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Tra me e le stelle
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E-book236 pagine3 ore

Tra me e le stelle

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Info su questo ebook

Una storia indimenticabile di una donna che, nonostante tutto, decide di vivere.

Questo romanzo è un susseguirsi di emozioni che toccano il cuore e la mente. Entra a piccoli passi nella vita di chi, come Catherine e Simon, affronta ogni giorno piccole o grandi difficoltà, colpendo dritto al cuore e ricordandoci che vale sempre la pena affrontare le sfide della vita.

Forse il segreto sta nelle difficoltà, perché è attraverso di esse che si raggiungono le stelle.
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2023
ISBN9791221447552
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    Anteprima del libro

    Tra me e le stelle - Cristina Arosio

    1

    2020. Una sola amica, ma sincera

    «Non puoi continuare così, Cath, ti stai rovinando con le tue mani! Sai che non ti fa bene continuare a rimuginare su cose successe anni fa.»

    Lisa aveva ragione e io lo sapevo, ma non riuscivo proprio a darle ascolto. I ricordi mi affioravano alla mente nei momenti più improbabili, mentre ero al supermercato a fare la spesa, per esempio, e io non potevo fare nulla se non piangermi addosso come sempre.

    «Lo so» risposi con un velo di amarezza. «Ma sai bene che non riesco a fregarmene, chissà come sarebbe stata la mia vita ora se le cose fossero andate diversamente.»

    La mia amica mi guardò con un'aria perplessa e un po' dispiaciuta, prima di chiudermi in un abbraccio di comprensione, perché lei mi capiva sempre e forse al mio posto avrebbe reagito come me, ma il suo istinto di consolatrice doveva avere la meglio e portarla a dispensare buoni consigli, almeno per gli altri, consigli che lei stessa non avrebbe mai seguito, perché come me seguiva solo il suo cuore.

    Lisa e io ci conoscevamo da quando avevamo undici anni. Appena arrivò nella mia scuola e mi rivolse la parola, capii subito che sarebbe stata una buona amica, fu subito chiaro quanto fossimo simili. Non fu affatto difficile diventare amiche per la pelle e condividere tutto, specialmente le prime cotte da adolescenti, quelle per cui avere un'amica fidata è fondamentale, anche se all'epoca i suoi consigli non funzionavano granché, o forse ero io che non li seguivo a dovere.

    «Ora basta sentimentalismi, ti prego, beviamo questo caffè prima che raffreddi!»

    Eravamo sedute al nostro solito tavolino nell'angolo più tranquillo del bar che da ragazzine frequentavamo spesso, mentre adesso ci andavamo solo ogni tanto, dato che la vita da adulte ci aveva portato via molto del nostro spensierato tempo.

    Mi sciolsi dall'abbraccio amichevole e consolatorio della mia adorata Lis e finimmo di fare colazione continuando a parlare di lui, Simon, il motivo della mia frustrazione da ben quattordici anni.

    Mi chiedevo spesso come fosse possibile che, a trent’anni suonati, nonostante io fossi ormai realizzata nella vita e non avessi lasciato nulla in sospeso, ancora mi torturasse il pensiero di aver perso la mia migliore occasione, anzi le mie occasioni, perché con lui ne avevo avuta più d’una, ma per mille motivi non eravamo mai riusciti a stare insieme.

    Avevo una bella famiglia e abitavo in una stupenda casa indipendente con un piccolo e grazioso giardino sul retro. Era un’abitazione perfetta, non troppo piccola né grande, come l'avevo sempre desiderata.

    Nonostante non avessi continuato gli studi dopo il diploma, ero riuscita ugualmente a trovarmi un lavoro stabile e appagante, e a farmi concedere un mutuo per acquistare la mia dolce dimora.

    Avevo partecipato a vari corsi per imparare qualunque cosa mi piacesse fare, e alla fine ero stata assunta in un grande centro per il benessere degli animali, una vera spa per cani e gatti, come non se ne vedevano da nessuna parte, dopo aver terminato il corso da toelettatrice.

    Adoravo il mio lavoro, forse grazie al mio sconfinato amore per gli animali, soprattutto per i cani.

    Non avevo motivo di lamentarmi della mia vita, eppure...

    Simon era conficcato nella mia testa.

    Dovevo abbandonarmi all'idea che forse le nostre vite erano soltanto due strade parallele, vicine quasi fino a toccarsi, ma destinate a non incrociarsi mai.

    La mia amica mi fece risvegliare dai miei sogni a occhi aperti, mentre mi perdevo nei ricordi.

    «Catherine, sei sposata, accidenti! Smetti una volta per tutte di immaginare un futuro diverso insieme a lui, perché non accadrà. E tu non vuoi davvero che accada, giusto?»

    Colpita e affondata. Non potevo andare avanti così. Non risposi e lei ebbe il dubbio che non fossi più convinta del mio matrimonio.

    «Ehi, pronto?! C'è nessuno in questa testolina?» Mi scompigliò i capelli tentando di buttarla sul ridere, ma in quel momento ero così confusa che mi uscì solo una smorfia infastidita.

    «Dai, Lisa, non c'è nulla da ridere, io sono felice di essermi sposata e amo mio marito. Punto» risposi stizzita.

    «Ah beh, se lo dici così sei molto persuasiva, l’importante è che ne sia convinta tu...»

    Lasciò in sospeso le ultime parole, aspettava una conferma da parte mia o almeno credo che volesse lasciarmi l'ultima parola sul discorso.

    «Certo che ne sono convinta» dissi in tono rassegnato. «Non mi sarei mai sposata con un uomo che non amo. Solo che non so darmi pace, è brutto avere rimpianti nella vita, è brutto vivere con la costante sensazione di aver tralasciato qualcosa di importante, di aver perso un pezzo di te per strada. Riesci a capirmi, vero?»

    Lisa mi guardò per un momento senza ribattere, poi abbozzò un sorriso compiaciuto.

    «Per un attimo ho davvero creduto che stessi mettendo in discussione tutto per una cotta adolescenziale.» Si rilassò. «Invece per fortuna ti conosco abbastanza bene da sapere che non l'avresti mai fatto. È normale avere ripensamenti ogni tanto, ma l'importante è capire che il passato è passato ormai e che le tue priorità adesso sono solo tuo marito e la tua bellissima figlia!»

    Mi faceva male sentirmi dire cosa fosse giusto per me, ma se non avessi avuto un'amica sincera come Lis che mi ricordava sempre le mie priorità avrei perso la testa del tutto. Negli ultimi anni, da quando ero rimasta incinta della mia meravigliosa principessa, mi era capitato spesso di avere bisogno dei consigli della mia amica, colpa degli ormoni in subbuglio o delle tante novità presenti nella mia vita una di seguito all'altra. Ero davvero scombussolata e lei è stata il mio faro sempre presente a illuminarmi la giusta via.

    Era l'unica amica che mi era rimasta, le altre ragazze della compagnia avevano seguito strade diverse e ci eravamo perse di vista negli anni, chi per un motivo e chi per un altro ci eravamo allontanate, scoprendo che avevamo poco in comune in fondo.

    Pochi ma buoni si dice, e noi eravamo solo in due, io avevo solo lei e lei solo me, e c'eravamo sempre una per l'altra, unite da quell'amicizia imprescindibile che a essere fortunati capita una sola volta nella vita.

    2

    Quattordici anni prima, il mio Simon

    Era almeno da una settimana che stavo preparando la valigia, ma non ero molto convinta dei vestiti scelti, mi sarei portata dietro tutto il guardaroba se avessi potuto, almeno avrei sempre trovato gli abbinamenti giusti per ogni occasione. Infilai il caricabatterie del cellulare in un angolo libero e chiusi la mia valigia finalmente pronta.

    «Catherine, sbrigati, si sta facendo tardi, i genitori di Lisa ci staranno già aspettando e tu non sei ancora pronta, finirà che partiranno senza di te!»

    Mia mamma quando si innervosiva riusciva a far uscire una voce tanto stridula che penso infastidisse anche i vicini, nel tentativo di richiamarmi alla sua attenzione.

    Forse però aveva ragione, io ero perennemente in ritardo e quella volta non fece eccezione. Mi stavo preparando per andare in vacanza al mare con la mia migliore amica e i suoi genitori. Ci attendevano un paio d'ore prima della partenza per avere l'occasione di andare a cena tutti insieme e salutarci, ma io come al solito impiegavo tanto, troppo tempo per prepararmi.

    «Arrivo, mami, tranquilla, siamo in anticipo!» sghignazzai guardando l'orologio e rendendomi conto che in realtà saremmo arrivati a casa loro con almeno dieci minuti di ritardo, traffico permettendo.

    Papà parcheggiò l'auto a pochi passi dall'abitazione di Lisa e quando imboccammo il vialetto la mia amica era già fuori ad attenderci, dopo aver aiutato i suoi genitori a riporre i bagagli nella loro monovolume.

    «Ehi, tesoro, aspettavamo solo te. È rimasto uno spazietto per la tua valigia, spero non sia troppo ingombrante!» mi accolse Lis con un abbraccio veloce.

    «Ci ho messo giusto l'indispensabile!» dissi trascinando il mio trolley piccolo ma pesantissimo.

    La serata passò velocemente e fu abbastanza piacevole, anche se io fremevo per questa nuova esperienza: era la prima volta che andavo in vacanza senza mamma e papà.

    Dopocena fortunatamente i nostri genitori ci permisero di andare a fare un giro in centro a salutare i nostri amici, il tempo di bere qualcosa insieme, dato che avevamo finito presto di mangiare e ci stavamo annoiando a morte ad ascoltare i discorsi troppo seriosi da genitori apprensivi.

    «Torniamo subito, salutiamo gli altri poi siamo pronte a partire» disse Lisa a suo padre che già scalpitava all'idea di guidare di notte per diverse ore, con la responsabilità di avere in auto anche un'altra ragazzina sedicenne oltre a sua figlia.

    Raggiungemmo in fretta il solito bar e i nostri amici erano seduti lì fuori sulle panchine in cemento intorno alla piccola piazza del paese. Ci fermammo a chiacchierare con loro per un po', perché sapevamo che in quel weekend più o meno tutti saremmo partiti per le vacanze estive e che ci saremmo rivisti solo dopo qualche settimana.

    Mi agitai subito quando vidi che Simon non c'era, chiesi spiegazioni ad Alexis, una nostra compagna di classe che sapeva della mia cotta perenne per lui, ma disse che l'aveva visto allontanarsi poco prima. Rimasi un po' delusa, forse a lui non importava, invece io aspettavo solo quella sera per avere almeno l'occasione di abbracciarlo, e in realtà più che un'occasione era una scusa.

    «Dai, Cath, vieni a bere qualcosa con noi!» mi invitò Alexis. «Vedrai che tornerà indietro prima che tu vada via, così potrai salutarlo come si deve» ammiccò con fare complice insieme a Lisa che nascondeva un sorriso.

    Entrarono al bar sorridendo seguite da Matt, il fratello di Alexis maggiore di un anno, che usciva quasi sempre con noi portandosi un paio di suoi compagni di classe.

    Li seguii dentro al bar controvoglia. Ero amareggiata, non mi interessava nessun altro che non fosse lui, e non avevo intenzione di fermarmi con loro troppo a lungo, avrei preferito andare a cercarlo.

    Guardavo il cellulare in continuazione sperando di ricevere almeno un messaggio ma niente. Non amavo fare la prima mossa, però non potevo sopportare l'idea di stargli lontana per diversi giorni senza nemmeno poterlo vedere prima di andare via.

    Così mi decisi e gli scrissi un messaggio abbastanza vago, giusto per tastare il terreno sperando di sembrare disinteressata.

    Ehi, che fai di bello? Non vieni a bere qualcosa con noi stasera?

    Simon rispose quasi subito.

    Ehi, Cath, sono appena andato via, mi stavo annoiando, sono al parchetto con Steve se vuoi venire.

    Sentii subito un tuffo al cuore dall'emozione, mi aveva appena chiesto di raggiungerlo, peccato che fosse col suo amico Steve che non mi stava granché simpatico; si nascondeva al parchetto a fumare per non farsi beccare da suo padre che lo osservava dal terrazzo di casa con l'affaccio proprio sulla piazza.

    Le ragazze scherzavano del più e del meno col cameriere Kevin, che conoscevamo bene sin da quando eravamo bambini, mentre Matt e i suoi amici discutevano sull'esito dell'ultima partita di basket della loro squadra. Io avevo la mente da tutt'altra parte e non avevo ascoltato una sola parola dei loro discorsi, mi dispiaceva allontanarmi, ma non riuscivo più a stare ferma sul divanetto in pelle, mi sentivo sempre più accaldata e nervosa.

    Non ci pensai troppo e mi alzai in uno scatto agitato con l'intento di uscire senza dare troppe spiegazioni, magari non si sarebbero neanche accorti, in quel momento non mi importava.

    «Lis, esco un attimo, torno subito» dissi mentre già mi fiondavo verso la porta d’uscita.

    La mia amica mi corse dietro preoccupata. «Ma che ti è preso, dove vai?»

    Le feci un sorriso enorme strizzando un po’ gli occhi che mi brillavano di gioia e lei comprese che stavo correndo da lui. Ci capivamo al volo io e lei, sempre.

    «Fai in fretta, tesoro, se non vuoi che i miei ci vengano a cercare!» Lis mi fece l'occhiolino e io sgattaiolai fuori in un lampo.

    Correre dal mio Simon, solo questo avevo in mente, solo questo mi importava quella sera.

    Il parchetto era poco distante e lo raggiunsi subito, era un piccolo parco giochi semiabbandonato posizionato più in alto rispetto alla piazza, su una collinetta che si raggiungeva salendo una scalinata in sasso un po' malmessa che avrebbe avuto bisogno di essere sistemata o meglio ricostruita da capo, perché si rischiava di inciampare tra i vecchi sassi e le zolle di terra piene di erbacce incolte. Anni indietro era un bel parco giochi, di quelli dove i bimbi si divertono come matti su scivoli e altalene, ma il tempo trascorso aveva lasciato solo un ricordo di quel vociare allegro e spensierato e ora era rimasto solo un terreno sconnesso con qualche gioco fatiscente che veniva usato perlopiù dai ragazzi della nostra età come punto di ritrovo, oltre al solito bar.

    Arrivai all'ultimo gradino della scalinata ed ecco la ragione di ogni mio turbamento: Simon. Lo intravidi seduto sul muretto intorno al parco. Il cuore aveva accelerato i suoi battiti senza che io me ne accorgessi, solo vederlo e avvicinarmi a lui mi destabilizzava. Era sempre così quando c'era Simon nei paraggi, sapere che mi stava aspettando non fece che aumentare la mia ansia, avevo le mani sudate e non solo per il gran caldo di inizio agosto. Accidenti a me, che effetto mi faceva.

    D'altronde come potevo restare indifferente di fronte al suo sorriso timido ma impertinente, e quegli occhi dolci e profondi di un verde tanto intenso in cui ci si poteva perdere, la sua pelle un po’ olivastra liscia e delicata senza imperfezioni, con solo un accenno di barba scura come le folte sopracciglia che delineavano ancor meglio il suo sguardo. Mi faceva impazzire quando con un gesto automatico infilava le dita tra i capelli color nocciola per sistemarsi il ciuffo un po’ ribelle, poi rimetteva le mani in tasca sollevando un po’ le spalle, lo faceva sempre e gli dava quel fascino del ragazzo timido ma allo stesso tempo sicuro di sé. Aveva un fisico tonico con muscoli ben allenati dalla palestra, mi perdevo a guardarlo ed ero sicura che mi sarei sentita in pace con me stessa e protetta solo tra le sue braccia.

    Gli feci un pavido saluto con la mano a cui lui rispose con un cenno della testa poi cambiò posizione sul muretto, sembrava quasi agitato ma allo stesso tempo fingeva indifferenza, mentre mi avvicinavo ignorando completamente la presenza del suo amico.

    Il nostro rapporto era particolare, se così si può definire. Era arrivato nella mia scuola due anni prima, attirando subito la mia attenzione. Non ero mai riuscita a vederlo come un semplice compagno di classe, tuttavia per lui io ero uguale a tutte le altre ragazze della classe, probabilmente. Uscivamo insieme in compagnia ogni tanto e ci scambiavamo qualche messaggio, tutto qui. Negli ultimi mesi, però, avevamo cominciato ad avere più feeling, e scriverci messaggi era diventata una routine quotidiana, inoltre alcune sere restavamo da soli quando gli altri andavano a casa presto. Capivo che forse qualcosa era cambiato nel suo modo di comportarsi con me, forse aveva iniziato a guardarmi con occhi diversi. Peccato che lui non fosse il classico principe che tutte le ragazze sognano, che fa la prima mossa e ti sorprende; no, lui era timido almeno quanto me e a volte pensavo che forse eravamo destinati a desiderarci in silenzio senza mai osare nulla di più.

    «Ciao, che fate qui da soli?» chiesi senza aspettarmi una risposta, era solo una domanda buttata lì facendomi coraggio per stemperare la mia stessa emozione.

    Steve mi guardò di sottecchi nascondendo la sigaretta per accertarsi che non avessi intenzione di fargli il terzo grado, mentre Simon mi sorrise, sembrava felice di vedermi.

    «Dov'eri finita? Pensavo che fossi partita senza salutare» Replicò facendo trapelare il sollievo nell'apprendere che non era come pensava.

    «Ma va’, figurati, non potevo partire senza vedervi, ho fatto tardi perché ero a cena con i genitori di Lisa.»

    Usai il plurale per comprendere anche gli altri ragazzi del gruppo, anche se ovviamente mi interessava solo lui.

    «Fatti sentire ogni tanto quando sarai al mare, non dimenticarti dei tuoi amici che stanno in città a morire di caldo!»

    Simon tentava di fare conversazione ma era visibilmente imbarazzato e la cosa mi fece piacere, una conferma in più che forse provava le mie stesse emozioni quando eravamo vicini.

    Fortunatamente Steve si accorse di essere di troppo, perché questo scambio di battute di circostanza era palesemente un modo imbarazzante per sembrare rilassati, anche se entrambi cercavamo solo di dissolvere la tensione che si creava sempre tra noi.

    «Io muoio di sete, vado a farmi una birra ghiacciata, ci si vede più tardi!» Si congedò spegnendo il mozzicone sul cemento e si avviò verso il bar, lasciandoci soli.

    Finalmente soli.

    Mi sedetti anche io sul muretto accanto a Simon, a una distanza tale da evitare di metterlo a disagio.

    «Allora parti stasera, giusto?» mi ricordò.

    Ero talmente su di giri in sua presenza che quasi avevo dimenticato il motivo per cui ero lì.

    «Sì, per questo avevo detto che sarei passata a salutare. Alexis e Matt partono il giorno prima del nostro ritorno, quindi non ci vedremo fino a fine mese.» Feci una pausa perché mi tornò in mente che Simon mi aveva anticipato che non sarebbe andato in vacanza, non volevo che ci rimanesse male. «Dai, magari la prossima estate possiamo andarci tutti insieme al mare, che ne dici?» proposi per consolarlo prima che lui potesse aprire bocca.

    «Dico che si può fare! Sempre che i miei non me lo impediscano...»

    Ecco di nuovo quell'espressione un po’ delusa nei suoi occhi.

    «Tra un anno saremo tutti più grandi, vedrai che i tuoi non saranno contrari.» Cercai di nuovo di tirargli su il morale e stavolta ci riuscii, a giudicare dal suo splendido sorriso.

    Sentii la tensione sciogliersi un po' e così cominciammo a parlare del più e del meno, ricordando aneddoti divertenti sui nostri amici accaduti durante l'estate o a scuola, e ci sentimmo entrambi più rilassati.

    Gesticolando e ridendo alle sue battute avevo finito per avvicinarmi a lui involontariamente mettendomi a cavalcioni sul muretto, con una gamba a penzoloni e l'altra accanto

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