di scopo (gli atti sintomatici) e agli errori che commette nella vita ordinaria (lapsus nel discorso, azioni bizzarre, e via dicendo). I particolari di questa tecnica di interpretazione, ο di traduzione, non sono ancora stati pubblicati da Freud. Secondo gli accenni che egli ne ha fatto, essi comprendono diverse regole, stabilite empiricamente, sul modo di ricostruire dalle associazioni il materiale inconscio; indicazioni su come interpretare il significato di un'interruzione del flusso di idee del paziente; esempi pratici dei più importanti e caratteristici tipi di resistenza che si manifestano nel corso della cura. L'Interpretazione dei sogni, ponderoso volume pubblicato da Freud nel 1900, può essere considerato come l'antesignano dell'iniziazione a questa tecnica.

    Da questi rilievi sulla tecnica del metodo psicoanalitico si potrebbe trarre la conclusione che l'ideatore di essa si sia affaticato inutilmente ed abbia commesso un errore abbandonando il meno complesso procedimento ipnotico. Invece la tecnica psicoanalitica è innanzitutto assai più facile, quando la si sia appresa, di quanto non sembrerebbe in base a qualsiasi descrizione, e poi non ci sono altre vie che conducano alla meta, per cui il cammino più aspro è purtuttavia il più breve. Contro l'ipnosi si può muovere l'obiezione che nasconde la resistenza e pertanto impedisce al medico di comprendere il gioco delle forze psichiche. L'ipnosi non elimina la resistenza, semplicemente la elude, per cui fornisce soltanto dati incompleti e i suoi risultati terapeutici sono transitori.

    Il compito che il metodo psicoanalitico si sforza di realizzare può essere definito in più modi, i quali però si equivalgono nella loro essenza. Per esempio si può dire: compito del trattamento è l'eliminazione delle amnesie. Quando tutte le lacune della memoria siano state colmate e tutti i prodotti enigmatici della vita psichica siano stati chiariti, diventano impossibili il perdurare e persino il riapparire dello stato patologico, condizione che concluderebbe egualmente una diversa esposizione in cui dicessimo che tutte le rimozioni devono essere annullate. Quest'altra definizione si spinge più avanti: il compito consiste nel rendere l'inconscio accessibile alla coscienza, ciò che si ottiene sopraffacendo le resistenze. Però bisogna tener presente che una situazione ideale come questa non si ritrova neppure negli individui normali e, inoltre, ben di rado si può portare avanti il trattamento fino a un punto che si avvicini a questa condizione. Considerato che salute e malattia non differiscono nella loro essenza, ma sono soltanto separate da una linea di demarcazione quantitativa che può essere stabilita praticamente, l'obiettivo della cura non potrà mai essere altro che la guarigione pratica del paziente, il ripristino della sua capacità di condurre una vita attiva e della sua attitudine a provare piacere. Con un trattamento incompleto, ο il cui successo non sia assoluto, si può in ogni modo conseguire un notevole miglioramento delle condizioni psichiche generali, mentre i sintomi — adesso meno importanti per il paziente — possono continuare a esistere senza imporgli il marchio di individuo ammalato.

    Salvo alcune modifiche insignificanti, il metodo terapeutico rimane lo stesso per tutti i diversi quadri clinici che si possono presentare nell'isteria e in tutte le forme di nevrosi ossessiva, ciò che non comporta, in ogni modo, che le sue applicazioni siano illimitate. La natura del metodo psicoanalitico comporta indicazioni e controindicazioni inerenti al soggetto da curare e anche al quadro clinico. I casi più favorevoli per la psicoanalisi sono le psiconevrosi croniche senza sintomi molto violenti ο pericolosi: essi, dunque, sono innanzitutto tutti i tipi di nevrosi ossessiva, di pensieri e azioni ossessive, e i casi di isteria in cui il ruolo più importante sia detenuto da fobie e abulie; inoltre tutte le manifestazioni somatiche dell'isteria, in tutti i casi in cui non sia necessario, come nell'anoressia, che il medico procuri di eliminare rapidamente i sintomi. Nei casi di isteria acuta occorrerà attendere una fase di maggiore tranquillità; in tutti i casi in cui il quadro clinico sia dominato dall'esaurimento nervoso, si dovrà evitare una cura di questo genere, che di per se stessa richiede uno sforzo, è lenta nell'apportare miglioramenti e per un certo tempo non può preoccuparsi della persistenza dei sintomi.

    Chiunque debba fruire dei benefici effetti della psicoanalisi, deve possedere determinati requisiti. Innanzitutto deve essere capace di condizioni psichicamente normali; nei periodi di confusione ο di depressione melanconica non si può far nulla, neppure nei casi di isteria. Inoltre si deve pretendere un certo grado di intelligenza naturale e di sviluppo etico; se il medico deve trattare con un elemento del tutto insignificante, ben presto viene a perdere quell'interesse che solo può consentirgli di penetrare a fondo nella vita psichica del paziente. Malformazioni caratteriali profondamente radicate, segni di una costituzione veramente degenerata, si manifestano durante il trattamento quali fonti di resistenza difficilmente superabili. Sotto questo profilo la stessa costituzione del paziente pone una limitazione generica all'effetto curativo della psicoterapia. Se l'età del paziente si approssima alla cinquantina, le condizioni per la psicoanalisi diventano sfavorevoli. La massa del materiale psichico non è più trattabile; il tempo necessario per la guarigione è troppo lungo e la capacità di risolvere i processi psichici comincia a indebolirsi.

    Nonostante tutte queste limitazioni, il numero di persone adatte al trattamento psicoanalitico è straordinariamente grande e, secondo Freud, l'ampiezza conferita alle nostre possibilità terapeutiche da questo metodo è assai notevole. Per una cura efficace, Freud richiede lunghi periodi: da sei mesi a tre anni; però ci fa anche sapere che, fino ad oggi, e ciò per varie ragioni facili a intuirsi, per lo più si è trovato nelle condizioni di provare il suo metodo di cura soltanto su casi molto gravi: taluni pazienti sono venuti da lui dopo parecchi anni di malattia, assolutamente incapaci di condurre una vita normale, ricorrendo, dopo essere rimasti delusi da terapie di ogni genere, come a un'estrema risorsa, a questo metodo insolito, che è oggetto di molti dubbi. Nel caso di malattie meno gravi la durata della cura può ben essere assai più breve. La cura preventiva, poi, non può che apportare grandissimi vantaggi.

    LA PSICOTERAPIA

    (1905)

    Titolo originale: Über Psychotherapie

    Pubblicato la prima volta in Wiener medizinische Presse, gennaio 1916

    Signori, sono passati circa otto anni da che ebbi occasione, su invito del loro compianto presidente Professor von Reder, di parlare in questa sede sull'argomento dell'isteria. Poco tempo prima, nel 1895, avevo pubblicato, in collaborazione col dott. Josef Breuer, gli Studi sull'isteria, nei quali illustravo il tentativo, sulla base delle nuove conoscenze dovute alle sue ricerche, di introdurre un nuovo metodo di cura delle nevrosi. Sono lieto di poter affermare che gli sforzi da noi compiuti nei nostri Studi sono stati coronati da successo; le idee in essi contenute sugli effetti provocati da traumi psichici dovuti alla ritenzione di stati emozionali, così come la concezione del sintomo isterico quale risultato di un'eccitazione trasposta dalla sfera psichica a quella fisica — per i quali concetti coniammo i termini «abreazione» e «conversione» — oggi sono conosciute e comprese generalmente. Almeno nei paesi di lingua tedesca, non vi è oggigiorno trattazione dell'isteria che non ne tenga conto in misura più ο meno grande, e non vi è alcuno tra i nostri colleghi che non si sia inoltrato, sia pure per breve tratto, per il cammino da noi indicato. Eppure, allorché erano ancora recenti, questi postulati e questa terminologia dovevano sembrare non poco strani.

    La stessa cosa non posso dire della tecnica terapeutica, che fu presentata ai nostri colleghi contemporaneamente alla teoria: essa tuttora lotta per ottenere un riconoscimento, e per questo vi possono essere ragioni particolari. In quel tempo la tecnica del metodo era ancora poco avanzata; non mi era possibile dare ai medici, lettori di quel libro, le istruzioni atte a metterli in grado di effettuare integralmente la cura. Però è certo che sono entrate in gioco anche cause di natura generica. Anche oggi, la psicoterapia appare a molti medici come un prodotto del moderno misticismo e, se confrontata con i presidi terapeutici di natura fisico-chimica applicati in base a una conoscenza fisiologica, essa appare nettamente anti-scientifica e indegna dell'interesse di un ricercatore serio. Perciò mi si consenta di difendere dinanzi a loro la causa della psicoterapia e di far rilevare quanto, di questa condanna, può essere definito ingiusto ο errato.

    Innanzi tutto, mi si consenta di ricordare loro che la psicoterapia non è in alcun modo un metodo di cura moderno. Essa è, invece, la più antica forma di terapia in medicina. Nell'istruttivo volume di Löwenfeld Lehrbuch der gesamten Psychotherapie, sono descritti molti metodi della scienza medica primitiva e antica. La maggior parte di essi può essere classificata nel capitolo della psicoterapia; allo scopo di ottenere la guarigione, si induceva nei malati uno stato di «attesa imbevuta di fede», condizione questa che risponde anche oggi a un analogo scopo. Persino dopo che i medici hanno scoperto altri presidi terapeutici, non sono mai del tutto scomparsi dalla medicina i tentativi psicoterapeutici di questo ο quel genere.

    In secondo luogo, mi sia concesso di richiamare la loro attenzione sul fatto che noi medici non possiamo respingere la psicoterapia, se non altro perché l'altra parte intimamente interessata al processo della guarigione, il malato, non intende respingerla. Sarà loro noto l'ampliamento delle conoscenze su quest'argomento che dobbiamo alla scuola di Nancy, cioè a Liébeault e a Bernheim. Un fattore dipendente dalla disposizione psichica del paziente interviene, senza alcuna azione da parte nostra, nella riuscita di qualsiasi procedimento terapeutico iniziato dal medico; la maggior parte delle volte esso è favorevole alla guarigione, ma spesso agisce quale inibizione. Noi abbiamo imparato a impiegare, per questo fenomeno, la parola «suggestione» e Möbius ci ha insegnato che la scarsa sicurezza che dobbiamo lamentare in tanti dei nostri procedimenti terapeutici può essere riferita all'influsso disturbatore di questo potentissimo elemento. Tutti i medici, dunque, compresi lor Signori, praticano di continuo la psicoterapia persino quando non hanno l'intenzione di farlo, e non ne sono nemmeno consapevoli. È però uno svantaggio lasciare il fattore psichico della terapia tanto integralmente nelle mani del malato, in quanto non è possibile né tenerlo sotto controllo né somministrarlo in giusta dose ο rafforzarlo. Non sarà dunque un debito sforzo da parte del medico cercare di ottenere il controllo di questo fattore, di avvalersene secondo un determinato fine, di dirigerlo e rafforzarlo? Questo, e questo soltanto, è quel che si propone la psicoterapia scientifica.

    In terzo luogo, Signori, vorrei rammentare loro il fatto, ben stabilito, che talune malattie, le psiconevrosi in particolare, sono di gran lunga più accessibili all'influsso psichico che a qualsiasi altra forma di terapia. Non è una affermazione moderna bensì un vecchio detto dei medici, che queste malattie non sono curate dal farmaco, ma dal medico, cioè a dire dalla personalità del medico, in quanto questi esercita un influsso psichico per mezzo di essa. Mi rendo conto che lor Signori condividono l'opinione che il Vischer, professore di estetica, ha tanto ben espresso nella sua parodia del Faust:

    Ich weiss, das Physikalische

    Wirkt öfters aufs Moralische¹

    Ma non sarebbe più appropriato dire, e non è forse questo il caso più frequente, che è il lato morale (vale a dire, psichico) quello che influisce sul morale di un uomo?

    Molti sono i modi di praticare la psicoterapia e tutti quelli che portano alla guarigione sono buoni. La solita espressione di conforto che dispensiamo ai nostri pazienti con tanta larghezza («presto starà di nuovo bene»), corrisponde a uno di questi metodi psicoterapeutici; ma adesso che disponiamo di una migliore conoscenza delle nevrosi, non siamo più costretti a limitarci alle parole di conforto. Abbiamo messo a punto la tecnica della suggestione ipnotica e della psicoterapia per mezzo della distrazione mentale, dell'esercizio muscolare, e della sollecitazione di adeguati affetti. Io non disdegno nessuno di questi metodi e li impiegherei tutti nelle circostanze opportune. Se, in effetti, ho finito col imitarmi a una sola forma di trattamento, al metodo che Breuer chiamava catartico ma che io preferisco chiamare «analitico», è perché mi sono lasciato influenzare da motivi puramente soggettivi. A cagione del ruolo da me sostenuto nella messa a punto di questa terapia, io sento l'obbligo personale di dedicarmi ad una più approfondita ricerca in questo campo ed allo sviluppo della sua tecnica. E posso dire che il metodo analitico in psicoterapia è un metodo che penetra più a fondo e porta più lontano, l'unico mediante il quale si possano realizzare nei pazienti le trasformazioni più ampie. Lasciando per un momento da parte le considerazioni terapeutiche, posso anche dire che questo metodo è il più interessante, l'unico tra tutti che ci informi sull'origine e sui rapporti reciproci dei fenomeni patologici. Soltanto esso, grazie alla possibilità che ci offre di penetrare nella malattia mentale, sarebbe in grado di condurci óltre i suoi stessi limiti e di indicarci la via verso altre forme di influenza terapeutica.

    Ora mi permettano di correggere taluni errori commessi nei confronti di questo metodo psicoterapeutico catartico ο analitico e di fornire alcune spiegazioni in proposito.

    a. Ho notato che molto spesso si confonde questo metodo col trattamento ipnotico per suggestione. Me ne sono accorto perché accade relativamente spesso che colleghi, che di solito non mi affidano i loro casi, mi mandino dei pazienti, refrattari naturalmente, con la richiesta che io li ipnotizzi. Ora sono circa otto anni che non ricorro all'ipnosi a scopo terapeutico, salvo alcuni esperimenti speciali, per cui abitualmente rimando loro questi pazienti con la raccomandazione che chiunque si fonda sull'ipnosi l'applichi da solo. In realtà tra metodo suggestivo e metodo analitico vi è la massima

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